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Eravamo abituati alle immagini di chiese, piazze e strade inondate di fedeli, con la festosa processione dei rami d’ulivo, a ricordare l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. E invece questo anno è stata una Domenica delle Palme inedita e totalmente inimmaginabile anche solo fino a poche settimane fa, quella che tanti hanno celebrato in giro per il mondo che proibisce il contatto tra persone per contenere e limitare la diffusione del virus letale.

Anche la comunità di Casa Generalizia dei Missionari della Consolata a Roma ha fatto memoria dell’ingresso di Gesù nella città di Gerusalemme. La benedizione degli ulivi, seguita da una breve processione e poi la Santa Messa nell’Auditorium Beato Allamano appositamente allestito, per la garanzia di mantenere la distanza necessaria tra i vari celebranti.

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All’inizio della celebrazione padre Stefano Camerlengo, IMC, Superiore Generale ha invitato a ricordare i missionari e missionarie e tutte le persone che nel mondo sono ammalate anche a causa della pandemia del coronavirus.

Nella Omelia padre Antonio Rovelli ha sottolineato che il Messia che entra in Gerusalemme come un re il cui tratto distintivo ed essenziale è la mitezza.

La mitezza del “Messia” Gesù (cf. Mt 11,29) consiste: nella rinuncia alle prerogative regali, all’uso della forza, al potere pressoché illimitato, per scegliere consapevolmente la via dell’inermità, della non-violenza, del rispetto, dell’agire pacifico.

In questo modo, Gesù indica la via ai suoi discepoli: la via della mitezza, della rinuncia consapevole a una forza che potrebbe schiacciare gli altri, che potrebbe prevaricare e sopraffare e che deve essere limitata per far spazio agli altri.

Il Messia lancia un messaggio per la città di Gerusalemme che risponderà con il turbamento e la diffidenza: “Tutta la città fu agitata, dicendo: ‘Chi è costui?’” (Mt 21,10).

L’incomprensione della città può diventare anche la nostra, ha avvertito padre Antonio, nei confronti di questo re “paradossale”, che col suo agire smentisce le caratteristiche regali.

Sentire come “estraneo a sé” proprio il Cristo rivelato dai vangeli, il Cristo povero, il Cristo mite, il Cristo che sceglie come cavalcatura non il cavallo, ma l’asino, il Cristo che non si impone, il Cristo lava i piedi e si lascia trascinare, che inchiodato, risponde con il bene del perdono al male che subisce.

All’inizio della Settimana Santa, l’entrata di Gesù in Gerusalemme interpella anche noi, i nostri cammini personali e comunitari, i modi e le forme del nostro essere missionari.

In questi tempi difficili, come Gesù anche noi siamo “silenti”, non possiamo essere “vicini” alla gente, ma “insieme a loro”, si!

Attraverso la preghiera di intercessione, l’offerta del sacrificio dell’Eucaristia, i messaggi e le telefonate attraverso la rete dei social, la comunità è stata invitata “a uscire” per entrare nelle “Gerusalemme” deserte dei nostri giorni, per bussare alle porte di casa “affollate”, ed entrare negli ospedali che sono le Gerusalemme e Gerico di oggi. In questo modo, Samaritani anche noi a fianco del personale sanitario, con la preghiera, le parole di consolazione e di incoraggiamento.

“Chi è Costui?”

Padre Antonio, alla fine, ha invitato a riascoltare l’eco della domanda di Cesarea di Filippo e sentirla come compagna di viaggio nei giorni della Passione del Signore. Si ripresenterà infatti, in varie occasioni … alla lavanda dei piedi … nella fuga dei discepoli, dentro il dramma di Pietro, causa delle paure di Pilato … nel sudore del Cireneo … Fino a entrare nel cuore di uno straniero, una guardia sul Golgota che, fissando il crocifisso, esclamerà la risposta definitiva, perché la croce è la sintesi paradossale di una vita spesa a servizio degli altri. Spetterà poi a Maria Maddalena e le altre donne … annunciare ciò che a loro stesso sarà stato detto, che è proprio quel Crocifisso che è risorto.

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Come conclusione dell’omelia, siamo stati invitati a seguire le preziose raccomandazioni del nostro Fondatore, il Beato Allamano, che sollecitava: “ dobbiamo avere una devozione speciale e fare nostra la Passione del Signore, procurare cioè che essa sia sempre ben fissa nella nostra mente, nel nostro cuore, nel nostro corpo, nel nostro spirito… “ perché  “La Passione del Signore ci sosterrà nelle fatiche e nelle pene dell’apostolato e nella stessa morte …  Non basta portare il Crocifisso, ma occorre imitarlo…. Gesù non ha lasciato la Croce a metà strada; è caduto, ma si è rialzato e ha continuato fino alla fine. … Mettiamoci ai piedi di Gesù crocifisso e preghiamolo che ci purifichi. È ai suoi piedi che si impara la generosità nel sacrificio”. (Così Vi Voglio, n. 69 – 70).

Sono presenti in Casa Generalizia attualmente 26 persone che vivono in quarentena e in stretta osservanza delle norme igieniche. 

