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Il 18 giugno 2016 la comunità del Seminario Teologico di Bravetta ha celebrato con gioia la festa della Consolata insieme agli amici religiosi e laici di Roma. La messa è stata presieduta da Mons. Antony Mukobo, missionario della Consolata, vescovo della diocesi di Isiolo (Kenya). Durante la messa nella condivisione della parola, P. Pendawazima Ditrick, vice superiore generale, ha commentato il “Così sia” della novena alla Consolata del fondatore Beato Giuseppe Allamano come risposta incondizionata della vergine Maria alla proposta salvifica di Dio. Attraverso il “cosi sia” di Maria è stato possibile la realizzazione del progetto di Dio con l’incarnazione nell’umanità. Maria disponibile a collaborare nel progetto di Dio diventa cosi il modello del cristiano e di ogni missionario nell’annuncio attraverso la parola e vita.

 Al termine dell’Eucaristia Mons. Antony Mukobo prima di consegnare il crocifisso, segno del mandato, ha ammonito i nuovi inviati dicendo “nessuno si manda da solo.  Gesù è stato inviato dal Padre, Lui ha mandato gli apostoli ed oggi il mandato è affidato a voi”.  In seguito fu dato il mandato missionario ai padri Joseph Cesar, Omolo Joseph Omondi, Simbeye Mapinduzi Marck e a Fumo Celio e Mabuana Cristophe, seminaristi del terzo anno di teologia.

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Signor Cardinale,
venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, 
cari fratelli e sorelle,

do il benvenuto a tutti voi, Direttori Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie e collaboratori della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Ringrazio il Cardinale Fernando Filoni per le parole che mi ha rivolto, e tutti voi per il vostro prezioso servizio alla missione della Chiesa che è quello di portare il Vangelo «ad ogni creatura» (Mc 16,15).

Quest’anno il nostro incontro avviene nel centenario della fondazione della Pontificia Unione Missionaria (PUM). L’Opera si ispira al beato Paolo Manna, prete missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere. Sostenuta da san Guido Maria Conforti, essa fu approvata dal Papa Benedetto XV il 31 ottobre 1916; e quarant’anni dopo il venerabile Pio XII la qualificò come “Pontificia”. Attraverso l’intuizione del beato Paolo Manna e la mediazione della Sede Apostolica, lo Spirito Santo ha condotto la Chiesa ad avere una sempre maggiore consapevolezza della propria natura missionaria, portata poi a maturazione dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

Il beato Paolo Manna comprese molto bene che formare ed educare al mistero della Chiesa e alla sua intrinseca vocazione missionaria è una finalità che riguarda tutto il santo Popolo di Dio, nella varietà degli stati di vita e dei ministeri. «Dei compiti dell’Unione Missionaria alcuni sono di natura culturale, altri di natura spirituale, altri infine pratici ed organizzativi. L’Unione Missionaria ha il compito di illuminare, di infiammare, di agire organizzando i sacerdoti, e per essi tutti i fedeli, in ordine alle missioni». Così si esprimeva il Fondatore della Pontifica Unione Missionaria nel 1936 in un suo storico intervento, tenuto durante il secondo Congresso Internazionale dell’Opera. Tuttavia, formare alla missione vescovi e sacerdoti non significava ridurre la Pontifica Unione Missionaria ad una realtà semplicemente clericale, ma sostenere la gerarchia nel suo servizio alla missionarietà della Chiesa, propria di tutti: fedeli e pastori, sposati e vergini consacrati, Chiesa universale e Chiese particolari. Attuando tale servizio con la carità loro propria, i Pastori mantengono la Chiesa sempre ed ovunque in stato di missione, la quale è sempre in ultima analisi opera di Dio, ed è partecipata, grazie al Battesimo, alla Confermazione e all’Eucaristia, a tutti i credenti.

Cari Direttori Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, la missione fa la Chiesa e la mantiene fedele al volere salvifico di Dio. Per questo, pur essendo importante che vi preoccupiate della raccolta e della distribuzione degli aiuti economici che diligentemente amministrate in favore di tante chiese e tanti cristiani bisognosi, servizio per il quale vi ringrazio, vi esorto a non limitarvi soltanto a questo aspetto. Ci vuole “mistica”. Dobbiamo crescere in passione evangelizzatrice.  Io ho paura – ve lo confesso – che la vostra opera rimanga molto organizzativa, perfettamente organizzativa, ma senza passione. Questo lo può fare anche una ONG, ma voi non siete una ONG! La vostra Unione senza passione non serve; senza “mistica” non serve. E se dobbiamo sacrificare qualcosa, sacrifichiamo l’organizzazione, andiamo avanti con la mistica dei Santi. Oggi, la vostra Unione missionaria ha bisogno di questo: mistica dei Santi e dei Martiri. E questo è il generoso lavoro di formazione permanente alla missione che dovete fare; che non è soltanto un corso intellettuale, ma inserito in questa ondata di passione missionaria, di testimonianza martiriale. Le Chiese di recente fondazione, aiutate da voi per la loro formazione missionaria permanente, potranno trasmettere alle Chiese di antica fondazione, a volte appesantite dalla loro storia e un po’ stanche, l’ardore della fede giovane, la testimonianza della speranza cristiana, sostenuta dal coraggio ammirabile del martirio. Vi incoraggio a servire con grande amore le Chiese che, grazie ai martiri, ci testimoniano come il Vangelo ci renda partecipi della vita di Dio, e lo fanno per attrazione e non per proselitismo.

In questo Anno Santo della Misericordia, l’ardore missionario che consumava il beato Paolo Manna, e dal quale scaturì la Pontificia Unione Missionaria, continui ancora oggi a far ardere, appassionare, rinnovare, ripensare e riformare il servizio che questa Opera è chiamata ad offrire alla Chiesa intera. La vostra Unione non deve essere la stessa il prossimo anno come quest’anno: deve cambiare in questa direzione, deve convertirsi con questa passione missionaria. Mentre ringraziamo il Signore per i suoi cento anni, auspico che la passione per Dio e per la missione della Chiesa porti la Pontifica Unione Missionaria anche a ripensarsi nella docilità allo Spirito Santo, in vista di una adeguata riforma delle sue modalità - adeguata riforma, cioè conversione e riforma - attuative e di un autentico rinnovamento per il bene della formazione permanente alla missione di tutte le Chiese. Alla Vergine Maria, Regina delle Missioni, ai santi Pietro e Paolo, a san Guido Maria Conforti e al beato Paolo Manna affidiamo con gratitudine il vostro servizio. Vi benedico di cuore e vi chiedo per favore di pregare per me, perché non scivoli nella “beata quiete”; perché anch’io abbia ardore missionario per andare avanti.

E vi invito a pregare insieme l’Angelus.

 

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È stato l’Allamano ad introdurre al santuario la “Novena alla Consolata”, secondo la testimonianza processuale del Can. Giuseppe Cappella: «Per sua iniziativa, venne stabilita la novena solenne predicata in preparazione alla festa della Consolata».

Il modo di esporre il contenuto della novena è molto ordinato: ogni giorno, la predica inizia con una citazione generalmente presa dall’Ufficio della Consolata, che, a sua volta, spesso è desunta dalla Bibbia. Segue poi lo svolgimento della predica, diviso sempre in tre punti, con diverse citazioni dirette o indirette del pensiero di Santi Padri, o di altri santi più conosciuti dall’Allamano. Ogni punto inizia con l’esposizione dell’argomento trattato e termina con un incoraggiamento di tipo ascetico e morale. Al termine di ogni giorno c’è sempre una preghiera a Maria, con l’invito a recitare 7 “Ave Maria”. La prima di queste preghiere è la traduzione dell’oremus della Consolata, mentre le altre sono composte in relazione al tema trattato e a volte contengono concetti desunti da preghiere classiche. I temi sono suddivisi in nove giorni, più il giorno della festa, per cui le trattazioni in tutto sono dieci. Il tono generale e lo stile sono molto caldi. A volte sembra che sia più il cuore a parlare. La Madonna è abitualmente la “cara Consolata”.

