Formazione permanente in Venezuela

  • , Nov 13, 2023
  • Pubblicato in Notizie

La Delegazione dei Missionari della Consolata in Venezuela organizza, da diversi anni, incontri di formazione permanente per aiutare i missionari a rispondere alle esigenze non piccole della missione in questa nazione. 

Anche se nella delegazione non siamo moltissimi missionari abbiamo comunque voluto adattare questa formazione alle esigenze particolari di ciascuno in modo tale che i missionari sono stati divisi secondo gli anni di ordinazione: un primo gruppo lo compongono i più giovani, quelli fino a cinque anni di ordinazione; poi un secondo sono quelli fra i cinque e i quindici anni; nel terzo gruppo ci sono i missionari con più di quindi anni di ordinazione.

Quest’anno 2023 si è dato più spazio ai giovani, quei missionari giunti da poco in Venezuela e che hanno ancora bisogno di assorbire la storia e la cultura di questo paese dove sono stati iniviati a evangelizzare. 

Nel primo incontro, che si è tenuto a San Joaquin nello stato di Carabobo, si è voluto dare spazio allo stare assieme e alla conoscenza reciproca: abbiamo dedicato tempo alla condivisione della storia personali di ognuno, ai fatti che l’hanno segnata, alla nostra vocazione missionaria. In un secondo momento ci siamo trovati all’isola Margherita, nello stato di Nueva Esparta; in questo caso, accompagnati dal padre Josiah K'Okal Imc, abbiamo voluto riflettere ed avvicinarci alla nostra identità e alla nostra storia come Missionari della Consolata presenti in questa nazione da ormai più di cinquant’anni.

Il 9 agosto 2022, giorno in cui ho festeggiato un quarto di secolo di servizio sacerdotale e missionario, ho ricevuto una lettera piena di gratitudine da parte del Superiore Generale, nostro fratello maggiore. Il mio cuore si è riempito di gioia e ho fatto un viaggio emotivo nella mia vita, scoprendo quanto sia stata bella questa vocazione che ho abbracciato ormai tanti anni fa. Non sono solo un sacerdote, sono un sacerdote missionario della Consolata, chiamato a esercitare questa vocazione in un modo molto particolare, donando frammenti di consolazione nel mondo. Permettetemi di condividere con voi alcune delle gioie che il Signore mi ha fatto sperimentare in questi anni.

Il mio ministero è in qualche modo nato sotto la speciale protezione di due Sante entrambe di nome Teresa. Sono stato ordinato il 9 agosto 1997, festa di Santa Teresa Benedetta della Croce che in quell’anno era beata e sarebbe stata canonizzata l’anno successivo. Due mesi dopo ero a Roma e il 19 ottobre 1997 ho partecipato alla messa nella quale il papa Govanni Paolo II ha dichiarato dottore della chiesa Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni. Quella sera stessa ho preso il volo Alitalia con destino Caracas (Venezuela) dove ho vissuto tutti i successivi anni di missione.

Il mio ministero è stato influenzato in modo significativo da Santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein come si chiamava prima della conversione e la sua entrata nella vita religiosa; la sua esperienza e il suo insegnamento sull'empatia hanno dato un tocco molto particolare al mio incontro con Dio e con gli esseri umani. "Da colui che tiene la mano di Dio sgorgano torrenti di acqua vivificante, e allo stesso tempo sviluppa una misteriosa attrazione. Senza volerlo, deve diventare una guida per gli altri e generare e conquistare figli e figlie per il Regno di Dio". Così diceva Edith Stein, dopo la sua conversione al cristianesimo. Io ho scoperto i suoi scritti tre anni dopo la mia ordinazione, e ho scoperto che la sua vita era una fonte di acqua vivificante per molti. Da lì ho deciso che anche la mia vita sarebbe stata una fonte di vita per le persone che avrei incontrato. La mia unione con Dio mi ha reso una fonte di consolazione per molti e mi ha fatto sentire la consolazione di Dio attraverso la relazione fraterna con gli altri. Il tema dell'intersoggettività è diventato una pratica di vicinanza nella mia vita. Essere missionario della Consolata, appartenere a questa famiglia interculturale è una delle migliori esperienze di empatia e intersoggettività che ho vissuto e ringrazio Dio per questa vocazione che ho sperimentato all'interno della Famiglia della Consolata.

