Ecco, faccio una cosa nuova
Una proposta di preghiera per il tempo di Quaresima e per prepararci alla Pasqua.
Contemplando il deserto chiuso davanti a noi, attendiamo con fiducia di vedere il germoglio della cosa nuova fatta dal Signore.
Prima di iniziare la preghiera, si pone in un punto ben visibile un cartellone colorato (ad esempio rosso, blu o marrone). Si distribuiscono tre foglietti quadrati di colore chiaro (giallo, beige o bianco) e un pennarello nero a ciascun partecipante.
Guida. In questo tempo di Quaresima, ci regaliamo un’occasione di sosta per aiutarci a vicenda nel cammino verso la Pasqua.
Ci disponiamo in una posizione che aiuti la preghiera. Ciascuno si pone in silenzio alla presenza degli altri, alla propria presenza, alla presenza del Signore.
Silenzio.
Guida. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.
Canto. Vieni Spirito d’amore. Vieni Spirito d’amore.
Lettore 1. Dal libro del profeta Isaìa (43,16-21).
«Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi a un tempo; essi giacciono morti, mai più si rialzeranno, si spensero come un lucignolo, sono estinti: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi“».
Lettore 2. Il «Secondo Isaia» è un profeta che parla a un popolo in esilio. Israele, deportato nel VI secolo a.C. in Babilonia, è lontano dalla terra che aveva abitato a lungo e che Dio aveva promesso ad Abramo e ai suoi discendenti. Vive un esilio durissimo, che gli fa dubitare dell’amore di Dio per lui, e si domanda se sono ancora valide le parole di Yahweh: «Io sono il tuo Dio, tu sei il mio popolo».
L’esilio babilonese getta Israele nella nostalgia del passato e nell’angoscia per il futuro.
La condizione del popolo ricorda l’antica schiavitù dell’Egitto, e la sua disperazione assomiglia a quella provata dagli israeliti quando di fronte a loro avevano la strada sbarrata dal mare, e dietro l’esercito del faraone che li inseguiva.
Una situazione priva di vie d’uscita. Come quella vissuta dai discepoli di Gesù mentre il loro maestro veniva inchiodato al legno della croce.
Guida. Le acque possenti del mare, i carri e i cavalli d’Egitto minacciano la libertà e la vita.
Quante minacce oggi si affacciano per sottrarre libertà e vita a ciascuno di noi, alle nostre famiglie, alla nostra società, al mondo?
Segno. Dopo un tempo congruo di silenzio accompagnato da una melodia di sottofondo, ogni partecipante, ordinatamente, si reca al cartellone per scrivere in una parola uno dei segni di morte che vede in sé, attorno a sé, nel mondo.
Lettore 2. Il profeta parla al cuore triste degli israeliti con le parole di Yahweh: «Non ricordate più le cose passate. Ecco, io faccio una cosa nuova!». E promette: quel Dio amorevole e liberatore che un tempo ha diviso per Israele le acque del Mar Rosso, e che ha sconfitto i suoi nemici aprendo una strada insperabile nella morte, quello stesso Dio aprirà una strada «anche nel deserto», perché Israele riprenda il cammino verso la terra dei suoi padri, non si senta più in esilio dalla propria esistenza, percorra il sentiero della vita e della gioia piena.
Allo stesso modo, Gesù consola i suoi discepoli e fratelli con la promessa della risurrezione, confermata dai miracoli, i segni che il Signore operava per restaurare la vita di chi lo incontrava.
Guida. Il Signore vuole rassicurare, attraverso le parole del profeta, il suo popolo amato. Vuole consolare il suo cuore con la certezza della sua presenza, del suo amore capace di aprire una strada di vita anche nella morte, un sentiero di libertà anche nell’oppressione.
Ci domanda di riconciliarci con il passato, con una nostalgia che non ci lascia liberi, o con una ferita che non ci lascia vivere. Ci invita ad avere fiducia della sua salvezza creativa.
Segno. Nel silenzio accompagnato da una musica, ciascuno scrive su un foglietto una situazione della propria vita con cui desidera riconciliarsi, e su un secondo foglietto un desiderio profondo che vorrebbe vedere realizzato. Dopo aver scritto, uno per volta ci si alza per posare i biglietti a faccia in giù sul cartellone.
Lettore 2. Il Signore che apre una strada anche nel deserto, lo bagna immettendo fiumi per dissetare il popolo di Israele: «Il mio popolo», sottolinea, per ricordare e rinnovare ancora una volta l’antico patto, per sigillare una volta ancora la relazione d’amore che lo tiene legato ai suoi diletti.