C’è ancora da precisare il concetto di “consolazione” che i cristiani ricercano da Maria e che l’Allamano presuppone nel comporre questa novena. Non c’è dubbio che qui si tratta della “consolazione dalle afflizioni”. E le afflizioni umane, per l’Allamano, sono molte. Ogni giorno ne viene evidenziata una. Esse sono: il peccato, o la freddezza spirituale, o il dubbio; le preoccupazioni terrene per il lavoro, per l’educazione dei figli, per lo studio, ecc; la povertà; le indisposizioni fisiche, le malattie, le epidemie, l’abbandono; le disgrazie naturali; le guerre; la morte. L’Allamano al nono giorno sottolinea la necessità di consolare Maria, afflitta dai nostri peccati. Infine, il giorno della festa, è riservato alla gioia: “rallegrati Gerusalemme”, essere consolati con Maria.

 

GIORNO PRIMO

 

Consolamini pusillanimes, respirate miserabiles:

Virgo Deipara et humani generis advocata

Idonea, sapientissima, universalis.

 Consolatevi, o pusillanimi, respirate e fatevi animo, o miserabili: La Vergine Madre di Dio è l’avvocata del genere umano Idonea, sapientissima, universale (S. Tommaso da Villanova).

 

  1. Consolatevi, o pusillanimi, vi dice S. Tommaso da Villanova, fatevi animo, o miserabili: la Vergina Madre di Dio è l’avvocata idonea del genere umano […].

Vedete anime cristiane, quanto dobbiamo consolarci, avendo presso Dio un’avvocata sì potente e sì desiderosa di ottenerci ogni bene. Penetriamoci di tale verità e colla S. Chiesa supplichiamo la Vergine di volgere a noi i suoi sguardi misericordiosi.

 

  1. Consolatevi, o pusillanimi, fatevi animo, o miserabili: Maria vi è presso Dio avvocata sapientissima. Ella conosce appieno i nostri bisogni, tutte le nostre necessità spirituali e temporali.[…].

Vedi anima Cristiana dove devi cercare consolazione nelle tue tribolazioni. Hai finora così operato? O non piuttosto Maria Consolata fu l’ultima a Cui ricorresti ne’ tuoi bisogni. Quale danno per te! Incomincia oggi a ricorrere a Lei, che ben conosce tutte le tue angustie e può, se il tuo bene non esige altrimenti, liberartene, sempre può consolarti.

 

  1. Consolatevi, o pusillanimi, fate animo, o miserabili, poiché Maria è avvocata per tutti, avvocata universale. Tutti vecchi e giovani, nobili e plebei, ricchi e poveri, sani ed infermi, buoni e cattivi, tutti sono da Maria protetti. […].

Felice tu che leggi queste parole; Maria, come vedi, è anche per te; anche te vuole a parte delle Sue grazie e delle Sue consolazioni. Se abbisogni di consolazioni, e chi non ne ha bisogno? Vieni a Maria Consolata, entra nel caro Santuario, accostati al Suo Altare e con una preghiera di nove giorni, sta certo che ne tornerai consolato […].

Ave Maria ….

 

Preghiera (Tutti insieme)

Signor nostro Gesù Cristo, il Quale per una provvidenza ineffabile avete stabilito che ogni bene noi ricevessimo per mano della Madre vostra Maria, concedeteci di grazia, che venerandola noi sotto il soavissimo titolo della Consolazione possiamo continuamente godere dell’aiuto e del potere della Medesima. Così sia.

 

GIORNO SECONDO

 

Quomodo si qui Mater blandiatur, ita ego

Consolabor vos, et in Jerusalem consolabimini:

Videbitis et gaudebit cor vestrum (Off. – Respons. Matut.)

 Come una madre accarezza il bambino, così io

Consolerò voi e sarete consolati in Gerusalemme:

Voi vedrete e si rallegrerà il vostro cuore.

 

  1. Maria è nostra Madre, poiché come tale ci fu data da Gesù là sul Calvario, quando pendente dalla Croce volto uno sguardo a Maria ed al discepolo prediletto, disse a Lei mostrando Giovanni: ecco il tuo figlio, ed a Giovanni: ecco tua Madre. (Vang. S. Giov. XIX, 26,27) […].

Prega questa buona madre ad ottenerti un cuore di figlio per non essere ingrato e meritare i salutari e consolanti effetti del Suo amore.

 

  1. O voi tutti che siete afflitti venite alla mistica Gerusalemme, alla Città di Maria Consolata, al Santuario della Madre vostra; quivi troverete consolazione […].

E tu anima cristiana quale premura avesti finora di ricorrere a Maria ne’ tuoi bisogni? Accorrono da lungi al caro Santuario i popoli e ne ottengono grazie abbondanti e tu che vi abiti sì dappresso come approfitti di questa fonte di ogni consolazione, come è chiamata Maria da S. Efrem? […]. Proponi di accorrere sovente a Maria SS. Consolata nel Santuario.

 

  1. I nostri Padri ricorsero sempre alla cara Consolata; sta scritto all’ingresso del Santuario su in alto: “Alma Consolatrix Taurinorum” […].

Andiamo anche noi con fiducia a questo trono di grazia per essere aiutati nelle nostre necessità (Messa Off. B. V. d. Misericordia). L’anima nostra sitibonda, dice S. Bernardo, si rechi a questa Fonte di misericordia, la nostra miseria ricorra con tanta sollecitudine a questo cumulo di misericordia (Off. Om.) Proponiamo che ogni qualvolta vedremo disgrazia e infortuni sospesi per cader su di noi, staremo alla tua presenza, o Maria, in questa Casa, dov’è invocato il Nome tuo; alzeremo i nostri clamori a Te nelle tribolazioni, e Tu ci farai lieti. In Te hanno sperato i nostri Padri e Tu li liberasti; così anche noi instaremo a pregare in questo S. Luogo e Tu ci rallegrerai. Sì, Non cesseremo di pregarti e Tu a gloria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ci consolerai (Off. Vesp.).

 

Ave Maria ….

 

Preghiera (Tutti insieme)

O Maria Consolata, Madre di Gesù e Madre mia, permettetemi che colla confidenza di figlio ricorra a voi oggi nelle mie pene. Voi non avete mai respinto dal vostro materno Cuore chiunque venne a Voi per grazie in questo Santuario. Mia cara Madre spargete anche su di me abbondanti le vostre consolazioni, le quali mi confortino e rallegrino in vita e mi dispongano alla letizia sempiterna. Così sia.

 

GIORNO TERZO

 

Ecce Maria erit spes nostra, ad quam confugimus

In auxilium, ut liberet nos, et veniat in adiutorium

Nostrum , et consoletur nos. (Off. Ant. Ad Magnif.)

 Ecco che Maria è nostra speranza, alla quale

Ricorriamo per aiuto, affinché ci liberi e

Venga in nostro soccorso e ci consoli.

 

  1. Maria è la nostra speranza; la S. Chiesa ce la fa salutare sovente sotto sì dolce titolo: “spes nostra, salve” […]

Se tu che leggi sei peccatore, per quanto carico di peccati tu sia, concepisci fiducia nel patrocinio di Maria, non aver timore o vergogna di rivolgerti a Lei, che è la speranza di tutti i peccatori anche disperati di ancor guarire, come la chiama il devoto Blosio: “disperantium spes” (Cynel I ad Mar.). Maria invocata verrà in tuo aiuto per liberarti dalle catene del peccato e farà di te un trofeo di più delle Sue Consolazioni. Che se tu non sei peccatore, ringrazia Maria, per cui protezione certamente sei stato sostenuto a non cadere in tale stato, od un tempo caduto, ne sei poi risorto.

