Padre Luca Bovio, missionario della Consolata italiano in Polonia, da tre anni compie viaggi di solidarietà in Ucraina.

Ci è tornato tra il 3 e il 7 gennaio 2025 per raggiungere Kharkiv, città a pochi chilometri dal confine russo, e portare medicinali e altri aiuti alla popolazione provata dalla guerra.

3 gennaio – Sloviansk

Oggi partiamo e ci dirigiamo a Sudest nella regione del Donbass precisamente nella città di Sloviansk. Qui ad attenderci c’è don Giulio che abita presso l’unica parrocchia latino cattolica dedicata ai SS. Cirillo e Metodio.

Don Giulio ha creato attorno alla parrocchia un centro di accoglienza per i soldati e i volontari. I militari che tornano dal vicino fronte qui possono trovare riposo e alcuni servizi come la lavanderia. Possono anche rilassarsi facendo una sauna e gustando buone cene preparate per loro. Anche i volontari trovano un luogo per fermarsi e organizzare meglio gli aiuti sul territorio.

Don Giulio ci porta in macchina per le città e i villaggi intorno: è, infatti, un cappellano militare e ha tutti i permessi per muoversi in queste zone.

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Visitiamo Krematorsk e altri villaggi. Ci racconta che l’uso di tecnologie e di droni è aumentato considerevolmente dall’inizio della guerra. Nella cappella della parrocchia, ai piedi della statua di San Michele Arcangelo, vediamo un drone russo lasciato dai soldati ucraini come ringraziamento al Signore per le loro vite salvate. Quel piccolo drone, infatti, trasportava sino a due chilogrammi di esplosivo che, miracolosamente, non è esploso sopra di loro.

4 gennaio – Nowy Korotycz

Visitiamo la comunità delle suore di Don Orione a Nowy Korotycz vicino a Kharkiv. Qui le suore missionarie accolgono bambini orfani o accompagnati dalle loro mamme.

Nelle tre case della comunità sono distribuite quasi 50 persone. I bambini hanno diverse età: dai neonati di pochi mesi sino all’età scolare. In questo luogo trovano rifugio e le condizioni necessarie per vivere.

Le loro storie sono varie e spesso molto tristi, anche se non per questo alcuni di loro perdono il sorriso.

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I loro papà possono essere a combattere. Di alcuni di loro si sono perse le tracce.

Le storie di alcune famiglie sono segnate dal problema dell’alcolismo, molto diffuso qui.

Le suore con l’aiuto di personale e di volontari, non solo garantiscono loro i servizi, ma riescono a trasmettere quel calore e quell’amore umano così importante per la crescita di ognuno.

A loro consegniamo dei lavori di lana fatti a maglia a mano dalla signora Laura, una pensionata di Milano che, avendo molto tempo libero, si impegna a realizzare e poi a donare.

Lasciamo anche un’offerta raccolta da alcune giovani famiglie che vivono in Polonia e in Svizzera. Questa serve alle suore per organizzare una vacanza per tutti gli ospiti della loro comunità.

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4 gennaio – Siruako

Nei pressi di Kharkiv, a Siruako, visitiamo il convento delle suore Carmelitane di clausura. Qui incontriamo le tre sorelle che vi vivono. Sono la madre Suor Mariola, di origine polacca, e le suore Pia e Ludmila, di origine ucraina. Le altre suore che qui abitavano, oggi si trovano per motivi di sicurezza in Polonia, pronte a ritornare quando la guerra sarà finita.

L’incontro con le monache, pur essendo breve, è molto gioioso, una gioia che nasce dalla loro totale e incondizionata appartenenza a Cristo, una gioia che è di grande aiuto per coloro che sono gravati dalla sofferenza della guerra.

Le ringraziamo per il prezioso aiuto che offrono attraverso la preghiera e il loro essere sempre disponibili all’incontro e all’ascolto per chiunque bussa alla loro porta.

Il loro è uno dei pochi i conventi contemplativi esistenti in Ucraina, e per questo è ancora più prezioso.

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4 gennaio – Tsupiwka

Il villaggio di Tsupiwka dista da Kharkiv 40 km circa, e pochi chilometri dal confine con la Russia. Questo villaggio occupato dai russi e poi liberato, prima della guerra contava circa mille abitanti. Oggi ne sono rimasti circa sessanta.

