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È incentrata sulla salvaguardia del Creato e sulla tutela della terra la lunga Lettera pastorale che la Conferenza episcopale del Mozambico (Cem) ha indirizzato “alle comunità, alle famiglie cristiane ed alle persone di buona volontà”. Intitolato “Alla tua discendenza io darò questo Paese” (Gn 12,7), il documento episcopale si proietta sullo sfondo dell’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’ sulla cura della casa comune” per ribadire, in primo luogo, che “la terra è uno strumento universale di creazione della ricchezza” e che il suo utilizzo “costituisce un diritto esercitato da tutto il popolo del Mozambico”.

Milioni di ettari di terra passati in gestione a stranieri

Purtroppo, dati alla mano, la Cem evidenzia che “dal 2000 al 2013, 56 milioni di ettari di terra africana sono stati venduti o passati in gestione a stranieri” perché “i governi dei Paesi industrializzati cercano di trovare in Africa una soluzione alla crisi energetica ed alimentare mondiale, senza necessariamente cercare di aiutare le problematiche africane”. Di qui, il richiamo dei vescovi a cercare “modelli locali di sviluppo” che siano davvero “autentici e giusti”.

Tutelare il diritto alla terra

Altro punto critico messo in luce dai presuli del Mozambico riguarda la tutela del diritto alla terra: “Il disconoscimento di tale diritto, infatti – si legge nel documento – costringe le comunità locali ad abbandonare le loro terre, favorendo così gli investitori privati” e distruggendo i sistemi di “agricoltura familiare”. Non solo: la Chiesa del Mozambico evidenzia che “in tutte le province del Paese stanno sorgendo conflitti a causa della terra, causati da grandi progetti di grandi imprese”.

Non emarginare o impoverire le comunità locali

Tanto più, prosegue il documento episcopale, che la legislazione nazionale vigente sulla gestione della terra prevede “uno sviluppo inclusivo ed armonioso tra investitori e comunità locali, in un processo che suddivide tra entrambe le parti responsabilità e benefici”. Il problema, allora, risulta essere “la non applicazione della legge da parte di coloro che dovrebbero farlo”, il che comporta “l’emarginazione e l’impoverimento delle comunità locali”.

Il sistema economico attuale uccide

La nota dei vescovi, poi, punta il dito contro “un modello economico sempre più capitalista-consumistico” che porta ad “un consumo di massa e, quindi, ad una produzione di massa implicante “un esaurimento rapido delle risorse naturali” ed “un’economia che uccide”, come dice Papa Francesco. Al contrario, i presuli richiamano l’importanza di avere, con la terra, “una relazione vitale”, poiché essa è “garanzia della vita della famiglia e della comunità”. Tanto più che nel Paese “il 70 per cento della popolazione vive in un ambiente rurale, a contatto con la natura”.

Manca un’ecologia integrale

Ma i punti critici, purtroppo, sono numerosi: i vescovi sottolineano “l’assenza di un’ecologia integrale e di un modelli di sviluppo che rispetti tutti, soprattutto le persone fragili; la mancanza di acqua potabile; la distruzione di foreste che comporta un cambiamento climatico”. E non solo, perché i poveri ed i disagiati “non hanno informazioni sui loro diritti, sono privi di potere economico per trovare soluzioni ai loro problemi, ignorano la loro capacità di mobilitarsi e non hanno mezzi di assistenza e protezione”.

Sì alla proprietà privata, secondo il principio di sussidiarietà

Al contempo, i vescovi del Mozambico sottolineano che “la Chiesa ha sempre difeso il diritto alla proprietà privata”, purché esso “non venga esercitato a detrimento del bene comune” e non sia inteso come “assoluto ed intoccabile”. La terra, infatti, è “data a tutti ed i suoi frutti devono essere a beneficio di tutti”, in linea con “il principio di sussidiarietà”. “La destinazione universale dei beni – prosegue la nota episcopale – spinge a coltivare una visione dell’economia ispirata a valori morali che non facciano perdere mai di vista l’origine e la finalità di tali beni, in modo da realizzare un mondo uguale e solidale, in cui la formazione della ricchezza possa assumere una funzione positiva”.