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Celebrando quest’anno il 25.mo anniversario della sua consacrazione definitiva alla vita religiosa missionaria, Fratel Rombaut condivide con noi la sua gioia e gratitudine di essere missionario della Consolata fratello, avendo al centro della sua vita, non un ministero da esercitare, ma l’essere soprattutto religioso e missionario. In questo momento si trova a Roma per il Corso di Formazione Continua organizzato per i missionari che celebrano il 25.mo anniversario di Professione Perpetua o Ordinazione Sacerdotale.

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Istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione A/RES/62/10, pone l’attenzione sull’importanza della giustizia sociale come strumento di eradicazione della povertà e promozione dello sviluppo e della dignità umana.

Essa, infatti, costituisce presupposto della pace e sicurezza tra le nazioni perché, attraverso il rispetto dei diritti umani e le libertà fondamentali di tutti, è in grado di rimuovere le barriere che le persone affrontano nell’accesso al benessere sociale a causa di genere, età, razza, etnia, religione, cultura, disabilità, condizioni di lavoro e giustizia.

Il tema della giornata per il 2020 è “Colmare il divario delle disuguaglianze per raggiungere la giustizia sociale”.

La preghiera del Signore… per la Giustizia

Padre Nostro…  che sempre stai accanto ai deboli agli abbandonati, agli infermi, agli anziani, ai piccoli, ai non-nati, e a quanti ogni giorno soffrono diverse forme di dolore.

Che sei nei cieli… là, dove tutto cambierà, dove i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi, ma dove tutti staremo bene qualunque sia il nostro modo di essere.

Sia santificato il tuo nome… Fa’ che sempre possiamo riconoscere la tua santità, rispettando le tue vie che non sono le nostre, i tuoi criteri che si differenziano dai nostri. Fa’ che l’invocazione del tuo nome ci strappi dall’egoismo che ci impedisce di vedere il dolore dei nostri fratelli e delle nostre sorelle.

Venga a noi il tuo Regno… Aiutaci a creare un mondo in cui, al di là delle nostre necessità e delle nostre ferite, sia possibile praticare la giustizia, amare con tenerezza e camminare umilmente con te e con tutti i nostri simili.

Sia fatta la tua volontà… Amplia la nostra libertà, perché possiamo lasciarti entrare in noi, in modo che la pienezza di reciprocità che costituisce la tua vita fluisca nelle nostre vene e ci renda capaci d’irradiare il tuo amore incondizionato per qualunque persona, con una preferenza per i poveri.

Come in cielo così in terra… Fa’ che il lavoro delle nostre mani, i santuari e le strutture che noi costruiamo in questo mondo siano un riflesso del tuo tempio di gloria, in modo che la gioia, la grazia, la tenerezza e la giustizia che si vivono in cielo s’irradino sulle nostre strutture terrestri.

Da’… Concedi vita e amore ad ogni persona. Aiutaci a riconoscere che tutto è dono e che noi siamo perciò chiamati a condividere con gli altri ciò che abbiamo ricevuto. Rendici capaci di comprendere che quando spalanchiamo le mani, entra nella nostra casa la salvezza.

A noi… Il “noi” è il plurale autentico. Signore, dona il tuo bene non solo “ai nostri”, ma a tutti, compresi quelli che sono molto differenti da ciò che, con mentalità ristretta, noi consideriamo “nostro mondo”. Dà, Signore, i tuoi doni, in modo uguale, a tutte le persone, di qualunque paese.

Oggi… Non “domani”. Non permetterci di procrastinare le nostre decisioni fino a un futuro indefinibile e lontano, rimanendo spettatori passivi dell’ingiustizia con cui c’in­con­triamo faccia a faccia, lasciandola imperversare per mancanza di attività e d’impegno.

Il nostro pane quotidiano… Possa ogni persona di questo mondo avere cibo sufficiente, acqua limpida e pura, aria disinquinata, adeguate cure sanitarie, sicuro accesso all’educazione… e tutto ciò che è necessario per una vita sana e dignitosa. Insegnaci a donare non solo il superfluo, ma anche ciò che è essenziale anche per noi.

Rimetti a noi i nostri debiti… Perdona la nostra cecità nei riguardi di chi ci sta vicino, le nostre preoccupazioni egocentriche, il nostro razzismo, le nostre discriminazioni sessuali, la nostra inclinazione a preoccuparci solo di noi stessi e delle persone che ci appartengono. Perdona la nostra capacità di incappare nelle notizie senza far niente.

Come noi li rimettiamo ai nostri debitori… Aiutaci a perdonare chi ci ha recato offesa rendendoci vittime del proprio egoismo. Fa’ che ci sia possibile avanzare nelle età della vita senza amarezze e risentimenti, a perdonare le imperfezioni dei nostri genitori, dei sistemi sociali, delle istituzioni che ci hanno feriti, o ignorati, o maltrattati…

Non c’indurre in tentazione… Non giudicarci solo in base al tuo comando di dare da mangiare all’affamato, di vestire l’ignudo, di visitare l’ammalato, o in base a quanto abbiamo fatto per cambiare i sistemi che opprimono i poveri. Liberaci da questo esame, perché nessuno di noi può reggersi davanti a un simile processo evangelico. Concedici invece ancora tempo per rendere migliori le nostre modalità di vita, per vincere il nostro egoismo, per correggere i nostri sistemi.

