L'immersione nel carisma di un gruppo di giovani Missionari della Consolata provenienti da varie comunità sparse nel mondo prosegue. Su questo sito leggete ogni settimana le impressioni che l'incontro con le varie realtà suscita in loro. 

La scorsa settimana, dal 12 al 18 settembre, ci siamo tuffati nel mondo torinese per scoprire le multiformi attività con le quali missionari e missionarie, religiosi e laici, si lasciano interpellare dalle sfide che il nostro mondo contemporaneo pone, soprattutto per quel che riguarda la vicinanza ai più poveri. 

E' davvero incoraggiante scoprire quanto bene si fa, concretamente, senza far rumore, offrendo un aiuto in grado di cambiare la vita di molte persone. Troppo spesso i nostri orizzonti sono occupati da notizie cupe, da prospettive di guerre, siccità, difficoltà politiche. C'è bisogno di respirare a pieni polmoni la gioia di chi si spende per rendere migliore la vita di chi fatica di più, per aiutarlo a crescere nella fiducia in se stesso, per offrirgli l'occasione di un riscatto personale e sociale. Quest'aria fresca ci aiuta a continuare a sognare e a trovare il modo per impegnarci anche noi accanto e insieme ai fratelli e alle sorelle. 

Quest'impegno, che da più parti viene profuso, non nasce dal nulla, ma trova le sue radici nei santi sociali che nell'ottocento e novecento hanno preso sul serio le sfide che la realtà di allora poneva a chi voleva vivere e non soltanto predicare la Buona Notizia. Entriamo nel concreto di alcuni angoli di Torino che abbiamo avuto occasione di esplorare,

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I partecipanti al corso di Immersione nella Casa don Bosco di Valdocco

I santi sociali

GIULIA DI BAROLO. Lei è una donna che spende tutte le sue ricchezze per i poveri. L'esperienza vissuta di prima mano con i carcerati la ispira a mettersi in gioco per loro. Decide di organizzare case per ragazze e donne uscite dal carcere e di aiutare anche coloro che non hanno ancora terminato di scontare la pena. Le suore di Gesù Buon Pastore continuano l'opera di Giulia di Barolo offrendo supporto alle donne marginalizzate, ai più poveri e deboli, ai migranti e a chi non ha casa, si è lasciato prendere dal circolo della droga o è vittima della tratta. Concretamente le suore aiutano le donne a prendersi cura dei propri bambini, a legalizzare i documenti ed offrono loro consiglio e ascolto. 

BENEDETTO COTTOLENGO, La piccola Casa della Divina Provvidenza, Abbiamo avuto occasione di conoscere la missione di Benedetto Cottolengo che, insieme a chi lo ha seguito, si è preso cura di anziani, disabili e malati. La comunità è cresciuta molto negli anni e continua a mettersi al servizio dei poveri: suore, fratelli e sacerdoti vivono del medesimo carisma e lavorano insieme per il bene dei poveri.

GIUSEPPE CAFASSO. Presso la chiesa di santa Rita, don Mario Rossino ha tenuto per noi una lezione sulla vita di san Giuseppe Cafasso. Questo santo è conosciuto soprattutto per aver accompagnato i condannati a morte. E' incredibile come sia riuscito a far sì che tutti si convertissero e andassero incontro al patibolo con cuore riconciliato. Il Cafasso ha lottato per esser loro vicino non soltanto nel momento dell'esecuzione, ma andando a trovarli in carcere e facendo nascere in loro, con tenerezza, un desiderio di conversione e salvezza. Il suo ministero non si è limitato a questo servizio importante e unico, ma lo ha visto insegnante di morale secondo la teologia di sant'Alfonso, predicatore di esercizi ignaziani, annunciatore del Vangelo alla gente, maestro di preghiera e direttore spirituale molto richiesto.

