Era sbarcata dalla Sicilia a Casablanca, migrante tra i migranti, quasi un secolo fa. La Madonna di Trapani, particolarmente venerata nella sua terra natale, aveva seguito l'avventura dei pescatori siciliani stanziati nella regione. "Per quanto lontano scorra un ruscello non dimentica la sua origine" si ripete in Africa. Per questo, il 15 agosto, festa dell'Assunta,  aveva dato appuntamento come da tradizione alla Chiesa italiana di Cristo Re, Boulevard Abdelmoumen (Casablanca). La serata prevedeva la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo emerito mons. Giovanni d'Ercole, una commovente fiaccolata  e una condivisione conviviale italo-marocchina. 

La statua della Vergine, grandezza naturale, molto delicata e bella, coronata d'oro, tiene tra le braccia un bambino dall'espressione curiosa, dolce e accattivante. I trapanesi, infatti, affascinati dalla sua bellezza vi diranno che non vedrete una Madonna più bella se non in paradiso... Era arrivata per prima nel piazzale ancora vuoto fuori dalla chiesa, sotto gli occhi di TV Trapani in diretta. E subito, come per incanto, i miracoli iniziavano a fiorire tutt'intorno... 

La piazza diveniva, tra gli alberi e le file di banchi, un'originale cattedrale a cielo aperto. La grande bandiera rossa stellata del Marocco e il tricolore italiano si abbracciavano sotto gli occhi di tutti, all'ingresso. Un coro di filippini, poi, appariva per animare la celebrazione e i canti... in italiano. In verità, è sempre una gradita sorpresa ritrovare la propria lingua sulle labbra degli altri! Con voce commossa, Mons. Giovanni ricorda la storia dell'emigrazione e della fede dei siciliani e di tutti coloro che partono –spesso pieni di speranza e di disperazione– per una vita migliore. 

Ma tutto questo –ed è fortemente ricordato questa sera– sotto lo sguardo incoraggiante e materno di Maria "madre universale di tutti" cristiani e musulmani. "La madre rassicura, accompagna, trasmette pace –sottolinea il vescovo– dona coraggio e serenità ad ogni esistenza e alle sue sfide." Poi al termine di una lunga fiaccolata, nel clima di Lourdes, una cascata infinita, interminabile, di "Ave Maria". Ognuno dei presenti mette la sua voce e la sua lingua, chi dal Rwanda, chi dal Libano, dal Congo, dalla Spagna, dalla Francia o da altrove... l’assemblea, in ascolto col fiato sospeso, ripete incessantemente con gioia interiore "Amen". 

Poi, su invito del vescovo,  alcuni lunghissimi istanti di silenzio, per far parlare solo il cuore. Così, si rimane immobili davanti alla statua della Vergine, illuminata nell'oscurità da un incantevole bouquet di candele. Istanti magici. Spesso, si sceglie il silenzio per dire le cose più importanti. Come scrive Kalil Gibran: "C'è qualcosa di più grande e più puro di quello che dice la bocca. Il silenzio illumina l'anima, sussurra ai cuori e li unisce. Il silenzio ci allontana da noi stessi, ci fa navigare nel firmamento dello spirito, ci avvicina al cielo." 

Al termine della preghiera interviene in italiano il Console spagnolo, per dire con commozione come lui stesso  ritrovi in questa festa della Vergine... un sapore di Spagna. Così, si possono immaginare i sentimenti di coloro che ci seguono in diretta da lontano, soprattutto dalla Sicilia, in una serata di preghiera fatta in tutte le lingue del mondo! 

Un grazie, infine, è rivolto a quanti sono venuti dai vari quartieri di Casablanca, agli organizzatori, in particolare ai due appassionati di questa grande tradizione, Francesco e Gilbert, un italiano quest'ultimo diventato il responsabile di tutte le vetture del Re Mohammed VI! Questa sera la chiesa italiana di Casablanca, chiusa da tempo, si è aperta al mondo: è il miracolo più grande di Maria venuta da Trapani. 

Lentamente, dopo una fraterna condivisione di fede e di gioia, ognuno, nel buio della notte, fa ritorno alla sua casa. Ma con sé porta le sfide e le speranze di tutta l'umanità. Anche questo è essere italiani oggi a Casablanca. 

* Renato Zilio è missionario scalabriniano, lavora in Marocco ed è autore di "Dio attende alla frontiera" (ed. EMI)

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Papa Francesco ha voluto riconoscere e distinguere padre Sandro Faedi, missionario della Consolata nativo di Gambettola, con la decorazione "Pro Ecclesia et Pontifice". La cerimonia di consegna della Medaglia d'onore al missionario,  si è svolta domenica 13 agosto a Zóbuè, nella diocesi di Tete, Mozambico, in occasione del Pellegrinaggio Diocesano al Santuario dell'Immacolata Concezione.

L'atto di consegna della Pergamena  e della Medaglia è stato presieduto da Mons.  Suman Paul Anthony, Incaricato d' Affari della Nunziatura Apostolica in Mozambico. Si tratta della più importante onorificenza  che la Chiesa cattolica conferisce  a sacerdoti e laici che si distinguono per la loro fedeltà e il loro servizio alla Chiesa.