No all’idolatria del denaro

Il documento episcopale si conclude, quindi, con una serie di appelli a diversi attori della società: in primo luogo, si chiede a tutti di “non accettare un modello di sviluppo incentrato sull’idolatria del denaro”, colluso con “un’economia che uccide” a detrimento “della dignità umana e dei diritti comunitari”. Piuttosto, bisogna pensare a “consumare prodotti locali prodotti da agricoltori locali”, senza accettare “un modello di vita consumistico” o “una distruzione in massa di foreste, piante ed animali”. Di qui, il richiamo ad “educare le nuove generazioni ai valori” che aiutino a formare una società giusta.

I cristiani si impegnino alla solidarietà

In secondo luogo, i vescovi chiamano in causa i cristiani, affinché “non siano ciechi e sordi di fronte alla realtà sociale, politica ed economica del Paese, ma si impegnino per una solidarietà umana”. In quest’ottica, i presuli suggeriscono di organizzare, in ogni diocesi del Mozambico, dei “corsi di formazione sulla Dottrina sociale della Chiesa affinché ciascuno comprenda la sua missione”.

Mass-media siano portavoce delle istanze del popolo

Anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose vengono chiamati in causa: a loro, viene richiesto di “avere il coraggio di riconoscere le situazioni di ingiustizia contro gli agricoltori e di agire in loro difesa”, mentre i mass-media sono esortati a “comunicare con amore per la verità, facendosi portavoce del popolo e megafoni delle loro preoccupazioni” . Gli insegnati e gli studenti, invece, vengono invitati ad “approfondire le conoscenze sul Creato, celebrando pubblicamente Giornate su questo tema e lottando contro tutti i tipi di inquinamento”, anche grazie ad una formazione che “non sia solo istruzione, ma anche attenzione ai valori ed agli atteggiamenti giusti”.

Politica stia lontana dalla corruzione

Ai politici cristiani, inoltre, viene ricordato che “il dovere di formarsi secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, per lavorare in modo responsabile ed etico, evitando qualunque forma di corruzione”. In vista del 2025, poi, anno in cui il Mozambico celebrerà i 50 anni di indipendenza,  i vescovi auspicano “una riforma agraria efficace che possa correggere gli impatti negativi causati nel Paese dalle politiche attuali”, permettendo alla popolazione di riconciliarsi e di distribuire equamente le ricchezze che Dio ha donato al Paese. La Lettera pastorale si conclude con un’invocazione a Maria, Madre di Misericordia. (I.P.)

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Emmaus

«Da chi altri andremo, Signore?
Solo Tu hai parole di vita»,
eppur sempre la strada porta a fuggire dal monte del sangue.
Il sepolcro ha pesante la pietra
e il tuo fianco è squarciato per sempre:
come dunque possiamo capire il mistero, se tu non lo sveli?
Mentre il sole già volge al declino,
sii ancora il viandante che spiegale Scritture
e ci dona il ristoro con il pane spezzato in silenzio.
Cuore e mente illumina ancora
perché vedano sempre il tuo volto
e comprendano come il tuo amore
ci raggiunge e ci spinge più al largo.
A te, Cristo, risorto e vivente, dolce amico che mai abbandoni
con il Padre e lo Spirito santo
noi cantiamo la gloria per sempre.

(Inno di D.M. Turoldo, Neanche Dio può stare solo, Piemme, Casale Monferrato 1991, pp. 107-108).

Resta con noi, Signore

Resta con noi, Signore Gesù, perché senza di te il nostro cammino rimarrebbe immerso nella notte. Resta con noi, Signore Gesù, per condurci sulle vie della speranza che non muore, per nutrirci con il pane dei forti che è la tua parola.

Resta con noi sino all’ultima sera, quando chiusi i nostri occhi, li riapriremo davanti al tuo volto trasfigurato dalla gloria e ci troveremo tra le braccia del Padre nel regno del divino splendore.

Su questa strada sempre pellegrini - peso di solitudine nel cuore - vienici incontro tu, il Vivente tra i morti, e spezzaci il pane dell'amore. Su questa lunga strada dove, al tramonto, si stendono le nostre ombre, accendi, o Viandante avvolto di mistero, il vivido bivacco della tua parola e sapremo dal suo bruciante ardore che più viva, più forte la nostra Speranza è risorta.