Le condizioni di vita sono difficili. Il coprifuoco inizia alle 17.00 e termina alle 9.00 del mattino. Solo per poche ore si può uscire dalle proprie case.

Molte abitazioni sono visibilmente danneggiate, così come la scuola e la chiesa, e spesso si sentono i vicini bombardamenti.

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Portiamo in questo luogo un carico di aiuti arrivato dall’Italia. Ci accolgono alcune persone nella casa parrocchiale riscaldata da una stufa. Qui il riscaldamento è prevalentemente a legna, e utilizzato soltanto nelle ore notturne. Durante il giorno il fumo che esce dal camino può diventare un segno della presenza di persone, quindi indicare ai russi un possibile bersaglio.

Un solo piccolo negozio di alimentari è aperto. Il maggiore aiuto viene portato con le macchine dalla cattedrale. Gli abitanti, molto cordiali, ci raccontano che uno dei disagi maggiori è quello della mancanza di trasporti verso la città. Lungo la strada non asfaltata e piena di buche, viaggiano le auto militari e le macchine che portano gli aiuti umanitari.

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5 gennaio – Kharkiv

La città di Kharkiv, prima dell’inizio della guerra, contava più di 2 milioni di abitanti. Oggi la popolazione si è dimezzata. Di questa, circa mezzo milione di persone sono abitanti locali. L’altro mezzo milionè è composto da persone giunte dalle zone del fronte, costrette a lasciare i propri villaggi.

Le tre linee della metropolitana sono attive e completamente gratuite, come tutti i mezzi di trasporto pubblici della città. Le stazioni della metropolitana diventano spesso anche luoghi di rifugio durante gli allarmi e i bombardamenti. In alcune stazioni sono allestite delle scuole per bambini.

A pochi giorni dal Natale ortodosso, che si celebra il 7 di gennaio, e dalla festa del battesimo di Gesù, è tradizione immergersi in vasche di acqua gelida, oppure scavate nel ghiaccio dei laghi. Questa immersione vuole simbolicamente ricordare la purificazione che si attua nel battesimo.

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5 gennaio – Consegna delle medicine

Siamo ospiti della curia della diocesi di Kharkiv. Qui vive un gruppo di sacerdoti, tra cui padre Michele che è cappellano militare e svolge il suo servizio presso il grande ospedale militare della città che serve tutta la regione orientale del Paese.

Padre Michele ci racconta che vengono ricoverati mediamente 30 soldati al giorno provenienti dal fronte, per un totale di circa 1.000 ricoveri mensili.

Questi numeri non tengono presente il servizio che i tanti ospedali da campo svolgono presso il fronte.

Con il suo aiuto riusciamo a consegnare un buon numero di scatoloni di preparati rigenerativi da usare dopo le operazioni. Parte di essi sono distribuiti ai soldati, altri consegnati all’ospedale oncologico della città. Altri scatoloni di medicinali specifici li spediamo per posta ad altri ospedali del Paese.

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6 gennaio – Concerto dei canti di Natale nella Cattedrale di Kharkiv.

Per la festa dell’Epifania è stato organizzato per la prima volta un concerto dei canti natalizi nella cattedrale di Kharkiv, con la partecipazione di diversi gruppi delle Chiese latino cattolica, greco cattolica e ortodossa.

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6 gennaio – Sumy

Visitiamo don Andrea, il parroco di Sumy. Questa è una città di circa trecentomila abitanti posta a poche decine di chilometri dal confine con la Russia. Da questo confine, l’esercito ucraino la scorsa estate è riuscito a occupare una parte del territorio Russo. Tutta questa zona è fortemente militarizzata.

Al parroco lasciamo degli aiuti umanitari per alcune famiglie locali.

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Incontriamo anche padre Romualdo, un francescano che vive a Konotop. Questa comunità è stata aiutata in passato dalla nostra fondazione. L’incontro di oggi non previsto è stata una piacevole occasione per conoscersi e continuare in futuro la collaborazione.

* Padre Luca Bovio è missionario della Consolata in Polonia. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it

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Il 12 gennaio di 15 anni fa, un devastante terremoto di magnitudo 7.0 colpiva il cuore di Haiti, causando una delle tragedie più gravi nella storia recente del Paese. Il sisma, una catastrofe senza precedenti, ha ucciso più di 220mila persone e causato più di 1,5 milioni di sfollati, devastando le infrastrutture del Paese, comprese migliaia di scuole.