Mons. Diamantino Antunes, Vescovo di Tete, ha presentato la vita e l'opera dell'insignito, che ha dato la sua vita alla missione in Venezuela prima, e in  Mozambico, in particolare nella diocesi di Inhambane e nella diocesi di Tete.

Padre Sandro Faedi è stato ordinato sacerdote a Gambettola nel 1972. Dopo il primo ministero  missionario durato 24 anni in Venezuela, dal 1998 svolge la sua missione in Mozambico: prima nella diocesi di Inhambane e, dal 2013, nella diocesi di Tete, dove è stato parroco della parrocchia di San Giuseppe, Amministratore Apostolico tra il 2017 e il 2019, e attualmente parroco della parrocchia di San Daniele Comboni, Economo Diocesano e Responsabile della Caritas Diocesana.

La dedizione alla missione di questo sacerdote, il suo instancabile impegno nell'evangelizzazione, nella promozione umana, nella liturgia e nella promozione delle vocazioni locali sono stati i motivi che hanno spinto il Santo Padre a concedergli l´ onorificenza pontifícia: pro ecclesia et pontifice.

* Mons. Diamantino Guapo Antunes è Missionario della Consolata e vescovo di Tete

Dal 3 luglio al 4 agosto ho partecipato ad un corso intensivo di lingua greca ad Atene, Grecia. 

Il corso è organizzato da una borsa dall' "Apostoliki diaconia" della Chiesa Ortodossa per i studenti nelle università pontificie a Roma.  Questo programma estivo ha come finalità l'apprendimento della lingua Greca, frequentando un corso specialistico ma comporta anche una significativa dimensione ecumenica promovendo una maggiore conoscenza dell'oriente cristiano. Tutta l'organizzazione viene fatta dalla "Apostoliki diaconia" in collaborazione con il comitato cattolico per la collaborazione culturale con le chiese ortodosse (Dicastero per la promozione dell'unita dei Cristiani).

Fra i trentaquattro partecipanti quest'anno, cinque venivamo dal Biblicum. Abitavamo nel collegio ortodosso della "Apostiki diaconia" di Atene. Li ricevevamo lezioni di lingua Greca quattro ore ogni giorno. Abbiamo finito il livello A2 e tutte le spese di vitto e alloggio erano generosamente offerte dai nostri anfitrioni; sono rimasto molto colpito dalla buona ospitalità che ci è stata dada.

Ci hanno accompagnato anche in visite culturali: musei e siti archeologici importanti di Atene. Abbiamo anche visitato varie Chiese Ortodosse e avuto l'opportunità di visitare il sacro sinodo dove ci è stata spiegata la natura della chiesa Greco-Ortodossa.  

In visite un po' più lunghe siamo stati a Corinto, Delfi e Salonicco; questo mi ha aiutato molto a localizzare i fatti storici della missione di Paolo in Grecia e spero possa anche essere di aiuto nei miei studi biblici. È stata anche l'occasione di dare una buona spolverata agli studi di  filosofia antica perché ho visitato i siti archeologici legati agli antichi filosofi greci.

Sono molto grato al Biblicum e al Dicastero per la promozione dell'unita dei Cristiani che mi hanno offerto la possibilità di questa bella esperienza estiva. Ringrazio anche p. James Lengarin, Superiore Generale, che ha permesso e facilitato la mia partecipazione.

* Geoffrey Ongera IMC è studente del Biblicum di Roma

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«Guardate a Lui e sarete raggianti». Il versetto del Salmo 34 è stato scelto come motto episcopale dal Vescovo Giorgio Marengo, missionario della Consolata e Prefetto apostolico di Ulaanbaatar, creato Cardinale da Papa Francesco nel Concistoro del 27 agosto agosto 2022. Guardando le immagini e ascoltando le parole del secondo video-reportage prodotto per l’Agenzia Fides da Teresa Tseng Kuang yi in vista del viaggio di Papa Francesco in Mongolia (1-4 settembre), il versetto-motto sembra cogliere la cifra intima della vita e dell’avventura missionaria di padre Marengo in Mongolia. Un’avventura in cui le gioie prevalgono in sovrabbondanza sulle fatiche, sulle difficoltà e sullo spettacolo delle proprie povertà. «Io –confessa il Prefetto di Ulaanbaatar fin dai primi passaggi del video– sono grato che il Signore abbia voluto mandarmi qui».

La «gioia più bella» è l’aver contemplato l’operare della grazia nel tempo, l’aver visto come «al di là di tutte le nostre difficoltà e le nostre povertà, il Signore si apriva la strada nel cuore di queste persone, che poi hanno deciso di affidarsi a lui». Il contemplare come poi «il Signore guidava la vita di queste persone, in maniera misteriosa e molto personalizzata. Questa è sicuramente la gioia più bella, accompagnare le persone nel loro cammino di fede».

Nel video-reportage scorrono ricordi e immagini degli inizi: il primo volo preso a 27 anni da Seul per raggiungere Ulaanbaatar («Sentimmo parlare le hostess in mongolo. Dicevo: chissà se un giorno riusciremo anche noi a imparare questa lingua»), la prima messa “pubblica” celebrata in una Ger, la tradizionale tenda mongola («Quello, me lo ricordo come un momento molto, molto bello»).

