La seconda sessione dell'Assemblea sinodale sulla sinodalità, in corso dal 2 al 27 ottobre 2024 nell'Aula Paolo VI in Vaticano, continua a confrontarsi su temi importanti per una Chiesa dal volto sinodale che riscopre gli principi di “comunione, partecipazione e missione”.

Quasi ogni giorno si tengono conferenze stampa nella Sala Stampa della Santa Sede, dove i giornalisti di tutto il mondo vengono informati sui lavori. Mercoledì 9 ottobre, gli ospiti invitati a discutere i temi legati al cammino sinodale sono stati l'arcivescovo di Nampula e presidente della Conferenza Episcopale del Mozambico, mons. Inácio Saúre, missionario della Consolata; l'arcivescovo di Puerto Montt  del Cile, mons. Luis Fernando Ramos e il diacono permanente della diocesi di Gand (Belgio), Geert De Cubber.

Riportiamo gli interventi di Mons. Inacio Saúre in risposta alle domande dei giornalisti.

Cristiane Murray: Questo Sinodo sulla sinodalità porta una grande novità per la vostra Congregazione (i Missionari della Consolata) con il nuovo santo?

Il Sinodo porta anche una grande novità per la famiglia della Consolata, perché il 20 ottobre si celebrerà la canonizzazione di Giuseppe Alamano, il nostro Fondatore che ho imparato a conoscere come seminarista dagli anni ottanta. Nel contesto del Sinodo, il tema stesso di “come essere una Chiesa sinodale missionaria” mi sta molto a cuore come missionario della Consolata, perché il Beato Giuseppe Allamano ha creato due Istituti per la missione ad gentes.

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Conferenza stampa mercoledi 9 ottobre 2024 nella Sala Stampa della Santa Sede

Tra i temi discussi dal Sinodo, vorrei sottolineare l'importanza dell'iniziazione cristiana per realizzare un incontro personale con Cristo in un contesto in cui molti giovani lasciano la Chiesa dopo il sacramento della Cresima (confermazione). Ovviamente, questo ci fa capire che la iniziazione cristiana manca di profondità.

Un altro tema affrontato è la condivisione dei doni tra le Chiese. Uno dei temi dell'Instrumentum laboris (del Sinodo) parlava della condivisione dei doni materiali nel contesto di chiese più ricche e altre che sono effettivamente indigenti. Come possiamo raggiungere una condivisione dei doni materiali in una Chiesa sinodale senza trascurare altri aspetti come la condivisione spirituale, teologica e pastorale?

Importante è anche la questione della conoscenza reciproca tra la Chiesa cattolica latina e la Chiesa cattolica orientale, che spesso noi cattolici conosciamo poco e forse gli orientali conoscono poco noi. Nel contesto di una Chiesa sinodale, è stato sottolineato che questo è molto importante per il nostro arricchimento reciproco e la Chiesa orientale ha molto da offrirci in questa condivisione di doni.

Jaime C. Patias: Parlando dello scambio di doni, come il Sinodo potrebbe aiutare a trovare soluzioni in situazioni di conflitti, violenze e guerre in cui intere popolazioni soffrono, come accade oggi a Cabo Delgado (Mozambico) e in altre regioni del mondo?

Penso che la prima cosa che il Sinodo ha l'opportunità di indicare è la conoscenza della realtà. Questa guerra è iniziata nell'ottobre 2017 con pesanti attacchi a villaggi importanti. Ora sembra essere in una fase di stallo perché non abbiamo forti attacchi ai villaggi, ma i piccoli attacchi nei villaggi ci sono ancora e difficilmente vengono riportati. Purtroppo, la sofferenza che questa guerra ha creato è molto presente. La guerra ha causato circa 5.000 morti e 1 milione di sfollati all'interno della Provincia di Cabo Delgado e nelle province vicine come Niassa e Nampula, dove sono arcivescovo.

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Mons. Inacio Saure durante conferenza stampa mercoledì 09 ottobre 2024 nella Sala Stampa della Santa Sede

All'inizio ci sono stati molti interventi con la partecipazione di organizzazioni umanitarie per aiutare, ma oggi queste popolazioni sono state praticamente abbandonate alla loro sorte, perché sono viste come persone che sono arrivate e si sono stabilite nelle zone adiacenti, e non sono più viste come sfollati in una situazione di emergenza. Quindi, penso che il Sinodo, conoscendo la realtà, potrebbe dire cosa si potrebbe fare concretamente. La mancanza di informazioni non aiuta le altre Chiese sorelle a raggiungere queste popolazioni sofferenti e bisognose. Finora è stato fatto molto, ma oggi la gente ha bisogno di più.

