I Missionari della Consolata in Colombia inaugurano l'Anno dell'Accompagnamento e del Discernimento Vocazionale e presentano il documento guida con un itinerario di formazione, riflessione ed esperienze di missione.

In un contesto globale segnato da disuguaglianze, crisi ambientali e conflitti sociali, la vocazione cristiana emerge come risposta concreta alle sfide del mondo di oggi. La chiamata a costruire un futuro basato sulla solidarietà, sulla pace e sulla cura del creato diventa sempre più urgente, sia nella vocazione alla vita religiosa che laica, familiare o professionale.

Fedeli al loro carisma di evangelizzazione e promozione umana, i Missionari della Consolata in Colombia hanno assunto questo impegno portando il messaggio della Consolazione alle comunità dove la vita grida giustizia, speranza e amore. Ispirandosi all'insegnamento di San Giuseppe Allamano, il lavoro si concentra sulla formazione di comunità di fede, sulla promozione dei più vulnerabili e sulla costruzione di una società più fraterna e giusta.

In occasione della festa di San Giuseppe sposo della Vergine Maria, la Regione IMC Colombia ha inaugurato l'Anno dell'Accompagnamento e del Discernimento Vocazionale con la presentazione di un documento guida preparato dall'Animazione Missionaria Giovanile Vocazionale (AMGV). Il sussidio contiene informazioni sulle attività programmate, riflessioni sulla vocazione e un calendario dettagliato di incontri ed esperienze che permetteranno ai giovani di avvicinarsi alla missione. Inoltre, il documento contiene i contatti dei missionari disponibili ad accompagnare i giovani che disiderano fare un discernimento vocazionali nelle diverse zone del Paese.

Padre Óscar Medina, coordinatore dell'AMGV a Florencia (Caquetá), ci invita a iniziare questo tempo insieme e ci ricorda che “la nostra risposta e disponibilità sono un segno di speranza per la Chiesa e per l'umanità”.

Tutti gli interessati sono invitati a seguire le attività e i contenuti attraverso i social network all'indirizzo @amjvcolombia su Instagram o sugli account ufficiali dei Missionari della Consolata in Colombia.

Documento guida “Chiamati alla missione: un tempo di discernimento e di accompagnamento”.

* Ufficio Comunicazioni ed Equipe AMJV Colombia.

Ottenere orientamenti per rafforzare la missione pastorale della Chiesa in Colombia. Per questo scopo sono stati a Roma, dal 18 al 24 febbraio, i vescovi mons. Francisco Múnera Correa, mons. Gabriel Ángel Villa Vahos e mons. Germán Medina Acosta, rispettivamente Presidente, Vicepresidente e Segretario della Conferenza Episcopale della Colombia (CEC).

Nel Vaticano i vescovi hanno tenuto incontri in vari dicasteri e organismi della Curia romana. Era prevista anche un'udienza con Papa Francesco, ma questo non è stato possibile a causa delle condizioni di salute del Santo Padre, ricoverato al Policlinico Gemelli dal 12 febbraio.

“La Chiesa che cammina in Colombia è una Chiesa sinodale, missionaria e misericordiosa”, ha dichiarato mons. Francisco Múnera, IMC, in una intervista rilasciata all’Ufficio per la Comunicazione che pubblichiamo di seguito nel video della seria "Giubileo nel Mondo".

Nel suo messaggio il missionario della Consolata e arcivescovo di Cartagena ha affermato: “Vogliamo essere una Chiesa che porta e semina speranza, che non si lascia scoraggiare dalle voci pessimistiche che ci portano allo scoraggiamento. Vogliamo essere una Chiesa che genera segni concreti di misericordia, soprattutto per le persone in situazioni di povertà e di bisogno, come dice Papa Francesco in questo anno Giubilare. Vogliamo essere una Chiesa missionaria, una Chiesa in uscita come ci ha proposto il Congresso Missionario centenario che abbiamo realizzato nell’anno 2024”.