CONVITTO DEL SANTUARIO DELLA CONSOLATA: storia del clero torinese. Don Francesco Venuto, professore di storia presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale ci ha presentato la realtà del clero torinese dell'ottocento e del primo novecento nel contesto del confronto tra Chiesa e Stato, moti carbonari e concilio Vaticano I. Il "Non expedit" di Pio IX proibiva ai cattolici di impegnarsi in politica, d'altro canto il governo, piemontese prima ed italiano poi, non si occupava dei problemi sociali. In questo modo si creò un "vuoto" colmato da chi seppe interpretare le esigenze del tempo ed in particolare dai cosiddetti "santi sociali". Sono Giuseppe Cottolengo, don Bosco, Giulia Colbert, Giuseppe Cafasso, Leonardo Murialdo, Francesco Faa di Bruno, Pier Giorgio Frassati, Giuseppe Allamano ed altri che hanno trasformato la loro vita per servire la comunità.

LA TORINO DI OGGI E LA MISSIONE. Due suore salesiane: Paola e Julieta, soprannominate "Black and White", italiana una, mozambicana l'altra, si occupano delle donne migranti che vivono a Torino. Le due suore ascoltano le donne ed offrono loro la possibilità di uscire dal guscio in cui a volte timore, non conoscenza della lingua, mancanza di relazioni sociali le relegano. Offrono corsi di lingua di sartoria e costruiscono dialogo con persone di religioni diverse: islamici, buddhisti, cristiani cattolici e protestanti e tessono una rete con altre entità come il comune, la diocesi, i servizi sociali, gli artisti. Sono riuscite a creare un gruppo di volontari laici che collaborano assieme a loro. 

Molte delle donne con cui vengono in contatto sono giovani, senza documenti, senza lavoro, senza una famiglia, una casa o delle risorse minime necessarie per vivere. I luoghi in cui incontrare queste persone sono la strada e le visite porta a porta.  Molte arrivano in Europa cercando lavoro e finiscono nelle mani di organizzazioni che sfruttano la tratta delle persone, il consumo di droga e i lavori illegali.

SERMIG: Servizio missionario giovanile. Fondato da Ernesto Olivero dalla moglie Maria, il Sermig nasce dalla scelta di trasformare l´Arsenale militare in un Arsenale di Pace. Coinvolge molti giovani e adulti che promuovono il dialogo e la pace e offrono aiuto concreto in tanti modi creativi. 

DON BOSCO. A Valdocco don Bosco decide di dare una risposta alla situazione di molti ragazzi poveri, per la maggior parte orfani. Si prende cura di loro, gli offre un'educazione e una scuola in cui possono diventare artigiani. Don Bosco propone un suo modo di essere missionari: servire i ragazzi, condividere la vita con loro, nella vicinanza, insegnando anche l'importanza della preghiera e della devozione mariana. La spiritualità di questo santo dei giovani ci è stata raccontata attraverso la visita al museo "Casa Don Bosco" e museo etnografico e alla Basilica di Maria Ausiliatrice. 

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Con le suore salesiane: Paola e Julieta, soprannominate "Black and White"

Parrocchia Maria Speranza Nostra

Venerdì abbiamo vissuto l'intera giornata nella nostra parrocchia nel quartiere "Barriera di Milano". P Nicholas, p Daniel e p Elmer ci hanno accolto ed introdotto in una nostra presenza ad gentes significativa in Torino. La laica Piera Gioda ci ha aiutato a comprendere la realtà di un quartiere di periferia, nato dalle migrazioni italiane prima ed estere poi e ci ha introdotti alla visita di altre realtà significative che collaborano con la  parrocchia. Camminare per strada e notare che tutti conoscono il parroco e si fermano volentieri a chiacchiere con lui, incontrare gli animatori e i giovani che ogni pomeriggio frequentano l'oratorio, conoscere il coro che anima le liturgie in maniera viva e bella, venire a conoscenza dell'impegno che la comunità parrocchiale assume nei confronti di chi finisce "ai margini" nella droga o nella povertà più assoluta, ci rende orgogliosi di essere Missionari della Consolata, a Torino. 