Anna Tulli (Lanza): Considerando la sua esperienza di missionaria della Consolata, vede un cambio di paradigma nella missione, quando  gli europei evangelizzavano il mondo e presto vedremo gli africani evangelizzare un'Europa sempre meno cristiana?

Penso che questa possibilità sia aperta, ma allo stesso tempo la Chiesa in Africa, in particolare in Mozambico, deve affrontare anche il problema dei mezzi finanziari per formare i missionari. Quindi, in questa condivisione di doni, se l'Africa può avere questo sostegno, penso che ci sarà questa possibilità. Recentemente, durante la visita ad limina dei vescovi del Mozambico, abbiamo presentato i progetti per la formazione nei seminari e le difficoltà economiche per realizzarli. Nella mia arcidiocesi, oltre al seminario diocesano propedeutico, abbiamo un seminario interdiocesano di filosofia che non siamo riusciti a completare per mancanza di risorse. Il Santo Padre ci ha promesso un aiuto e questo ci ha messo un po' a nostro agio. Quindi credo in questo cambiamento di paradigma nella missione.

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La praticipazione del Papa Francesco nei lavori del Sinodo

Danúbia (Canção Nova): Lei ha parlato di iniziazione cristiana, ha qualche insegnamento del Beato Allamano che possa contribuire a questo processo?

Ho lavorato nella Repubblica Democratica del Congo e ho conosciuto una bella esperienza di iniziazione cristiana da parte di un movimento giovanile (Bilenge ya mwinda – Giovani della luce) che cerca di incorporare elementi della cultura nella vita cristiana, una bella iniziativa. In Mozambico non abbiamo molte iniziative di questo tipo. Per sei anni sono stato responsabile della pastorale giovanile e abbiamo lavorato per creare una pastorale giovanile con i giovani, dai giovani e per i giovani. Penso che questo possa aiutare.

Per quanto riguarda il Beato Giuseppe Allamano, che sarà canonizzato a giorni, lui aveva un motto che mi ha colpito molto: “prima santi e poi missionari”. Direi anche: prima santi e poi cristiani. Ero maestro dei novizi e quando citavo questo motto del Fondatore, i giovani mi prendevano in giro dicendo: “Allora padre, tu sei già santo?”. Io rispondevo: devo avere la propensione alla santità. Questa felice coincidenza della canonizzazione di Giuseppe Allamano nel bel mezzo del Sinodo sulla sinodalità può essere anche un contributo alla Chiesa missionaria.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Segretariato per la Comunicazione.

“Speriamo che le elezioni siano libere ed eque e soprattutto pacifiche” dice all’Agenzia Fides, mons. Inacio Saure, arcivescovo di Nampula, Presidente della Conferenza Episcopale del Mozambico.

Oggi, 9 ottobre, nel Paese dell’Africa australe si tengono le elezioni generali per eleggere il Presidente e il Parlamento. Non si attendono forti sorprese; il Frelimo (Fronte di Liberazione Nazionale) al potere dall’indipendenza nel 1975 dovrebbe conservarlo anche questa volta.

Il Mozambico uscito nel 1992 dalla guerra civile scoppiata nel 1975 si trova da alcuni anni confrontato dalla guerriglia jihadista nella provincia di Cabo Delgago, la più settentrionale del Paese.

Abbiamo chiesto a mons. Saure di analizzare la situazione del Paese alla luce del voto odierno. Cosa si aspetta dal voto di oggi?

Spero innanzitutto che le elezioni siano libere ed eque e soprattutto pacifiche. La preparazione del voto è stata segnata da alcune difficoltà. Sappiamo che vi sono stati dei ritardi e delle problematicità nelle iscrizioni alle liste elettorali, dovuti a questione burocratiche ma forse anche ad altri problemi di carattere politico. Diciamo che non vi era interesse che certe persone si iscrivessero alle liste elettorali. C’è pure una certa stanchezza e delusione da parte degli elettori perché le prime elezioni libere si sono tenute nel 1994, 30 anni fa, e da allora il voto è stato seguito da polemiche e contestazioni.

La guerra nel nord è attribuita alla presenza di almeno una formazione di carattere jihadista. Ma questa lettura non è un po’ semplicistica?

Noi diciamo sono i jihadisti, ma non credo che siano loro l’unica motivazione di questa guerra. Ci sono le risorse dell’area; il gas in primo luogo, ma non solo: vi sono miniere di minerali strategici come ad esempio la grafite, a Balama, che sono fondamentali per le nuove tecnologie e la transizione energetica. Per questo non sappiamo davvero quale sia la vera causa principale di questa guerra. È soltanto religiosa? Non mi sembra. Dall’altronde il conflitto è esploso più o meno in coincidenza dell’avvio dello sfruttamento del gas naturale.

