Monsignor Francisco Javier Múnera Correa, Missionario della Consolata e Arcivescovo di Cartagena de Indias, Colombia, il 11 febbraio ha compiuto il suo 25° anniversario di ministero episcopale.
La celebrazione gioiosa e fraterna si è svolta sabato 10 febbraio, nella parrocchia Madre delle Missioni, del quartiere di Modelia (Bogotá, Colombia) al suono di tamburi, tastiere e chitarre; il beato Giuseppe Allamano e María Consolata erano molto presenti nell’aria.
Alla tavola dell’eucaristia, Mons. Francisco è stato accompagnato, come pellegrino in processione, da alcune delle sue famiglie: membri della famiglia episcopale; della famiglia dei Missionari della Consolata e anche da Carlos Alberto, della sua famiglia di origine. Lui ha avuto parole di ringraziamento per tutti questi che, in diverso modo, lo hanno accompagnano nel suo cammino missionario.
In questa occasione è bene ricordare alcune parole del rimpianto Mons Luis Augusto Castro Quiroga IMC che il 16 maggio 2013 diceva: "così come voi mettete al servizio della missione i vostri due occhi, i vostri due piedi, le vostre due mani, tutto il vostro essere; allo stesso modo la vita episcopale vi chiede di mettere al servizio della vostra missione due passioni: quella per Gesù Cristo inviato perché tutti abbiano la vita e la passione e l'amore per il popolo che vi è affidato come buon pastore".
Il video che segue racconta come è stata vissuta questa giornata speciale, ringraziando e celebrando la traiettoria umana, religiosa, missionaria ed episcopale di monsignor Francisco.
In un messaggio social l'arcivescovo di Cartagena ha espresso la sua gratitudine a tutti coloro che hanno festeggiato con lui: "...una gratitudine immensa alla mia cara famiglia della Consolata che in questo giorno mi ha accompagnato con il ricordo, l'affetto e le preghiere. Allo stesso modo ringrazio i giovani in formazione che erano presenti, le Missionarie della Consolata, i confratelli della casa provinciale, il superiore regionale, p. Venanzio Mwangi e il suo consiglio, la Parrocchia Maria madre delle missioni. Il Signore vi ricompensi per la vostra gentilezza. Un abbraccio fraterno e abbondanti benedizioni. Fratello e servitore, Francisco Javier".
Poi rivedere di seguito l'intervista che padre Salvador Medina, IMC, ha realizzato con monsignor Francisco Múnera nel 2021 prima del suo insediamento come arcivescovo di Cartagena de Indias.
* Con informazione del Gruppo di comunicazione IMC di Bogotà
La vita del missionario è un'esperienza che si scrive ogni giorno in eventi che diventano trascendenti e mistici. Ogni luogo di missione è un incontro con il Dio della vita che si fa umanità in ogni comunità per continuare a costruire il Regno di Dio in mezzo alle diversità naturali, culturali, etniche e sociali.
È stato questo il compito che ha portato padre Ezio Roattino, missionario della Consolata, a lasciare il suo comodo paese natale in Italia per rinascere spiritualmente in Colombia, precisamente nella comunità Nasa di Toribio-Cauca. Ho voluto dedicare al padre Ezio il mio primo libro, edito dall'Università Javeriana di Cali, che racconta la vita del primo sacerdote indigeno cattolico colombiano in 500 anni di evangelizzazione: Álvaro Ulcué Chocué.
Io sono missionario della Consolata, messicano di origine e anch’io appartenente a una comunità indigena. La riflessione di questa pubblicazione si ispira in una nota frase del padre Alvaro: "Osare pensare è osare combattere". Questa espressione divenne così viva nella sua vita che il suo operato missionario lo trasformò in un martire che offrì il suo sangue come seme di nuovi cristiani.