12 gennaio 2010, uno spartiacque nella storia di Haiti

“Questa è una data indimenticabile per tutto il mondo, non solo per noi ad Haiti. Il 12 gennaio del 2010 ha segnato uno spartiacque nella storia recente. Qui da noi si dice sempre ‘prima o dopo il terremoto’. Ogni famiglia nel Paese è stata toccata dal lutto, perché tutta Haiti ha familiari, amici o conoscenti nella capitale. La capitale ha racchiuso per anni tutto ciò che è centrale nella vita del Paese, e tutti, dalle province, vanno in capitale, continuano ad andare ancora oggi”. Lo racconta Maddalena Boschetti, missionaria a Haiti dal 2002.

Questa data ha segnato ogni haitiano non solo per il trauma vissuto, ma perché la catastrofe sembra non avere fine. Da quel devastante terremoto, la storia di questo popolo è costellata da un susseguirsi di disgrazie delle quali non si vede una fine.

Continua Maddalena: “All’uscita nord della capitale c’è una fossa comune dove sono stati raccolti i resti di 100.000 persone decedute in quell’evento. Questa zona, questo sacrario, come tante altre zone, è nelle mani dei banditi. Tutta la nostra capitale, tutto il nostro Paese sta vivendo una catastrofe umanitaria senza precedenti e non dichiarata, nascosta, oso dire, dal resto del mondo. Parliamo di una catastrofe alimentare, una catastrofe di sicurezza, una catastrofe in cui il cittadino, la persona, perde ogni valore davanti alla violenza e agli abusi di chi cerca il proprio beneficio in queste situazioni. Per favore, non dimenticateci!”.

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Haiti - Foto: Colin Crowley - Flickr

Haiti oggi: una crisi umanitaria silenziosa alimentata dalla violenza delle gang

Negli ultimi anni Haiti è piombata in una delle crisi più gravi e silenziose della sua storia recente. Non si tratta più solo delle cicatrici lasciate dal devastante terremoto del 2010 o delle difficoltà politiche ed economiche. La nuova emergenza che sta straziando il Paese è quella della violenza delle bande criminali, che controllano ormai l’80% della capitale, e quindi del Paese. Questa escalation di violenza ha causato solo nell’ultimo anno più di 700 mila sfollati, che fuggono dai loro quartieri a causa della presenza di gruppi armati, e la chiusura di almeno 1.000 scuole. Più della metà di questi sfollati è composta da bambini e adolescenti, maggiormente esposti alla violenza, in particolare alle aggressioni, allo sfruttamento e agli abusi sessuali. Inoltre, i minori sfollati e separati dalle loro famiglie vengono facilmente reclutati dalle bande armate. Le scuole, le strutture sanitarie e i mercati sono diventati obiettivi delle gang, che li utilizzano come mezzi per esercitare il controllo su intere zone.

La violenza ha imposto dei limiti anche nella consegna degli aiuti, ha causato un’impennata dei prezzi, aggravando in modo estremo la crisi alimentare nel Paese. Le persone sono costrette a vivere sotto una continua minaccia, senza la possibilità di accedere a cibo, acqua potabile, assistenza medica o istruzione.

Migliaia di famiglie sono costrette ad abbandonare le loro case, cercando rifugio in luoghi più sicuri, sebbene non esistano ad Haiti zone immuni dalla violenza.

Una prigione a cielo aperto

La continua violenza dei gruppi armati in questi anni ha paralizzato i progressi, lasciando il futuro dei bambini in bilico. Queste continue crisi stanno generando una infanzia interrotta per i bambini colpiti. Il loro futuro è segnato dai ripetuti spostamenti, dalle continue crisi e dalle frequenti interruzioni dell’istruzione che subiscono dal sisma del 2010 ad oggi. 

“Per molti minori nel Paese – dice Chantal Sylvie Imbeault, direttrice di Save the Children a Haiti – la vita finora è stata una serie di crisi, dagli uragani ai terremoti fino alla violenza dilagante a cui assistiamo oggi. Molte famiglie con cui abbiamo parlato sono state sfollate otto, nove, dieci volte negli ultimi 15 anni. Oggi i gruppi armati hanno trasformato Port-au-Prince – la capitale di Haiti – in una prigione a cielo aperto per i bambini. Nessun luogo della città è sicuro. Non possono andare a scuola, né giocare all’aperto, né uscire dai loro quartieri. Il loro futuro sta scivolando via. La disperazione ha spinto i bambini a unirsi ai gruppi armati, alla ricerca di cibo e di un senso di protezione”.