  1. Maria non è solamente la nostra speranza, ma è la madre della santa speranza, come la chiama la Chiesa: “mater sanctae spei” (Off. Capit. A Sesta). […]

Anima cristiana, se tu sei una di costoro, che uscito dal peccato ti senti ancora fiacco nel bene e per la veemenza delle cattive abitudini quasi disperi di perseverare, vieni per aiuto a Maria Consolata. Maria, madre nella santa speranza solleverà il tuo spirito abbattuto; e tu sotto i suoi occhi riprenderai nuovo vigore nella via della tua conversione e della santificazione. Che se per tua disgrazia per non essere stato pronto ad accorrere alla Vergine, ricadesti nella colpa dopo aver ottenuta la grazia, neppure in questo caso non devi disarmarti; Maria è ancora per te, poiché è vena inesauribile di perdono e ricorrendo a Lei dopo le ricadute purché con desiderio di emendarti sarai sempre ben accolto.

  1. Maria è pure la speranza di quelle anime pie, che pregano e piangono sulle aberrazioni e sui peccati dei loro cari. Quanti cuori desolati ricorrono alla Consolata per simili disgrazie e ricorrono consolati. […].

Anima devota, prega instantemente per la conversione de’ tuoi cari; se fortunatamente non ne hai di tali, prega per tanti, che sono nel mondo. Con ciò quanto bene farai a’ tuoi prossimi ed a te, stando scritto, che chi salva un’anima, si predestina la propria.

 

Ave Maria ….

Preghiera (Tutti insieme)

A Maria, madre di consolazione e rifugio dei peccatori, a voi ricorro oggi per la conversione dei peccatori e per tutti quelli che vi furono un tempo devoti. O madre della santa speranza rivolgete su di loro i vostri occhi misericordiosi, sicché col desiderio e colla fiducia del perdono ottengano per vostro mezzo forza a pentirsi ed a perseverare nel bene. Così sia o clemente o pia o dolce Vergine Maria.

 

GIORNO QUARTO

 Convertam luctum eorum in gaudium et consolabor

Eos, et laetificabo a dolore suo (Off. Antif.)

 Cangerò il loro lutto in gaudio e li consolerò

E farò argomento di lor letizia il passato dolore.

 

  1. La vita dell’uomo sulla terra è una guerra continua, dice Giobbe. Questa è la vita del cristiano chiamato a godere un dì in cielo il trionfo delle ottenute vittorie. Il mondo, il demonio e la propria carne d’accordo tentano di scoraggiare il Cristiano nell’esercizio delle virtù. […].

Anima cristiana, che in queste poche parole scorgi presso a poco il tuo ritratto, hai necessità di avvicinarti a Maria Consolata; la cara Madre ti attende al suo Altare. Dal trono delle sue misericordie rimirandoti pare che ti dica: fino a quando stai lì avvilita come prostrata a terra, che soddisfatti i pochi doveri del Cristiano o poco più, perché il Direttore di tua coscienza, le convenienze o le abitudini lo esigono, non sai sollevarti o dare un passo nella via della virtù e della perfezione. Vedi quanti simili a te, bisognosi di amore si scaldano ogni giorno a quest’altare; tu sola, mia cara, sempre nelle tue quotidiane imperfezioni e freddezze; Maria è portatrice di fuoco, dice S. Caterina da Siena […]. A Lei ricorri ancora una volta, anima scoraggiata e dimmi poi se in quel giorno, in quell’ora non avrai sentito commosso e come cambiato il cuore […].

 

  1. La via della virtù e della perfezione è sparsa di spine, e si ingannerebbe chi procurando di camminare in essa, pensasse di godervi una pace non mai offuscata da qualche nube di pene e prova interne. Come i fanciulli nella pietà Gesù da principio abbonda di dolcezza colle anime sue dilette; ma avanzate alquanto nel divino amore, fatte adulte, Gesù si nasconde per rassodarle nella virtù, che si forma forte fra le prove. […].

Anima desolata, in tali distrette la tua stella è Maria, ti grida S. Bernardo: “Mariam cogita, Mariam invoca”; nei pericoli di peccare, nelle angustie delle tentazioni, nei dubbi della mente pensa a Maria, invoca Maria (Hom. 2 super Missus). Maria solleva la nostra trepidazione, eccita la fede, rafforza la speranza, respinge da noi la diffidenza e ci solleva dalla nostra pusillanimità (S. Bernardo Om. In Nat. B. V. M.). […] Se tu che hai intrapreso la novena di Maria, sei di queste anime provate, prendi la santa abitudine di ricorrere a Maria ne’ tuoi bisogni; venendo poi la prova troverai pronta Maria a consolarti: “et consolabor eos”.

 

  1. Maria Consolata talora non ascolta subito le anime desolate, che a Lei ricorrono; la buona madre imponendo violenza al suo cuore materna lascia per poco di esaudirle; ma ottiene loro la costanza di perseverare […].

“Uomo chiunque tu sei, ti dice S. Bernardo, che in questa vita ti pare piuttosto di ondeggiare fra pericoli e procelle, che camminare su fermo terreno, se non vuoi restare sommerso non voler ritorcere gli occhi dal fulgore di questa stella; tenendole dietro non errerai sulla retta via, raccomandandoti a Lei, non ti dispererai, sotto la sua protezione non temerai di perderti, ed essendoti Maria propizia, giungerai certamente al Paradiso” (Hom. 2 super Missus). Pertanto qualunque sia il nostro stato spirituale, veniamo a Maria per conforto, lume e coraggio […].

Ave Maria ….

Preghiera (Tutti insieme)

A Maria, madre mia dolcissima, voi conoscete che io vorrei essere buono, vorrei amare il mio Dio con tutto il mio cuore. Voi, o cara Madre, foste testimone de’ sacrifizi che feci per essere tutto del Signore e di Voi.. Ebbene non permettete che al presente mi senta lontano da Voi, unica meta del mio cuore. Rasserenate, o madre, il cielo dell’anima mia, e ditemi, che io amo tuttora il mio Dio e Voi. Questo mi sarà bastante per ripetervi i sacrifici passati ed abbandonarmi alla vostra misericordia. Così sia.

 

GIORNO QUINTO

 

Ave spes, consolatio, refugium nostrum,

O Maria (Off. Ant.)

 Vi saluto, o Maria, nostra speranza,

Nostra consolazione e nostro rifugio.

 

  1. La nostra vita quaggiù è sparsa di miserie, pena il peccato de’ nostri primi padri e le nostre colpe personali. “Beato, scrive S. Alfonso, chi tra le miserie di questa vita, spesso si rivolge alla Consolatrice del mondo, al rifugio dei miseri”. […].

Tu, o cristiano che leggi tali cose, qual premura avesti finora di ricorrere a Maria nelle tue miserie? Non sei stato di quelli, che nelle distrazioni e ne’ piaceri del mondo cercano conforto e sollievo, non in Maria tutta propensa al tuo bene e spargere su di te le sue misericordie. Cambia tenore di vita e spera in sì buona Madre.

 

  1. Il dolore è sorgente di molti beni morali; esso ci stacca il cuore dall’affetto alla terra, che sperimentiamo ingrata e tormentatrice, ci fa rientrare bene in noi medesimi e riconoscerci miserabili e quindi ci rende umili. […].

Col tuo volto, ci fa dire la Chiesa, Tu, o Maria ci riempi di allegrezza e nella tua mano sono ogni sorta di diletti. Vedi anima addolorata il frutto della vera e costante devozione alla Vergine: pregala per tutti i dolori, che ti affliggono e spera nella madre della grazia e nella Fonte di ogni consolazione.