E liberaci dal male… Liberaci dalla cecità che ci permette di rimanere coinvolti in sistemi anonimi, all’interno dei quali non è necessario “vedere” quelli che hanno meno di noi che possediamo molto. Amen.

(Tradotto dall’Inglese, The Holy Longing, Ronald Rolheiser OMI)

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(Italiano) Lunedì 27 gennaio 2020 ( IT - EN - PT - ES - FR )

Oggi abbiamo iniziato la giornata ringraziando Dio nell'Eucaristia presieduta da p. Jaime Patias, che festeggiava il suo compleanno. Durante l'omelia ci ha invitato a riprendere la nostra vita dopo questi 25 anni per continuare ad offrire al mondo il carisma del nostro Istituto.

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Questa settimana di formazione ci darà gli strumenti per guardarci dentro e conoscerci a fondo ispirandoci alle icone bibliche della samaritana e della moltiplicazione dei pani.

Al mattino, p. Efrem Baldasso ci ha consegnato la prima pillolla dell'Istituto attraverso la quale ha fatto un percorso storico e carismatico della nostra identità ad gentes. Prima di tutto ha spiegato come la scelta missionaria del nostro Fondatore è maturata attraverso i suoi vari contatti diretti e indiretti con i missionari. Di conseguenza, nel 1875, cominciò a pensare di fondare una Società Pia ma, non avendo l'approvazione del vescovo, si fermò.

Il nostro Fondatore non cercava di iniziare un'opera personale ma ecclesiale, così il Regolamento che aveva preparato nel 1891 fu ripreso dieci anni dopo la sua guarigione e con l'approvazione del Cardinale Richelmy. Questo Regolamento è stato ispirato dalla Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri, dai Lazaristi e dai Missionari dell'Africa. Il Fondatore cercava una società con un giuramento di diritto diocesano, in un regime di vita comune, con i propri capi e all'interno di un territorio concesso dalla Santa Sede.

Nel Regolamento del 1901 fece alcune aggiunte: i diari dei missionari, i seminari minori e sulla povertà. Così siamo nati come una Pia Società di Diritto Diocesano.

Le nostre prime Costituzioni risalgono al 1909, anche se parlano del pronunciamento dei voti, non si trattava di voti religiosi, era comunque un giuramento e così siamo rimasti una Società Pia.

Dopo l'approvazione del Nuovo Diritto Canonico nel 1917, che distingueva il clero secolare da quello religioso, nel corso del Capitolo furono redatte le Costituzioni del 1923. Roma li ha approvati per il 50° anniversario dell'ordinazione del nostro Fondatore senza chiedere i dieci anni normalmente richiesti. È stato in questo periodo che siamo diventati un istituto religioso di diritto pontificio.

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Questo significava che c'erano tre categorie di missionari allo stesso tempo: quelli che erano incardinati nella diocesi e che avevano prestato giuramento secondo il Regolamento del 1901; quelli che erano incardinati nella Pia Società secondo il Regolamento del 1909; e i religiosi che avevano preso i voti secondo le Costituzioni del 1923.

Di fronte a questa situazione, il Fondatore scrisse a Propaganda Fide per sapere come procedere e Roma lasciò i missionari liberi di rimanere secondo il loro impegno nella Pia Società o di prendere i voti come religiosi. Per esempio, P. Gaudenzio Barlassina, che divenne Superiore Generale dell'Istituto, non prese mai i voti religiosi e mantenne il giuramento che aveva fatto secondo il Regolamento del 1901.

Nel 1959 l'Istituto decise di apportare alcune correzioni e aggiunte alle Costituzioni. È stato dopo il Concilio Vaticano II che è stata intrapresa una nuova redazione delle Costituzioni, che sono state approvate nel 1981 e che sono state leggermente modificate nei Capitoli successivi.

Lungo questo cammino, possiamo vedere che nelle nostre Costituzioni il primato viene dato al Vangelo come norma fondamentale di tutta la vita religiosa secondo l'intuizione della "Perfectae Caritatis"; e c'è una profonda fedeltà al carisma del Fondatore e al carisma di fondazione che rende possibile che questa fedeltà sia creativa secondo il momento storico e culturale in cui l'Istituto si incarna.

Dopo questa pillolla dell'Istituto, ognuno di noi è stato invitato ad iniziare a scrivere la propria autobiografia e già nel pomeriggio siamo stati accompagnati dal signor Duccio Demetrio che ci ha dato alcune chiavi per poter fare questo esercizio in verità e in profondità.

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Abbiamo poi avuto un momento di fraternità tra i missionari della comunità della Casa Generalizia e quelli che partecipavano al corso. La metà dei presenti ha avuto l'opportunità di presentarsi e di condividere con gli altri il proprio cammino missionario. Se Dio vuole, domani finiremo questa presentazione che favorirà la vita in fraternità durante queste cinque settimane in cui saremo qui.