Sì, apri la nostra mente a comprendere la Parola che sola può dissipare i dubbi che ancora sorgono nel nostro cuore. Quante volte anche noi, incapaci di riconoscerti, ti abbiamo rinnegato! Ma tu, il Giusto, con mite patire ti sei fatto vittima di espiazione per i nostri peccati. Ora non lasciarci esitanti e turbati: la tua presenza infonda in noi la pace, il tuo spirito rischiari il nostro sguardo e ci renda gioiosi testimoni del tuo amore.

Resta con noi, Signore Gesù, perché senza di te il nostro cammino rimarrebbe immerso nella notte. Resta con noi, Signore Gesù, per condurci sulle vie della speranza che non muore, per nutrirci con il pane dei forti che è la tua parola.

Resta con noi sino all’ultima sera, quando chiusi i nostri occhi, li riapriremo davanti al tuo volto trasfigurato dalla gloria e ci troveremo tra le braccia del Padre nel regno del divino splendore. 

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Il Mistero Pasquale

La categoria "mistero pasquale" è uno dei più felici recuperi del movimento liturgico del nostro secolo. Essa compare sin dall'inizio e ripetutamente nei documenti del Vat. II. La Sacrosanctum Concilium (SC) – la costituzione liturgica - la pone come base della sua riflessione teologica sulla liturgia. L'art. 5, dopo avere riassunto la storia della salvezza tutta tesa alla realizzazione del mistero nascosto dai secoli in Dio, il disegno cioè di condurre tutti gli uomini alla salvezza e alla conoscenza della verità, afferma che questa opera - che, in presenza del peccato, oltre alla modalità dell'adorazione-culto ha assunto anche quella della liberazione-riconciliazione con Dio - preparata e prefigurata nelle grandi opere compiute da Dio nell'AT, si è realizzata nella morte-risurrezione-ascensione di Cristo, che la SC chiama «mistero pasquale». La costituzione liturgica pone l'opera redentiva sacerdotale del Verbo incarnato come compimento della liberazione e dell'alleanza che la pasqua veterotestamentaria tipologicamente significava e preparava: assegna a questo evento il posto centrale che nella storia salvifica dell'AT occupava la pasqua; dichiara che tale evento costituisce il mistero pasquale cristiano, partecipabile, quindi, per via misterica, attraverso riti memoriali, a tutti gli uomini e le donne delle generazioni future, che in questo modo hanno accesso, nella fede, alla riconciliazione perfetta e al culto vero e pieno realizzatisi una volta per sempre nella morte-risurrezione-ascensione dell'umanità del Figlio di Dio.

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Il luogo di Nazaret provo a presentarlo esattamente nella forma della Lectio in senso vero e proprio. La “lectio divina” è un modo di accostare brani della Bibbia facendoli diventare preghiera, dialogo con il Signore. Allora prendo il brano della “Annunciazione”, che è centrale nel riferimento a Nazaret, e proviamo a vedere come si procederebbe normalmente nel fare la lectio. Lo schema “classico”, e cioè che risale al Guigo II il Certosino, e che riprende per esempio il card. Martini nei suoi esempi di lectio, è quello che affronta un testo in quattro gradini che sono: – la lettura, – la meditazione, – la contemplazione, – la preghiera.

Allora proviamo a fare questo schema, certamente per quello che posso fare io, il resto bisogna che lo fate voi.

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VEGLIA DI PREGHIERA PER RELIGIOSI

“Alzati, va a Ninive, la grande città”

Introduzione

Dio ha pensato alle città come luogo da evangelizzare, ad esse ha mandato grandi profeti biblici. Pensiamo a Geremia: modello di una voce profetica nella città che  però nessuno ascolta, che tutti rifiutano. Per cui si sente obbligato ad una resistenza faticosa, ma anche a fare ricorso ad immagini tipiche del vivere cittadino (il vasaio, la brocca di vino, le risse, le mura sbrecciate, le ruffianerie, la volgarità, ecc.). È profeta in una società che non lo ascolta e lo lascia solo. Anzi lo sfida con il suo scetticismo e la sua indifferenza, perfino si sente minacciata dai suoi gesti strani.

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