Secondo l’UNICEF, il reclutamento di bambini da parte delle bande armate è aumentato del 70%. Vengono utilizzati come informatori, cuochi o schiavi sessuali. La violenza sessuale a scopo intimidatorio è aumentata del 1000%.

Per favore, non dimenticateci!

Un appello dal cuore e che arriva direttamente al cuore, quello lanciato da Maddalena Boschetti. Che non siano gli anniversari di eventi infausti come questo, né l’attesa di una nuova catastrofe a farci ricordare la sofferenza di questo popolo. Non rinunciamo a cercare i segni di speranza, anche grazie alla resilienza del popolo haitiano. “Con gli occhi della Fede crediamo in un futuro possibile, fatto di ricostruzione e nuove possibilità”.

"Chi vive in un paese in guerra anela alla Pace. Chi vive in un paese in guerra può solo augurare Pace, la Pace vera, quella che non è solo silenzio delle armi, ma vita vera, vita all’altezza della dignità dell’essere umano".

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Cosa sta facendo Caritas Italiana

Caritas Italiana, presente nel Paese dal 2010, con l’aggravarsi della crisi umanitaria e grazie a un fondo di emergenza stanziato dalla CEI, cerca di rispondere ai molteplici bisogni umanitari della popolazione sfollata. L’intervento, coordinato da Caritas e implementato da 5 partner locali, tra cui Caritas Haiti, ha come obiettivo quello di fornire, oltre un’assistenza alimentare, anche assistenza sanitaria e protezione all’infanzia e alle categorie più vulnerabili. Le attività si svolgeranno nell’area metropolitana della capitale haitiana, Port-au-Prince, dove si trova la maggior parte della popolazione sfollata e quindi più vulnerabile, e in altri 4 dipartimenti del Sud del Paese, che stanno accogliendo un gran numero di IDP che fuggono dalla Capitale. Un intervento verrà realizzato in Repubblica Dominicana, a favore della popolazione migrante haitiana che fugge dalla violenza e che vive nei bateyes.

Nell’isola, intanto, si continua a sostenere alcune realtà locali, tra cui la congregazione dei Petits Frères de Sainte Thérèse de l’Enfant Jésus (PFST), con la quale si sta portando avanti un intervento in ambito educativo, per la costruzione di alcune aule scolastiche a Cap Rouge, nella Diocesi di Jacmel, così da permettere ad un maggior numero di alunni di avere uno spazio sicuro dove svolgere al meglio la loro formazione.

Sempre in ambito educativo, con la congregazione dei padri Monfortani, si sta concludendo la costruzione di una scuola nella comunità di Gabriel, dipartimento della Grand-Anse, gravemente colpito dal terremoto del 2021.

* Originalmente pubblicato in: www.caritas.it

Lo scorso 26 dicembre 2024, il Teatro Tullio Giacconi di Chiaravalle (Ancona - Italia) ha ospitato "Note Solidali", uno spettacolo musicale di beneficenza patrocinato dai comuni di Monte San Vito e Chiaravalle.

Questo evento ha offerto un intrattenimento musicale di alta qualità e ha avuto un significativo scopo sociale: tutte le offerte raccolte sono state devolute all’Associazione Piccole Stelle d’Africa di Montemarciano, che sostiene i progetti dei missionari della Consolata in Costa d’Avorio. L'iniziativa ha unito la comunità attraverso la musica, le parole e le testimonianze, rendendo omaggio alla figura di padre Matteo Pettinari, missionario della Consolata scomparso nel 2024 in Costa d’Avorio.

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Il programma musicale ha visto la partecipazione della Corale Nuova Speranza di Monte San Vito, diretta dal M° Carla Cardella con il pianoforte suonato da M° Silvia Ercolani. Si è esibita anche la Corale Polifonica Santa Maria in Castagnola, diretta dal M° Letizia Rossi e accompagnata al pianoforte da M° Manuel Manieri. Non sono mancate le performance della Banda Musicale città di Chiaravalle e della Banda Musicale Roberto Zappi di Monte San Vito, sotto la direzione dei M° Andrea Greganti e Emanuela Pettinari, cugina di padre Matteo. Questi gruppi hanno portato sul palco un repertorio variegato che ha coinvolto emotivamente il pubblico presente.