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(English) Monday, January 27, 2020 ( IT - EN - PT - ES - FR )

Today we began the day by thanking God in the Eucharist presided over by Fr. Jaime Patias, who was celebrating his birthday. During the homily, he invited us to resume our life after these 25 years to continue offering the charism of our Institute to the world.

This week of formation will give us the instruments to look inside ourselves and get to know each other in depth inspired by the biblical icons of the Samaritan woman and the multiplication of the loaves.

In the morning, Fr. Efrem Baldasso gave us the first tablet of the Institute through which he made a historical and charismatic journey of our identity ad gentes. First, he explained how our Founder's missionary choice matured through his various direct and indirect contacts with missionaries. As a result, in 1875, he began to think about founding a Pious Society but, not having the approval of the bishop, he stopped.

Our Founder was not looking to start a personal work but an ecclesial one, so the Regulation he had prepared in 1891 was taken up again ten years later after his cure and with the approval of Cardinal Richelmy. The Congregation of the Oratory of St. Philip Neri, the Lazarists and the Missionaries of Africa inspired this Regulation. The Founder sought a society with an oath of diocesan law, in a regime of common life, with its own leaders and within a territory granted by the Holy See.

In the 1901 Regulation, he made some additions: the missionaries’ diaries, the minor seminaries and on poverty. Thus, we were born as a Pious Society of Diocesan Law.

Our first Constitutions date from 1909, although they speak of the pronouncement of vows, it was not a question of religious vows, it was still an oath and we remained a Pious Society.

After the approval of the new Canon Law in 1917, which differentiated between the secular clergy and religious, the Constitutions of 1923 were drawn up during the Chapter. Rome approved them for the 50th anniversary of our Founder's ordination without demanding the ten years that were normally required. It was at this time that we became a religious institute of pontifical right.

This fact meant that there were three categories of missionaries: those who were incardinated in the diocese and who had taken the oath according to the Regulation of 1901; those who were incardinated in the Pious Society according to the Regulation of 1909; and the religious who had taken their vows according to the Constitutions of 1923.

Faced with this situation, the Founder wrote to Propaganda Fide to find out how to proceed and Rome left the missionaries free to remain according to their commitment to the Pious Society or to take their vows as religious. For example, Fr. Gaudenzio Barlassina, who became Superior General of the Institute, never took religious vows and kept the oath he had taken according to the 1901 Regulation.

In 1959, the Institute decided to make some corrections and additions to the Constitutions. It was after the Second Vatican Council that a new drafting of the Constitutions was undertaken, which was approved in 1981 and then slightly modified during the successive chapters.

Along this path, we can see that in our Constitutions the primacy is given to the Gospel as the fundamental norm of all religious life following the intuition of the "Perfectae Caritatis"; and there is a deep fidelity to the charism of the Founder and the founding charism which makes it possible for this fidelity to be creative according to the historical and cultural moment in which the Institute is incarnated.

After this tablet of the Institute, each one of us has been invited to start writing his own autobiography and already in the afternoon, we have been accompanied by Mr. Duccio Demetrio who has given us some keys to be able to do this exercise in truth and depth.

We then had a fraternal moment between the missionaries of the General House community and those who were participating in the course. Half of those present had the opportunity to introduce themselves and share with the rest their missionary journey. God willing, tomorrow we will finish this presentation, which will foster life in fraternity during these five weeks we will be here.

(Português) Segunda-feira, 27 de Janeiro de 2020 ( IT - EN - PT - ES - FR )

Hoje começamos o dia dando graças a Deus na Eucaristia presidida pelo P. Jaime Patias, que celebrava o seu aniversário. Durante a homilia ele convidou a retomar a nossa vida, depois destes 25 anos, para continuar a oferecer ao mundo o carisma do nosso Instituto.

Esta semana de formação nos dará os instrumentos para olharmos dentro de nós mesmos e nos conhecermos em profundidade, inspirados pelos ícones bíblicos da samaritana e pela multiplicação dos pães.

Pela manhã, o P. Efrem Baldasso deu-nos a primeira tábua do Instituto através da qual fez um percurso histórico e carismático da nossa identidade ad gentes. Antes de mais nada ele explicou como a escolha missionária do nosso Fundador amadureceu através dos seus vários contactos diretos e indiretos com os missionários. Como resultado, em 1875, ele começou a pensar em fundar uma Pia Sociedade, mas, não tendo a aprovação do bispo, ele parou.

O nosso Fundador não pretendia iniciar uma obra pessoal, mas eclesial; por isso, o Regulamento que tinha preparado em 1891 foi por ele retomado dez anos mais tarde e com a aprovação do Cardeal Richelmy. Este Regulamento foi inspirado pela Congregação do Oratório de São Filipe Neri, os Lazaristas e os Missionários da África. O Fundador procurou uma sociedade com um juramento de direito diocesano, num regime de vida comum, com os seus próprios dirigentes e dentro de um território concedido pela Santa Sé.