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Conferenza stampa nella Sala Stampa della Santa Sede a Roma, martedì 9 ottobre

Lei è arcivescovo di Nampula che ha accolto diversi sfollati interni della guerra. Ci può descrivere la loro situazione?

Dopo Cabo Delgado, il capoluogo della provincia dove è in atto la guerra, Nampula è la provincia che ha accolto la maggior parte dei rifugiati in fuga dalle violenze. È una sfida perché quella di Nampula è la provincia più popolata del Paese e l’aggiungersi all’improvviso di altre migliaia di persone ha posto dei problemi alle strutture dell’area. Al principio, quando sono iniziati ad arrivare i primi profughi, sono intervenute diverse organizzazioni internazionali per aiutarci. Ma poi gli aiuti si sono fortemente ridotti. Si sono dimenticati di noi e dei più di 6.000 rifugiati ancora accolti a Nampula. All’inizio era fino a 8.000 ma alcuni sono tornati a Cabo Delgado, dove gli sfollati dai villaggi colpiti dall’insicurezza sono ancora tantissimi.

Come Chiesa siamo impegnati al massimo attraverso le nostre Caritas diocesane e nazionale, ad aiutare queste persone. Il problema è che non abbiamo risorse sufficienti tanto più che gli aiuti internazionali sono quasi scomparsi.

Vi sono timori che il conflitto nel nord possa estendersi ad altre aree del Mozambico?

Gran parte del Mozambico vive in pace ma c’è il timore che l’instabilità nel nord possa estendersi al resto del Paese alimentata dalla forte povertà, specie dei giovani disoccupati, in particolare nelle città.

L’altra grande questione è la povertà diffusa. infatti…

Sì soprattutto tra i giovani. Tanti giovani dalla campagne si sono trasferiti nelle città ma non hanno trovato un lavoro. Si tratta tra l’altro di una grande sfida sul piano pastorale. L’ideale sarebbe creare possibilità di formazione professionale per queste persone. La Chiesa da sola non ha mezzi per fare questo. Nella nostra precedente Visita ad Limina, Papa Francesco ci aveva raccomandato di non dimenticare mai i nostri giovani, fornendo loro luoghi di formazione. Nella visita di quest’anno ho fatto presente al Santo Padre le difficoltà che incontriamo nell’aiutare i giovani alla formazione professionale perché come Chiesa mozambicana non abbiamo i mezzi per farlo. Cerchiamo di fare il possibile ma veramente i mezzi sono molto limitati.

Dall’altro canto le scuole cattoliche sono molto apprezzate per la qualità del loro insegnamento. Lo Stato però ha alzato le imposte sulle nostre scuole equiparandole a delle imprese private e che questo ci ha messo in difficoltà.

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In mezzo a queste problematicità come descrive le condizioni della Chiesa in Mozambico?

È una Chiesa vivace. Abbiamo tante vocazioni, i seminari sono pieni. È veramente una grazia. I giovani frequentano la Chiesa in massa. La maggior parte del clero è mozambicana. Abbiamo anche alcuni sacerdoti che vanno a fare il missionario in altri Paesi africani.

Inoltre, il ruolo dei laici è molto importante perché nel 1977 l’assemblea pastorale nazionale aveva deciso di impostare una Chiesa ministeriale ovvero di ministri laici. I catechisti rivestono un ruolo fondamentale soprattutto nei villaggi dove non c’è una presenza fissa di un sacerdote.

Originalmente pubblicato in: Agenzia Fides

Descritto come un missionario di grande semplicità e altruismo, padre Luís Ferraz, è mancato questo sabato, 27 luglio, a Fátima, in Portogallo. Il missionario della Consolata aveva 92 anni, di cui 66 di professione religiosa e 61 di sacerdozio.

“Affidandolo all'infinita misericordia di Dio Padre – diceva una nota dei missionari della Consolata in Portogallo – ci uniamo nella preghiera per il suo riposo eterno, rendendo grazie a Dio per il modo in cui si è consumato nella sua missione di apostolo e missionario della Consolata”.

I funerali hanno avuto luogo mercoledì 31 luglio con una messa funebre nella chiesa dell'ex Seminario della Consolata e la successiva sepoltura nel cimitero di Fatima.

Leggi Anche: un missionario semplice e umile "È bello stare con i fratelli, è bello stare con Dio!" 

Padre Luís Ferraz era visto come un missionario di grande semplicità e carità: una presenza silenziosa e amichevole nelle comunità in cui viveva. La sua biografia, che presentiamo di seguito, lo testimonia.