Vedi anche il messaggio di mons. Germán Medina Acosta, vescovo di Engativá

Pellegrini di Speranza

In quest’Anno Santo - prosegue Mons. Francisco Múnera - in Colombia “camminiamo come pellegrini di speranza, come uomini e donne che si mettono in viaggio, che escono da sé stessi per percorrere con il cuore, la mente e i piedi le strade del mondo, le frontiere lontane. Disposti a uscire per incontrare gli altri e creare spazi di riconciliazione, per guarire vite e rafforzare relazioni. Siamo pellegrini di speranza che portano la bontà e la misericordia di Dio a tutti coloro che ne hanno più bisogno, come ci ricorda il Papa: malati, anziani, migranti, giovani e coloro che hanno bisogno di una parola di incoraggiamento e di speranza”, dice.

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Il vescovo ha ricordato che il Giubileo è anche “un'opportunità per ricevere l'indulgenza plenaria e il perdono dei peccati grazie alla misericordia di Dio e per stabilire nuove relazioni con i fratelli e le sorelle, e con tutto il creato”. Essere uomini e donne riconciliati per portare speranza.

Un messaggio alla Famiglia Consolata

Ancora una volta, “ringraziamo Dio per questo immenso dono della canonizzazione del nostro santo Fondatore. È un dono che la Chiesa ci ha fatto ed allo stesso tempo un impegno per tutti noi a seguire le orme che il nostro Padre ci ha lasciato: camminare verso la santità e servire la Chiesa in tutta la sua dimensione missionaria.

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I vescovi colombiani con il padre James Lengarin, IMC, Superiore Generale a Roma

Essere uomini e donne che annunciano il Vangelo a tutti i popoli e a tutte le culture, abbattendo tutte le barriere e tutti i blocchi culturali e nazionalistici, tutti i pregiudizi, con il desiderio di costruire la fraternità universale a cui Papa Francesco ci invita nella Fratelli Tutti, abbracciando anche il Creato, la nostra casa comune. Portare il Vangelo e la missione ad gentes sotto il segno della consolazione. ‘Annunciare la gloria di Dio a tutte le nazioni e a tutti i popoli’, come ci invita Maria nel meraviglioso testo che San Giuseppe Allamano ci regala dal profeta Isaia.

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Mettiamoci in cammino per servire nella missione ad gentes, da qualsiasi parte ci troviamo, abbiamo un cuore universale e missionario. Sentiamo questa grande passione che San Giuseppe Allamano ci dona dal Santuario della Consolata: amore eucaristico, amore per Maria e passione per la missione”, conclude il vescovo di Cartagena.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione.

Mons. Gabriel Ángel Villa Vahos, arcivescovo di Tunja, fa una sintesi della visita

Arrivati nel 1984, i Missionari della Consolata si inseriscono in un territorio, una realtà, un popolo, una Chiesa, un progetto e delle comunità di fede cristiana e spiritualità indigena.

Il Territorio

Il territorio parla di terra e spazio dove risiede un'intera “comunità di vita” nativa, ma dove giungono anche estranei o stranieri mossi da diverse motivazioni e necessità.

L'arrivo dei Missionari della Consolata nel Nord del Cauca avvenne nel 1984, grazie all'amicizia del padre Álvaro Ulcué con padre Ezio Roattino, missionario italiano che in quell'anno stava terminando il suo incarico come Superiore della comunità in Colombia.

Padre Ezio, che era stato destinato a lavorare a Londra, approfittò della prima settimana di novembre per visitare il padre Álvaro Ulcué Chocué, leader indigeno caucano e primo sacerdote cattolico della comunità Nasa. Insieme percorsero il territorio della Parrocchia San Giovanni Bautista di Toribio, celebrando la memoria degli antenati nel mese che i cattolici dedicano ai defunti.

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Álvaro, riconoscente verso il suo amico Ezio, lo aveva accompagnato il 9 novembre da Toribio fin a Santander de Quilichao. Si salutarono presso l'ufficio dell'azienda di trasporti e Ezio partì per Bogotá dove arrivò all'alba del 10 novembre. Proprio in quelle ore il padre Álvaro venne assassinato e allora il padre Ezio tornò immediatamente per accompagnare la comunità, la madre di Álvaro –la signora Soledad– e la sua famiglia, nel villaggio di Pueblo Nuevo, dove Álvaro era nato e sarebbe stato sepolto. Poi il 27 dicembre salutò la comunità di Toribio e partì per Londra.

In quegli anni, i Missionari della Consolata stavano vivendo un intenso processo di riflessione missionaria, stimolato in particolare dalla Terza Conferenza Episcopale Latinoamericana tenutasi a Puebla (Messico) nel 1979, dedicata alla “Evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America Latina”. Si stavano prendendo decisioni su alcune opzioni missionarie “ad gentes”.