No Regulamento de 1901 ele fez alguns aditamentos: os diários dos missionários, os seminários menores e sobre a pobreza. Assim, nascemos como uma Sociedade Piedosa de Direito Diocesano.

As nossas primeiras Constituições datam de 1909, embora falem do pronunciamento dos votos, não se tratava de votos religiosos, era ainda um juramento e continuámos a ser uma Sociedade Pia.

Após a aprovação do Direito Canônico em 1917, que diferenciou o clero secular dos religiosos, foram redigidas, durante o Capítulo, as Constituições de 1923. Roma aprovou-as para o 50º aniversário da ordenação do nosso Fundador, sem exigir os dez anos que normalmente eram necessários. Foi nesta época que nos tornamos um instituto religioso de direito pontifício.

Este fato significou que havia três categorias de missionários: os que foram incardinados na diocese e que tinham feito o juramento segundo o Regulamento de 1901; os que foram incardinados na Pia Sociedade segundo o Regulamento de 1909; e os religiosos que tinham feito os votos segundo as Constituições de 1923.

Diante desta situação, o Fundador escreveu à Propaganda Fide para saber como proceder, e Roma deixou os missionários livres para permanecerem de acordo com seu compromisso com a Sociedade Piedosa ou para fazerem os votos como religiosos. Por exemplo, o P. Gaudenzio Barlassina, que se tornou Superior Geral do Instituto, nunca fez os votos religiosos e manteve o juramento que tinha feito de acordo com o Regulamento de 1901.

Em 1959, o Instituto decidiu fazer algumas correções e acréscimos às Constituições. Foi a partir do Concílio Vaticano II que se iniciou uma nova redação das Constituições, que viu a luz do dia em 1981 e que foi ligeiramente modificada durante os sucessivos capítulos.

Neste caminho, podemos ver que em nossas Constituições se dá ao Evangelho o primado como norma fundamental de toda vida religiosa seguindo a intuição da "Perfectae Caritatis"; e há uma profunda fidelidade ao carisma do Fundador e ao carisma fundador que torna possível esta fidelidade ser criativa segundo o momento histórico e cultural em que o Instituto está encarnado.

Depois desta tábua do Instituto, cada um de nós foi convidado a começar a escrever a sua própria autobiografia e, pela tarde, fomos acompanhados pelo Sr. Duccio Demetrio, que nos deu algumas chaves para podermos fazer este exercício com verdade e profundidade.

Depois tivemos um momento fraterno entre os missionários da comunidade da Casa Geral e aqueles que participavam do curso. Metade dos presentes teve a oportunidade de se apresentar e partilhar com os outros o seu caminho missionário. Se Deus quiser, amanhã terminaremos esta apresentação que vai fomentar a vida em fraternidade durante estas cinco semanas em que estaremos aqui.

(Español) Lunes, 27 de enero de 2020 ( IT - EN - PT - ES - FR )

Hoy hemos empezado el día dando gracias a Dios en la eucaristía presidida por el p. Jaime Patias, que celebraba su cumpleaños. Durante la homilía nos ha invitado a retomar nuestra vida tras estos 25 años para seguir ofreciendo al mundo el carisma de nuestro Instituto.

Esta semana de formación nos dará los instrumentos para mirar nuestro interior y conocernos en profundidad inspirados por los iconos bíblicos de la Samaritana y de la multiplicación de los panes.

Por la mañana, el p. Efrem Baldasso nos ha dado la primera pastilla del Instituto a través de la cual ha hecho un recorrido histórico y carismático de nuestra identidad ad gentes. En primer lugar, ha desarrollado la maduración de la opción misionera en nuestro Fundador con los distintos contactos que tuvo directos e indirectos con misioneros. Como consecuencia, en 1875, empezó a pensar en la fundación de una Pía Sociedad pero, al no contar con la aprobación del obispo, se detuvo.

Nuestro fundador no buscaba empezar una obra personal sino eclesial así que el Reglamento que había preparado en 1891 lo retomó diez años después tras su curación y con el visto bueno del Cardenal Richelmy. Este Reglamento se inspiraba en la Congregación del Oratorio de San Felipe Neri, los Lazaristas y los Misioneros de África. El Fundador buscaba una sociedad con juramento de derecho diocesano, en régimen de vida común, con responsables propios y dentro de un territorio concedido por la Santa Sede.

En el Reglamento de 1901 hizo algunos añadidos: los diarios de los misioneros, los seminarios menores y sobre la pobreza. De ese modo, nacimos como una Pía Sociedad de Derecho Diocesano.

Nuestras primeras Constituciones datan de 1909, aunque en ellas se habla de la pronunciación de los votos, no se trataba de los votos religiosos, seguía siendo un juramento y seguíamos siendo una Pía Sociedad.

Tras la aprobación del nuevo Derecho Canónico en 1917 que hacía la diferencia entre clero secular y religiosos, durante el Capítulo se redactaron las Constituciones de 1923. Roma las aprobó para el 50º aniversario de ordenación de nuestro Fundador sin exigir los diez años que exigía normalmente. Fue en este momento que pasamos a ser un instituto religioso de derecho pontificio.