 

  1. Scrive il Santo Padre Leone XIII: “ricorri a Maria in tutte le tue croci, in tutti i tuoi bisogni, in tutte le tue tentazioni: Maria sia il tuo sostegno, Maria sia la tua consolazione” (Prat. Dell’umiltà, 56). […].

Coraggio adunque o tutti che siete tristi ed afflitti, accostatevi a Maria, fonte d’ogni consolazione; […] Anima cristiana vieni da Maria e dimmi poi se non ne partisti rasserenata.

 

Ave Maria ….

Preghiera (Tutti insieme)

Vergine Santissima, Madre mia Maria, in voi ripongo oggi tutte le mie speranze e le mie pene verso nel vostro cuore. Vedete, o cara Madre, come i miei giorni passano nel dolore ed i miei anni ne’ gemiti. Voi sarete d’ora in poi l’unico mio rifugio dopo Dio. Confortatemi, consolatemi nelle dure prove, acciò non mi smarrisca, ma con pazienza sopportandole, giunga al premio eterno in Paradiso. Così sia.

 

GIORNO SESTO

 

In sinu Mariae, infirmus invenit remedium

(Kempis presso S. Alfonso – Glorie di Maria)

 Nel cuore di Maria l’infermo trova il rimedio.

 

  1. È particolarmente nelle afflizioni e malattie corporali, che si fa ricorso alla Vergine Consolata. Maria, dice S. Basilio, è un grande ospedale di Dio aperto a tutte le umane miserie. […].

Se qualche malanno ti tormenta ricorri a Maria, nel Cuore pietosissimo di sì buona Madre troverai rimedio. O voi, anime desolate, che da mesi e forse anni gemete in un letto e vi pare di non essere abbastanza curate da’ vostri di casa e poco compatite, ricorrete alla Consolata per consolazione e sollievo ne’ vostri mali. È Maria Consolata anche per voi, che in un ospedale vi sentite dimenticati da tutti anche dai congiunti e dagli amici: quale angoscia questo totale abbandono! Maria sola non vi lascia, ella invocata si asside ai vostri fianchi e vi sostiene a non disperarvi, vi anima a continuare la preghiera per la non lontana guarigione. Che se la Vergine benedetta vi fa aspettare alquanto ad esaudirvi e qualche volta anche non vi ottiene la grazia, non è già sorda alle vostre preghiere, ma pel vostro meglio vi concede la pazienza nella tribolazione ed altre grazie più utili o necessarie.

 

  1. A Maria Consolata dobbiamo tutti raccomandarci perché sani ci preservi dalle disgrazie e dalle malattie del corpo. […].

Maria onorata nel tempo della prosperità verrà a’ nostri fianchi ammalati, e con quanto nostro conforto ed aiuto.[…].

Maria ci darà la forza per sopportare l’acerbità del male […], ci darà forza a rassegnarci alle divine disposizioni. Maria verrà a confortare quel giovane e quella giovane suoi devoti, che vedono spegnersi la vita loro in sul fiorir degli anni e non posson rassegnarsi al duro sacrificio; consolerà quel padre e quella madre, che si vedono mancare alla famiglia ancora giovane e tanto bisognosa di loro […].

 

  1. Ricorrono le genti al Santuario nelle malattie de’ loro cari. Vedi, o Cristiano, le molte candele che del continuo ardono davanti ai due altari della Vergine; sono per lo più l’offerta di persone dolenti, che vengono a supplicare con quel cero la buona Madre delle Consolazioni per la guarigione di qualche persona cara. […].

Proponiamo oggi colla Chiesa e diciamo: “Se c’incoglierà qualche male, noi verremo e staremo alla tua presenza; o Maria, in questa tua Casa, nella quale è continuamente invocato il tuo santo nome: alzeremo i nostri clamori a Te nelle nostre tribolazioni, e tu ci ritornerai alla letizia […].

 

Ave Maria ….

Preghiera (Tutti insieme) 

Vergine cara, Consolatrice degli afflitti e salute degli infermi, volgete i vostri occhi di misericordia sulle nostre miserie corporali. Io vi prego per la sanità corporale e per quanti soffrono nelle nostre case e negli ospedali; Madre tenerissima, tutti consolate. Particolarmente raccomando me stesso per le mie corporali miserie e più per quel tempo, che sarò dal Signore chiamato alla prova dell’infermità, cara Madre venite allora a confortarmi, e consolarmi. Così sia. 

 

GIORNO SETTIMO

 

Tu mater gratiae, Consolatrix omnium

Ad Te clamantium. (Off. Ant.)

 Tu la madre della grazia, la Consolatrice

Di tutti quelli che t’invocano.

 

  1. Il re Salomone osservava a’ suoi tempi calunniati e in lacrime tanti innocenti, e nessuno che li consolasse: “vidi calumnias et lacrymas innocentium, et neminem consolatorem”. Non è così di noi, i quali vivendo sotto la legge di grazia abbiamo fortunatamente una madre, che è tutta pronta a sventare le calunnie ed a tergere le lacrime de’ suoi figliuoli. […]

O Cristiano, che leggi, opera quanto puoi rettamente e poni in Maria la tua coscienza. Maria Consolata difenderà la tua innocenza e ti consolerà.

 

  1. Maria consola quanti o per umana malvagità o per deficienza di doni naturali si trovano posposti e quindi come avviliti al confronto de’ loro compagni. […].

Ricorri o giovane studente a Maria nell’approssimarsi de’ tuoi esami; Ella, la buona madre, ascolterà la tua preghiera, sebben interessata e un po’ tardiva […]. E voi, o genitori ed educatori, sui quali gravita la grande responsabilità della educazione intellettuale e morale de’ vostri soggetti, raccomandateli, come usavano i nostri maggiori, a Maria; a Lei consacrateli bambini, offriteli fanciulli al suo Altare […]. Maria dal suo Santuario benedirà l’opera vostra a bene comune ed a consolazione delle vostre fatiche.

 

  1. Maria, scrive S. Bonaventura, è sollecita di soccorrere i miserabili in ogni loro anche piccolo bisogno: “undique sollicita est de miseris”. Voi che vi affliggete per la riuscita di una vostra opera, di un giusto desiderio, affidatelo alla Vergine. […]. È particolarmente voi poveri che avete bisogno di Maria Consolata […].

O povero, è per tua consolazione, che la Madonna fu così povera, ti dice S. Bonaventura, e tu puoi ben consolarti della povertà di Maria: “pauper, multum consolari postes de paupertate Mariae”. Gesù eMaria nobilitarono e santificarono lo stato povero col loro esempio, e per esperienza propria sanno compatire e consolare i poveri […].

 

Ave Maria ….

Preghiera (Tutti insieme)

O Maria, Madre delle grazie e consolatrice di tutti coloro che a voi ricorrono, vengo io da Voi per quest’affare che tanto mi sta a cuore, e per cui non ho quiete né riposo. Madre dolcissima, porgete orecchio alle mie domande, e ponetele nel vostro buon Cuore. No, che non debbo essere deluso nella mia aspettazione, né essere a voi ricorso invano. Consolatemi, o madre di Gesù e madre mia. Così sia.

 

GIORNO OTTAVO

 

Si consolari in omni tribulatione quaeritis

Accedite ad Mariam, Mariam invocate, Mariam

Onorate, Mariae vos commendate.

(Kempis, Paciucch. Es. 22)

 “Se cercate di essere consolati in ogni tribolazione,

Accostatevi a Maria, invocate Maria,

Onorate Maria, raccomandatevi a Maria”.

  1. Perdere persone a noi care, ecco un pensiero che fa rabbrividire; sono ore orribili quelle che seguono la perdita di persona diletta. […] O giorno, o notte terribile quella che tien dietro alla morte de’ nostri cari. […].