La riflessione portava a identificare come luogo specifico della missione “ad gentes” il contatto con “l'altro”. Gli “altri” sono culturalmente diversi, e con loro bisogna avviare un dialogo interculturale e interspirituale che porti all'inculturazione del Vangelo; sono sociologicamente poveri e con loro si tratta di lottare per la promozione e liberazione integrale; sono geograficamente lontani ed esclusi, e li dobbiamo rispettare, accompagnare, curare e responsabilizzare. Nel contesto nazionale della Colombia, gli indigeni, gli afro-discendenti e i giovani rispondevano a questi criteri missionari.

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Nello specifico questo territorio, che era stato recuperato dalla popolazione indigena, è stato poi sequestrato dal commercio illecito della coca, pianta sacra per gli indigeni ma prostituita da alcuni locali e cartelli commerciali esterni. Per questo motivo, nel corso degli anni, questa terra, abitata da gente nobile e buona, è stata bagnata da lacrime di dolore e rabbia che hanno alimentando la violenza e seminato morte.

Il Popolo Nasa

Il popolo indigeno Nasa è un popolo che da generazioni resiste spinto dalla memoria degli antenati e centrato nella costruzione e realizzazione di quello che hanno chiamato “Piano di vita”. Una data importante in questo cammino è stata il 24 febbraio 1971 quando nacque, in una assemblea riunita a Toribío nella quale parteciparono le comunità di sette territori indigeni, il Consiglio Regionale Indigeno del Cauca (CRIC). Il progetto è articolato in nove punti:

  • Recuperare le terre che appartenevano agli antichi Resguardos (territori indigeni).
  • Ampliare gli attuali Resguardos.
  • Rafforzare i Cabildos (consigli) indigeni.
  • Non pagare terraje (lavoro gratuito al servizio di latifondisti) nelle terre indigene.
  • Far conoscere la legislazione a favore degli indigeni ed esigerne la giusta applicazione.
  • Difendere la storia, la lingua e le tradizioni.
  • Formare insegnanti bilingue per un'educazione adeguata nelle comunità indigene.
  • Promuovere organizzazioni economiche comunitarie.
  • Difendere le risorse naturali e proteggere l'ambiente.

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Questo progetto riprendeva processi interrotti e lotte legate a figure come quella di Quintín Lame e la Gaitana, oltre a molti altri leader assassinati. Questi processi di resistenza e lotta –che sono radicati nella storia e nascono in mezzo alle montagne nella cordigliera centrale bagnate dalle acque del fiume Páez– si sono rafforzati con la presenza e l'azione del padre Álvaro Ulcué e dei Missionari della Consolata.

Álvaro – Nasa Pal (sacerdote Nasa)

La vita e l'opera di padre Álvaro Ulcué Chocué è stata analizzata e definita in vari modi: i più lo considerano un leader indigeno assassinato, figlio del popolo Páez; Joan Manuel Largo Vargas, ricercatore dell'Università Nazionale, lo definisce un “mediatore interculturale nella vita politica colombiana”; Leider Harcides Hoyos Burbano, dell'Università del Cauca, osserva che era un “Nasa Pal sentipensador” (che sente e pensa); Beltrán e Mejía lo chiamano “il profeta dei Páez”, un uomo che denunciò menzogne e ingiustizie, annunciando con la sua opera e la sua parola il messaggio di Gesù liberatore.

Forse nella figura di Álvaro tutti questi aspetti si uniscono e integrano se vediamo in lui il discepolo missionario del Signore Gesù che, come Giovanni Battista, patrono e titolare della sua parrocchia di Toribío, indica al popolo l’Agnello di Dio e –nella Chiesa e a servizio della liberazione– lavora per il regno dell’amore.

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Álvaro non è mai stato un uomo isolato. Lui era parte del popolo Nasa, quel popolo millenario “sentipensador” che sente e pensa a partire dalla sua terra. In Lui era riflessa la filosofia secondo cui la terra è un'entità spirituale vivente, dove l'uomo è una parte e tutto è interconnesso.