Così come le bestie selvatiche lo glorificheranno, anche gli uomini, custoditi dal loro Dio, gli rivolgeranno le loro lodi.
Così come la strada nel deserto che libera Israele ricorda il Signore Gesù Cristo, via, verità (libertà) e vita, così anche i fiumi nella steppa che abbeverano il popolo e le bestie selvatiche, riconciliando l’uomo e il creato a sé, ricordano la fonte di acqua pura che zampilla per la vita eterna: il Signore che con la sua morte e risurrezione inonda il mondo e ogni sua creatura di vita nuova.
Guida. Siamo chiamati a essere i canali di quest’acqua viva. Innanzitutto è la nostra sete a venire placata, è la nostra vita personale a venire inondata dall’acqua della vita eterna. Poi, grazie alla sovrabbondanza che ci bagna, comunichiamo la stessa acqua dissetante ad altri. Perché siamo il popolo plasmato dal suo amore che celebra le sue lodi dovunque ci sia vita: che sia vita stentorea e assetata di amore eterno, che sia già vita gaia e aperta. Questo si chiama missione.
Segno. In un ultimo momento di silenzio, ciascuno scrive sul terzo foglietto un’intenzione che può mettere in atto per aiutare il Signore ad aprire una strada nuova nel deserto del mondo di oggi.
Quando tutti avranno posato il proprio foglietto, la guida andrà al cartellone e disporrà tutti i quadrati di carta in modo da formare su di esso una strada che lo attraversi.
Tutti insieme. Sal 125 (126)
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito santo.
Come era nel principio, ora e sempre nei secoli, dei secoli. Amen.
Intenzioni libere. Ciascuno può esprimere una propria preghiera. A ogni intenzione tutti rispondono: «Ascoltaci Signore».
Tutti insieme. Padre nostro
Canto. Il canto dell’amore. Il canto dell’amore.
* Luca Lorusso è giornalista della rivista Missioni Consolata. Pubblicato originalmente in: www.amico.rivistamissioniconsolata.it
«Camminiamo insieme nella speranza»: è il tema del messaggio di Papa Francesco per la Quaresima dell’Anno Santo 2025, che è stato pubblicato il 25 febbraio. Il periodo quaresimale quest'anno inizia il 5 marzo, Mercoledì delle Ceneri, e termina il 17 aprile, Giovedì Santo.
In un testo denso di riflessioni, il Pontefice invita i fedeli a vivere questo tempo come un pellegrinaggio di conversione e fiducia, sottolineando l’importanza della sinodalità e della speranza cristiana.
Il Papa richiama il cammino del popolo d’Israele verso la terra promessa, incoraggiando a riflettere sulla propria condizione di pellegrini nella vita. “Siamo tutti chiamati a camminare insieme, senza lasciare nessuno indietro”, scrive Francesco, evidenziando il valore della comunione e della solidarietà nella Chiesa e nel mondo.
Il messaggio si inserisce nel contesto dell’Anno Giubilare, offrendo spunti di meditazione sulla necessità di una conversione che tocchi il cuore delle persone e delle comunità. Tre i richiami fondamentali: camminare, camminare insieme e camminare nella speranza, con l’invito a vivere la Quaresima come un tempo di rinnovamento e fiducia nella promessa della vita eterna.
La Quaresima è un periodo liturgico di quaranta giorni –che inizia il Mercoledì delle Ceneri e termina il Giovedì Santo prima della celebrazione della Cena del Signore– che si concentra su tre pilastri spirituali: preghiera, digiuno e carità. Diversi teologi, pastoralisti e santi hanno fatto innumerevoli riflessioni sull'importanza della Quaresima nella sequela di Gesù Cristo. Anche il Beato Giuseppe Allamano ha riflettuto profondamente sul tempo liturgico della Quaresima. Per lui, la Quaresima ha a che fare con quanto segue:
Egli definisce la Quaresima un tempo favorevole e lo è perché giova, spinge e incoraggia qualcosa o qualcuno; "In essa il Signore accetta volentieri ciò che facciamo, ascolta le nostre suppliche, più che negli altri tempi. Quindi bisogna scuoterci, non lasciarla passare invano” (CVV 67). Dobbiamo valorizzare questo tempo quaresimale per essere più uniti a Dio e pensare a Gesù e sfruttare questa occasione per "non essere nel numero di quelli che vanno avanti così, così…" (CVV 67).
