Una veglia il 10 gennaio nella basilica di San Bartolomeo all’Isola, a Roma, per la religiosa americana uccisa per la sua battaglia per i diritti delle popolazioni indigene e contro la deforestazione nel Brasile.

La teologa Laurie Johnston: “in lei la missione cristiana andava oltre la spiritualità personale, includendo l’impegno per i dimenticati, per le vittime del degrado ambientale e delle disuguaglianze sociali”

Suora, missionaria, martire, ma soprattutto una donna impegnata contro la deforestazione e per i diritti delle popolazioni autoctone brasiliane, suor Dorothy Stang “è stata un esempio di come mettere in pratica l’Enciclica di Papa Francesco Laudato sì, ecco perché era una persona scomoda e perché, vent’anni fa, è stata uccisa a colpi di pistola da una serie di criminali”, spiega la professoressa Laurie Jonhston, docente di teologia presso l’Emmanuel College di Boston, che il 10 gennaio, ha partecipato alla veglia, presieduta da monsignor Fabio Fabene, segretario del Dicastero delle Cause dei Santi, in memoria di suor Dorothy nel Santuario dei Nuovi Martiri di San Bartolomeo all’Isola e organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio.

Le memorie di suor Dorothy

Durante l’evento sono state consegnate due preziose memorie di suor Dorothy Stang, religiosa della congregazione di Nostra Signora di Namur, nata a Dayton, Ohio, nel 1931 e uccisa nel 2005 ad Anapu, nel Pará brasiliano: un pugno di terra proveniente dal luogo dell’assassinio e una maglia indossata dalla suora americana, la cui figura è stata ricordata nel recente Sinodo per l'Amazzonia. Terra e maglia, elementi simbolo di dedizione e sacrificio, di chi si sporca le mani restando attaccato alla quotidianità, necessari per una persona che, per diffondere il suo messaggio, è partita dalle basi: ha insegnato agli indigeni il rispetto e l’importanza della foresta, che non va aggredita e calpestata bensì va protetta e amata perché patrimonio di tutti, specie di chi la abita. Suor Dorothy ha tenuto corsi e incontri per formare le donne contadine, ha fatto studiare i diritti sociali, le politiche pubbliche per la salute, la maternità e la sessualità. Senza mai dimenticare l’importanza della Bibbia, volta a scoprire e ad approfondire il protagonismo delle donne negli strumenti necessari a compiere la liberazione di un popolo.

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La tomba di Suor Dorothy Stang ad Anapu nello Stato di Pará in Brasile

Il giorno dell’omicidio

Generare consapevolezza, aprire spazi, lottare per la giustizia. “Forse proprio per la sua dedizione a certi impegni suor Dorothy era diventata una persona scomoda, da rimuovere”, commenta Johnston. L’omicidio avviene il 12 febbraio 2005. Come suo solito, suor Dorothy si stava recando a fare visita ad alcune famiglie di contadini nella foresta. Aveva già ricevuto minacce di morte, fino ad allora, però, aveva sempre risposto “non scapperò, né abbandonerò la lotta di questi agricoltori, che vivono senza protezione, in mezzo alla foresta”. Con un sorriso, suor Dorothy, aggiungeva che “nessuno uccide una vecchia signora di più di 70 anni”. Eppure, quella mattina, la banda di giovani armati rifiutò persino i soldi offerti in cambio della vita. Lo scontro con la popolazione locale era arrivato a livelli insopportabili e le capacità di suor Dorothy avevano generato risultati tanto stravolgenti quanto fastidiosi. Così, sei colpi di pistola sparati dai nemici della natura, della popolazione locale, del creato, uccisero suor Dorothy.

L’impegno per il creato e per le donne

Ricordarla oggi, vent’anni dopo, è quindi ancora più importante perché, indica la professoressa, “specie nell’anno del Giubileo, occorre riaffermare la centralità della missione cristiana nella società contemporanea”. Il messaggio di suor Dorothy, dunque, “è perfettamente in linea col pontificato di Papa Francesco che, nel luglio 2023, ha istituito la Commissione dei nuovi Martiri, testimoni della fede e nel 2015 aveva dedicato la seconda enciclica del suo pontificato al creato”. La figura di suor Dorothy ricorda come “la missione cristiana si estende oltre l'impegno personale. Include l’impegno per i dimenticati, per le vittime del degrado ambientale e delle disuguaglianze sociali”.