Maria Consolata è per voi, desolati superstiti. Ella desolata dopo la crudele morte del suo Gesù è per voi esempio e conforto […]. Voi piangete, o abbandonati, se pur potete piangere, e questo non è male, pianse anche il nostro Divin Redentore sulla tomba di Lazzaro, fu addolorata anche Maria, ma non lasciate troppo contristarvi, come coloro che non hanno la speranza di rivedere i loro cari un dì in Cielo, dice S. Paolo. Una visita al Santuario della Consolata calmerà il vostro dolore e ne ritornerete sollevati.

  1. Il pensiero della morte atterrisce anche le anime buone. Pena del peccato di Adamo, l’uomo rifugge lo scioglimento dl suo essere; ma il credente piega la fronte ai giusti decreti di Dio. […]. Disse un dì la Vergine a S. Brigida, che Ella andrà in morte incontro ai suoi devoti. […].

Cos’ è o cari cristiani, non solamente per le anime sante e senza difetti; ma per noi tutti ancora, se saremo in vita devoti di Maria, sebbene fossimo stati pel passato peccatori e freddi verso sì buona madre. Incominciamo oggi la nostra conversione e la nostra devozione alla gran Vergine, e se non avremo la sorte di avere visibilmente Maria presente al nostro letto di morte, l’avremo certamente invisibile protettrice in quel terribile punto. […].

  1. Maria consola i suoi devoti anche dopo morte. Maria SS. è regina del Cielo e della terra ed ancora degli abissi e del Purgatorio. Maria, scrive S. Bernardo, è a’ suoi devoti “strada pel paradiso: vehiculum ad Paradisum”, e la Chiesa la chiama: la porta del Cielo: “ianua coeli”. […].

Si rallegrino tutti coloro che Sperano in Te, o Madre di Dio; esulteranno per tutta l’eternità; abiteranno tutti in Te, sotto la tua protezione e tu farai tua abitazione in essi. Off. “Laetentur omnes qui sperant in Te; In aeternum exultabunt et abitabis in eis […] Felice te, se tanti favori e premi annessi alla devozione della Vergine, ti accenderanno di amore verso la grande regina; a lei così raccomandando tutto te stesso, sei così sicuro del Paradiso, come se già vi fossi, dice un pio autore.

 

Ave Maria ….

Preghiera (Tutti insieme)

A Maria, Madre di Dio e Madre mia, così mi attrista il pensiero della mia morte e di quella de’ miei cari; eppure verrà certamente anche per me quel giorno di amaro dolore. Chi se non Voi, o cara Madre, verrà a consolarmi in quelle ore angosciose. Vi aspetto, o Madre mia, e per ottenere tanta grazia voglio molto amarvi in vita, visitarvi e consolarvi ne’ vostri dolori, acciò mi rendiate poi il centuplo in morte e nell’eternità.  Così sia.

           

GIORNO NONO

 

Ite in domum Matris vestrae; faciet

Vobiscum misericordiam suam. (Off.)

Andate alla Casa della Madre vostra:

Spanderà su di vi la Sua misericordia.

 

 

  1. Maria SS. Consolata dal suo Santuario, come da Casa presceltasi ne’ secoli per trono delle sue misericordie ci assiste e consola nelle pubbliche necessità. […] Basta aprire la storia delle patrie sventure per vedere, come Maria Consolata fu la Città di rifugio, a cui si rifuggiva nelle pubbliche calamità, e sempre si otteneva misericordia. […].

Anime devote, che assistete ogni anno alla solenne Novena e Festa della Natività colla generale Processione della Consolata, siate riconoscenti a Maria che ci scampò dallo sterminio dei nemici salvando i nostri Padri. […] Preghiamo Maria Consolata a continuarci le sue misericordie con difenderci dal flagello della guerra e custodire i nostri giovani che si trovassero in simili pericoli.

 

  1. Sperate in Maria o popoli congregati e versate in Lei le amarezze del vostro cuore (Off. Vers.) Maria liberò i nostri Padri da ogni sorta di mali, come pestilenze ed epidemie.[…]

Tu, o Cristiano, che passi a lato del Santuario nello scorgere la monumentale colonna ivi eretta da’ nostri Padri in memoria e riconoscenza della misericordia di Maria, ringraziala tu pure, e pregala a continuarci la sua protezione col tenerci lontani i mali temporali che sovrastano sulla patria nostra e più di preservarci dai mali spirituali […].

 

  1. Nelle comuni e pubbliche allegrezze Maria Consolata fu sempre a parte della gioia dei Torinesi; ed è ben giusto che la madre comune intervenga, come nelle afflizioni, così nelle allegrezze. Per tal modo ogni anno al finire degli studi la R. Università veniva nel giorno dell’Assunzione della Vergine a deporre i frutti raccolti a’ piè di Maria Consolata ed a rendere grazie […].

Ma mutarono purtroppo i tempi e la riconoscenza a Maria venne meno per la parte pubblica e sociale. Tocca a noi a supplire a questo vuoto deplorevole […].

 

Ave Maria ….

Preghiera (Tutti insieme)

 

O celeste nostra Patrona, Madonna della Consolata, noi ci gloriamo di essere vostri figli prediletti, ed a’ vostri piedi rinnoviamo l’atto di nostra sudditanza filiale a Voi, Madre sempre pronta a’ nostri bisogni. Cara Madre, perdonate a’ nostri fratelli sconoscenti, convertiteli ed a Voi riconduceteli. Noi frattanto procureremo nel nostro meglio di onorarvi ed amarvi per noi e per la città tutta, che vi scongiuriamo a conservarle il dolce titolo di città vostra, o Consolata. Così sia.

 

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Le 95 tesi sulle indulgenze affisse da Martin Lutero  sulla porta della chiesa di Ognisanti a Wittenberg il 31 ottobre 1517.

Tesi intese alla determinazione dell'efficacia delle indulgenze.
Le tesi che seguono, il cui fine è quello di chiarire la verità, formeranno oggetto di un dibattito a Wittenberg, condotto dal R. P. Martin Lutero, Maestro di Arti e di sacra Teologia, nonché lettore ordinario di questa stessa disciplina in questa città. Egli invita tutti coloro che si troveranno nell'impossibilità di parteciparvi, di inviare le loro osservazioni per iscritto.
Nel nome del nostro Signore Gesù Cristo. 
Amen.