Il libro, che include anche documenti storici, racconta la dedizione che ebbe per la difesa dell’identità, la cultura e il territorio; il suo sacrificio per il Regno di Dio è ancora oggi l'eredità che continua a ispirare la Chiesa e la comunità, animata, dopo la sua morte, dall’attività dei Missionari della Consolata.
È stato pubblicato anche il testo “El alma del Misionero. Elmer Peláez Epitacio”, scritto da Celia Lanza, una laica della Consolata di Buenos Aires, Argentina, che mi ha accompagnato nel mio percorso missionario per 12 anni e che ha voluto raccontare il mio cammino con la comunità della Consolata.
Questo testo racconta alcune esperienze del mio cammino vocazionale e missionario; la narrazione di una vita che ama e vibra per la missione. Quando leggo le esperienze raccolte e raccontate dalla maestra Celia mi accorgo che davvero il nostro lavoro missionario ha senso solo quando si annuncia e si costruisce il regno di Dio; si rafforza l’impegno che significa la vocazione missionaria e l’umiltà necessaria per viverla con pienezza. Spero che possa servire da ispirazione per molti giovani che cercano un senso nella vita; per coloro che vogliono un mondo che viva nella speranza, nella pace, nel perdono e nella riconciliazione.
Padre Elmer Peláez Epitacio presenta i libri nella Parrocchia Maria Speranza Nostra di Torino
Entrambi i testi sono stati presentati in una semplice ma sentita celebrazione il 31 ottobre 2023, nella Sala Allamano della Parrocchia Maria Speranza Nostra di Torino. Ringrazio Padre Stéfano Camerlengo, Superiore Generale della Consolata, che ha dato il via libera quando ha saputo di questa iniziativa; Padre Salvador Medina per le sue riflessioni espresse nei contenuti e il dottor Manuel Ramiro Muñoz, Direttore degli Studi Interculturali della Pontificia Universidad Javeriana di Cali, Colombia, per le sue riflessioni nel prologo del libro.
* Padre Elmer Peláez Epitacio, IMC, è messicano e vicario nella Parrocchia Maria Speranza Nostra di Torino, Italia.
Grazie per essere qui, ci hanno detto: il Signore ci conceda la grazia di vivere questi Esercizi Spirituali come fratelli. "Egli dà forza agli stanchi e aumenta le forze dei deboli..." (Is 40,29-31). La tua presenza tra noi è una benedizione e una forza per la famiglia della Consolata!
Villa Marianella, casa di proprietà dei missionari Redentoristi, è costruita e attrezzata per favorire il dialogo, il silenzio orante e contemplativo, il riposo ricreativo e ristoratore. Dal 22 al 26 gennaio, in questo luogo, noi Missionari della Consolata della Regione Colombia siamo stati convocati per gli Esercizi Spirituali; hanno partecipato circa 50 di noi e siamo stati accompagnati e guidati da Fratel Camilo Alarcón, delle Scuole Cristiane - La Salle, .
Immagine preparata dagli organizzatori degli Esercizi
Tutti i missionari, arrivati dall’Ecuador, dal Perù e dalle varie regioni della Colombia nelle quali lavoriamo siamo stati accolti dal Padre Fondatore e Formatore, Giuseppe Allamano. Con una mano reggeva le Costituzioni o la Bibbia, con l’altra indicava la missione in atteggiamento di partenza. Tutti siamo stati convocati, con le nostre famiglie, i gruppi umani e le comunità che serviamo. Tutti siamo giunti fin lì alcuni fisicamente e altri per mezzo di rappresentanti.
“Per questi giorni, sistematevi nelle vostre stanze, personalizzate con i vostri nomi le porte, sentitevi illuminati e prolungati da un orizzonte infinito con albe e tramonti da sogno”.
“Lì troverete –come sembrava dirci il gentile e paterno Fondatore– l'acqua per idratarvi, il vino per festeggiare, l'agenda, il programma regionale e generale, gli orari di ogni giorno, oltre a un dettaglio economico personale. Tutto per voi, preparato con amore”.