Domenica siamo stati a Caramagna a celebrare l'Eucarestia nell'anniversario della beata Caterina Mattei e abbiamo condiviso il pranzo con le sisters of Mary Immaculate, fondate da mons. Filippo Perlo. Grazie ad alcune informazioni e a un salto nell'archivio parrocchiale abbiamo scoperto la casa natale del Fondatore delle suore del Kenya. 

Ci vorrà del tempo per lasciar sedimentare tutte le iniziative conosciute, le persone incontrate, gli scorci di realtà intuiti. Dalla settimana ci portiamo a casa l'importanza di fare rete tra varie entità che operano nel sociale, l'imprescindibilità del lavoro in equipe per raggiungere risultati significativi e la gioia di sapere che il nostro Fondatore, Giuseppe Allamano, interpretando i suoi tempi e dedicandosi non solo al Santuario e all'Istituto, ma anche alle tante necessità sociali del tempo, ha saputo insegnare ai missionari e ai preti diocesani un'attenzione alla realtà e un desiderio di offrire risposte evangeliche. 

A tutti noi, ora, l'impegno di vivere oggi ciò che il Fondatore e i santi sociali, tra difficoltà e contrasti, ma con tanta energia e fiducia nell'Altissimo, hanno saputo mettere in pratica nei giorni che sono stati dati loro in dono.

* Samuel Kabiru Kibara e Piero Demaria sono Missionari della Consolata

Il 4 agosto Barlovento (Venezuela) ha ricevuto la visita di mons. Lisandro Rivas, Vescovo ausiliare di Caracas. Lui ha raggiunto queste terre di ritmi afroamericani e tamburi, pieno di emozione perché come vescovo, è arrivato per confermare nella fede quelle comunità che anni prima l’avevano visto passare come seminarista e sacerdote. Nei vari incontri che ha potuto avere con i fedeli delle nostre comunità mons. Lisandro ha sottolineato che Barlovento fa parte della sua formazione come missionario e come vescovo, si sente parte della famiglia e come pastore è disposto a impegnarsi a rafforzare il cammino che questa chiesa locale sta portando avanti. 

Nei giorni della visita ha potuto celebrare l’eucaristia con diverse comunità parrocchiali e al termine di ogni Eucaristia mons. Lisandro ha incontrato i fedeli per ascoltarli e ha colto l'occasione per incoraggiarli a continuare il cammino della sinodalità che la Chiesa sta vivendo per mandato di Papa Francesco.

Lui ci ha parlato di molti aspetti importanti della vita pastorale delle nostre comunità; ci ha ricordato che non possiamo continuare a pensare alla chiesa come era prima, ma dobbiamo sempre intenderla come una chiesa in uscita, nello spirito delle prime comunità apostoliche. 

Oggi non si tratta solo di rimanere con piccoli gruppi organizzati come si faceva fino a poco tempo fa, ma dobbiamo promuovere responsabilmente i vari ministeri laicali per il bene di tutti. È necessario completare i processi di settorizzazione creando comunità cristiane di base; cristiani maturi che si facciano carico di tutte le situazioni che si vivono nel territorio della parrocchia.

Un ricordo speciale è andato agli anziani che possono vivere situazioni di particolare fragilità: anche in questo caso c'è bisogno di persone preparate disposte a svolgere il ministero dell’ascolto e della consolazione, molto necessario per mantenere sempre attivo il legame familiare. Non possiamo dimenticare che la voce degli anziani è di grande importanza: sono loro quelli che conservano la conoscenza profonda delle radici che ci sostengono nella nostra identità locale, regionale e nazionale.

Anche le manifestazioni di religiosità popolare, molto diffuse tra la nostra gente, hanno un grande valore evangelizzatore quando sono ben accompagnate e incanalate da una comunità cristiana adulta e matura: da qui l'importanza delle madri e dei padri nel loro ruolo di educatori delle giovani generazioni affinché si formino secondo i valori centrali della fede cristiana.