È stato questo popolo a portare Álvaro a formare una Équipe Missionaria insieme alle Missionarie della Madre Laura e ai giovani laici delle comunità con il fine di inculturare il Vangelo in mezzo alla sua gente. In questo contesto nasce nel 1980 il Progetto Nasa costruito con i Resguardos di Toribío, Tacueyó e San Francisco. L'obiettivo del Progetto Nasa era quello di recuperare “identità e cultura per promuovere alternative specifiche in ambito culturale, educativo, socio-economico, politico e ambientale”.

Il Progetto Nasa sussiste ancora oggi e continua a impegnarsi nello sviluppo di “una comunità nuova, organizzata, unita e consapevole” che offra opportunità educative ed economiche e preservi la ricchezza ambientale della regione. I Missionari della Consolata si sono allontanati ma il popolo e il suo Progetto continuano.

I Missionari della Consolata

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Missionari della Consolata, Armando Olaya (parroco), Mauro Riascos, Juan José Oliváres, Rinaldo Cogliati e Missionarie di Santa Laura Montoya nel 1985

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In questo processo popolare ed ecclesiale, alla morte del padre Alvaro, si inserirono i Missionari della Consolata. Fin dall'inizio i Missionari della Consolata hanno cercato di attuare alcune strategie missionarie, espressione della loro identità carismatica “ad gentes” orientata alla consolazione e liberazione.

1. Si inserirono nel territorio in modo missionario e non parrocchiale. Per rispondere alle esigenze dell’équipe missionaria di Toribío venne coinvolta inizialmente la Comunità Formativa del Teologico Internazionale e la Parrocchia della Consolata di Bogotá. Il padre Armando Olaya, membro della Comunità Formativa, fu inviato come parroco a Toribío per sostituire il padre Álvaro assassinato . In breve tempo l’Équipe ampliò la sua presenza oltre la parrocchia iniziale, assumendo la cura delle Parrocchie e i Resguardos di Tacueyó, Jambaló e Caldono. Si abbracciava con un progetto comune tutto un popolo e un territorio.

2. Arrivarono senza un piano predefinito, ma pronti a conoscere e valorizzare il progetto del popolo. I Cabildos e le comunità indigene, coordinati dal CRIC e dal Progetto Nasa, stavano recuperando autonomia, unità, cultura e mezzi di vita sostenibili attraverso il dialogo e la resistenza pacifica.

3. Presentarono il Vangelo come luce e consolazione liberatrice. L'annuncio del Vangelo era sempre in dialogo con la spiritualità del popolo Nasa e sosteneva tre aspetti centrali del progetto di Vita del popolo Nasa: il miglioramento delle opportunità educative e delle attività generatrici di reddito; la gestione sostenibile delle risorse naturali; la pressione politica per migliorare i diritti indigeni e la loro rappresentanza nel governo locale necessari anche per contrastare gli effetti del conflitto armato nelle terre indigene.

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Oggi nuove realtà istituzionali e orientamenti missionari hanno portato i Missionari della Consolata a valutare la necessità di un cambiamento. La decisione di lasciare il Nord del Cauca si è concretizzata progressivamente fino al 26 gennaio 2025, quando, durante una solenne celebrazione eucaristica, venne ufficializzata la consegna della Parrocchia di Toribío all'Arcidiocesi di Popayán e il saluto al territorio.

Ai Missionari della Consolata resta una profonda riflessione missionaria, auspicabilmente collettiva, su questo ricco e innovativo processo, per trarre insegnamenti al servizio della propria istituzione e della Chiesa locale e universale.

* Padre Salvador Medina, missionario della Consolata in Colombia.

 

 

 

Per una settimana, i Missionari della Consolata che operano nell'Amazzonia colombiana si sono riuniti a Puerto Leguízamo per condividere esperienze, riflettere sulle sfide del territorio e rafforzare il loro impegno missionario. Con la presenza del Superiore regionale e la partecipazione di tredici missionari provenienti da cinque giurisdizioni ecclesiastiche di Colombia ed Ecuador, questo incontro ha permesso di rinnovare il senso della missione in una delle regioni più complesse e vitali per la Chiesa e per il mondo. 

L'Amazzonia colombiana è una vasta regione situata nel sud del paese, caratterizzata da una grande ricchezza ecologica, una diversità culturale e una profonda interconnessione tra popoli indigeni, comunità contadine e ambiente naturale. Tuttavia, affronta gravi problematiche come la deforestazione, l'estrattivismo, il conflitto armato e la migrazione forzata, che mettono a rischio non solo l'ecosistema, ma anche la vita e la dignità dei suoi abitanti. 