Alcune indicazioni ci hanno aiutato ad abitare meglio lo spazio per poter vivere, crescere, creare e credere come artigiani della cura: il tavolo della sala da pranzo, il tavolo dell'Eucaristia, il tavolo della sala della comunità, il tavolo per giocare, il tavolo della cucina, il tavolo della camera da letto o del luogo di lavoro, il comodino, il tavolo dei poveri, il grande tavolo della creazione.
Immagine: CAZ
Non senza aver prima attraversato la sala da pranzo –luogo spazioso, luminoso e arioso, abitato da servitori sorridenti e attenti, disponibili a soddisfare, per quanto possibile, gusti, capricci e necessità corporali– ci siamo recati nella sala delle conferenze.
Lì siamo stati accolti dalla Fondatrice, la nostra cara madre e maestra Consolata, con il suo bambino, consolazione divina incarnata e custodita nel suo grembo, mostrandocelo e dicendoci: "fate quello che vi dice", attraverso le parole, lo stile e la pedagogia del maestro fratel Camilo.
I giorni e le notti sono passati e siamo arrivati all'ultimo giorno, pieno di silenzi, parole, simboli, riti, liturgie, 3 idee, 2 domande e 1 metafora. Tutto era avvolto da una semplice pedagogia integrale e da una bella didattica che scaturiva dalla saggezza raccolta e dalle esperienze vissute e condivise del Fratello guida. Queste le domande che sono state poste: cosa conservare del nostro passato-presente?; cosa mantenere e sostenere del nostro presente-presente?; cosa innovare per costruire il nostro presente-futuro? Tutto è scaturito dalla vita che è stata suscitata e restituita decantata, passata attraverso il crogiolo del tempo, della memoria del cuore e della conversazione interpersonale.
Per descriverla, assaporo l'ultimo sorso della piccola bottiglia di vino, offerta per il viaggio, per la nostra salute integrale, comunitaria e personale!
L'atmosfera è di umiltà, di quell'humus fecondante e purificante della terra di mezzo, proveniente dall'Amazzonia, che inspiriamo e respiriamo con la speranza di purificarci e convertirci. Quell'humus che ci fa riconoscere come umani chiamati a umanizzare; perdonati e consolati chiamati a consolare, a guarire salvando, a salvarci curando le relazioni d'amore in questa società pluralista e multiculturale. Chiamati a essere "Angeli custodi" gli uni per gli altri, per le comunità e la Chiesa, per l'intera "comunità di vita", per la nostra società e per l'intera umanità. Con la nostra testimonianza possiamo incantare, attrarre, essere e fare propaganda vocazionale, crescere in qualità e quantità.
Oggi un tacchino piange, grida o canta la sua solitudine; oggi tante altre creature si uniscono all'orchestra ambientale; oggi anche noi facciamo sintesi nella nostra memoria cordiale, aiutati dalle note e dalla memoria razionale disposti a tornare sulla strada per rimetterci in cammino. Questo non era il nostro posto, il nostro "ad gentes" è oltre; lo cercheremo con maggiore impegno a maggio, durante la Conferenza regionale.
Allo stesso tempo, anche se più brevemente, un piccolo gruppo di missionari stagionati, un tempo avanguardia missionaria attiva, ora saldi e fedeli con la loro vita fatta preghiera, lavoravano spiritualmente nella retroguardia della stessa missione di consolazione - liberazione.
Lì a Manizales, nella casa di San Giuseppe, all'ombra del Santuario dedicato da P. Gerardo Bottacin a Nostra Signora di Fatima, si sono sincronizzati con quelli di Villa Marianella e con altri che non si sono potuti incontrare in questa occasione, guidati dal fedele amico della Consolata, P. Efraín Castaño, sacerdote diocesano, animatore, bussola e maestro della gioventù di Manizales e Caldas.