NOTA. Mons. Lisandro Rivas è il primo sacerdote venezuelano della Consolata che diventa vescovo: la sua presenza ricorda l’impegno per l’evangelizzazione che, in diversi modi, i Missionari della Consolata hanno cercato di infondere nella chiesa del Venezuela. In 52 anni di percorso missionario in questo paese possiamo contare solo con tre sacerdoti venezuelani: oltre a mons. Lisandro anche padre Carlos José Salazar, di Barlovento, che lavora in Spagna, e Dani Antonio Romero Gonzáles di Caracas che lavora in Angola.

* Clemente Madeira è Missionario della Consolata

Immersione nel Carisma

All’inizio di quest’anno 2022, un gruppo di giovani missionari della Consolata è giunto a Roma presso la Casa Generalizia per un’esperienza dell’immersione nel carisma.

Questi giovani missionari provengono da diversi Paesi di missione: Argentina, Angola, Colombia, Eswatini, Italia, Kenya e Venezuela. Poiché questa esperienza sarà in Italiano, la Direzione Generale ha ritenuto opportuno che questi giovani impararassero la lingua prima di iniziare loro esperienza.

Mentre stavano imparando la lingua Italiana, hanno anche svolto l’apostolato presso la Caritas di Roma. Ogni mercoledì sera andavano lì e servivano il pasto ai nostri fratelli e sorelle bisognosi.

Poiché il 20 giugno si celebra la festa della Madonna della Consolata, il gruppo si è recato per la prima volta in assoluto a Torino per festeggiare con gli altri confratelli.

È stata una gioia immensa per questi giovani missionari visitare la tomba del Beato Fondatore Giuseppe Allamano e il Santuario di Nostra Signora della Consolata.

Dopo la celebrazione, questi missionari sono stati inviati in diverse comunità qui in Italia per praticare la lingua Italiana. Hanno cosi trascorso due mesi e quindi verso la fine di agosto sono tornati a Roma per iniziare loro esperienza dell’immersione nel carisma.

Il 30 agosto 2022 questo gruppo ha potuto iniziare il corso con il Padre Alberto Trevisiol, il quale ha incentrato questa prima parte dell’esperienza sulla storia della Congregazione.

Domenica 4 settembre, questi giovani si sono recati nuovamente a Torino in Casa Madre per continuare loro esperienza.

Giunti in Casa Madre, hanno celebrato la messa nella cappella dedicata al Beato Giuseppe Allamano e al termine si sono recati presso la tomba del fondatore per pregare e chiedere l’intercessione del fondatore per ottenere lo zelo missionario di annunziare il vangelo a tutti i popoli.

Il 29 agosto, alle sei di sera, nella parrocchia del Divino Niño di Tuxtla Gutiérrez (Chiapas), Ansoni Camacho Cruz è stato ordinato dal vescovo Fabio Martínez Castilla. È il secondo missionario della Consolata messicano ad essere ordinato e quindi è stato un momento di grazia per tutta la Chiesa e soprattutto per i Missionari della Consolata, presenti in questo Paese da quattordici anni e che già cominciano a vedere i primi frutti di missionari della Consolata ad vitam.

È lunedì 29 agosto 2022 e sono le sei di sera. La chiesa parrocchiale di El Divino Niño a Tuxtla Gutiérrez, in Chiapas, Messico, trabocca di gente. Le pareti sono ornate di ghirlande, i banchi di rose bianche. Molti fedeli trovano posto davanti alla porta principale della chiesa sotto un telone; altri si allineano per tutta la lunghezza dell'edificio cercando riparo dalla pioggia sotto la grondaia del tetto. Ma qui la pioggia non è mai sgradita, è un segno di benedizione. La gente si è riunita per l'ordinazione del diacono Ansoni Camacho Cruz, Missionario della Consolata. 