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Visita missionaria alla comunità indigena di Puerto Refugio in Peru. Foto: Jaime C. Patias

Fin dal loro arrivo in Colombia, i Missionari della Consolata hanno delimitato e assunto opzioni missionarie: la stessa Amazzonia, la comunità afrodiscendente, i popoli indigeni, i giovani e le periferie urbane. In ognuna di queste aree, la missione si adatta alle esigenze locali, promuovendo il dialogo interculturale, l'evangelizzazione e lo sviluppo umano integrale. 

L'incontro dei missionari in Amazzonia è stato segnato dalla riflessione sull'appello di Papa Francesco per una Chiesa sinodale, interculturale ed ecologica, in sintonia con il Sinodo per l'Amazzonia (2019) e l'esortazione apostolica Querida Amazonia. In questa prospettiva, i partecipanti hanno approfondito la necessità di una Chiesa che cammini con i popoli indigeni, ascolti le loro voci e valorizzi le loro spiritualità. 

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I missionari presenti provenivano da diverse giurisdizioni ecclesiastiche, tra cui l'Arcidiocesi di Florencia e le Diocesi di San Vicente del Caguán e Mocoa-Sibundoy, territori in cui l'evangelizzazione si svolge in contesti urbani e rurali, con un forte accompagnamento alle comunità contadine e indigene. Erano presenti anche missionari dei Vicariati Apostolici di Puerto Leguízamo-Solano (Colombia), San Miguel de Sucumbíos (Ecuador) e San José del Amazonas (Perù), regioni di missione dove la Chiesa è chiamata a un profondo dialogo con la cultura e la realtà dei popoli amazzonici. 

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Celebrazione eucaristica di chiusura nella parrocchia La Consolata, nell'ambito del Giubileo della Vita Consacrata nel Vicariato Apostolico di Puerto Leguízamo-Solano

Alcune delle principali preoccupazioni emerse durante l'incontro sono state: 

- Riaffermare la missione in Amazzonia come un impegno per la vita e la giustizia, promuovendo la difesa dei diritti umani, culturali e ambientali. 

- Rafforzare il lavoro di squadra e la cooperazione tra le Chiese locali, integrando sacerdoti diocesani, religiosi e laici nell'evangelizzazione del territorio. 

- Adeguare i progetti comunitari e pastorali alle realtà amazzoniche, rispondendo alle esigenze concrete dei loro abitanti. 

- Rivitalizzare le comunità locali in chiave interculturale, seguendo le linee guida delle Conferenze Regionali dell'IMC. 

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L'incontro si è concluso con la Celebrazione Eucaristica nella parrocchia La Consolata, nell'ambito del Giubileo della Vita Consacrata nel Vicariato Apostolico di Puerto Leguízamo-Solano. Questa celebrazione è stata un momento di ringraziamento per la missione in Amazzonia e un segno di speranza per il futuro. 

Inoltre, i missionari hanno dato inizio alla Novena a San Giuseppe Allamano, fondatore dell'IMC, il cui lascito continua a ispirare l'opera missionaria nei luoghi più remoti del mondo. 

* Santiago Quiñónez è giornalista dell'IMC in Colombia.

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I Missionari della Consolata hanno restituito alla diocesi la missione che avevano iniziato a Toribío nella regione del Cauca, in Colombia. Pubblichiamo di seguito le significative parole di ringraziamento pronunciate dal signor Gilberto Muñoz a nome delle organizzazioni indigene, durante l'Eucaristia del 26 gennaio 2025.

“Vorrei porgere il mio saluto fraterno a tutti voi, alle persone che sono venute qui dai villaggi, alle autorità indigene, ai bambini e ai giovani, a voi missionari.

Sapete che sono originario di Corinto, ma è stato quando sono venuto a lavorare a Toribío che ho imparato ad avvicinarmi alla Chiesa, è stato con i Missionari della Consolata. E questo per un semplice motivo... qui ho visto la Chiesa che raggiungeva la gente, che era ed è stata con la gente. Era la chiesa che trasformava davvero, insegnava la parola di Gesù ma nella pratica e nella vita: condivisione, amore.