Dall’Ohio, dove suor Dorothy era nata, alla basilica di San Bartolomeo all’Isola, luogo di memoria per i martiri moderni, conclude Johnston, “le testimonianze di violenze terribili e le debolezze umane s’intrecciano con storie di speranza, mostrando che è possibile creare comunità capaci di vivere in armonia con l’ambiente e con gli insegnamenti di Dio”.

* Guglielmo Gallone - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

Nel giorno dell'Epifania, il 6 gennaio 2025, due novizi colombiani hanno iniziato il loro anno di formazione nel Noviziato Continentale Sant'Oscar Arnolfo Romero dei Missionari della Consolata, nel cuore dell'Amazzonia brasiliana.

Il maestro, padre José Martín Serna, IMC, accompagnerà i due giovani, Jhon Anderson Guerrero Useche e Sergio Andrés Warnes Alcazar.

L'inizio ufficiale è avvenuto con una celebrazione Eucaristica presso la sede del Noviziato, situata nella zona nord di Manaus e presieduta da padre Julio Caldeira, IMC, consigliere Regionale in Brasile, e concelebrata dai missionari che lavorano a Manaus, i padri Gabriel Oloo, Martin Serna, Manoel Monteiro (Neo) e Antony Murigi.

In questa tappa del Noviziato, secondo le Costituzioni dell’Istituto (nn. 96-98), “il novizio approfondisce le ragioni della sua vocazione di missionario della Consolata e intensifica il processo di maturazione attraverso una speciale esperienza di unione con Dio, fino a donarsi totalmente a Lui per la missione, con la Professione Religiosa”.

Novizi

Sergio Andrés Warnes Alcázar, 24 anni, nato a Cartagena de Indias (nei Caraibi colombiani), ha iniziato il suo percorso vocazionale presso il seminario diocesano di San Carlo Borromeo, dove ha scoperto la sua passione per il servizio e la missione e ha deciso di dedicarsi alla missione ad gentes, entrando nell'Istituto Missioni Consolata (IMC).

Il suo desiderio è quello di “seguire le orme di Gesù e portare il Vangelo a chi ne ha più bisogno, con determinazione e amore per la missione”. A tal fine, “in questa nuova tappa, porto nell'anima la fiamma e la ferma determinazione di essere un missionario della Consolata; per dirla con San Giuseppe Allamano, la fiamma arde, e in questo Noviziato mi impegno a farla bruciare con amore”, conclude Sergio.

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Anderson e Sergio, novizi dell'IMC 2025 a Manaus in Brasile

Jhon Anderson Guerrero Useche ha 26 anni ed è nato a San Vicente del Caguán (Caquetá), nell'Amazzonia colombiana. Ha studiato presso il Collegio dei Fratelli di La Salle, dove ha sviluppato una grande passione per Gesù e la missione. Dopo aver studiato filosofia, ha iniziato il suo percorso formativo con i Missionari della Consolata.

Jhon Anderson esprime grande gioia perché “mi sento legato alle radici del Fondatore, San Giuseppe Allamano e alla sua proposta di missione e consolazione”. Il giovane Anderson dice di voler “vivere questo anno di Noviziato a Manaus, con grande gioia e speranza camminando con i missionari della Consolata”.

Noviziato Continentale

Dal 2021 il Noviziato Continentale si trova nel cuore dell'Amazzonia a Manaus e ha come protettore sant'Oscar Arnulfo Romero, profeta dei poveri e martire per la giustizia e la pace. I novizi sono accompagnati anche dall'équipe missionaria IMC del Gruppo di Manaus che lavorano nell’Area Missionaria Famiglia di Nazareth e nella Parrocchia di Santa Luzia.

Nel passato, questo Noviziato ha già funzionato nella città di Bucaramanga, Colombia (1981 - 1994) e a Martin Coronado, Argentina (1995-2019).

Chiediamo a Maria Consolata, nostra cara Madre, e a San Giuseppe Allamano, nostro Padre e Fondatore, di aiutare e sostenere i due novizi in questo importante anno di grazie e benedizioni, nell'ambito del Giubileo 2025, “pellegrini di speranza”.

* Padre Júlio Caldeira, IMC, missionario a Manaus (AM).

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Il missionario della Consolata padre Giovanni Battista Saffirio, è deceduto il venerdì 11 ottobre 2024 a San Paolo, Brasile. Italiano di nascita, ha vissuto per 57 anni in Brasile, Stati Uniti e Canada. Aveva 85 anni, di cui 64 di professione religiosa e 58 di sacerdozio.