  1. Quando il Signore e maestro nostro Gesù Cristo, ha detto: "Fate penitenza", ha inteso chiedere ai fedeli di conformare tutta la loro vita allo spirito di sacrificio.
  2. Usando quella espressione, Egli non ha inteso riferirsi alla penitenza sacramentale (ossia alla confessione e alla riparazione che si compie attraverso il ministero del sacerdote).
  3. Egli non ha inteso riferirsi alla sola penitenza interiore, che non vale nulla se non è seguita dalla mortificazione della carne.
  4. Di conseguenza, la pena dura finché permane l'odio per la propria persona (che costituisce la vera penitenza interiore), cioè fino all'ingresso nel regno dei cieli.
  5. Il papa può rimettere soltanto quelle colpe che egli stesso ha imposte in base alla sua volontà o in base al diritto canonico.
  6. Il papa non ha il potere di condonare i peccati; qualora pertanto, egli non si limiti a perdonare quelli di sua pertinenza, egli deve dichiarare e assicurare che il perdono avviene per opera di Dio, altrimenti la colpa non verrebbe cancellata.
  7. Dio non rimette le colpe al penitente che non si accosta con profonda umiliazione al sacerdote suo vicario.
  8. Le disposizioni canoniche concernenti la penitenza riguardano soltanto i vivi, mentre nessun valore hanno nei riguardi dei moribondi.
  9. Lo Spirito Santo, dunque, ci offre il Suo perdono per mezzo del papa, e comunque sempre, nell'evenienza di una morte improvvisa.
  10. I sacerdoti che infliggono ai moribondi pene canoniche da scontare in purgatorio dimostrano ignoranza e scorrettezza.
  11. E' probabile che la zizzania, consistente nella conversione della pena canonica in una pena da scontare in purgatorio, sia stata seminata mentre i vescovi dormivano.
  12. In passato, le pene canoniche venivano inflitte a seguito di una vera contrizione prima dell'assoluzione, e non dopo.
  13. Ai morti è dato di scontare ogni peccato fino al momento della morte; dopo la morte, le disposizioni canoniche non li riguardano più, essendo di diritto da esse sciolti.
  14. Un imperfetto sentimento di pentimento nel morente comporta un senso di paura tanto più grande quanto il primo è più piccolo.
  15. A parte ogni altra considerazione, questa paura, consistente nella tremenda sofferenza derivante dalla disperazione, costituisce già di per se stessa una pena di purgatorio.
  16. La differenza tra l'inferno, il purgatorio e il paradiso sembra risiedere nella differenza esistente tra la disperazione, la quasi disperazione e la sicurezza.
  17. Sembra dunque che possa ammettersi che per le anime nel purgatorio la disperazione diminuisca all'aumentare della carità.
  18. Nessun argomento razionale o scritturale dimostra che a queste anime non sia riservata la possibilità di conseguire dei meriti attraverso l'aumento della carità.
  19. Questo non significa che esse siano tutte o in parte certe e sicure della loro beatitudine, anche se noi ne siamo certissimi.
  20. Perciò il papa, quando parla della remissione plenaria di tutte le pene, non intende riferirsi al perdono di tutte, ma soltanto di quelle che sono state imposte da lui.
  21. Sbagliano, perciò, quei predicatori che affermano che "per opera delle indulgenze papali l'uomo è liberato da ogni pena e salvato".
  22. Anzi, il papa non rimette alle anime del purgatorio nemmeno quelle pene che esse avrebbero dovuto scontare in questa vita in base al diritto canonico.
  23. 23. Ammesso che a qualcuno possa essere concessa la remissione di tutte le pene, ciò avverrà solo per i più perfetti, cioè per pochissimi.
  24. Ne consegue inevitabilmente che la maggior parte del popolo resta ingannata dalla indiscriminata ed altisonante promessa del condono delle pene.
  25. Ad ogni vescovo e curato, nell'ambito della rispettiva diocesi o parrocchia, compete lo stesso potere sul purgatorio che il papa esercita universalmente.
  26. Il papa agisce in modo corretto quando concede la remissione dei peccati alle anime non in virtù del potere delle chiavi, che non deve essere inteso in questo senso, ma in virtù del suo suffragio.
  27. Esprimono un concetto umano quelli che dicono: "Appena un soldino ha tintinnato nella cassa, un'anima se ne vola via".
  28. Quel che è certo, è che mentre il tintinnio della moneta nella cassa incrementa il guadagno e l'avarizia, il suffragio della Chiesa dipende dalla sola volontà di Dio.
  29. Forse non tutte le anime nel purgatorio desiderano essere liberate dalla penitenza, come si dice che sia avvenuto nel caso di san Severino e di san Pasquale.
  30. Nessuno può riporre la sua certezza nella sincerità del proprio pentimento, né tantomeno essere sicuro di aver conseguito un perdono completo dei propri peccati.
  31. Coloro ai quali le indulgenze giovano sono tanti quanti lo sono coloro che si pentono veramente, ossia pochissimi.
  32. Saranno dannati eternamente coloro che pensano di essere stati salvati grazie alle lettere confessionali, e così pure coloro che glielo fanno credere.
  33. Bisogna guardarsi da quelli che affermano, che le indulgenze del papa costituiscono un inestimabile dono, attraverso cui l'uomo viene riconciliato con Dio.
  34. Infatti, la concessione delle indulgenze si riferisce soltanto al condono delle pene stabilite dal diritto umano.
  35. Predicano una dottrina non cristiana quelli che insegnano, che per la remissione dei peccati non sia necessario il pentimento, ma sia sufficiente redimere anime o acquisire atti di indulgenza.
  36. Qualunque cristiano, qualora sia veramente pentito, gode della remissione plenaria della colpa e della conseguente pena, anche senza lettere di indulgenza.
  37. Qualunque vero cristiano in quanto tale, vivo o morto, partecipa a tutti i beni di Cristo e della Chiesa, che vengono concessi da Dio anche senza lettere di indulgenza.
  38. Tuttavia, l'intervento del papa e il suo perdono non sono affatto da trascurarsi, in quanto, come dissi, costituiscono una manifestazione del perdono divino.
  39. Anche ai più dotti teologi risulta difficile dimostrare alla gente che la prodigalità delle indulgenze possa sopperire alla sincerità del pentimento.
  40. La vera contrizione cerca ed ama le pene; la prodigalità nella concessione delle indulgenze crea, invece, o quantomeno contribuisce a generare, disimpegno e disaffezione nei confronti delle pene.
  41. Bisogna adottare molta cautela quando si parla del perdono apostolico, onde evitare che la gente sia indotta erroneamente a pensare che esso sia da privileggiare rispetto alle altre opere della carità.
  42. Si deve insegnare ai cristiani, che non è intenzione del papa attribuire alle indulgenze lo stesso valore delle opere di misericordia.
  43. Si deve insegnare ai cristiani, che donare al povero o concedere un prestito a chi ne ha bisogno, vale più dell'acquisto delle indulgenze.
  44. Infatti, le opere di misericordia incrementano la carità rendendo l'uomo migliore, mentre le indulgenze non lo migliorano, ma lo liberano soltanto dalla pena.
  45. Si deve insegnare ai cristiani, che chi spende il suo denaro per comprare le indulgenze trascurando i poveri, non acquista le indulgenze del papa, ma l'indignazione di Dio.
  46. Si deve insegnare ai cristiani che non godono di beni superflui a riservare il necessario per la loro casa, evitando di sprecarlo per l'acquisto delle indulgenze.
  47. Si deve insegnare ai cristiani che l'acquisto delle indulgenze costituisce una libera scelta e non un obbligo.
  48. Si deve insegnare ai cristiani che il papa, nel momento in cui concede le indulgenze, desidera e ha maggior bisogno, più che del danaro, delle preghiere devote dei fedeli.
  49. Si deve insegnare ai cristiani, che il perdono papale è utile se non si confida in esso, ma estremamente nocivo se con esso si perde il timore di Dio.
  50. Si deve insegnare ai cristiani, che se il papa conoscesse le estorsioni compiute dai predicatori di indulgenze, preferirebbe che la basilica di San Pietro andasse in cenere, piuttosto che di vederla edificata con la pelle, la carne e le ossa delle sue pecore.
  51. Si deve insegnare ai cristiani che il papa - come e suo dovere - è disposto ad elargire il suo danaro - e, se ve ne fosse il bisogno, anche vendendo la basilica di San Pietro - a molti di quei fedeli ai quali i predicatori di indulgenze estorcono danaro.
  52. La fiducia di conseguire la salvezza per mezzo delle lettere di indulgenza è cosa vana, e continuerebbe ad esserlo anche se qualcuno o lo stesso papa offrisse in pegno l'anima sua per garantirle.
  53. Nemici di Cristo e del papa sono coloro i quali nelle chiese, per predicare le indulgenze trascurano la parola di Dio.
  54. Si offende la parola di Dio, quando in una stessa predica si riserva alle indulgenze uno spazio eguale o maggiore di quello ad essa dedicato.
  55. E' senza dubbio intenzione del papa, celebrare le indulgenze, che costituiscono una cosa di non grande importanza, con una sola campana, una sola processione e una sola cerimonia, riservando al Vangelo, che è la cosa più grande, cento campane, cento processioni, cento cerimonie.
  56. I tesoro della Chiesa, con cui il papa concede le indulgenze, non risulta sufficientemente definito e conosciuto dal popolo di Cristo.
  57. Che non si tratti di tesori temporali appare evidente dal fatto che quei predicatori non si dimostrano tanto impegnati nell'elargirli, quanto nel raccoglierli.
  58. Né, tantomeno, si tratta dei meriti di Cristo e dei santi, in quanto questi operano sempre, anche senza il papa, la grazia dell'uomo interiore e la sofferenza, la morte e l'inferno dell'uomo esteriore.
  59. San Lorenzo definì i poveri Tesori della Chiesa; ma egli parlava il linguaggio del suo tempo.
  60. Sosteniamo che cotesto tesoro consiste nelle chiavi della Chiesa (donate per il merito di Cristo).
  61. È chiaro, infatti, che per l'esame dei casi riservati al papa e per la remissione delle relative pene è sufficiente la sua sola potestà.
  62. Il vero tesoro della Chiesa è il sacrosanto Evangelo della gloria e della grazia di Dio.
  63. Ma questo tesoro è a ragione tenuto in scarsissima considerazione, in quanto "fa dei primi gli ultimi".
  64. Mentre il tesoro delle indulgenze è a ragione il più gradito, perché "degli ultimi fa i primi".
  65. Perciò, i tesori evangelici sono reti con le quali in passato si pescavano uomini ricchi.
  66. Mentre i tesori delle indulgenze sono reti con le quali si pescano le ricchezze degli uomini.
  67. Si comprende allora perché le indulgenze, che i predicatori proclamano come le più grandi grazie, sono tali in funzione del danaro che producono.
  68. In realtà, sono una trascurabile cosa in confronto alla grazia di Dio e alla pietà della croce.
  69. I vescovi e i curati sono tenuti ad accogliere con tutto il rispetto gli incaricati delle indulgenze papali.
  70. Essi devono, però, prestare la massima attenzione vigilando con gli occhi e con le orecchie che essi espletino veramente il mandato ricevuto dal papa e non predichino i loro sogni.
  71. Sia anatema e maledetto colui che parla contro la verità delle indulgenze papali.
  72. Ma sia benedetto colui che si oppone alla brama e agli abusi verbali del predicatore di indulgenze.
  73. Come il papa fulmina giustamente coloro che pongono in essere attività ai danni della vendita delle indulgenze,
  74. così molto più gravemente egli intende colpire coloro che, col pretesto delle indulgenze, compiono attività a danno della santa carità e verità.
  75. Ritenere che le indulgenze papali siano tanto potenti da assolvere un uomo, anche nel caso