È uno dei cinque figli di Omar Camacho e Dora Maria Cruz. Una famiglia molto unita e conosciuta da tutti in parrocchia. Don Omar lavora con macchinari pesanti. Per l'occasione, la mamma Dora María e le sue figlie indossano le camicette colorate e le gonne a fiori caratteristiche del Chiapas. Gli uomini indossano eleganti scarpe di pelle. I nipoti sono più disinvolti; quasi tutti con ... i loro telefoni cellulari. 

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Monsignor Fabio Martínez Castilla, arcivescovo di Tuxtla, insieme a una dozzina di sacerdoti, si prepara per la celebrazione nella sala parrocchiale accanto alla chiesa. Davanti a lui, con i genitori come primi testimoni, Ansoni fa la sua professione di fede. 

Una nuvola di chierichetti, vestiti di rosso e bianco, guida la processione verso la chiesa. L'arcivescovo viene salutato dai fedeli che applaudono. Lo accompagnano padre Peter Ssekajugo, nuovo superiore dei Missionari della Consolata in Messico, Canada e Stati Uniti, padre Paolo Fedrigoni, il suo predecessore, e i padri Luis Jimenez, Patrick Murunga Waiganjo e Clovis Audet - i missionari della Consolata che lavorano nella parrocchia del Divino Niño. Altri Missionari della Consolata, i padri Ramon Lazaro Esnaola e Patrick Irungu Mungai, sono arrivati da Guadalajara; padre Alvaro Palacios Arregui, dal New Jersey. Alla destra del vescovo ci sono alcuni sacerdoti diocesani: tra questi, don José Luis, il primo e finora unico sacerdote di questa parrocchia, responsabile dell'ufficio del clero a livello diocesano. Oggi, Ansoni sarà il secondo.

Ansoni depone sull'altare il libro dei Vangeli, sul quale ha fatto la sua professione di fede pochi minuti fa, e va a sedersi tra i suoi genitori. Con loro, e con tutti i presenti, ascolta la Parola di Dio rivolta a tutti. Il Vangelo viene proclamato da padre Mungai, che oggi ricorda i suoi otto anni di sacerdozio. Al momento opportuno Ansoni è chiamato e si avvicina all'altare. Padre Paolo lo presenta al vescovo: “Ansoni è cresciuto proprio in questa parrocchia, più precisamente nella 'Cappella di San Filippo', e tutti quelli che sono qui presenti a questa eucaristia lo conoscono bene -racconta al vescovo-; ha fatto filosofia a Guadalajara, il noviziato in Argentina e gli studi teologici a Nairobi. È stato diacono nella missione di Matiri, in Kenya”. Assicura al vescovo che tutti i rapporti su di lui sono positivi e quindi è degno dell'ordinazione sacerdotale. 

Nell'omelia, il vescovo esorta Ansoni a essere un sacerdote felice, con il profumo di Cristo, sempre disponibile e vicino a tutte le sue pecorelle. È contento che lui sia entrato a formare parte di un istituto missionario, perché la Chiesa deve essere una comunità in uscita, aggiunge. Esprime la sua gioia per il fatto che la presenza dei missionari nella sua diocesi hanno portato alla nascita di un sacerdote missionario proveniente dal suo gregge. 

Nel momento stesso dell'ordinazione, le Litanie dei Santi vengono cantate splendidamente dal coro: è il coro della Cappella di San Filippo, orgoglioso di essere stato scelto per cantare nell’ordinazione sacerdotale di uno della loro comunità! Dopo l’ordinazione Ansoni è vestito da padre Luis Jiménez -il suo parroco- con la casula che hanno donato i suoi genitori. Quando il vescovo lo ha abbracciato, tutti sono scoppiati in un forte applauso. 

All'inizio della liturgia eucaristica, coppie vestite con abiti tradizionali portano all'altare doni di ogni tipo: cesti di frutta, mango, uva, pesche, fichi, banane; sacchetti di fagioli, mais e noci; pane, biscotti, latte e anche... una bottiglia di vino.