Este hecho hizo que hubiera tres categorías de misioneros: los que estaban incardinados en la diócesis y que habían hecho el juramento según el Reglamento de 1901; los que estaban incardinados en la Pía Sociedad según el Reglamento de 1909; y los religiosos que habían emitido sus votos según las Constituciones de 1923.

Ante esta situación, el Fundador escribió a Propaganda Fide para saber cómo había que proceder y Roma dejó la libertad a los misioneros para mantenerse según su compromiso con la Pía Sociedad o para hacer los votos como religiosos. Por ejemplo, el p. Gaudenzio Barlassina, que llegó a ser superior general del Instituto, nunca emitió los votos religiosos y mantuvo el juramento que había hecho según el Reglamento de 1901.

En 1959, el Instituto decidió hacer algunas correcciones y añadidos a las Constituciones. Fue tras el Concilio Vaticano II cuando se acometió una nueva redacción de las Constituciones que fue aprobada en 1981 y que luego han sido ligeramente modificadas durante los sucesivos capítulos.

A lo largo de este camino, podemos ver que en nuestras Constituciones se da el primado al Evangelio como norma fundamental de toda vida religiosa siguiendo la intuición de la “Perfectae Caritatis”; y hay una profunda fidelidad al carisma del Fundador y al carisma de fundación que hace posible que esta fidelidad sea creativa según el momento histórico y cultural en el que se encarna el Instituto.

Tras esta pastilla del Instituto, cada uno de nosotros ha sido invitado a comenzar a redactar su propia autobiografía y ya por la tarde nos ha acompañado el señor Duccio Demetrio que nos ha dado algunas claves para poder hacer este ejercicio en verdad y profundidad.

A continuación, hemos tenido un momento fraterno entre los misioneros de la comunidad de la Casa General y los que participamos al curso. La mitad de los presentes ha tenido la oportunidad de presentarse y compartir con el resto su itinerario misionero. Si Dios quiere, mañana terminaremos esta presentación que va a favorecer la vida en fraternidad durante estas cinco semanas que estaremos aquí.

( Français) Lundi 27 janvier 2020 ( IT - EN - PT - ES - FR )

Aujourd'hui, nous avons commencé la journée en remerciant Dieu dans l'Eucharistie présidée par le p. Jaime Patias, qui fêtait son anniversaire. Au cours de l'homélie, il nous a invités à reprendre notre vie après ces 25 ans pour continuer à offrir le charisme de notre Institut au monde.

Cette semaine de formation nous donnera les instruments pour regarder à l'intérieur de nous-mêmes et apprendre à nous connaître en profondeur en nous inspirant des icônes bibliques de la femme samaritaine et de la multiplication des pains.

Le matin, le père Efrem Baldasso nous a remis la première pilule de l'Institut à travers laquelle il a fait un parcours historique et charismatique de notre identité ad gentes. Il a tout d'abord expliqué comment le choix missionnaire de notre Fondateur a mûri grâce à ses divers contacts directs et indirects avec les missionnaires. En conséquence, en 1875, il commença à penser à fonder une Pieuse Société mais, n'ayant pas l'approbation de l'évêque, il arrêta.

Notre Fondateur ne cherchait pas à commencer un travail personnel mais ecclésial. Le Règlement qu'il avait préparé en 1891 fut donc repris dix ans plus tard après sa guérison et avec l'approbation du Cardinal Richelmy. Ce Règlement a été inspiré par la Congrégation de l'Oratoire de Saint Philippe Neri, les Lazaristes et les Missionnaires d'Afrique. Le Fondateur a cherché une société avec un serment de droit diocésain, dans un régime de vie commune, avec ses propres dirigeants et sur un territoire accordé par le Saint-Siège.

Dans le Règlement de 1901, il a fait quelques ajouts : les journaux des missionnaires, les petits séminaires et sur la pauvreté. C'est ainsi que nous sommes nés comme une Pieuse Société de droit diocésain.

Nos premières Constitutions datent de 1909, bien qu'elles parlent de la prononciation des vœux, il ne s'agissait pas de vœux religieux, c'était quand même un serment et nous sommes restés une Pieuse Société.

Après l'approbation du nouveau droit canonique en 1917 qui différenciait le clergé séculier des religieux, les Constitutions de 1923 ont été rédigées pendant le Chapitre. Rome les a approuvés pour le 50e anniversaire de l'ordination de notre fondateur sans exiger les dix ans qui étaient normalement requis. C'est à cette époque que nous sommes devenus un institut religieux de droit pontifical.

Cela a fait qu'il y ait trois catégories de missionnaires : ceux qui étaient incardinés dans le diocèse et qui avaient prêté serment selon le Règlement de 1901 ; ceux qui étaient incardinés dans la Pieuse Société selon le Règlement de 1909 ; et les religieux qui avaient prononcé leurs vœux selon les Constitutions de 1923.