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Spettacolo musicale di beneficenza patrocinato dai comuni di Monte San Vito e Chiaravalle

L'evento si inserisce in un contesto più ampio di iniziative natalizie che mirano a promuovere la solidarietà e il sostegno alla missione ad gentes dei missionari in Costa d’Avorio. La scelta di dedicare una serata alla musica come strumento di raccolta fondi è particolarmente significativa in un periodo dell'anno in cui si celebra la generosità, la fraternità e la nascita del Salvatore. Attraverso la partecipazione attiva dei cittadini, lo spettacolo musicale ha rappresentato un'opportunità per riflettere sul valore del dono della vita del missionario chiaravallese Padre Matteo Pettinari e sull'importanza della cooperazione come espressione di consolazione e vicinanza universale. 

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Amici della Consolata della diocesi di Senigallia

"Note Solidali" è stato un evento musicale e una vera e propria celebrazione della cooperazione solidale. Con l'auspicio che questa iniziativa intorno alla persona di padre Matteo possa diventare un appuntamento annuale di riconoscenza e gratitudine per la sua vita donata alla missione, ricordando che ogni piccolo gesto può fare una grande differenza nella vita dei nostri fratelli e sorelle ivoriani.

* Padre Ariel Tosoni, IMC, missionario argentino in Costa d’Avorio.

È stata presentata nella Sala Stampa della Santa Sede questo lunedì, 09 dicembre, la campagna di solidarietà dal titolo "La vita è appesa a un filo" in favore dei difensori dei diritti umani e dei leader sociali che si occupano della custodia della Casa Comune in America Latina. La Chiesa cattolica non vuole lasciarli soli.

L’iniziativa, che ha come motto “Tessere il futuro, proteggere la vita” è promossa dal Consiglio Episcopale latinoamericano (Celam) insieme alla Piattaforma per la pace, la democrazia e i diritti umani e la Comunità di protezione latinoamericana.

La campagna durerà fino al 10 dicembre 2025, con attività lungo tutto l’anno del Giubileo della speranza con la finalità che la cultura della vita prevalga sulle spirali della violenza.

L’assassinato di Juan Antonio López

La notte del 14 settembre 2024, Juan Antonio López, noto difensore del fiume Guapinol e del parco nazionale Botaderos "Carlos Escaleras Mejías", è stato assassinato in Honduras. Juan è stato attaccato da sconosciuti che gli hanno sparato, dopo che aveva lasciato la parrocchia di San Isidro Labrador, situata nel comune di Tocoa, dove era consigliere comunale. Era membro della Rete ecclesiale mesoamericana (Remam) ed era attivo nella diocesi di Trujillo. Il suo lavoro di ambientalista è stato riconosciuto da diverse organizzazioni internazionali e mostrando l’importanza del lavoro che svolgono tanti uomini e donne che mettono a rischio la propria vita per proteggere quella degli altri.

La morte di López ha anche messo in evidenza la condizione di vulnerabilità in cui vivono i difensori dei diritti umani e ambientali in tutta l’America Latina. Molti di loro s’ispirano agli insegnamenti di Papa Francesco espresso nella Laudato si’, nella Laudate Deum e nella Fratelli tutti.

"La vita è appesa a un filo"

Il lancio ufficiale della campagna avverrà il 10 dicembre, in un evento virtuale che riunirà i rappresentanti di diversi settori sociali e religiosi dell'America Latina, in concomitanza con gli eventi che si svolgeranno nel comune di Tocoa (Honduras), in memoria di Juan Antonio López.

Secondo i promotori, "situazioni come l'omicidio di Juan Antonio López non sono eventi isolati, ma fanno parte di un modello sistematico in America Latina, una delle regioni più letali per i difensori dell'ambiente e dei diritti umani". Secondo Global Witness, l'85% degli omicidi di difensori dell'ambiente nel 2023 è avvenuto in questa regione del mondo. L'Honduras, ad esempio, che ha uno dei più alti tassi di omicidio pro capite, ha registrato 18 uccisioni di ambientalisti nel 2023, tra cui tre attivisti della comunità Guapinol.