Nato a Bra, in Italia, nel 1939, padre Giovanni Battista Saffirio, meglio conosciuto come João Saffirio, è arrivato in Brasile nel 1967. Ha lavorato nella Missione Catrimani, con il popolo Yanomami, in due periodi: nella “prima ora” di presenza effettiva dal 1968 al 1979, e dal 1985 al 1995. In seguito ha conseguito il dottorato in antropologia e ha lavorato negli Stati Uniti e in Canada per quasi 20 anni. In Brasile, ha accompagnato per dieci anni le attività pastorali della parrocchia di São Manuel, nell'interno di San Paolo.

Con il popolo Yanomami

Nel libro “L'incontro - Nohimayou: ricordi della Missione Catrimani”, pubblicato nel 2017 dall’Editrice Paulinas, padre Saffirio racconta il suo arrivo e il primo incontro con gli Yanomami: “Era il 16 ottobre 1968. Arrivai alla Missione Catrimani partendo da Boa Vista al mattino. Nel pomeriggio, fratel Carlo Zacquini - già da nove mesi in missione - mi presentò la maloca (yano – abitazione comunitaria) dei Korihanatheri. Nella 'grande casa Yanomami' c'erano circa 35 indigeni”. Nella pubblicazione, descrive anche il rapporto tra i missionari e gli Yanomami, nonché ciò che ha imparato da loro.

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Padre João Saffirio con gli Yanomami negli anni '70. Foto: CDI/IMC RR

Grande missionario, intellettuale e dottore in antropologia, si è distinto per il suo lavoro nell'ambito dell'assistenza sanitaria, dell'educazione e della difesa della vita indigena, per la creazione e la dedizione al censimento della popolazione Yanomami e, insieme a padre Guglielmo Damioli, per la stesura del primo atlante etnologico Yanomami, che ha contribuito in modo determinante alla delimitazione e alla ratifica del territorio Yanomami nel 1992.

Entrambi, insieme a un gruppo di suore della Consolata, fecero parte del gruppo di missionari espulsi dal territorio Yanomami dalla Fondazione Nazionale dei Popoli Indigeni (FUNAI) nel 1987, dopo aver denunciato l'invasione di 20.000 garimpeiros (ricercatori di minerali)  che portò alla morte molti indigeni; tornarono pochi mesi dopo, quando fu riconosciuta l'arbitrarietà delle azioni del governo brasiliano.

Un uomo di riflessione e di azione

Mons. Vanthuy Neto, attuale vescovo di São Gabriel da Cachoeira (Amazzonia), ha conosciuto padre Giovanni Saffirio a Roraima, quando era ancora giovane e si trovava a Catrimani. Lo ricorda poi come amministratore e superiore a Boa Vista, durante i tempi difficili della persecuzione dei missionari della Consolata a Roraima, al tempo del vescovo Aldo Mongiano, IMC, quando Mons. Vanthuy era seminarista e poi sacerdote nella diocesi. Mons. Vanthuy evidenzia tre immagini di padre Saffírio:

“Innanzi tutto era di un uomo che aveva studiato a fondo il mondo Yanomami e li conosceva molto bene; era un missionario che era stato molto vicino agli Yanomami, così come il padre Guglielmo Damioli e fratel Carlo Zacquini; ricordo che scrisse con Guglielmo un grande libro sugli Yanomami, con testi e fotografie bellissime”.

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Padre Giovanni Saffirio IMC.  Foto: CDI/IMC RR

“La seconda immagine che ho di lui è che ha vissuto esperienze molto difficili quando era Superiore Regionale della Consolata negli anni '90, con accuse e violenze contro i sacerdoti e il vescovo Aldo Mongiano: avevano una grande responsabilità per la vita e la missione a Roraima, era un uomo di grande coraggio che ci accoglieva con grande affetto ed era sempre sorridente. Nei momenti difficili, aiutato dalla sua segretaria Beth e a volte da me, scriveva testi sulla situazione e li inviava alle organizzazioni via fax”.

“La terza immagine è relativa alla beatificazione dell'Allamano nel 1990, organizzando alcune cose a Boa Vista; lo ricordo come un uomo molto intelligente, capace di grandi riflessioni”.

La biografia

Padre Giovanni Battista Saffirio è nato a Bra, in provincia di Cuneo, il 13 settembre 1939. Ultimo di sette figli nati da Giuseppe e Giordana Teresa, è stato educato alla fede cristiana in famiglia.