Alla tavola dell'Eucaristia, della Parola e del pane, abbiamo concluso la nostra gentile e breve esperienza spirituale. Mandati via, ci siamo rimessi in cammino.
"Con valore e coraggio andate avanti nel Signore" ci dice il Fondatore. “Non abbiate paura –ci dice Gesù– io sono con voi”. È con, accanto a noi, come ConSolata, madre del Consolatore, grazie all'Altro Consolatore.
* Padre Salvador Medina, IMC, missionario in Colombia.
Il rumore degli alberi che cadono o che, senza cadere, espellono brutture e suscitano rifiuto, può essere modulato e compensato dalla meraviglia quotidiana delle persone buone che, con discrete azioni eroiche, rendono bella la vita. Nel caso del vescovo, Joaquín Pinzón, la Chiesa mostra il suo volto più gentile in mezzo a tante turbolenze.
Joaquín è un uomo ancora giovane, anche se da dieci anni è il primo pastore del Vicariato Apostolico di Puerto Leguízamo-Solano, nell'Amazzonia colombiana. Fa parte dei missionari della Consolata, la congregazione che dalla metà del secolo scorso percorre questi territori coraggiosi ed emozionanti; e non ha smesso di essere missionario.
Arrivando a Leguízamo, mi abbraccia trasmettendo sincerità e giovialità. Si assicura che tutti i dettagli dell'alloggio siano pronti. Osservo come accoglie chi arriva per la “Minga Amazónica Transfronteriza”. Con questo carattere semplice, discreto e aperto, credo che ogni persona si senta considerata e importante con Joaquín. Questo è ciò che fa naturalmente chi è umile e attento.
Sono qui in rappresentanza del mio vescovo, ma non sono un vescovo. E Joaquín si preoccupa di far sì che il mio Vicariato abbia il suo posto e che io possa intervenire quando è opportuno, superando con delicatezza questa differenza di funzioni o di gradi di autorità. Lo fa con gesti concreti e soprattutto con il suo modo di fare semplice, schietto, cordiale e non invadente. Sul suo petto, la croce di legno calza a pennello.
Andiamo a Puerto Lupita per celebrare i sacramenti, compresa la Cresima. Joaquín indossa cappello e scarpe da ginnastica, sale sulla barca e fin dal primo momento si vede che è nel suo elemento con la gente. Conversando, ridendo... non c'è gravità in lui né solennità e invece c’è vicinanza e la gente lo percepisce con il suo infallibile intuito.
Infatti, nonostante la folla e il rumore, il caldo soffocante, le poche sedie e i bambini ovunque, Joaquín non fa un brutto gesto, sorride sempre, spiega con calma. Alla fine della messa, si mette in posa con infinita pazienza per le mille foto che vogliono essere scattate con il vescovo; e anche se cerchiamo di scappare, ci costringe a essere lì anche noi. Nessuno può sentirsi spiazzato vicino a lui.
Vuole che sia io a battezzare e a guidare la celebrazione. Il giorno dopo, a Soplín, il giorno dell'inaugurazione della nuova casa dei missionari e dell'ampliamento della cappella, insiste perché sia io a tenere l'omelia, perché siamo "nella mia giurisdizione", anche se logicamente è lui a presiedere. Tutto scorre, siamo orgogliosi di essere insieme e di essere chiese gemelle, su entrambe le sponde del fiume che ci unisce.
In un'altra occasione siamo andati a celebrare la festa patronale di Yarinal, un vero santuario della Consolata a Putumayo. Joaquín guidava una barca con più di trenta persone. All'Eucaristia, anche se eravamo dalla parte colombiana, mi chiese di dire qualche parola. Dopo il pranzo, Joaquín ha proposto di giocare una partita a basket, e abbiamo fatto un “casino terribile” sotto il sole violento delle due del pomeriggio: abbiamo sudato, ma abbiamo riso, scherzato e ci siamo divertiti, e il vescovo è stato il primo, come uno di noi.