Conferenza Stampa

Sono stati invitati alla Sala Stampa vaticana a parlare della campagna il card. Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale (Dssui), il neo-cardinale Jaime Spengler, presidente del Consiglio Episcopale latinoamericano (Celam) e arcivescovo di Porto Alegre (Brasile), il card. Carlos Castillo, arcivescovo di Lima (Perù) e il card. Fernando Chomalí, arcivescovo di Santiago (Cile), ed Emilce Cuda, segretaria della Pontificia Commissione per l'America Latina.

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La conferenza di presentazione della campagna solidale in America Latina e Caraibi. Foto: Vatican Media

Il valore del dialogo

Nel suo intervento, il cardinale Michael Czerny, ha sottolineato il valore “del dialogo, la fratellanza e l’amicizia sociale per risolvere i conflitti”. E ha aggiunto che “spetta a tutti noi farci carico dei nostri fratelli, soprattutto dei più vulnerabili, e della cura della casa comune”. Il prefetto del Dicastero ha riassunto le ragioni alla base della campagna: “la vita è un dono sacro di Dio. Non possiamo essere indifferenti dinanzi alla vita minacciata di quanti difendono i diritti umani e ambientali. Non possiamo lasciarli soli!”

Il neo-cardinale Jaime Spengler, presidente del Celam, ha ricordato che “la vita è sacra” e che “il sangue di centinaia di leader assassinati in America Latina e nei Caraibi chiede giustizia e noi non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla vita minacciata di coloro che difendano i diritti umani ed ambientali, abbiamo il dovere quindi di assisterli nei loro sforzi e di denunciare la cultura della morte”. Nel suo intervento, il card. Spengler ha ricordato come “la fede che ci unisce ci chiami a ricostruire il tessuto sociale con azioni per sensibilizzare e dare visibilità alle lotte dei difensori dei diritti umani e ambientali”.

Nel Peru “c’è una situazione generalizzata di violenza. Sono entrate le mafie nelle miniere illegali ma anche nella città in modo che si uccidono otto persone al giorno”, denuncia il card. Carlos Castillo, arcivescovo di Lima. “Abbiamo bisogno di rafforzare la democrazia con una partecipazione più amplia. Credo che dobbiamo tornare a quello che il Papa ha sottolineato: i movimenti popolari. La Chiesa non può smettere di animare, ispirare, accompagnare le iniziative di base nel mondo”, ha affermato il cardinale.

Emilce Cuda, segretaria della Pcal, nel suo intervento, ha sottolineato che “tutto ciò che fa la Chiesa non lo fa né per motivi politici né per motivi economici, lo fa per il Vangelo”. Ha poi aggiunto che l’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco “offre un prezioso strumento per difendere queste vite che sono appese a un filo”, che è il dialogo sociale, “che consiste nel far sì che le parti si siedano e mettano sul tavolo il conflitto per renderlo visibile, per negoziare condizioni migliori e portarle avanti”.

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Sala Stampa della Santa Sede a Roma. Foto: Vatican Media

I cinque assi tematici della campagna

La Campagna “La vita è appesa a un filo” è sostenuta dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale del Vaticano e dalla Pontificia Commissione per l'America Latina. L'obiettivo è evidenziare casi emblematici di difensori dei diritti umani e dell'ambiente in base a cinque assi tematici: il modello estrattivista (che comprende tra le altre attività come la deforestazione, l'estrazione di minerali, gli idrocarburi, l'agricoltura su larga scala, ); il narcotraffico e la criminalità transnazionale; le limitazioni alla libertà di espressione e di partecipazione dei cittadini; i conflitti armati interni; la limitazione delle donne nella loro attività di difesa dei diritti umani e nel loro ruolo in politica.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione. Con informazioni del Dicastero per la Comunicazione.

Accoglienza per bambini e medicinali per malati

Padre Luca Bovio, missionario della Consolata in Polonia, ha compiuto diversi viaggi nel Paese in conflitto dall’inizio dell’invasione russa. Ogni volta per portare tutto l’aiuto che gli è possibile, anche grazie alla generosità di molti amici della Consolata.

A inizio novembre è stato a Fastow, vicino alla capitale Kiev, e a Kherson, sul fronte Sud della guerra.

«Ti auguro la pace dal cielo», è il saluto che spesso ci si scambia in Ucraina salutandosi alla fine di un incontro.