Face à cette situation, le Fondateur écrit à Propaganda Fide pour savoir comment procéder et Rome laissa les missionnaires libres de rester selon leur engagement dans la Pieuse Société ou de prononcer leurs vœux de religieux. Par exemple, le p. Gaudenzio Barlassina, qui est devenu Supérieur général de l'Institut, n'a jamais prononcé de vœux religieux et a tenu le serment qu'il avait prêté selon le Règlement de 1901.

En 1959, l'Institut a décidé d'apporter quelques corrections et ajouts aux Constitutions. C'est après le Concile Vatican II qu'une nouvelle rédaction des Constitutions a été entreprise, qui a été approuvé en 1981 et qui a été légèrement modifiée au cours des chapitres successifs.

Sur ce chemin, nous pouvons voir que dans nos Constitutions, la primauté est donnée à l'Évangile comme norme fondamentale de toute vie religieuse suivant l'intuition de la "Perfectae Caritatis" ; et il y a une profonde fidélité au charisme du Fondateur et au charisme fondateur qui permet l’Institut de vivre une fidélité créative selon le moment historique et culturel dans lequel l'Institut est incarné.

Après cette pilule de l'Institut, chacun de nous a été invité à commencer à écrire sa propre autobiographie et déjà dans l'après-midi nous avons été accompagnés par Mr Duccio Demetrio qui nous a donné quelques clés pour pouvoir faire cet exercice en vérité et en profondeur.

Nous avons ensuite eu un moment de fraternité entre les missionnaires de la communauté de la Maison Générale et ceux qui participaient au cours. La moitié des personnes présentes ont eu l'occasion de se présenter et de partager avec les autres leur parcours missionnaire. Si Dieu le veut, nous terminerons demain cette présentation qui favorisera la vie en fraternité pendant ces cinq semaines où nous serons ici.

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Che cosa è la corona di Avvento?

Ecco cosa risponde Mara Powers:

"… Poi la Signora Brandon spiegò il significato delle quattro candele: Questa prima candela si chiama Candela del Profeta. Ci rammenta che molti secoli prima della nascita del bambino Gesù, uomini saggi chiamati profeti predissero la sua venuta.

Un profeta di nome Michea predisse perfino che Gesù sarebbe Nato a Betlemme! La seconda candela, chiamata Candela di Betlemme , ci ricorda la piccola città in cui nacque il nostro Salvatore. Noi raffiguriamo Maria e Giuseppe mentre stancamente vagano da una locanda all'altra, senza riuscire a trovare un posto dove riposare, finchè alla fine sono condotti al riparo di una stalla. Poi, nella più sacra tra le notti, mentre risposavano nella stalla insieme ai miti animali, il figlio di Maria, il bambino Gesù, nacque! La terza candela è chiamata la Candela dei pastori, poiché furono i pastori ad adorare il bambino Gesù e a diffondere la lieta novella. La quarta candela è la Candela degli Angeli per onorare gli angeli e la meravigliosa novella che portarono agli uomini in quella notte mirabile. Sebbene non possiamo ne vederli né sentirli, sono ancora gli angeli che ci portano il messaggio di Dio con pensieri d'amore e di pace, di gioia e di buona volontà"

La sua funzione

Data la sua origine, la corona di Avvento ha una funzione specificamente religiosa: annunciare l'avvicinarsi del Natale soprattutto ai bambini, prepararsi ad esso, suscitare la preghiera comune, manifestare che Gesù è la vera luce che vince le tenebre e il male. Il consumismo moderno se ne è impadronito, ne ha predisposte di tutte le forme, ne ha fatto un motivo ornamentale natalizio che si trova non solo nelle case e nelle chiese, ma anche nei negozi, nelle piazze, durante i concerti. Si pensi alla grande corona di Avvento nella piazza centrale di Strasburgo. Comunque, data la sua struttura e il contesto in cui è inserita, essa non perde il suo valore simbolico e, come ogni simbolo, non finisce mai di dire, di interrogare, di sollecitare alla ricerca di senso. Proprio per questa sua valenza, essa si è radicata e diffusa in un tempo abbastanza breve.

Il simbolismo della Corona

La corona di Avvento è un inno alla natura che riprende la vita, quando tutto, sembrerebbe finire, un inno alla luce che vince le tenebre, un inno a Cristo, vera luce, che viene a vincere le tenebre del male e della morte. La corona di Avvento ha una forma circolare. Il cerchio è, fin dall'antichità, un segno di eternità e unità; qui indica il sole e il suo ciclo annuale, il suo continuo riprodursi, senza mai esaurirsi; esprime bene il riproporsi del mistero di Cristo. Come l'anello, che è tutto un continuo, la corona è anche segno di fedeltà, la fedeltà di Dio alle promesse. Dato questo suo significato la corona di Avvento deve mantenere la sua forma circolare e non divenire una qualsiasi composizione floreale con quattro candele. La corona è inoltre segno di regalità e vittoria. Nell'antica Roma si intrecciavano corone di alloro da porsi sul capo dei vincitori dei giochi o di una guerra. Anche oggi al conseguimento della laurea viene consegnata una corona di alloro. La corona di Avvento annuncia che il Bambino che si attende è il re che vince le tenebre con la sua luce. I rami sempre verdi dell'abete o del pino che ornano la corona sono i segni della speranza e della vita che non finisce, eterna appunto. Per questo la vera corona non dovrebbe essere di terracotta, ceramica, pasta e sale… Questi rami richiamano anche l'entrata di Gesù in Gerusalemme, accolto con rami e salutato come re e messia. Ancora oggi la liturgia ambrosiana pone nell'Avvento, il racconto dell'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme. Per ornare la corona si usano nastri rossi o violetti: rosso o rosa, simbolo dell'amore di Gesù che diventa uomo; violetto, segno della penitenza e della conversione per prepararsi alla sua venuta.