Un breve profilo

Nato a Formigais, Vila Nova de Ourém, il 22 luglio 1932, fece il suo ingresso nella comunità dei Missionari della Consolata in Portogallo il 18 ottobre 1951 e, sei anni dopo, nella Certosa di Pesio (Cuneo), emise la prima professione religiosa il 2 ottobre 1957. Sempre in Italia, a Torino, il 2 ottobre 1960 fece la professione perpetua e poi, nel 1962, venne ordinato diacono. Il 30 marzo 1963 divenne sacerdote.

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Padre Luís Ferraz (al centro) festeggia 60 anni di ordinazione sacerdotale con la comunità di Águas Santas, Portogallo

Trascorse i primi tre anni del suo ministero in Portogallo dove si impegnò come professore e assistente a Vila Nova de Poiares e poi come vice parroco e cappellano a Campolide. Nel 1966, padre Luís Ferraz parte per il Mozambico dove trascorse tutti gli anni della sua vita attiva come missionario.

Questi i luoghi dove offrì il suo servizio missionario: al principio lavorò nella diocesi di Inhambane, nella missione di Mavamba (1966-1967);  poi si trasferì nell’archidiocesi di Lourenço Marques (Maputo) per lavorare nella parrocchia di São Gabriel a Matola, dove è stato vice parroco (1967-1971), poi parroco di Boane (1971-1972), di nuovo vice parroco a Matola (1973-1975) e parroco dal 1975 al 1981.

La parrocchia di São Gabriel, creata il 2 luglio 1951 dai missionari della Consolata, è la madre della maggior parte delle parrocchie della periferia occidentale di Maputo. Padre Luís ha lavorato in questa parrocchia per quasi 15 anni. Ha vissuto con coraggio il difficile periodo dell'indipendenza del 1975, quando il popolo del Mozambco ha dovuto affrontare molte sofferenze lo stesso che molte famiglie portoghesi, suoi parrocchiani, che dovettero abbandonare il paese.

Seguirono gli anni difficili della rivoluzione marxista-leninista, con le sue innumerevoli restrizioni alla libertà religiosa. Padre Luís ha affrontato questi anni con la collaborazione delle missionarie della Consolata che vivevano a Matola. Nel 1981 l’Istituto consegnò la parrocchia di Matola all’archidiocesi di Maputo e lui fu l'ultimo missionario della Consolata a lavorare in quella parrocchia.

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Dal 1981 al 1986 padre Luís fu superiore nella casa regionale e qui svolse l’importante attività di sostegno alle missioni e ai missionari presenti nelle diocesi di Inhambane e Lichinga che in quegli anni di grandi difficoltà avevano bisogno di tutto: ospitalità, viaggi, acquisto di materiali e cibo, ecc.

Nel 1986 tornò a lavorare nella diocesi di Inhambane, questa volta nella parrocchia di Guiúa e nel Centro Catechistico. Insieme a padre Andrea Brevi, riaprì il Centro e la parrocchia, che erano stati chiusi nel 1983 per ordine del governo, riprendendo la formazione delle famiglie dei catechisti. Si è dedicato a questa attività formativa e alla cura pastorale delle comunità cristiane della parrocchia.

Il 13 settembre 1987, il Centro Catechistico fu assaltato dalla Renamo (Resistenza Nazionale Mozambicana). Le famiglie dei catechisti vengono rapite e il catechista Peres Manuel viene ucciso: padre Luís rimane a Guiúa, nonostante la guerra e la violenza che regnava nella zona. Il 9 ottobre 1991 fu trasferito a Mambone come parroco: assieme al padre Amadio Marchiol visse anche lì in un contesto di guerra, con molti pericoli e privazioni.

Il 4 ottobre 1992 fu firmato l'Accordo di pace che pose fine alla guerra civile del Mozambico. Nel 1993, padre Luís fu trasferito da Nova Mambone alla parrocchia di Vilanculos, sempre nella diocesi di Inhambane. Con il padre Alceu Agarez e padre Jaime C. Patias, ha assistito le numerose comunità delle parrocchie di Vilanculos, Mapinhane e Maimelane.

Il 10 novembre 1998 è stato nominato parroco di Vilanculos: ha vissuto un periodo di grande attività pastorale e di promozione umana, in un momento di pacificazione, ricostruzione e consolidamento delle comunità cristiane dopo la dispersione causata dalla guerra.

Nel 2000 è stato trasferito al Seminario Filosofico di Matola come collaboratore nella formazione ed economo e con padre Jaime C. Patias, ha collaborato alla formazione dei futuri missionari della Consolata e ha prestato servizio pastorale alle comunità cristiane delle parrocchie di Liqueleva, Liberdade e Matola fino al 2008.