È un augurio con un significato concreto: ti auguro che nessun missile o drone cada dal cielo. In tempo di guerra, è un augurio essenziale.

Ma è anche un’invocazione: il Signore che sta nei cieli ci aiuti ad avere la pace.

Dal marzo 2022, quando compimmo il nostro primo viaggio nell’Ucraina invasa dalla Russia, siamo tornati nel Paese diverse volte. I Missionari della Consolata e la Chiesa polacca non smettono di portare il loro aiuto alle popolazioni colpite dal conflitto.

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Charkiv. Nelle cantine della città, trasformate in rifugi sotterranei a causa dei bombardamenti. Novembre 2022.

In questi ultimi mesi siamo tornati in Ucraina diverse volte. L’ultima pochi giorni fa. Un viaggio iniziato nella comunità dei Domenicani a Fastow, non lontano dalla capitale Kiev, proseguito a sud fino alla città di Kherson e conclusosi con il ritorno a Kiev.

A Fastow c’è una vivace comunità di Domenicani impegnati non solo nel guidare la parrocchia locale e alcune chiese limitrofe, ma anche, con l’aiuto di numerosi volontari, in molte opere sociali.

Tra queste, l’accoglienza di bambini che qui possono stare sotto un tetto sicuro e caldo, e ricevere istruzione.

Poco lontano è stato aperto un centro di riabilitazione con una nuova cappella benedetta domenica 3 novembre dal Nunzio apostolico.

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Don Massimo, parroco di Kherson, mostra i segni lasciati dagli attacchi dei russi.

Dopo aver partecipato alla giornata di festa, allietata anche da diversi cori, tra cui un coro di giovani non autosufficienti e un gruppo musicale di soldati, ci siamo diretti ancora una volta nella città di Kherson, posta a sud del Paese, sulla riva occidentale del fiume Dniepr.

In questi giorni la città celebra il secondo anniversario della liberazione, avvenuta l’11 novembre del 2022, quando, dopo una breve occupazione russa, è ritornata sotto il controllo ucraino.

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Padre Luca Bovio (il primo a sinistra) una famiglia di Słoneczne che prende l’acqua.

Da quel momento non si può dire che la città viva in pace, anzi di fatto è un fronte di prima linea. Il fiume, in questo momento, determina il confine naturale tra i due eserciti: gli ucraini a ovest, i russi a est.

Le condizioni di vita in questo luogo sono difficili a motivo dei continui lanci che da una sponda all’altra si scambiano gli eserciti giorno e notte.

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Fumo dopo un bombardamento.

La città che contava quasi 300mila abitanti prima dell’invasione, si è vista ridotta a 30mila. Oggi si assiste a un timido ritorno, e oggi si calcola che in città vivano circa 70mila abitanti. Alcuni, infatti, nonostante il pericolo, hanno deciso di tornare non avendo la possibilità di vivere per un lungo periodo da altre parti.

Don Massimo con il suo vicario, anche lui don Massimo, e un catechista che vive con loro, Sergio, stanno nell’unica parrocchia latino cattolica della città, dedicata al Sacratissimo Cuore di Gesù, posta non lontano dalla riva del fiume.

Sono impegnati a tenere viva la piccola comunità cristiana che ogni giorno si ritrova nella chiesa per celebrare la santa Messa, ma anche nel distribuire aiuti umanitari.

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Don Massimo nella sua parrocchia dedicara al sacro Cuore a Kherson.

Don Massimo si reca quasi ogni giorno nei villaggi attorno alla città per portare acqua potabile. Qui l’acqua è abbondante nel sottosuolo, tuttavia, a motivo della guerra, le falde sono inquinate. Le esplosioni di magazzini di fertilizzanti usati dai contadini hanno causato un doppio  danno: la perdita dei concimi e l’inquinamento delle falde.

La fonte di acqua che si trova sotto la parrocchia è ancora pura, e con essa viene riempita una cisterna di 1000 litri che va settimanalmente nei villaggi.

Al mattino, passando i vari check point dei militari, arriviamo nel piccolo villaggio di Sloneczne dove lasciamo la cisterna.

Da Sloneczne ci dirigiamo verso la città e visitiamo la nuova lavanderia che i Domenicani hanno aperto affidandola ad alcune donne del posto.

Da poche settimane qui sono messe a disposizione 10 lavatrici e 10 asciugatrici dove chiunque, soldati compresi, possono gratuitamente lavare i panni.

