Storicamente l'Etiopia è un luogo molto caro ai Missionari della Consolata. La nazione si trova nella parte più orientale del continente africano ed è un grande patrimonio culturale di più di 110 milioni di persone che parlano oltre 80 lingue. Il territorio confina con il Sudan e il Sud Sudan a ovest, con Gibuti e l'Eritrea a nord, con la Somalia a est e con il Kenya a sud.

Dall’inizio il Beato Allamano aveva desiderato inviare i suoi missionari in Etiopia. Ma il suo desiderio si è realizzato solo nel 1913, quando venne affidato all’Istituto parte del Vicariato di Oromo, eretto in Prefettura Apostolica il 28 gennaio 1913 con il nome di Kaffa Meridionale. Il primo Prefetto Apostolico, Mons. Gaudenzio Barlassina, IMC, fu eletto il 6 maggio 1913.

Nel 1941, con la fine dell’esperienza coloniale italiana, anche i missionari della Consolata vennero espulsi dal paese. Nel 1970 l’Istituto ritorna in Etiopia. Il territorio dell’attuale Vicariato di Meki è smembrato dal Vicariato di Harar affidato ai Missionari della Consolata. Il 6 marzo 1980 il territorio diviene Prefettura Apostolica, guidata da Padre Giovanni Bonzanino, IMC, in qualità di amministratore apostolico.

L’8 dicembre 1981, Padre Yohannes Weldegiorgis diventa Prefetto Apostolico. Il 25 gennaio 1992 la Prefettura diventa Vicariato Apostolico e Padre Yohannes viene consacrato Vescovo; vi rimane fino al settembre 2002. Con la sua morte, il Padre Giovanni Monti, IMC, viene nominato Amministratore. Il 10 maggio di 2003, Mons. Abraham Desta assume come Vescovo di Meki.

Intervista con Mons. Abraham Desta

In questi giorni, il Vescovo di Meki è a Roma per alcuni impegni, ringrazia i Missionari della Consolata per l'ospitalità e in un'intervista parla su la responsabilità della Chiesa in Etiopia.

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100 anni di presenza di IMC in Etiopia nel 2016. Messa presieduta dal Cardinale di Addis Abeba, Mons. Souraphiel Berhaneyesus e da Mons. Abraham Desta. Foto: Archivio IMC

“È importante ricordare che la Chiesa in Etiopia fa parte della Chiesa cattolica nel mondo. A livello locale, la Chiesa ha la responsabilità di essere una voce profetica nelle varie situazioni sociali, politiche e religiose”, afferma Mons. Abraham. “Su questioni che riguardano non solo i cattolici ma anche le persone di buona volontà, cristiani e non cristiani, la Chiesa deve essere la voce della Buona Novella del Vangelo. Deve essere una Chiesa che prega, che riflette, una Chiesa che è veramente parte del messaggio di Gesù Cristo. In mezzo alla società deve essere una luce che attrae, che guida, una luce che illumina i cuori e le menti delle persone”, completa il Vescovo. “La Chiesa deve prendere sul serio la Buona Novella che sono le parole di Gesù affinché il popolo abbia la vita e l'abbia in abbondanza (cfr. Gv 10,10). Ecco, la Chiesa deve essere come una fiaccola che guida il popolo verso la vita piena”. In Etiopia, dove “non siamo la maggioranza, la nostra voce può raggiungere tutti. Non importa se siamo piccoli, ciò che conta è l'essenza del messaggio”, argomenta.

Dio è presente nella realtà

Nato nel 1951 a Sebeya, regione del Tigrè, nel nord dell'Etiopia, Mons. Abraham ha fatto la sua formazione nel seminario di Adigrat con i Missionari di Africa (Padri Bianchi). È stato ordinato sacerdote nel 1980 e continuò gli studi in Irlanda e Londra con i Gesuiti, ottiene la licenza in teologia dogmatica e diplomi in sviluppo comunitario e teologia pastorale. Tornò in Etiopia nel 1985 durante un periodo di grande carestia e di guerra civile. Fu rettore del seminario minore di Adigrat, segretario del vescovo e responsabile della pastorale, poi cancelliere e direttore del Segretariato della diocesi prima di esser nominato Vescovo di Meki nel 2003.

Guardando la realtà, il Vescovo osserva che nella situazione odierna in Etiopia, molte persone soffrono, e dice: “dove le persone soffrono, Dio soffre, dove le persone muoiono, Dio muore, dove le persone vengono scartate o sfollate, Dio viene scartato e spiazzato nelle persone. Abbiamo molti senzatetto, persone che hanno perso le loro proprietà, che vogliono tornare alle loro case e alle loro terre. Molte persone sono escluse e allontanate, e anche uccise. E la Chiesa deve essere voce di chi non ha voce”.