L'ultimo periodo della missione di padre Luís in Mozambico si è svolto tra il 2009 e il 2015 presso al Seminario dei Missionari della Consolata nella città di Nampula. Questa tappa è stata per lui un grande salto: dal sud del Paese, dove aveva sempre lavorato, si è trasferito al nord, dovendo affrontare tutte le differenze linguistiche e culturali. Come sempre, padre Luís ha dimostrato la sua totale disponibilità, il suo spirito di ubbidienza e di servizio. Si è dedicato al lavoro di manutenzione della casa, alla formazione dei seminaristi e al lavoro pastorale nella parrocchia di Nossa Senhora da Paz.

Dopo 49 anni di passione e dedizione a quella nazione africana, nel 2015 padre Luíz è tornato in Portogallo dove ha vissuto gli anni d'oro della sua vocazione e consacrazione missionaria. Lì è stato assegnato alla comunità di Águas Santas che divenne la sua comunità di riferimento fino alla morte; trascorse questi anni dedicato ai servizi pastorali, alle Messe e alle confessioni.

Era un missionario nel vero e pieno senso della parola. Anche in età avanzata, ha sempre mantenuto un vivo spirito missionario e familiare, essendo attivo nei piccoli compiti quotidiani della comunità, che svolgeva con grande dedizione, la stessa che ha sempre caratterizzato il suo impegno verso Dio, verso il prossimo e verso la missione.

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I funerali di padre Luís Ferraz mercoledì 31 luglio a Fátima

Testimonianza e preghiera...

Padre Jaime Patias, IMC, attuale Segretario Generale per la Comunicazione a Roma, ha lasciato questa sentita testimonianza:

“Riposa in pace, caro confratello e maestro di bontà, padre Luiz Ferraz, IMC, con il quale ho avuto la grazia di lavorare per cinque anni durante la ricostruzione in Mozambico, prima a Vilankulos e poi nel Seminario Filosofico a Matola, nella grande Maputo. Rimane l'immagine di uno di quegli esseri umani eccezionali, benedetti dalla sua generosità e dal dono di sé, che ha vissuto profondamente una vita serena e lunga sulla terra. Possa ricevere la corona dei giusti da Dio, che ha servito fedelmente, e intercedere per noi! Grazie di tutto!”

* Redazione SGC con informazioni di padre Albino Brás e padre Álvaro Pacheco, IMC Portogallo.

Una regione del Paese africano alla mercé della guerriglia islamista

C’era ottimismo a Maputo, la capitale mozambicana. La guerriglia a Cabo Delgado (Nord-est del Paese) sembrava essere stata sedata. La pressione dei soldati mozambicani e dei loro alleati ruandesi e della Sadc (Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale) pareva aver messo all’angolo i miliziani di Ahlu Sunna Wal Jammah, milizia fondamentalista legata allo Stato islamico. Invece, all’inizio di quest’anno, la lotta si è riaccesa.

I jihadisti hanno ripreso ad attaccare comunità, villaggi, città. A uccidere, distruggere, terrorizzare. Una violenza continua che viene perpetrata nel silenzio della comunità e dei media internazionali.

Gennaio e febbraio, riportano i missionari locali, sono stati i mesi più feroci, con una sequenza di attacchi compiuti nel distretto di Chiure, dove sono state distrutte 18 chiese cattoliche in altrettanti villaggi attaccati. Ci sono stati alcuni morti e molte persone sono state costrette a spostarsi, aumentando il numero degli sfollati interni, che ha già raggiunto la cifra di un milione.

Un altro grande attacco è stato effettuato il 10 maggio quando i jihadisti hanno invaso il capoluogo del distretto di Macomia, provocando alcuni morti, danni ad infrastrutture e diffusi saccheggi. Anche il numero di vittime continua a salire. Una stima provvisoria parla di quattromila morti. La situazione umanitaria è grave. Molti campi di reinsediamento per sfollati, spiegano i missionari, rimangono privi di condizioni adeguate. Quest’anno il raccolto non è stato sufficiente e, quindi, ci sarà fame nei campi di reinsediamento degli sfollati e anche tra le popolazioni che sono tornate ai villaggi attaccati. Mancano medicine e sostegno scolastico.

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Assistenza ai profughi a Cabo Delgado 

La milizia islamista

Nato in Tanzania con il nome di Shabab (da non confondere con al-Shabaab della Somalia) nel 2017, il movimento ha assunto la denominazione di Ahlu Sunna Wal Jammah e ha aderito all’Isis. I motivi della diffusione di questa milizia sono complessi, osservano i missionari, si mescolano terrorismo islamico (Isis) e povertà; appropriazione illecita di risorse naturali e minerali e corruzione di alcune figure di potere che cercano un rapido arricchimento attraverso il traffico di droga; tratta di esseri umani e altre attività illecite.