Penitenza significa conversione del peccatore e designa l'insieme di atti interiori ed esteriori volti a riparare il peccato commesso. “Noi –diceva il Beato Giuseppe Allamano– non siamo ancora come quei santi che si nutrivano di pane e acqua. Ad ogni modo lo spirito di penitenza ci vuole: abituarsi alle esigenze della vita. Il Signore vuole il sacrificio minuto, perenne, piccolo. Ci sono tanti modi di fare penitenza e di digiunare. Chi non digiuna in un modo, bisogna che digiuni in un altro. Oltre il digiuno del cibo c’è pure quello degli occhi, dell’immaginazione e dello spirito” (CVV 67). Quindi, la Quaresima è un momento opportuno per frenare, con l'aiuto dello Spirito Santo, le passioni disordinate nella nostra vita.
Allo stesso modo, durante la Quaresima abbiamo l'opportunità di crescere nella preghiera, nella nostra capacità di parlare con Dio e con Gesù. Egli stesso ci ha insegnato che non si tratta di parlare per il gusto di parlare, ma di stabilire un rapporto di amici che si conoscono bene e si amano. Per il Beato Giuseppe Allamano “Pregare è necessario per vivere bene. Bisogna vivere di vita interiore. Ogni nostra azione, spirituale o materiale, incominci da Dio e termini in Dio. Questo è lo spirito che deve accompagnarci ogni giorno e tutti i giorni, così la nostra vita sarà veramente tutta del Signore. (CVV 175).
In relazione alla Quaresima, José Allamano raccomanda la recita e la meditazione del Salmo 50 (miserere): “è opportuno essendo un salmo penitenziale, composto da Davide dopo il suo peccato. Esso ci insegna il timore, la speranza e i buoni propositi. Esaminiamolo ed applichiamolo a noi” (CVV 68).
La crescita spirituale è il processo di diventare sempre più simili a Gesù Cristo; quando poniamo la nostra fede in Gesù, lo Spirito Santo inizia il processo di renderci più simili a lui, conformandoci alla sua immagine. Lo spiega bene la seconda lettera di Pietro, dove ci viene detto che i doni di Dio "se li avete in abbondanza, non vi lascino oziosi o infruttuosi per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo" (2 Pt 1,8).
Giuseppe Allamano ancora riflettendo sul salmo 50 invita ad applicare nella vita quotidiana ciò che ispirava “ognuno, a proprio profitto spirituale, vi faccia le applicazioni che Dio gli ispira. Imparate a capire questo, così in missione sarete aiutati (CVV 68).
* Padre Lorenzo Ssimbwa , IMC, lavora con la popolazione afro della diocesi di Buenaventura in Colombia.
“Non voglio utilizzare le mie parole, ma voglio fare cantare soltanto la Parola di Dio”. Con questa motivazione, il biblista e professore, padre Antonio Magnante, IMC, ha iniziato la sua meditazione nel ritiro quaresimale predicato alla comunità della Casa Generalizia IMC questo sabato, 02 marzo a Roma. Le sue riflessioni dimostrano una raffinata e sistematica conoscenza biblica, e una profonda capacità di meditazione, radicata nella Parola di Dio, frutto di molti anni di studi e di esperienza di insegnamento nelle facoltà teologiche di Londra e Nairobi.
“Uno dei momenti cosiddetti «forti» dell’anno liturgico è certamente la Quaresima. Un lungo periodo in cui siamo chiamati a impegnarci seriamente per penetrare il significato del grande mistero della croce, che è stato e lo è ancora «uno scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» (1Cor 1,23). Va subito rilevato, tuttavia, che per Paolo, la cui Teologia si può definire una «soteriologia cristocentrica» (salvezza incentrata su Cristo), la croce diventa il punto di partenza della sua riflessione cristologica e teologica”, sottolinea padre Magnate nell'introduzione alla sua meditazione.
“La Quaresima va considerata non a sé stante, ma in una visione diacronica dei due Testamenti. Infatti, la croce e la sofferenza del Messia trovano il loro antefatto nella prima economia. La sofferenza del Messia-Cristo è prefigurata nell’Antico Testamento soprattutto dalla figura del Servo Sofferente. Nel Nuovo Testamento tale sofferenza diventa un dato di fatto e cioè un evento sconvolgente della storia umana. Un evento tragico che si consuma sul legno della croce. Nello scorrere delle generazioni la croce diventa poi memoriale salvifico per coloro che credono e modellano la loro vita sullo scandalo della croce stessa. Dunque, noi ci soffermeremo sulla croce e ne vedremo la sua prefigurazione, e poi la considereremo come evento salvifico e come memoriale”.