A 11 anni entra nel Seminario diocesano di Torino e a 17 anni nel Seminario dei Missionari della Consolata, dove emette la professione religiosa nel 1960. È stato ordinato sacerdote a Torino il 18 dicembre 1965, “dieci giorni dopo la conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II”, come disse lui stesso.

Arrivò in Brasile nel 1967 e “il 16 ottobre 1968, con un Cessna 170 monomotore, arrivai alla piccola pista della Missione Catrimani, costruita l'anno precedente dai padri Giovanni Calleri e Bindo Meldolesi”. Missionario e grande intellettuale, ha lavorato nella missione di Catrimani per due periodi (1968-1979 e 1985-1995), oltre ad essere amministratore e poi superiore della Regione di Roraima dei Missionari della Consolata a Roraima.

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Padre Saffirio a São Manuel (SP). Foto: Parrocchia São Manuel

Per molti anni è stato anche missionario negli Stati Uniti e in Canada, dove ha studiato e conseguito il dottorato in Antropologia Culturale e Sociobiologia presso l'Università di Pittsburgh in Pennsylvania all'inizio degli anni '80; dal 1996 al 2012 è stato a Toronto, Highland e Somerset. Nel 2012 è tornato in Brasile, dedicandosi alle attività pastorali a São Manuel, nell'interiore di San Paolo. Negli ultimi anni, a causa della salute cagionevole, ha vissuto nella Casa Regionale dei Missionari della Consolata a Jardim São Paulo, dove è morto la sera dell'11 ottobre 2024.

* Padre Julio Caldeira, IMC, comunità del Noviziato di Manaus, Brasile.

“Assumere la causa indigena come causa della Chiesa”.

Il Consiglio Indigenista Missionario (Cimi) ha presentato, lunedì 22 luglio, presso la sede della Conferenza Episcopale del Brasile (CNBB) a Brasilia (DF), il Rapporto sulla violenza contro i popoli indigeni in Brasile - 2023. Ricordiamo che in Brasile vivono 305 popoli indigeni, di 116 registrati come popoli in isolamento volontario, che, per questo, sono sempre più vulnerabili di fronte alla logica che antepone il profitto alla vita.

Mancanza di diritti e di demarcazione

L’incontro è iniziato con un rituale indigeno e con la denuncia della violazione dei diritti e della inerzia delle autorità nello Stato di Mato Grosso do Sul, aggravata dalla mancanza di demarcazione delle terre indigeni. Erano presenti l'arcivescovo di Manaus e presidente del Cimi, il cardinale Leonardo Steiner, il segretario esecutivo del Cimi, Luis Ventura; gli organizzatori del rapporto, la sociologa Lucia Helena Rangel e Roberto Antônio Liebgott, la regista e antropologa Ana Carolina Mira Porto e due rappresentanti dei popoli indigeni: il capo della Terra Indigena (TI) Caramuru, Catarina Paraguassu, nel sud-ovest di Bahia, Nailton Muniz, Pataxó Hã-Hã-Hãe, e la leader Avá-Guarani del tekoha Y'Hovy, nella TI Tekoha Guasu Guavirá, nel Paraná occidentale, Vilma Vera.

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Presentazione del Rapporto sulla violenza contro i popoli indigeni in Brasile - 2023. Foto: Willian Bonfim

Il Rapporto, si sviluppa in tre capitoli e 19 categorie di analisi, presenta una panoramica delle varie forme di violenza e di violazioni commesse contro le popolazioni indigene in tutto il Paese nel 2023, primo anno del terzo mandato dell'amministrazione del Presidente Lula, che, al momento, ha fatto poco sulla questione indigena. Secondo il rapporto, infatti, la violenza contro le popolazioni indigene in Brasile non è diminuita.

Secondo Lucia Helena Rangel, il Congresso nazionale, i deputati e i senatori intendono legiferare per porre fine ai diritti degli indigeni e incitare alla violenza. La sociologa ha sottolineato che il Rapporto include 150 casi di conflitti per i diritti territoriali, 276 casi di invasioni, sfruttamento illegale delle risorse e danni alla proprietà, 850 casi di omissione e ritardo nella regolarizzazione delle terre, 411 casi di violenza, tra cui 208 omicidi, nonché 1.040 bambini fino a 4 anni uccisi a causa dell'omissione di soccorso del governo e 180 suicidi.