Ahlu Sunna Wal Jammah, per raccogliere consensi, si presenta alla popolazione come una formazione legata al territorio. Fa leva sul malcontento dei contadini che si sentono abbandonati ed emarginati dal potere centrale. Grazie al sostegno di una fitta rete di movimenti simili in Tanzania e in Rd Congo, è poi riuscito a rafforzarsi anche militarmente, contrastando con efficacia le forze armate mozambicane, ma anche i mercenari del gruppo Wagner, i soldati sudafricani e i reparti ruandesi.

Gli aiuti della Chiesa

Di fronte a questa sfida, la Chiesa cattolica è scesa in campo sostenendo più di 250mila sfollati con assistenza sanitaria, trasporti, cibo, costruzione di rifugi, sostegno scolastico, sostegno psicosociale e assistenza spirituale. La Chiesa cattolica è impegnata in questo sostegno attraverso la Caritas diocesana di Pemba, il settore emergenza della diocesi di Pemba e attraverso il coinvolgimento diretto del personale missionario nelle parrocchie in cui si trovano. Molte persone bisognose bussano alle porte di preti e suore in cerca di aiuto. «Purtroppo, da quando in Europa e in Medio Oriente sono iniziate guerre più mediatiche – commentano amari i missionari -, il nostro problema è passato in secondo piano e gli aiuti non arrivano più come una volta. Senza aiuto, la Chiesa rischia di non poter aiutare le altre vittime bisognose degli attacchi jihadisti».

* Enrico Casale, rivista Missioni Consolata. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it

Decine di persone provenienti dall'area di Lisbona, dal nord del Portogallo, da Fatima e da Mira de Aire partiranno quest'estate per una missione in Marocco, Guinea-Bissau e Mozambico. I volontari stanno svolgendo diverse attività di raccolta fondi con l'obiettivo di migliorare le condizioni dei centri educativi e delle case di accoglienza per i rifugiati in questi luoghi di missione.

Stiamo parlando di 50 persone provenienti da diverse parti del Portogallo, di età compresa tra i 17 e i 55 anni, disposte a donare il loro tempo e servizio alla missione. I volontari studiano o lavorano in settori quali medicina, infermieristica, psicologia, informatica, educazione di base, assistenza sociale e contabilità. I gruppi saranno accompagnati da un missionario laico della Consolata, da una religiosa missionaria e da alcuni sacerdoti missionari della Consolata, oltre che da capi scout. I volontari si recheranno in cinque punti dell'Africa. Alcuni andranno a Oudja, in Marocco, altri a Empada, in Guinea-Bissau. In Mozambico, ci saranno gruppi a Massinga, Funhalouro e Boroma.

Sostegno ai rifugiati

Un gruppo proveniente dal nord del Portogallo andrà in missione a Oujda, in Marocco, vicino al confine con l'Algeria. Dal 16 al 30 agosto, questi volontari vivranno con i tre padri Missionari della Consolata nella parrocchia di Saint Louis. "L'obiettivo della nostra missione è la ricostruzione dei dormitori e dei bagni per i rifugiati che la missione di Oujda accoglie ogni giorno. Dopo le recenti guerre e crisi nei Paesi africani, il numero di rifugiati che arrivano alla missione è aumentato. Ogni anno arrivano a Oujda tra mille e duemila persone. “Di solito questo è l'ultimo punto di riposo in Africa prima di avventurarsi nella pericolosa traversata del Mar Mediterraneo per raggiungere l'Europa”, spiega Maria Fernandes, una delle volontarie, alla rivista “Fátima Missionária”.

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Gruppo viaggiarà verso Oujda, in Marocco, per lavorare con i migranti

Il gruppo ha partecipato a diversi programmi di formazione per prepararsi allo scenario che incontreranno e ha svolto attività di raccolta fondi. Il denaro raccolto sarà destinato alla "ricostruzione dei dormitori e dei bagni", spiega Maria, aggiungendo che il valore del progetto che promuovono è di 20.000 euro, e che all'inizio dell’iniziativa il gruppo aveva già ricevuto "quattromila euro per acquistare materiale necessario alla ricostruzione di dormitori e bagni, oltre a 46 chili di vestiti caldi", che nel frattempo sono già arrivati a destinazione.

Paula Santos e Noémia Dias sono tra i volontari del gruppo e non vedono l'ora di partire. “Il progetto non è affatto facile e ciò che mi preoccupa di più è la parte emotiva. Spero di essere all'altezza di ciò che mi è stato chiesto” spiega Paula. Noémia crede che questa esperienza la porterà a connettersi “profondamente con gli altri” e con se stessa, e spera di poter "fare la differenza" nella realtà che incontrerà. Questo gruppo si chiama “Oujda. Un rifugio lungo la strada” e la sua attività può essere seguita su Facebook e Instagram.