In questi giorni ci sono anche riunioni in cui si discute, soprattutto, di come garantire che l'équipe di Soplín rimanga consistente anche l'anno prossimo. Joaquín ascolta con competenza e, quando è il suo turno, parla in modo franco e chiaro, con un'assertività ornata di gentilezza che genera spontaneamente fiducia.
È domenica sera e non c'è la cuoca. Joaquín prepara dei panini al prosciutto e al formaggio perché alcuni missionari e ospiti sono riuniti a tavola. Chiede di qualcuno che manca, dove andrà a mangiare? Ci sono ancora dei panini da distribuire e ci invita a continuare a mangiare; a me tornano in mente i ricordi della nonna nel suo insistente invito, e mi rendo conto che questo è forse uno dei migliori complimenti che gli posso fare.
Quella di Joaquín in generale, è una vita e un'azione molto simile a quella di Gesù: gentile, non ostentata, lontana dall'ostentazione ed esperta nel servizio. Sono questi i pastori di cui abbiamo bisogno, quelli che sono in sintonia con una Chiesa sinodale, concreta e missionaria, e con questi atteggiamenti la tessono.
(Fonte. Religión digital)
L'11 dicembre 2016 è una data storica, perché è il giorno in cui i Missionari della Consolata hanno aperto ufficialmente la loro presenza nella diocesi di Buenaventura. Da allora, sette anni fa, il nostro lavoro missionario si è arricchito di questa presenza sulla costa colombiana del Pacifico.
È importante ricordare che proprio a Buenaventura i primi cinque missionari della Consolata hanno avuto il loro primo contatto non solo con il popolo afrocolombiano, ma anche con il popolo colombiano in generale. Arrivarono 75 anni fa i padri Antonio Torasso, superiore del gruppo, Giambattista Migani, Domingo Galbusera, Giovanni Boetti e Giovanni Berloffa. Arrivarono il 12 dicembre, festa di Nostra Signora di Guadalupe, patrona d'America, inviati da padre Gaudenzio Barlassina, superiore generale, in risposta alla richiesta dell’arcivescovo di Bogotá, Ismael Perdomo, che durante un viaggio a Roma aveva chiesto missionari per rispondere alla carenza di sacerdoti nella sua diocesi, soprattutto nella zona di Magdalena Medio.
Non è un caso che la comunità sia tornata al Porto di Buenaventura proprio in quella data nel 2016 (in quell'anno il 12 cadeva di lunedì, quindi l'ingresso avvenne la domenica più vicina). Da un lato, questa apertura rispondeva al costante invito del vescovo diocesano, che all'epoca era monsignor Héctor Epalza Quintero, e dall'altro volevamo rispondere alla riflessione che si era svolta attraverso varie Conferenze e Assemblee regionali a favore di una presenza di pastorale afro sulla costa del Pacifico.
Così siamo arrivati alla cappella di San Martin de Porres (che da sei anni è parrocchia) dove la maggioranza degli abitanti è di origine africana. Il giorno dell'inaugurazione, la messa è stata presieduta da mons. Héctor, vescovo diocesano e dal superiore regionale padre Armando Olaya; erano presenti diversi missionari e anche comunità religiose e sacerdoti diocesani.
Vale la pena ricordare alcuni eventi importante che hanno prodotto questa nuova missione: più dietro nel tempo una decisione della decima Conferenza regionale che aveva proposto di rafforzare la Pastorale afro e poi il primo incontro con la diocesi avvenuto il 30 novembre 2015, con la presenza dei padri Kennedy Kimathi e Venanzio Mwangi, che rappresentavano l'allora superiore regionale, padre Angelo Casadei e il suo consiglio.