Di seguito, pubblichiamo il testo integrale della meditazione di padre Antonio Magnante che ringraziamo per averla messa a disposizione di tutti.
Gli indios Warao in pellegrinaggio attraverso le terre di Boa Vista, Roraima (come rifugiati, apolidi o migranti) si svegliano con la Pasqua di padre Josiah K'Okal. E da qui nasce la speranza.
Con l'arrivo del 2024, il nuovo anno sul nostro calendario, abbiamo riflettuto profondamente sulla speranza: sia sul potere che genera che sulla disperazione che può consumarci quando sembra scomparire. La speranza ci permette di superare difficoltà apparentemente insormontabili e spesso è l'unica cosa che ci impedisce di arrenderci nei momenti bui di dubbio e insicurezza della vita. Come esseri umani ci aiuta, specialmente nel caso dei migranti, a sopravvivere anche di fronte alle più grandi avversità.
La speranza, nata dalla fede e non dall’ottimismo o la positività, è la base su cui è stato costruito un piccolo progetto dagli indigeni Warao qui nella città di Boa Vista in Roraima (Brasile). È la speranza di poter costruire un mondo in cui i diritti e il benessere di questa e delle future generazioni siano protetti e difesi.
Questa speranza che si basa sulla fede, non solo sull'ottimismo o sulla positività ed è tremendamente potente, perché sa vincere la fragilità soprattutto quando si scontra con la dura realtà del mondo dei migranti.
Questo inizio d'anno è stato particolarmente duro per il popolo Warao perché provato da dure separazioni fisiche, avvenute nel giro di pochi giorni: la partenza di di padre K'Okal, di Aidamo Felipe Moraleda, dell'ex politico Joel Ramos, dell'amico Regino Reinosa, della giovane Betsi, moglie di José Ángel... e l'elenco potrebbe continuare...
Battesimo di un bambino Warao a Tucupita, Venezuela. Padre K'Okal, deceduto il 1° gennaio 2024. Foto: IMC Venezuela
Dietro ognuna di queste persone c'è una storia di sofferenza e di gioia, di dedizione e di progetti: ognuno portava con sé la speranza. E allora, giacché non vogliamo rimanere immobili nel pianto, abbiamo deciso di passare dal ricordo all'impegno: nel nostro servizio missionario con persone in situazioni di mobilità umana cerchiamo di seminare perché la speranza scarseggia tra molti e, con questo piccolo progetto, vogliamo promuovere le tre “P”: Piccolo, Povero e Possibile.
Come disse Martin Luther King: "So, in qualche modo, che solo quando è abbastanza buio si possono vedere le stelle". Credo che questo sia vero. Credo che, se guardiamo bene, possiamo vedere le stelle. Possiamo vedere i segni di speranza che ci mostrano che è possibile rendere il mondo un posto migliore per tutti.
Guardando il cielo abbiamo stelle con nomi: K'Okal, Felipe, Adrismar e così via. Guardando in basso abbiamo stelle: innumerevoli bambini e adolescenti che rappresentano la nostra più grande speranza di costruire un mondo migliore e più santo.
Dobbiamo moltiplicare i nostri sforzi a loro favore nel 2024 e negli anni a venire e per questo stiamo iniziando con un piccolo progetto pastorale che cercheremo di portare avanti all'interno dei centri di accoglienza.
Celebrazione eucaristica con i migranti Warao a Boa Vista, Roraima. Foto: Juan C. Greco
Per seminare speranza, ci proponiamo di avviare un percorso di formazione a tutti i livelli; vogliamo camminare con alcuni al fine di rafforzare la fede e questa accompagnata dall’impegni missionario.
Sogniamo anche piccoli gruppi che possano pregare in comunità il Santo Rosario e condividere le loro intenzioni e ringraziamenti; speriamo di riuscire a farlo nelle tre lingue: lo spagnolo (che ci unisce al resto dei rifugiati e dei migranti), il warao (che rafforza la loro cultura) e il portoghese (che ci permette di essere più coinvolti nella realtà della Chiesa locale).
Anche quest'anno non sarà facile e ci saranno delle difficoltà. Ma possiamo scegliere di essere coraggiosi e disposti ad agire con determinazione per mantenere la cultura, la spiritualità, l'ordine e l'equilibrio personale e comunitario. Possiamo investire più forze nei servizi che devono nascere o svilupparsi in modo armonico a beneficio dei poveri.
* Padre Juan Carlos Greco, IMC, Servizio Itinerante per le Persone in Mobilità Umana, Boa Vista -Roraima.