Riabilitazione di una scuola

Un altro gruppo proveniente dal nord del Portogallo sarà in missione per tutto il mese di agosto a Empada, in Guinea-Bissau, dove alloggerà nella casa delle Suore Missionarie della Consolata. "Riabiliteremo una scuola materna, chiamata “Jardim Consolata”, frequentata da circa cento bambini, per lo più provenienti da famiglie povere o orfani che non sono in grado di pagare la loro istruzione. La ristrutturazione riguarderà le aule, il refettorio, i servizi igienici e il muro della scuola", spiega Cláudia Duarte, missionaria laica della Consolata e animatrice del gruppo.

I volontari stanno realizzando attività di raccolta fondi, tra cui un concerto e una cena di solidarietà. "I fondi raccolti saranno utilizzati per il progetto di riabilitazione della scuola", dice Cláudia, aggiungendo che il gruppo ha già inviato "denaro a Empada per preparare i materiali per la ristrutturazione".

Tânia Pais e Margarida Xavier fanno parte di questo gruppo. "Andare in missione mi provoca un misto di sentimenti e di gioia profonda. Il desiderio di un'avventura come questa è sempre stato presente in me. Sarà un'esperienza unica. Posso solo immaginare l'impatto che avrà ogni progetto che realizzeremo e come faremo la differenza nella vita di qualcuno. Basterà una sola persona perché il viaggio non sia stato vano. Ciò che conta davvero per me è quello che posso cambiare nella vita di qualcun altro. Sono venuta con il cuore pieno", ritiene Tânia. Margarida si sente toccata da tutta la solidarietà coinvolta. "È stato molto gratificante sentire che le persone vogliono aiutarci e che contribuiscono al successo del nostro progetto. Sento già che ne è valsa la pena e non sono ancora salita sull'aereo", sottolinea. Questo è il gruppo "Crescere in Guinea", e la loro esperienza può essere vista su Facebook e Instagram.

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I volontari di Lisbona andranno in Mozambico e svolgeranno attività a Massinga, Funhalouro e Boroma

Visite e ricostruzione del tetto

I volontari dell'area di Lisbona andranno in Mozambico ad agosto. Una parte del gruppo soggiornerà a Funhalouro e l'altra a Massinga. Alloggeranno nella casa delle Missionarie della Consolata. "A Funhalouro sono previste visite al centro sanitario e alle famiglie. Si lavorerà con bambini, giovani e famiglie. Il progetto principale sarà la costruzione di un'aula per la piccola scuola. A Massinga, la scuola per bambini sarà riabilitata. Si svolgeranno attività pastorali nella comunità, visite all'ospedale, alla casa di riposo e all'istruzione scolastica. Il progetto principale sarà la ricostruzione del tetto del centro femminile. Oltre a queste missioni, “due o tre esperti di informatica sosterranno le suore nella scuola di informatica”, spiega Catarina Guerra, animatrice del gruppo.

Il gruppo è stato coinvolto nella formazione e nella raccolta di fondi in vista della partenza in missione. Rodrigo Nunes è uno dei volontari del gruppo. "Sono curioso di vivere questa esperienza. Credo che fare questa esperienza cambierà molto il mio modo di pensare e penso che integrarsi in una cultura diversa possa essere un'opportunità unica per imparare cose che non potremmo imparare altrove". L'attività di questo gruppo, chiamato "Mission Etu", può essere seguita su Facebook e Instagram.

Costruzione di un asilo nido

I volontari di Fátima e Mira de Aire, un villaggio del comune di Porto de Mós, saranno in missione dal 23 luglio al 24 agosto a Boroma, nella provincia di Tete, in Mozambico, e pernotteranno anche nella casa di una congregazione di religiose. "Durante il periodo di volontariato, saremo impegnati nella costruzione di un asilo nido che accoglierà circa cento bambini all'anno, di età compresa tra i tre e i cinque anni. Il nostro obiettivo principale sarà quello di costruire strutture sanitarie per l'asilo e creare un parco giochi per bambini. Inoltre, forniremo supporto al centro sanitario locale e daremo ripetizioni di matematica, inglese e altre materie in una scuola associata alla missione", spiega Artur Gomes, uno degli animatori del gruppo, illustrando alcuni degli aspetti della missione in programma.