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"Dobbiamo essere coraggiosi in modo a dare speranza al popolo, per essere una voce profetica nella società". Foto: Ashenafi Abebe

Evangelizzazione e promozione umana

In Etiopia la Chiesa realizza un lavoro di promozione umana con alcuni progetti sociali, ma allo stesso tempo, prende cura della pastorale. “Cerchiamo di trovare un equilibrio tra queste due dimensioni”, spiega e afferma: “dove non c’è promozione umana, Dio non può essere presente. Se le persone non si godono la vita nel suo senso più pieno, come dire che sarai salvato domani. Quindi quando le persone muoiono, soffrono, dico che Dio sta soffrendo. Dio è lì presente. E noi nella Chiesa abbiamo la responsabilità di essere la voce di Dio, di essere speranza e di creare speranza nelle persone. Questo è quello che cerchiamo di fare insieme: vescovi, sacerdoti, religiosi, leaders e cristiani delle comunità”.

C’è sono anche diverse sfide nell’economia, nella politica e nelle strutture. “Internamente abbiamo piccole comunità che spesso sono lontane le une dalle altre e hanno difficoltà nella comunicazione, o nel trasporto a causa della situazione delle strade, tra le altre cose”.

Le sfide nell’evangelizzazione

Situato circa 130 km a sud di Addis Abeba, il Vicariato di Meki è una delle tredici circoscrizioni della Chiesa cattolica in Etiopia. Con un territorio di oltre 60.000 Km2 e una popolazione di circa 4 milioni di abitanti, si trova nella regione dell’Oromia, nel centro del paese. Bisogna ricordare che la Chiesa Cattolica in Etiopia utilizza due riti, quello latino e quello etiope, ma si lavora in armonia. Nel Vicariato la metà della popolazione è cristiana, e i cattolici sono circa 37.000. Ma l'evangelizzazione, che include la pastorale e il lavoro sociale, si rivolge a tutta la popolazione.

Mons. Abraham Desta parlò anche sulle difficoltà nell’evangelizzazione ricordando che, “in ogni momento della storia abbiamo affrontato le sue sfide. In questo momento dobbiamo essere coraggiosi in modo a dare speranza al popolo, per essere una voce profetica nella società. Non possiamo mai dimenticare che la Chiesa è una comunità di preghiera per sostenere la gente. Poi dobbiamo anche abbracciare gli altri, le altre religioni e vivere il dialogo nella pratica”.

Secondo il Vescovo “dobbiamo essere una voce visibile di Gesù Cristo che ci ha mandato a testimoniare il Vangelo al mondo. Celebriamo oggi la conversione di San Paolo (25 gennaio), anche noi dobbiamo convertirci ogni giorno, fare una conversione del cuore, della mente e dell'umanità. Nella situazione in cui ci troviamo in Africa, dove la situazione è molto delicata e ostile, abbiamo bisogno di essere una voce e una testimonianza visibile di questa conversione del cuore, della mente e soprattutto vivere ciò che predichiamo. Queste sono le sfide che dobbiamo affrontare in modo positivo tra di noi e nella società”, evidenzia.

Messaggio ai Missionari della Consolata

20240131DEsta2Alla fine dell’intervista, il Vescovo di Meki ha lasciato un messaggio ai Missionari della Consolata, con i quali, ha sempre avuto un rapporto molto stretto. “Non ho parole per descrivere l'importante lavoro dei missionari della Consolata in Etiopia e nel mondo. Anzi tutto, voglio esprimere il mio desiderio che il Beato Allamano sia riconosciuto tra i santi dalla Chiesa. Mi unisco a voi nella preghiera affinché questo uomo santo sia canonizzato perché lui ha vissuto una vita di santità”, afferma.

Parlando dei figli e figlie dell’Allamano, il Vescovo ricorda che “molti padri, fratelli e suore della Consolata hanno dato la loro testimonianza nel Vicariato di Meki, una Chiesa locale che deve molto al lavoro di questi missionari e missionarie. Spero che dal cielo possano vedere crescere il buon seme che hanno seminato. Molti missionari e missionarie in Africa, nell’Asia, nell’America e altrove, stanno vivendo questo processo di canonizzazione del vostro Fondatore. Vi ringrazio di cuore per il bene fatto e vi animo a continuate con coraggio. La Chiesa ha bisogno di voi e noi faremo il possibile per collaborare con le vostre missioni. Spero che in futuro, possiate aprire altre missioni e che possiamo collaborare di più in questa opera. L'Istituto ha recentemente tenuto il Capitolo Generale e certamente ci sono nuove decisioni e proposte da attuare”.

Per quanto riguarda le vocazioni missionarie, l'Etiopia ha dato all'Istituto 18 giovani missionari che ora stanno evangelizzando in diversi paesi. Mons. Abraham incoraggia anche a non trascurare le vocazioni per attirare altri giovani a diventare missionari della Consolata. “Prego per le vocazioni, ma chiedo anche ai missionari etiopi di lavorare molto per suscitare nuove vocazioni. Noi siamo pronti ad aiutarli. Alle soglie del Giubileo del 2025, preghiamo per la canonizzazione dell'Allamano e perché la missione fiorisca in Etiopia. Coraggio e avanti”, finalizza il Vescovo.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Segretaria per la Comunicazione.

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