pur impossibile, che esso avesse violentato la Madre di Dio, significa essere fuori di senno.

  1. Per contro, quanto alla colpa, sosteniamo che le indulgenze papali non possono cancellare, nemmeno il più piccolo dei peccati veniali.
  2. Sostenere che neanche san Pietro, se fosse oggi papa, avrebbe la possibilità di concedere maggiori grazie, è una bestemmia contro san Pietro e il papa.
  3. Al contrario, diciamo che anche questo papa, come qualsiasi altro, possiede grazie maggiori, cioè il Vangelo, i miracoli, i doni di guarigione ecc., come insegna 1 Cor., XII.
  4. Sostenere che la croce con le insegne papali, innalzata solennemente, equivalga alla croce di Cristo, è bestemmia.
  5. 1 vescovi, curati e teologi che consentono che simili discorsi siano tenuti alla gente, ne renderanno ragione.
  6. Questa scandalosa predicazione delle indulgenze rende difficile anche ai dotti impegnati nel salvaguardare il rispetto dovuto al papa, difenderlo dalle calunnie e dalle sottili insinuazioni dei laici.
  7. Ad esempio: perché il papa non vuota il purgatorio ispirandosi alla santissima carità e alla somma necessità delle anime, che costituisce il motivo più giusto, dal momento che libera un infinito numero di anime in cambio del dannosissimo danaro destinato alla costruzione della basilica, che rappresenta, invece, un motivo di trascurabile importanza?
  8. Ugualmente: perché ci si ostina nella celebrazione delle esequie e degli anniversari dei defunti, e non si restituiscono, anzi si consentono le offerte stabilite a loro vantaggio, mentre è un'offesa pregare per dei redenti?
  9. Ancora: che è mai questa nuova pietà di Dio e del papa, consistente nel concedere per danaro ad un empio e nemico la liberazione di un'anima pia e amica di Dio, astenendosi, per contro, dal liberarla gratuitamente per mezzo della carità?
  10. Perché mai si redime ancora con denaro, con la concessione di indulgenze, da canoni penitenziali già da tempo e di fatto in sé desueti e morti, come se fossero ancora in pieno vigore?
  11. Così ancora: perché mai il papa, le cui ricchezze sono oggi più consistenti di quelle dei più ricchi Crassi non costruisce la basilica di San Pietro utilizzando il suo danaro, invece di quello dei poveri fedeli?
  12. Ugualmente: che cosa rimette o trasmette il papa a coloro che in virtù di un perfetto pentimento hanno diritto ad un completo perdono e alla partecipazione alle grazie divine?
  13. La Chiesa non ne risentirebbe un maggior bene, se il papa, anziché una sola volta, concedesse cento volte al giorno ad ognuno dei fedeli questo perdono e questa partecipazione?
  14. Poiché il papa, per mezzo delle indulgenze, tende alla salvezza delle anime più che al danaro, perché sospende le lettere confessionali e le indulgenze precedentemente concesse, mentre sono egualmente efficaci?
  15. Soffocare queste pericolosissime argomentazioni dei laici con la sola forza e senza addurre ragioni significa esporre la Chiesa e il papa alle beffe dei nemici e rendere infelici i cristiani.
  16. Se dunque le indulgenze fossero predicate secondo lo spirito e l'intenzione del papa, tutte quelle difficoltà sarebbero facilmente risolte, anzi non esisterebbero.
  17. Addio, dunque, a tutti quei profeti che dicono al popolo di Cristo: "Pace, pace", mentre pace non c'è.
  18. Salute, a tutti quei profeti che dicono al popolo di Cristo: "Croce, croce", mentre la croce non c'è.
  19. Si devono esortare i cristiani a seguire con zelo il loro capo, Cristo, attraverso le pene, le mortificazioni, e le tribolazioni.
  20. In modo che nutrano la fiducia di "entrare in cielo attraverso molte tribolazioni", piuttosto che mediante la sicurezza della pace.

 

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“Come si arriva a credere”: è il titolo di un’intervista a Benedetto XVI del teologo gesuita Jacques Servais, pubblicata oggi su "L’Osservatore Romano", dove si affrontano temi cruciali della fede - giustificazione, salvezza, misericordia - che interpellano l’uomo contemporaneo. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Si parte dalla giustificazione e dalla questione centrale su che cosa sia la fede e come si arrivi a credere. Da una parte, spiega il Papa emerito, “la fede è un contatto profondamente personale con Dio”, “al tempo stesso” “ha a che fare con la comunità” “dei fratelli e delle sorelle”. “L’incontro con Dio” ci fa infatti aprire, strappare dalla “chiusa solitudine”, per essere accolti “nella comunità vivente della Chiesa”. “La fede – aggiunge Benedetto XVI – non è un prodotto della riflessione e neppure un cercare nelle profondità” del nostro essere. E “la comunità non si crea da sola”, “non è un’assemblea di uomini che hanno delle idee in comune” da diffondere. “La Chiesa non è fatta da sé” ma “è stata creata da Dio” e “continuamente formata da Lui”. Si entra infatti nella Chiesa “non con un atto burocratico ma mediante il Sacramento”.