Santa Benedetta, senza essere andata in missione, ha scoperto che: "Per i cristiani non ci sono estranei. Il nostro prossimo è chiunque sia alla nostra portata e abbia bisogno di noi". Che bello essere missionario della Consolata e scoprire nelle missioni che nessuno è straniero e che siamo tutti uguali! Che gioia incontrare tanti fratelli e sorelle di colori e culture diverse, ed esserlo con tante persone in missione! Gli indigeni Warao, in un modo molto speciale, mi hanno insegnato che essere missionario, che per loro è come essere fratello, figlio, amico e padre è un modo molto concreto di costruire il Regno di Dio. La parola più usata nelle relazioni Warao è “maraisa” che significa letteralmente “l'altro me stesso”. Il Regno di Dio si costruisce forgiando sentimenti di intersoggettività; consolare è costruire comunità in cui tutti si sentano fratelli e sorelle. Quant’è bella e quanto difficile questa missione; la nostra missione è molto particolare all'interno della Chiesa!

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Poi Dio mi ha messo nel mio cuore un amore molto speciale per gli indigeni. In questi 25 anni di servizio missionario ho scoperto che all'interno della vocazione della Consolata c’è un'altra vocazione particolare: quella di essere apostolo e fratello degli indigeni. Quando vivi con un popolo e questo ti adotta, le sue gioie e le sue sofferenze diventano la tua stessa esperienza.

Quanto ammiro i grandi missionari che hanno speso la loro vita per gli indigeni: Bruno del Piero, Gaetano Mazzoleni, Giuseppe Frizzi, Carlo Zaquini, Ezio Roattino, Antonio Bonanomi, e la lista continua! È stato un privilegio seguire le orme di questi uomini illustri, costruttori del Regno di Dio tra gli indigeni.

Questi 25 anni sono passati troppo in fretta, ma sento ancora la stessa gioia che si è impossessata di me il giorno della mia ordinazione e il giorno in cui sono partito per il Venezuela. Ringrazio Dio per questa bella esperienza che mi ha permesso di essere suo collaboratore nella costruzione del Regno. Ringrazio la mia famiglia per tutto il sostegno che mi ha dato nel mio servizio sacerdotale-missionario. Ringrazio la mia parrocchia, Aluor, e il mio gruppo giovanile "Fish Grupo", per aver alimentato la mia vocazione. Ringrazio il Venezuela, il Paese in cui ho vissuto la maggior parte della mia vita e, in modo molto particolare, i Warao per avermi insegnato a costruire il Regno di Dio partendo dalla semplicità. Alla mia famiglia di 30 anni, la Consolata, un grazie speciale, a tutti i missionari con cui ho condiviso vita e missione. Conto sulle vostre preghiere e benedizioni.

 

Sono Efrenny Estefanía Chirinos, Missionaria Laica della Consolata. Ho sentito il mio cuore ardere, da quando ho preso coscienza di essere una figlia prediletta di Dio che mi ama, mi chiama e mi manda. È stato un tempo di grazia quello che mi ha permesso di scoprire me stessa parlando, leggendo ma soprattutto incontrando la persona di Gesù; è Lui che mi ha messa in cammino come missionaria. 

Sono arrivata alla terra del popolo Warao poco più di un anno fa con il cuore in fiamme e i piedi sulla strada. Dopo l'incontro con Gesù, vivo questa esperienza tra i miei fratelli e sorelle Warao, nel Delta Amacuro, in particolare a Tucupita (Venezuela). Tra di loro ho scoperto che non è tanto quello che posso dare, ma che è molto di più quello che ricevo: la vicinanza, il contatto, l'innocenza, il sorriso, la gioia dei più piccoli –i primi del Signore che hanno sempre un gesto di generosità e di vicinanza condividendo perfino quello che non hanno–.

Ho sentito e sento la mano di Dio in tutto l'amore che vedo: nella ricchezza culturale dei popoli indigeni; nella bellezza di questa parte dell'Amazzonia con i suoi fiumi e i suoi tramonti. Da loro imparo come essere felici con poco perché per loro poco spesso è più sufficiente. 