Nel pomeriggio ritorniamo a visitare il piccolo ospedale di Bylozerka, per consegnare i medicinali che abbiamo portato.

Ritroviamo la giovane chirurga Natalia, l’unica rimasta a lavorare qui. È molto contenta di ricevere i medicinali che portiamo. Le condizioni di lavoro in questo piccolo ospedale che serve una grande regione, sono molto difficili. Ogni giorno il villaggio, e, a volte, l’ospedale stesso, sono colpiti dai droni o dall’artiglieria russi.

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Ospedale di Bylozerka.

I segni delle esplosioni sono visibili. Tutte le finestre sono coperte con i sacchi di sabbia per attutire i colpi.

Delle quattro ambulanze disponibili prima della guerra, ne è rimasta una sola. Le altre sono state tutte distrutte.

Purtroppo, ha perso la vita anche una equipe medica che era a bordo di una di esse. Ultimamente è stata distrutta anche la caldaia dell’ospedale.

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La caldaia (distrutta dai russi) dell’ospedale di Bylozerka.

I medicinali che consegniamo erano esauriti. Tra questi, ci racconta Natalia, mancano anche gli antidolorifici. L’incontro con lei è breve. La stessa dottoressa ci incoraggia a tornare in città perché fra poco calerà il sole e potrebbero di nuovo iniziare le esplosioni.

Una volta tornati, riusciamo a fare ancora una breve passeggiata nei dintorni della Parrocchia in una città completamente al buio. I parchi sono tutti chiusi, ed è pericoloso attraversarli. Tra le foglie abbondanti che coprono i giardini e i marciapiedi in questa stagione autunnale, sono mischiate alcune mine a forma di foglia lanciate dai droni, pericolose perché difficili da riconoscere.

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Mercato di Kherson.

Notiamo la presenza di tanti cani randagi che girano per le strade deserte. Soprattutto nelle ore serali. È meglio evitarli. Il loro abbaiare è l’unico suono che si sente nel profondo silenzio di questa citta, alternato solo dai rumori degli spari che rimbombano da lontano.

Finita la visita a Kherson, torniamo a Kiev e da lì di nuovo in Polonia. Pensiamo che, nonostante la lunghezza del conflitto e la stanchezza che tutti sentiamo di avere, in primis coloro che abitano in Ucraina, la situazione richiede ancora molta preghiera e molto aiuto. E affidiamo questo Paese all’intercessione del nostro santo fondatore Giuseppe Allamano.

Padre Luca Bovio, IMC, in Polonia. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it

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VI Domenica della Parola di Dio

23-01-2025 Notizie

VI Domenica della Parola di Dio

Il 26 gennaio 2025 si celebrerà la sesta Domenica della Parola di Dio, giornata istituita da Papa Francesco il 30...

Giubileo dedicato al Mondo della Comunicazione

22-01-2025 Missione Oggi

Giubileo dedicato al Mondo della Comunicazione

«La speranza non delude» è il tema del Giubileo 2025 inaugurato dal Papa Francesco il 24 dicembre 2024, con l'apertura...

Nuovo allestimento della Casa natale di San Giuseppe Allamano

22-01-2025 Notizie

Nuovo allestimento della Casa natale di San Giuseppe Allamano

Nella mattinata di martedì 21 gennaio 2025 a Castelnuovo don Bosco alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni e di altre...

Le reliquie

21-01-2025 I missionari dicono

Le reliquie

Il corso sulla causa dei santi mi ha introdotto in un mondo a cui non avevo mai pensato profondamente: le...

“Facciamo Pace”. Corso di Formazione Missionaria

21-01-2025 Missione Oggi

“Facciamo Pace”. Corso di Formazione Missionaria

“Facciamo pace. Umanità in cammino verso la fratellanza”. Questo è il tema centrale del corso di formazione organizzato dal Centro...

Visita Canonica alla Regione Congo

20-01-2025 I missionari dicono

Visita Canonica alla Regione Congo

Dopo ormai dieci giorni dal nostro arrivo nella Repubblica Democratica del Congo facciamo un po' di condivisione e aggiornamento su...

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2025

18-01-2025 Missione Oggi

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2025

Dal 18 al 25 gennaio 2025 si vive la "Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani" ispirata quest’anno al versetto...

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