Carissimi amici, non finiró mai di ringraziarvi per la vostra solidarietà e vorrei anche condividere con voi una piccola esperienza fatta oltre confine in Ucraina in un viaggio nato da una proposta arrivata da don Leszez Kryza direttore nazionale dell’Ufficio di aiuto alla chiesa in oriente, struttura appartente alla Conferenza episcopale polacca.

Dopo aver riempito completamente  la macchina di beni di prima necessità, quali cibo e medicinali, siamo partiti all’alba di giovedi 31 marzo,  in direzione della frontiera di Medyka a sud est della Polonia. Con noi si e unita Clara la volontaria infermiera che da settimane è con noi. Dopo 5 ore di viaggio in un clima che si è fatto improvvisamente invernale alternando la pioggia alla neve, arriviamo alla frontiera. 

Anche se non sono tanti i mezzi che passano il confine dalla Polonia all’Ucraina, tuttavia i tempi di controllo dei documenti sono lunghi: entrando in un paese in guerra i soldati vogliono essere certi di cosa si trasporta. 

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Abbiamo dei problemi con un documento del nostro veicolo e quindi siamo costretti a lasciare temporalmente i nostri aiuti presso la sala di una parrocchia di francescani prossima alla frontiera: saranno spediti posteriormente in un altro trasporto. Ad ogni modo non rinunciamo ad attraversare la frontiera per vedere in opera le molte iniziative solidali che si sono avviate in tutto il continente e decidiamo attraversare la frontiera a piedi.

Quando raggiungiamo il posto di frontiera dell’Ucraina ci offriamo per aiutare una giovane donna a portare due borse della spesa pesanti. che è tutto quel che è riuscita a portare a salvo, poi una soldatessa ucraina mi chiede cosa andiamo a fare in Ucraina. Le spiego il problema che abbiamo avuto e lei fissandomi seriamente negli occhi per un momento fa poi  un mezzo sorriso e ringrazia per quello che stiamo facendo. Sono parole che mi colpiscono perché dette da un soldato non sono per niente scontate. 

Entrando in Ucraina notiamo una coda molto più lunga di rifugiati che attendono di entrare in Polonia e vediamo l’impegno di tanti volontari provenienti da tutto il mondo: americani, spagnoli, portoghesi, ebrei... sono tutti giovani sorridenti che trasmettono un calore umano fatto di sorrisi di mille piccole attenzioni verso i profughi. Alcuni sono vestiti da clown come al circo per strappare un sorriso ai bambini che scappano dalla guerra. Altri si prestano con carrelli della spesa ad aiutare a portare i pochi bagagli dei profughi. Altri ancora offrono bevande calde, pasti, cioccolata.

Ci troviamo con un gruppo di volontari polacchi che fin dall’inizio sono qui presenti. ci troviamo con Magdalena che conoscevamo già.  Lei ci racconta che la situazione in questi giorni è meno pesante rispetto all’inizio, ma tuttavia non c’è sicurezza e da un momento all’altro potrebbe di nuovo tutto precipitare a seconda degli sviluppi della guerra. Solo da questa frontiera sono passate circa 700 mila persone su un totale di 2,7 milioni che hanno varcato il confine con la Polonia.  I primi giorni -ci racconta- sono stati i più drammatici: ci sono video che mostrano code di oltre 30 km di macchine in attesa di passare il confine.  Eppure quelli erano tra i più fortunati perché stavano al caldo e seduti, al contrario della maggioranza di quelli di adesso che aspettano all’aperto giorno e notte, anche per tre e quattro giorni, per poter passare il confine. Anche se le pratiche burocratiche sono state semplificate l’ondata di profughi da smaltire è stata così grande che non lasciava alternative. 

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Per scaldarsi durante la notte si bruciava tutto quel poco che si trovava compresi i vestiti non utilizzati. Ci sono stati, ci raccontano i volontari, anche casi di parti precoci a seguito delle stress e della stanchezza. 

Ci colpisce molto la dignità di queste persone: non sentiamo un lamento o una imprecazione. Ci si guarda solo negli occhi. Le storie che ci raccontano sono terribili e talmente crudeli che si fa fatica a vuotare il sacco. Sono tutte persone che scappano dall’estremo est del paese, Mariopol, Charchowy, Donbas, Kiew...

Gli unici accompagnati da volontari e avvolti in coperte sono solo alcuni anziani su carrozzine un altro lato debole della popolazione. 

Dopo circa tre ore in fila ritorniamo in Polonia. A differenza dei profughi, abbiamo una macchina ad attenderci e un luogo sicuro dove ritornare. ritorniamo a casa presso la nostra comunità dopo quasi 24 ore di viaggio. Siamo stanchissimi ma anche  coscienti che abbiamo visto molto e come testimoni molto possiamo continuare a fare insieme a tutti voi.

*Luca Bovio è superiore dei missionari della Consolata in Polonia. This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.; +48 512.693.184

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