Come missionaria per grazia di Dio, godo del dono di sentirmi inviata in questi luoghi dove magari pochi vogliono venire. Mi rallegra l’accompagnamento quotidiano di giovani, l’energia e la dedizione delle donne e delle madri. Ho capito che la chiamata per noi battezzati è permanente e l'esperienza di questo sogno missionario, che è diventato realtà, sarà in me tutti i giorni della mia vita. Voglio vivere le parole del nostro fondatore Giuseppe Allamano che diceva: "Siate missionari nella testa, sulle labbra e nel cuore". 

Continuo a sognare e a sforzarmi di essere una cristiana che, attraverso la Grazia dello Spirito Santo, vero protagonista della missione, possa sentirsi sempre di più innamorata di Gesù Misericordioso: il suo amore e il suo perdono –di cui faccio esperienza giorno dopo giorno– mi invitano ad essere fedele a questo mandato. 

Anche se no mancano le umane paure, il cuore batte di emozione e di gioia, lo sento ardere mosso dalla fiducia in un cammino che condivido con altre persone e con una comunità. Questo è un sogno; i sogni ci spingono e ci fanno camminare; i sogni ci rendono consapevoli che è necessario rispondere con un "sì" convinto alla chiamata missionaria che ci invita a portare ovunque l'amore e la consolazione ricevuti da Gesù stesso, cercando di adempiere al mandato di andare e fare discepoli fra tutti i popoli (cf. Matteo 28,19-20).

Incoraggio coloro che hanno nel cuore questo desiderio e questo ardore missionario a compiere questo passo. Gesù ci aspetta sulla sua barca, non abbiate paura, è il Signore che guida i nostri passi! Con il cuore grato per coloro che mi sostengono con le loro preghiere, voglio ricordare queste parole di Marta Arrias: "Se ti sei appassionata per Lui e hai promesso che lo avresti seguito sappi che la tua vita non sarà mai più la stessa. Fate le valigie per il futuro, mettete la vostra vita sulle spalle, il vostro sogno sotto il braccio e partite".

*Efrenny Estefanía Chirinos è una laica Missionaria della Consolata.

 

Al suono dei tamburi è iniziata la bella celebrazione eucaristica per il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale del nostro caro padre Chrispine Oduor. La celebrazione si è svolta nella parrocchia di Nostra Signora dell'Incarnazione, situata a Caucagua, nello Stato di Miranda (Venezuela), con una massiccia partecipazione dei villaggi di Tapipa, Panaquire e El Clavo, dove si trovano le tre parrocchie, e delle frazioni circostanti assistite pastoralmente dai Missionari della Consolata.

La colorata scenografia della chiesa, i costumi degli organizzatori, del coro, dei bambini e dei parrocchiani in generale, hanno dato un tocco speciale in cui si poteva apprezzare e percepire in ogni dettaglio l'unione dei continenti Africa e America in un unico sentimento: l'immensa gratitudine a Dio per il dono della vocazione sacerdotale e l'apprezzato per il lavoro di Padre Chrispine.

La celebrazione è stata presieduta dallo stesso festeggiato ed è stata accompagnata da tutti i missionari della Consolata presenti in Venezuela: loro si trovavano riuniti in Assemblea ed era più che opportuno chiudere l’importante evento comunitario con questa celebrazione nella quale si ricordava il meraviglioso dono del sacerdozio.

L'omelia è stata tenuta dal Vice Superiore, P. Rodrick Minja, che ha fatto un resoconto storico della vita di P. Chrispine, della sua infanzia, della sua famiglia, dei suoi studi, della sua chiamata e del suo servizio missionario in diversi luoghi.

Tra i tanti dettagli in suo onore –oltre alle danze e la festa dei bambini, le parole e le preghiere delle autorità presenti– è stato emozionante ascoltare e vedere i saluti di sua madre e dei suoi fratelli giunti per mezzo di una registrazione video. 