"Il gruppo si sta preparando per la missione dall'ottobre dello scorso anno, organizzando raccolte di fondi e altre attività di sensibilizzazione. Stiamo pianificando il piano pedagogico con l'aiuto di insegnanti ed educatori di questa fascia d'età in Portogallo, oltre a chiedere sostegno per il materiale didattico e medico da portare e lasciare in missione. Dato che abbiamo anche membri che si occupano di arte, è nostra intenzione rendere lo spazio interno più invitante per l'apprendimento attraverso dipinti legati a contenuti educativi".

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 "Sono molto felice di farlo e di vivere questa esperienza come scout. Mi sento un po' ansiosa" - Vitória Filipe

Tra i volontari ci sono Vitória Filipe e Leonardo Gomes, membri del Gruppo 276 - Scout di Mira de Aire. Vitória ritiene che questa missione possa cambiare il suo modo di vedere il mondo. "Sono molto felice di farlo e di vivere questa esperienza come scout. Mi sento un po' ansiosa. Non ho mai trascorso così tanto tempo fuori dalla mia zona di comfort, ma ho intenzione di fare del bene e voglio davvero andare. Mi aspetto un'esperienza che mi cambierà la vita. Sono sicura che mi innamorerò dell'esperienza e delle persone", dice.

Leonardo è un altro volontario che ritiene che la missione a Boroma sarà una pietra miliare nella sua vita. "È un'opportunità unica. So che affronteremo qualcosa che ci segnerà profondamente, ma non sono nervoso, sono solo estremamente motivato. Ho cercato di contribuire il più possibile, sapendo che l'esperienza e le conoscenze che acquisiremo supereranno di gran lunga quelle che possiamo offrire. Non ho dubbi che questa sarà un'esperienza incredibile che segnerà la mia vita in un modo mai visto prima. Sono pronto ad aiutare!". L'esperienza di questo gruppo può essere seguita su Facebook e Instagram, attraverso le pagine Mira de Aire Scouts e Consolata Jovem.

* Juliana Batista è giornalista della rivista Fátima Missionária. Originalmente pubblicato in: www.fatimamissionaria.pt

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10-10-2024 Notizie

Etiopia. Calma armata

Il Tigray rispetta gli accordi, ma non smobilita Le montagne del Tigray sono alte, aspre, piene di gole e anfratti. Un...

Mozambico: “Mi auguro che il voto di oggi sia libero, corretto e pacifico”

09-10-2024 Notizie

Mozambico: “Mi auguro che il voto di oggi sia libero, corretto e pacifico”

“Speriamo che le elezioni siano libere ed eque e soprattutto pacifiche” dice all’Agenzia Fides, mons. Inacio Saure, arcivescovo di Nampula...

XXVIII Domenica del TO / B - “Vendi quello che hai e seguimi”

09-10-2024 Domenica Missionaria

XXVIII Domenica del TO / B - “Vendi quello che hai e seguimi”

 Sap 7, 7-11; Sal 89; Eb 4, 12-13; Mc 10,17-30 Scegliere è il verbo che ci serve da filo conduttore...

Parole dell’Allamano: “Santità”

09-10-2024 Allamano sarà Santo

Parole dell’Allamano: “Santità”

Un percorso tematico alla scoperta del Fondatore della famiglia della Consolata: Giuseppe Allamano. La quarta e ultima delle parole chiave...

“Essere presenza di Dio tra la gente”. Mons. Peter Makau, nuovo vescovo di Isiolo

08-10-2024 I missionari dicono

“Essere presenza di Dio tra la gente”. Mons. Peter Makau, nuovo vescovo di Isiolo

Nella missione, “nonostante le sfide da affrontare, dobbiamo sempre accompagnare il popolo di Dio perché il popolo non vede noi...

L'eredità di Giuseppe Allamano rivive nella Comunità di Saragozza

08-10-2024 I missionari dicono

L'eredità di Giuseppe Allamano rivive nella Comunità di Saragozza

Ci sentiamo figli del Beato Giuseppe Allamano. Egli ci ha rigenerati. Quando il figlio diventa grande, si allontana dal padre. Così...

Giuseppe Allamano: UNITI come famiglia

07-10-2024 Allamano sarà Santo

Giuseppe Allamano: UNITI come famiglia

Pubblichiamo il primo episodio del cartoon su Giuseppe Allamano realizzato da Missio Ragazzi - Fondazione Missio, organismo pastorale  della Conferenza...

Gratitudine: Preparando gli eventi della Canonizzazione di Giuseppe Allamano

07-10-2024 Allamano sarà Santo

Gratitudine: Preparando gli eventi della Canonizzazione di Giuseppe Allamano

In questo mese di ottobre, mese del Rosario e dedicato alle missioni, la Chiesa cattolica si prepara a vivere un...

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