Quando accendere le candele.

Le candele vanno accese una per settimana, al sabato sera o alla domenica, quando tutta la famiglia è riunita. Di solito l'accensione è riservata al più piccolo, proprio perché questa tradizione è nata per preparare i bambini al Natale. Durante la settimana si possono accendere le candele (una per la prima settimana, due per la seconda ecc.) quando si prega o si mangia insieme, quando arriva un ospite…

Prima domenica di Avvento

Candela del profeta
Candela della Speranza

Seconda domenica di Avvento

Candela di Betlemme
Candela della chiamata universale alla salvezza

Terza domenica di Avvento

Candela dei Pastori
Candela della gioia

Quarta domenica di Avvento

Candela degli angeli
Candela dell’amore

(parrocchie.it: Testi parzialmente tratti da: "La Corona di Avvento - Attualità di una tradizione natalizia" di Gianfranco Venturi - EMP)

 

Benedizione della Corona di Avvento

Con il rito della benedizione della Corona di Avvento, noi prendiamo coscienza del dono che Dio ci fa di vivere l’Avvento, lo benediciamo per aver suscitato in noi il desiderio di prepararci alla venuta del suo Figlio, mettendoci alla scuola dei profeti, dei pastori, degli angeli, di Maria, di tutti coloro che, allora e oggi, sono in attesa della vera luce che illumina ogni uomo.

La benedizione della corona di Avvento si fa la sera che precede la prima domenica di Avvento. La benedizione può essere fatta anche in casa dal capo famiglia o da un altro membro della famiglia.

Introduzione

Innalziamo il nostro cuore ed i nostri occhi  a Colui che era, che è e che viene. Iniziamo oggi il cammino dell'Avvento: la notte è avanzata, il giorno è vicino: viene a visitarci dall'alto Cristo Signore, la Luce vera che illumina ogni uomo, il Sole che disperde le tenebre, lo splendore del Padre, che non conosce tramonto. Per la grazia della sua venuta, anche noi, che un tempo eravamo tenebra, siamo luce nel Signore e possiamo camminare incontro a Lui  con lampade accese. In questo tempo santo, celebriamo il Padre con il Figlio nello Spirito Santo in comunione con tutta la Chiesa.

Dal Vangelo secondo Luca (1,78-79)

Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace.

Intercessioni

Cristo è venuto a portarci la salvezza e la promessa di ritornare alla fine dei tempi. Preghiamo perché possiamo essere sempre pronti ad accoglierlo.

R. Vieni Signore Gesù.

Affinché possiamo aprire i nostri cuori all’amore di Dio. Preghiamo

Affinché la luce di Cristo allontani le tenebre del peccato. Preghiamo

Affinché il ricordo di questa corona d’avvento ci prepari alla venuta di Cristo. Preghiamo

Affinché la celebrazione del Natale riempia i nostri cuori di pace e gioia e ci prepari a seguire Cristo. Preghiamo

 

Animati dal desiderio della venuta del Signore diciamo insieme:

Padre nostro…

Benedizione

Dio eterno, Padre della luce, tu non ci lasci mai soli nel nostro anelito di vita e di gioia. All’inizio di questo tempo di Avvento noi guardiamo a te, e in te riponiamo tutta la nostra speranza. La fiamma luminosa di questa corona dell’Avvento ci aiuti ad attendere vigilanti Cristo Signore, sole di giustizia e fulgore inestinguibile; la sua luce che aumenta ci spinga a crescere sempre più nell’amore. Fa’ che la memoria gioiosa della nascita del Salvatore, susciti in noi il desiderio di gustare, ora e sempre, la sua presenza gloriosa, piena di grazia e di verità. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

(Aspergere con acqua benedetta la Corona di Avvento)

Oppure:

Ti diciamo il nostro grazie, o Padre, perché iniziare la nostra preparazione al Natale. Ti benediciamo per la luce Che già brilla nei nostri cuori e che tu vuoi far crescere sempre più. Davanti a questa corona di Avvento, noi ti preghiamo: fa che giorno dopo giorno riconosciamo in Gesù la luce che trionfa sulla morte, l’amore che sgela i cuori. Il Natale che viene ci trovi tutti inondati di luce, pieni di vita e di amore, pronti ad accogliere colui che viene da te e con te e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

(Aspergere con acqua benedetta la Corona di Avvento)

(tratto da: blog.libero.it/benedicaria)

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