Il Cardinale Marengo accenna anche alle difficoltà e alle fatiche fatte per entrare nella lingua e nella cultura mongola, con la sua «matrice nomadica» così diversa dalle culture europee «sedentarie», e che si riflette anche nel modo di concepire le abitazioni e nella concezione del tempo: per una cultura nomadica «tutto dev'essere trasportabile, leggero e provvisorio», mentre nelle culture sedentarie c’è sempre la tendenza a «costruire cose che rimangono nel tempo».

Con la chiamata a far parte del Collegio dei Cardinali, padre Marengo fa notare che la sua esperienza di pastore di una piccola comunità ecclesiale locale «si allarga anche un po’ all'universalità della Chiesa, per offrire alla Chiesa universale quello che l'esperienza di una Chiesa missionaria così piccola e così nuova può avere». Il Cardinale missionario parla di un «doppio movimento», con il quale «la particolarità di questa Chiesa» viene vissuta «dentro l'universalità della Chiesa cattolica tutta». Il Cardinale coglie anche la convenienza di favorire uno «scambio» propizio tra «la freschezza della fede in un contesto come quello mongolo»e «la ricchezza della tradizione ecclesiale che ci arriva da Chiese con più lunga esperienza».

Questa è l’occasione propizia che si affaccia sull’orizzonte del prossimo viaggio di Papa Francesco in Mongolia: suggerire a tutti che ogni Chiesa è sempre Chiesa nascente, dipendente in ogni suo passo dalla grazia di Cristo, e non si “costruisce” per forza propria, anche nei posti in cui si sono alzate cattedrali grandiose e sono sorti Imperi cristiani; ogni Chiesa è “pellegrina” sulla scena di questo mondo, «la cui figura passa» (Paolo VI); ogni Chiesa è nomade, come le genti della Mongolia con le loro tende, sempre in cammino verso il compimento dei tempi.

* Gianni Valente. Agenzia Fides 25 luglio 2023

Lo scorso 17 luglio 2023 presso la Missione di Beandrarezona, in Madagascar, è stata inaugurata la Casa Leonella Sgorbati. Questa sarà la casa dei Missionari della Consolata da pochi anni in Madagascar. 

L’inaugurazione è iniziata con la solenne benedizione della casa, fatta dal vescovo della diocesi cattolica di Ambanja, mons. Francis Donatien Randriamalala, e seguita poi dalla celebrazione eucaristica nella quale abbiamo concelebrato noi Missionari della Consolata presenti e alcuni sacerdoti che lavorano nella diocesi.

Durante l’omelia il vescovo, a nome della Diocesi, ha ringraziato i Missionari della Consolata per la presenza e il coraggio di accettare lavorare in un luogo difficile, disposti a portare Gesù al popolo malgascio. "Ringraziamo i missionari per questa casa bella e ben fatta, per questa presenza significativa, per aver accettato la difficile missione di Beandrarezona... grazie per la vostra disponibilità...". 

Poi, rivolgendosi ai cristiani, il vescovo ha proseguito: "Vi chiedo di amare i vostri sacerdoti, pregare per loro, collaborare e lavorare con loro in spirito di sinodalità. Siamo felici perché ora hanno una casa decente. La casa dei religiosi e dei sacerdoti è una casa di preghiera, una casa di accoglienza e di ascolto della gente. Questa stessa casa ci sta dicendo che non lasceranno Beandrarezona; che sono venuti per rimanere e portare consolazione a questo villaggio e ad  altri tutto intorno. Con la predicazione della Parola di Dio e con tutte le altre strutture pastorali saranno una garanzia di crescita e di sviluppo.

Oggi allora inauguriamo la casa dei Missionari, poi dovremmo pensare a una chiesa parrocchiale bella come la casa. Aiutate i padri a proteggere questa casa che è anche un patrimonio del villaggio”.

Ringraziando il vescovo e i cristiani al termine della celebrazione della messa, P. Jean Tuluba, a nome dei Missionari della Consolata, ha detto che “la nostra casa di Beandrarezona è casa della consolazione, casa di accoglienza e di ascolto delle persone. Le sue porte saranno sempre aperte per accogliere chiunque entri e voglia incontrarci”. 

Il nome dato a questa casa è quello di "Leonella Sgorbati": lei è la protettrice della nostra missione in Madagascar e allora abbiamo ritenuto importante dedicarle questa prima opera. 

Ringraziamo il Signore e l’Istituto che, per mezzo del Consiglio Continentale, ci ha regalato questa struttura. Prima eravamo in una piccola casa familiare con una famiglia che ci aveva ospitato condividendo tutto con noi. Siamo riconoscenti di questo gesto di solidarietà nei nostri confronti.

Oggi le condizioni sono cambiate e avremo la possibilità di accogliere in buone condizioni la gente, i nuovi confratelli che saranno destinati al Madagascar e vari amici disposti a farci visita. Ringraziamo il Signore e Avanti in Domino!

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