Dopo l’eucaristia ci siamo trovati per un delizioso pranzo presso il collegio “La Encarnación”, e abbiamo anche avuto la fortuna di essere accompagnati da Monsignor Tulio Ramírez, Vescovo di Guarenas. Poi è stato il momento degli eventi e delle espressioni culturali della comunità afro di questa città di Barlovento. Chrispine e a tutti i Missionari della Consolata, che con la loro testimonianza di vita sono diventati anche loro “barloventeños” (cittadini di questo paese), si sono visti attorniati dal calore e dall’affetto di tutti coloro che in questo modo hanno voluto ringraziare per l’esperienza di vita e di fede che i missionari, per mezzo della consolazione, condividono con questo popolo.

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Testimoniare l’amore

Cara famiglia di “Vida y Misión”. È sempre più difficile per me scrivervi, scrivere della missione.

Come descrivere Dio? Come descrivere la sua Missione? Come descrivere l'AMORE?

Quando lascio gli innumerevoli canali che costituiscono l’estuario dell’Orionoco, il loro ritmo e la loro bellezza semplice e multiforme, mi è difficile descrivere ciò che viviamo lì.

Oggi, piena di gratitudine verso nostro Signore e la sua ostinata fiducia nella mia fragilità, provo a direlo a voi che vi impegnate così tanto per rendete possibile la missione per mezzo della quale il mistero dell'Amore continua ad abbattere barriere e frontiere.

Vorrei iniziare ringraziando tutti anche perché state collaborando nel lento processo di guarigione di Maria Eucelis, una catechista della nostra parrocchia. Grazie a Dio e ai vostri sforzi si sta riprendendo. Tra qualche settimana terminerà le sedute di radioterapia e chemioterapia, in preparazione dell'intervento chirurgico per rimuovere il tumore. Vi invio la sua foto: è di una settimana e mezzo fa ma non vorrei disturbarla di nuovo per farne una più recente anche se lei è sempre sorridente e di buon umore. È molto timida e grata a tutti: cercherò di farle registrare un audio per ringraziarvi personalmente.

"Il bene non fa rumore e il rumore non fa il bene". Questo era stato il consiglio di un uomo buono, Giuseppe Allamano, fondatore della nostra famiglia missionaria. 

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Poi cominciamo anche la celebrazione del mese di Ottobre, mese missionario. Questo mese inizia con la figura di Santa Teresa di Lisiuex, una giovane donna che ha dedicato la sua adolescenza e la sua giovinezza a testimoniare l'AMORE. Diceva: "nel cuore di mia Madre, la Chiesa, sarò l'AMORE". Lei ha quindi abbattuto le mura del convento dove ha trascorso i brevi anni della sua vita, a partire dall'esperienza di Dio che ha vissuto. Caratteristica di questa esperienza intima era la consapevolezza di essere speciale, unica, per Dio, che lei trattava come suo Padre amorevole.

Sì, Teresa si sentiva ostinatamente amata da Dio anche nella sua fragilità e nel suo peccato. Si sentiva privilegiata da questo amore che la traboccava fino a contagiare le sorelle con cui condivideva la sua vita di lavoro e di preghiera.

Sentendosi oggetto dell'infinita misericordia e della fiducia illimitata di Dio, è stata guarita dalle sue ferite, libera di servire e amare, di ripristinare le relazioni interrotte e forte di fronte al dolore e alla sofferenza della malattia.

L'opera dell'AMORE nell'argilla di Teresa ha illuminato e ridato forza ed entusiasmo a un giovane sacerdote missionario che corrispondeva con lei.

L'offerta della sua vita per l'AMORE, attraverso la preghiera e il servizio nel suo convento di suore carmelitane, ha rotto la barriera delle mura ed è diventata universale.

Oggi ci viene ricordato che la missione, al di là dell'aiuto umanitario, consiste nell'essere testimoni dell'AMORE, l'AMORE che dà vita, che crea e ricrea, che dà dignità, che si fida e incoraggia, che sceglie ciò che è nascosto, ciò che non fa rumore, che sceglie ciò che non conta, per iniziare la missione, per iniziare la nuova umanità. Missione è vivere e condividere la nostra esperienza di Dio.

* P. Andrés Garcias lavora a Nabasanuka (Venezuela)

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