E se nei tempi odierni, ricorda Joseph Ratzinger, sovente “non è più l’uomo che crede di aver bisogno della giustificazione al cospetto di Dio” e sarebbe invece Dio a doversi giustificare “a motivo di tutte le cose orrende presenti nel mondo”, che “in ultima analisi dipenderebbero da Lui”, pure l’uomo ha in generale “la sensazione che Dio non possa lasciar andare in perdizione la maggior parte dell’umanità”. In altro modo continua “ad esistere la percezione che noi abbiamo bisogno della grazia e del perdono”. “Segno dei tempi”, “il fatto che l’idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante”, come rivelano Giovanni Paolo II e Papa Francesco. “Sotto la patina della sicurezza di sé e della propria giustizia – scrive Benedetto XVI – l’uomo di oggi nasconde una profonda consapevolezza delle sue ferite e della sua indegnità di fronte a Dio”. “Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l’attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente”.

Riguardo il tema della salvezza, dopo il Concilio Vaticano II - rammenta Benedetto XVI  - si è affermata la “consapevolezza che Dio non può lasciare andare in perdizione tutti i non battezzati”. “Cristo, in quanto unico, era ed è per tutti e i cristiani”, che “costituiscono il suo corpo in questo mondo” e “partecipano di tale essere per”. “Ciò non significa – chiarisce Joseph Ratzinger – un biglietto speciale per entrare nella beatitudine eterna, bensì la vocazione a costruire l’insieme, il tutto”. “Noi assieme al Signore che abbiamo incontrato – conclude il Papa emerito – andiamo verso gli altri e cerchiamo di render loro visibile l’avvento di Dio in Cristo”.

 

Benedetto XVI: “È la misericordia che ci muove verso Dio”

 di ANDREA TORNIELLI

 Fonte: http://it.aleteia.org/

 

«Per me è un “segno dei tempi” il fatto che l’ idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante». Parola di Benedetto XVI. Arriva in libreria il volume «Per mezzo della fede. Dottrina della giustificazione ed esperienza di Dio nella predicazione della Chiesa» (San Paolo editore, pp. 199, euro 20), curato dal gesuita Daniele Libanori, che riporta gli atti di un convegno teologico tenutosi a Roma lo scorso ottobre. In quell’ambito venne letto dall’arcivescovo Georg Gänswein il testo di un’intervista con Ratzinger realizzata dal teologo gesuita Jacques Servais su «cosa è la fede e come si arriva a credere», nella quale Papa Benedetto cita il suo successore e parla diffusamente della misericordia.

In una prima risposta, Ratzinger ribadisce che cosa sia la Chiesa e il fatto che la Chiesa non si è fatta da sé. «Si tratta della questione: cosa sia la fede e come si arrivi a credere. Per un verso la fede – spiega il Papa emerito – è un contatto profondamente personale con Dio, che mi tocca nel mio tessuto più intimo e mi mette di fronte al Dio vivente in assoluta immediatezza in modo cioè che io possa parlargli, amarlo ed entrare in comunione con lui. Ma al tempo stesso questa realtà massimamente personale ha inseparabilmente a che fare con la comunità: fa parte dell’ essenza della fede il fatto di introdurmi nel noi dei figli di Dio, nella comunità peregrinante dei fratelli e delle sorelle. La fede deriva dall’ ascolto (fides ex auditu), ci insegna san Paolo. L’ascolto a sua volta implica sempre un partner. La fede non è un prodotto della riflessione e neppure un cercare di penetrare nelle profondità del mio essere. Entrambe le cose possono essere presenti, ma esse restano insufficienti senza l’ ascolto mediante il quale Dio dal di fuori, a partire da una storia da Lui stesso creata, mi interpella. Perché io possa credere ho bisogno di testimoni che hanno incontrato Dio e me lo rendono accessibile».

«La Chiesa non si è fatta da sé – ribadisce Ratzinger – essa è stata creata da Dio e viene continuamente formata da Lui. Ciò trova la sua espressione nei sacramenti, innanzitutto in quello del battesimo: io entro nella Chiesa non già con un atto burocratico, ma mediante il sacramento. E ciò equivale a dire che io vengo accolto in una comunità che non si è originata da sé e che si proietta al di là di se stessa. La pastorale che intende formare l’esperienza spirituale dei fedeli deve procedere da questi dati fondamentali. È necessario che essa abbandoni l’idea di una Chiesa che produce se stessa e far risaltare che la Chiesa diventa comunità nella comunione del corpo di Cristo. Essa deve introdurre all’ incontro con Gesù Cristo e portare alla Sua presenza nel sacramento».

Rispondendo a un’altra domanda, il Papa emerito parla della centralità della misericordia. «L’uomo di oggi ha in modo del tutto generale la sensazione che Dio non possa lasciar andare in perdizione la maggior parte dell’ umanità. In questo senso la preoccupazione per la salvezza tipica di un tempo è per lo più scomparsa. Tuttavia, a mio parere, continua a esistere, in altro modo, la percezione che noi abbiamo bisogno della grazia e del perdono. Per me è un “segno dei tempi” il fatto che l’idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante – a partire da suor Faustina, le cui visioni in vario modo riflettono in profondità l’immagine di Dio propria dell’uomo di oggi e il suo desiderio della bontà divina».

«Papa Giovanni Paolo II – continua Ratzinger – era profondamente impregnato da tale impulso, anche se ciò non sempre emergeva in modo esplicito. Ma non è di certo un caso che il suo ultimo libro, che ha visto la luce proprio immediatamente prima della sua morte, parli della misericordia di Dio. A partire dalle esperienze nelle quali fin dai primi anni di vita egli ebbe a constatare tutta la crudeltà degli uomini, egli afferma che la misericordia è l’unica vera e ultima reazione efficace contro la potenza del male. Solo là dove c’è misericordia finisce la crudeltà, finiscono il male e la violenza».

«Papa Francesco – continua Benedetto citando il suo successore – si trova del tutto in accordo con questa linea. La sua pratica pastorale si esprime proprio nel fatto che egli ci parla continuamente della misericordia di Dio. È la misericordia quello che ci muove verso Dio, mentre la giustizia ci spaventa al suo cospetto. A mio parere ciò mette in risalto che sotto la patina della sicurezza di sé e della propria giustizia l’uomo di oggi nasconde una profonda conoscenza delle sue ferite e della sua indegnità di fronte a Dio. Egli è in attesa della misericordia. Non è di certo un caso che la parabola del buon samaritano sia particolarmente attraente per i contemporanei. E non solo perché in essa è fortemente sottolineata la componente sociale dell’ esistenza cristiana, né solo perché in essa il samaritano, l’uomo non religioso, nei confronti dei rappresentanti della religione appare, per così dire, come colui che agisce in modo veramente conforme a Dio, mentre i rappresentanti ufficiali della religione si sono resi, per così dire, immuni nei confronti di Dio».

«È chiaro che ciò piace all’ uomo moderno – osserva ancora Benedetto XVI – Ma mi sembra altrettanto importante tuttavia che gli uomini nel loro intimo aspettino che il samaritano venga in loro aiuto, che egli si curvi su di essi, versi olio sulle loro ferite, si prenda cura di loro e li porti al riparo. In ultima analisi essi sanno di aver bisogno della misericordia di Dio e della sua delicatezza. Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l’ attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente.Mi pare che nel tema della misericordia divina si esprima in un modo nuovo quello che significa la giustificazione per fede. A partire dalla misericordia di Dio, che tutti cercano, è possibile anche oggi interpretare daccapo il nucleo fondamentale della dottrina della giustificazione e farlo apparire ancora in tutta la sua rilevanza».

 

 

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