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Dopo la Comunione, p. Peter, a nome dei Missionari della Consolata, ringrazia Mons. Fabio, un vero vescovo missionario che per dieci anni ha lavorato come sacerdote in Angola, per aver ordinato un nuovo sacerdote per il nostro istituto missionario. Lo stesso ringraziamento va anche a tutti i presenti: sacerdoti, religiosi, religiose e popolo cristiano per essersi uniti a questo straordinario momento di felicità. “È un dono reciproco -dice- noi vi abbiamo dato una rinnovata consapevolezza della missione universale della Chiesa, e voi ci avete dato un nuovo sacerdote”. La gente applaude con entusiasmo quando padre Peter confessa di essere molto contento della sua elezione a Superiore Provinciale che gli ha dato la possibilità di rivisitare il Chiapas. Dopo l'Ave Maria, suonata in modo incantevole da un giovane violinista del coro, Ansoni esprime parole di ringraziamento per tutti e i i sentimenti che riempiono il suo cuore. Il popolo lo acclama. La sua destinazione è il Kenya che raggiungerà nel mese di novembre. chiede a tutti di accompagnarlo con la preghiera.

Dopo l’eucaristia, all’interno della chiesa, una lunga fila di persone si mette in fila davanti a padre Ansoni per ricevere da lui la prima benedizione sacerdotale. Il calore è intenso. Due chierichetti sono accanto a lui: uno per prendere i vari doni che riceve; l'altro con un panno che Ansoni usa per asciugarsi il sudore dal viso. Queste benedizioni durano due ore e mezza, senza interruzioni! All’esterno un gruppo musicale suona musiche del Chiapas e i ballerini e le ballerine si muovono quasi freneticamente al ritmo della musica; alcuni studenti della scuola di cucina, volontari per l'occasione, servono splendide pietanze preparate da loro.

Il nostro più sincero augurio è che la benedizione che Ansoni ha ricevuto oggi duri con la stessa intensità per tutta la sua vita sacerdotale.

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Domenica 28 agosto, nella casa generalizia delle Missionarie della Consolata, le due famiglie fondate da Giuseppe Allamano si sono riunite attorno a Mons. Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, nominato cardinale da papa Francesco nel concistoro del giorno precedente. 

Tantissimo di famiglia consolata c’era in questa celebrazione: il calice che era appartenuto all’Allamano e che conservano le Missionarie della Consolata; la festività e la varietà culturale e continentale dei missionari e degli amici presenti; la decorazione della mitra proveniente da quella di Mons. Torasso, il primo vescovo dei Missionari della Consolata in Colombia, morto a soli quarantasei anni nella difficile geografia delle terre del Caquetá.

Nella sua riflessione Mons. Giorgio, illuminato dalle letture della 22 domenica del tempo ordinario (ciclo C), ha ricordato aspetti che appartengono all’insegnamento del Fondatore, alla tradizione dell’Istituto e sono una chiara indicazione su come essere Cardinale missionario. Ve la offriamo a continuazione.

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Il nuovo cardinale con alcuni missionari della Consolata originari di vari paesi africani

Che avrebbe potuto dire il nostro Fondatore se avesse visto un suo figlio, missionario della Consolata, diventare Cardinale?  La Parola di Dio di questa domenica può rispondere a questa domanda e ci propone tre criteri che non sono affatto lontano dalla spiritualità di Giuseppe Allamano e devono essere presenti nella vita del Cardinale Missionario della Consolata.

La prima lettura del libro del Siracide para in modo eloquente dell’umiltà. “Quanto più sei grande, tanto più fatti umile perché ai miti Dio rivela i suoi segreti” (cf. Sir 3,18-19), in cambio la condizione dei superbi è descritta come misera. Gesù è stato colui che per primo ha preso l’ultimo posto; come dice San Paolo, se vogliamo vantarci lo dovremo fare perché lui ci ha chiamati ma non per nessun altro motivo. Anche il vangelo tocca lo stesso argomento quando dice che i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi sono i primi invitati al banchetto del Regno (cf Lc 14,13)... e noi siamo quei poveri che sono i privilegiati del vangelo. L’umiltà quindi non può mancare nella vita del missionario della Consolata e nemmeno in quella del cardinale Missionario della Consolata.