Il 7 marzo 2016 una commissione più consistente di missionari (i padri Armando Olaya, che era superiore regionale, Ricardo Bocanegra, Venanzio Mwangi e Lawrence Ssimbwa) ha visitato diversi luoghi della diocesi e presentato alla direzione regionale la proposta della cappella di San Martino de Porres come una periferia adatta alla pastorale afro-colombiana e terreno fertile per la missione ad gentes. Il 12 settembre dello stesso anno la Direzione Generale approvava l'apertura e il 28 dello stesso mese il superiore e tutto il suo consiglio si recarono a informare il vescovo della decisione che era stata presa.
Il 12 ottobre, festa della Madonna del Pilar, furono presentati al vescovo i primi missionari: padre Lawrence Ssimbwa e l'allora professo Leovilgildo Carlos Ussene, che arrivarono il 22 dello stesso mese. E così fu fino all'undici dicembre, quando avvenne l’apertura ufficiale.
I Missionari della Consolata si trovano nella diocesi di Buenaventura con lo scopo principale di lavorare nella pastorale afrocolombiana, dato che gli afrodiscendenti di questa regione costituiscono quasi il 90% della popolazione. Il cammino della pastorale afrocolombiana a Buenaventura ha una storia importante, iniziata con monsignor Gerardo Valencia Cano, il primo vicario apostolico di questa chiesa locale, e proseguita con il suo successore, mons. Heriberto Correo Yepez, quando si è tenuto il primo Incontro Pastorale Afroamericano (EPA).
Durante l'episcopato di mons. Rigoberto Corredor Bermúdez, che è stato il primo vescovo diocesano di Buenaventura, il ministero dell'inculturazione è stato inserito nel piano pastorale della diocesi con l'obiettivo di rafforzare l'identità cristiana degli afro nel pieno rispetto della loro identità culturale.
La MISSIONE AD GENTES, che è il carisma dei Missionari della Consolata, trova terreno fertile nell'attuale parrocchia di San Martin de Porres, composta da cinque quartieri. In alcuni di questi quartieri sono state registrate intere famiglie i cui membri non sono stati battezzati e si sono trovati adulti, bambini e giovani che non sanno nemmeno fare il segno della croce. Visitando periodicamente questi luoghi, abbiamo potuto organizzare processi di iniziazione cristiana per persone e famiglie che hanno bisogno del primo annuncio.
La NUOVA EVANGELIZZAZIONE è un altro aspetto importante. Certamente la maggior parte degli abitanti di San Martin de Porres sono cattolici ma un gran numero di loro vive indifferente alla fede e alla Chiesa. Quello che la Nuova Evangelizzazione pretende fare è raggiungere quegli uomini e quelle donne che, per qualche motivo, si sono allontanati. Il Sistema Integrale di Nuova Evangelizzazione è il piano pastorale della diocesi di Buenaventura: per mezzo di questo progetto pastorale i missionari di San Martin de Porres hanno formato piccole comunità di base e ministeri. Lo scopo delle piccole comunità è quello di annunciare Gesù Cristo nell'ambiente familiare, in modo che coloro che vengono evangelizzati diventino evangelizzatori e assumano ministeri al servizio dell'intera comunità che, passo dopo passo, cresce e si rafforza.
Un altro aspetto importante sono le comunità di pace, perdono e riconciliazione. La violenza è una realtà che affligge permanentemente i quartieri che compongono la parrocchia di San Martin de Porres: in quasi tutti loro si producono atti violenti e crimini perpetrati da gruppi ai margini della legge. La formazione alla pace, al perdono e alla riconciliazione cerca di curare le ferite psicologiche e fisiche inflitte alle comunità dal contesto violenta che regna nella maggior parte dei quartieri.
Celebrare i sette anni di presenza missionaria della Consolata a Buenaventura è una occasione per ringraziare il Signore per l'opportunità che ci ha dato di servire il popolo di Dio presente in queste terre della costa colombiana del Pacifico e allo stesso tempo un'occasione per ringraziare il dono dello spirito missionario ad gentes del Beato Giuseppe Allamano, che continua a contribuire alla consolazione di molti popoli e culture attraverso ogni missionario.