Ogni volta che qualcuno arrivava in questa casa, padre Antonio Bonanomi lo portava in cucina e gli diceva: “Hai preso il caffè? Hai fatto colazione?” Questo non l'ho visto fare in nessun’altra chiesa. Forse ci hanno abituati male, ma questa vicinanza ci manca.

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C'erano anche le missionarie qui, li ho conosciute, le missionarie della Madre Laura che accompagnavano il padre Álvaro Ulcué Chocué, (il primo sacerdote indigeno Nasa)... e poi altre missionarie, ricordo la madre Teresa che era francese. Grazie al lavor dell'équipe missionaria, molti di noi abbiamo anche attraversato l’oceano e conosciuto il sostegno di molte istituzioni: la Conferenza Episcopale Italiana, Caritas, Manos Unidas, Fastenopfer, l'Unione Europea. Tutto questo fa crescere le persone. Da tutto questo esercizio, mi è rimasta una cosa molto importante, e vorrei dirla con le parole di padre Antonio: “se trovi un lavoro, non è per essere servito ma per servire”. A volte succede che se raggiungiamo una buona posizione politica o comunitaria pensiamo che dobbiamo essere serviti. No, in realtà dobbiamo servire le persone; io lo dico e lo ripeto sempre ovunque vada e cerco di metterlo in pratica.

In questa chiesa abbiamo vissuto momenti molto felici, belle celebrazioni, ma anche momenti molto tristi. Ricordo la “chiva bomba” quando un asse di quel veicolo era rimasto incastrato in un muro interno della parrocchia. Ricordo quando il padre Ezio Roattino, armato di sua stola, andava di casa in casa in mezzo alla sparatoria per fare uscire la gente ed evitare che divenissero vittime degli attacchi delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Io sono stato rapito dalle FARC ma le comunità di questo municipio e di altri, incoraggiate dall'Equipe Missionaria, sono andate a cercarci e ad accompagnarci nel Caquetá dove ci avevano portato ed eccomi qui.

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Gilberto Muñoz Coronado

Questa Equipe Missionaria si è dedicata certamente allo spirituale, ma anche ai progetti comunitari, all'educazione, alla trasformazione che ne deriva. C'è il Cecidic (Centro di Educazione, Formazione e Ricerca per lo Sviluppo Integrale della Comunità) che dice tutto lo sforzo che è stato fatto.

Un'altra frase di padre Antonio che ricordo molto: “chi impara a perdonare ha imparato ad amare”. Qui dobbiamo imparare a perdonare, a riconciliarci l'uno con l'altro. Ci sono tante ferite oggi, c'è tanto dolore in tante famiglie per le persone care che abbiamo perso... ma la parte spirituale ci aiuta e ci insegna.

Io in questa chiesa sono venuto con i miei figli piccoli, ci sedevamo sempre assieme e qui loro sono cresciuti. In questa chiesa, dopo aver conosciuto l'équipe missionaria, ho deciso anche di sposarmi; qui con me c'è anche mia moglie, siamo assieme da 41 anni, ma ci siamo sposati 31 anni fa, era il 9 gennaio 1993. Anche la Consolata celebra il suo anniversario 124, è stata fondata nel 1901, tutta una vita e tutta una storia di servizio. Ho potuto conoscere le loro casi di Milano, Torino, Roma... e anche vedere come, dopo aver offerto tutta la loro vita al servizio della gente, finiscono in una casa dove chiudono la loro vita quando non ce la fanno proprio più.

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Parrocchia di San Giovanni Battista di Toribio

Ci sono molte lezioni che possiamo imparare da loro, ma oggi siamo qua per ringraziarli a nome di tutti e lo vogliamo fare con questa targa che vorremmo collocare da qualche parte in questa chiesa a perenne ricordo della vostra presenza e del vostro servizio. Dice tutta la gratitudine che abbiamo nel cuore e dice: “La nostra gratitudine ai Missionari della Consolata per l'accompagnamento spirituale, l'impegno e il sostegno ai nostri progetti comunitari a favore di bambini, giovani, donne e comunità.

Con affetto, le autorità indigene di Toribío, Tacueyó, San Fracisco, Progetto Nasa, Cecidic e la comunità in generale. Toribío Cauca 1984-2025. Dio vi benedica sempre cari missionari".

* Gilberto Muñoz Coronado, sociologo e membro dell'Assemblea dipartimentale del Cauca.

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