La seconda lettura, una bellissima pagina tratta della lettera agli Ebrei, la voglio leggere in chiave eucaristica perché ci manifesta un aspetto molto tipico della vita del Missionario e Missionaria della Consolata. L’autore di questo scritto dice  che “non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità” (Eb 12,18), quelle sono manifestazioni potenti e misteriose del Dio dell’Antico Testamento, ma “vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente... a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova” (cf Eb 12,22-24). Non dimentichiamo che quando ci avviciniamo all’eucaristia ci stiamo avvicinando a Gesù in persona. Quello che i nostri occhi vedono sono i segni umili e  poveri del pane e del vino nel quale Gesù si fa realmente presente alla nostra vita quotidiana. Lui lo fa rispettando fino a tal punto la nostra libertà che in quei segni diventa piccolo e quasi invisibile. 

Giuseppe Allamano tutto questo l’aveva nel cuore: l’eucaristia è il fine della missione, perché come meta abbiamo la costruzione di una comunità convocata attorno alla Cena del Signore, ma è anche il principio perché nell'eucaristia trova la sua origine la missione come testimonianza, carità e giustizia.

Giuseppe Allamano voleva che i suoi missionari fossero eucaristici perché dall’Eucaristia nasce il servizio verso i più poveri e l’annuncio del vangelo nei tanti contesti nei quali siamo chiamati a evangelizzare. Anche questo è un criterio valido per il cardinale Missionario della Consolata.

Poi viene il testo del vangelo di Luca che forse non ha bisogno di spiegazioni perché stabilisce in modo lampante la logica di tutto il vangelo: i nostri posti sono gli ultimi e non i primi. “Non metterti al primo posto ma vai a metterti all’ultimo perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (cf Lc 14,8-11). La logica del vangelo, che è molto diversa da quella del mondo, si vive stando nell’ultimo posto e non nel primo. E questo vale per tutti noi Missionari della Consolata, anche per il cardinale.

Il Signore conclude questo testo questa frase: “(al tuo banchetto) invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; sarai beato perché non hanno da ricambiarti” (Lc 14,13-14). Spesso nella vita finiamo sempre per fare qualche calcolo del tipo “se sono una persona buona e onesta ho diritto almeno a qualcosa... se faccio un gesto di carità mi dovranno almeno dire grazie”. Un famoso poeta mongolo, morto non molti anni fa, Dashbalbar, scrisse questo verso in una poesia titolata “sii come il cielo”: “qualunque cosa ti succeda, sia che ti applaudano o ti insultino, tu sii amplio come il cielo”. 

Nella nostra vita missionaria ciò che domina non è il calcolo ma la gratuità: uno dei segni più coerenti con la logica del vangelo dove tutti siamo figli dello stesso Padre “che fa sorgere il suo sole su cattivi e buoni, e fa piovere su giusti e ingiusti” (cf Mt 4,45).

Gli esempi di chi vive secondo la logica del vangelo li abbiamo a casa nostra, nei nostri santi, il beato Giuseppe Allamano e le beate Irene e Leonella. Nei diari di Leonella si riporta una frase che dice: “ma quando potrò fare un gesto di gratuità pulito, senza attendere niente in cambio?”... e lo Spirito l’ha plasmata e alla fine è stata così somigliante al Cristo da versare il suo sangue mescolandolo anche con quello delle sue guardie del corpo che erano di fede mussulmana; morendo ha detto tre volte perdono. 

Nella tradizione orientale i santi sono chiamati “i somigliantissimi” perché assomigliano in tutto e per tutto a Gesù. La vocazione missionaria ci mette nella condizione degli apostoli e ci porta dove il vangelo non è ancora conosciuto. La dobbiamo essere una chiesa umile, eucaristica, ultima fra gli ultimi e costruita secondo la logica del vangelo. Dobbiamo essere “somigliantissimi”; santi come diceva il Fondatore.

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