Vedi il video della presentazione del Rapporto a Brasilia (DF) (Portoghese)

Un grido di denuncia per rendere visibile la realtà

Da qui l'importanza di questo “grido di denuncia, che mira a dare visibilità alla situazione e alla realtà dei territori indigeni e, nello stesso tempo, di manifestazione della resistenza dei popoli indigeni”, ha dichiarato Luis Ventura. “È un documento che mira a sollecitare ed esigere che i responsabili prendano misure urgenti per affrontare questa violenza permanente e strutturale contro i popoli indigeni”, ha sottolineato il segretario esecutivo del Cimi.

Il cardinale Leonardo Steiner ha ricordato che “i popoli indigeni sono una testimonianza vivente dell'audacia e della perseveranza della lotta”. Inoltre, ha denunciato come nel corso della storia del Brasile da una parte “i popoli indigeni sono stati cacciati, poi schiavizzati, poi difesi dai sacerdoti gesuiti, dall’altra, però, nel corso della storia brasiliana, i popoli indigeni sono sempre stati massacrati”, causando la distruzione delle culture e la scomparsa delle lingue”. Per questo, ha insistito il cardinale è urgente e necessario “portare avanti la vera missione che abbiamo ricevuto, ovvero quella di far sì che la causa indigena diventi anche la causa della Chiesa”.

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Scarica qui la sintesi del Rapporto in altre lingue: Inglese - Spagnolo - Francese

Mons. Leonardo Steiner ha affermato che stiamo vivendo “un momento estremamente difficile, perché il Congresso Nazionale ha perso l'orizzonte dell'etica, ma peggio, ha perso la morale, perché pensa di poter imporre certe leggi ai popoli indigeni, dimenticando che c'è una giustizia da cui deve scaturire la legge. Vi è la legge, vi è la giustizia, e la giustizia non coincide con le leggi che vengono elaborate e con tutti i tentativi che sono stati fatti nel Congresso Nazionale”, evidenziando che la Chiesa cattolica è al fianco dei popoli indigeni.

Il rapporto verrà consegnato alle autorità brasiliane e a Papa Francesco, “come testimonianza del servizio che la Chiesa sta svolgendo in Brasile a favore dei popoli indigeni”.

Negazione e violazione dei popoli indigeni

I leader indigeni presenti hanno denunciato la negazione e la violazione dei diritti dei popoli indigeni in Brasile. Vilma Vera ha ricordato che “con molte difficoltà e molta lotta il nostro popolo ha conquistato diversi diritti all'interno della Costituzione Federale”, ha affermato. La situazione di odio e pregiudizio in corso ha spinto la leader indigena a chiedere: “fino a quando il Brasile continuerà ad assistere a questo massacro? Fino a quando il sistema giudiziario brasiliano andrà contro la popolazione indigena, creando e approvando leggi totalmente contrario alla legislazione? Fino a quando assistere alla morte dei nostri parenti?” Poi ha lanciato un appello affinché la giustizia svolga il suo ruolo, la società civile brasiliana aiuti i popoli indigeni e si ponga fine a questo massacro silenzioso, compresa l’uccisione dei bambini, che hanno diritto al loro territorio.

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Lucine Barbosa della Terra Indígena Laranjeira Nhanderu, Mato Grosso do Sul

Il leader indigeno dal 1975, Nailton Muniz del popolo Pataxó Hã-Hã-Hãe, ha raccontato le violenze subite da lui e dal suo popolo in tutto quel tempo, con l’aggravarsi della situazione nel gennaio 2024. A nome del suo popolo, ha denunciato per l’ennesima volta, che “è triste vivere in un Paese che non rispetta la nostra Costituzione” e non garantisce i diritti fondamentali ai popoli indigeni. Ciò che maggiormente preoccupa i leader indigeni, è poter costituire un'organizzazione, unire le forze anche a livello spirituale, in modo tale da ottenere la demarcazione delle loro terre. Di fronte alle continue uccisioni di indigeni e alla mancanza di protezione da parte delle autorità, egli afferma con audacia che “il sistema giudiziario è contro di noi”.

Violenza contro i sostenitori

L'odio e la rappresaglia colpiscono anche i sostenitori e i simpatizzanti degli indigeni, secondo la regista e antropologa Ana Carolina Mira Porto che ha denunciato l'invisibilità della questione indigena   nei mezzi di comunicazione e l'impunità degli attacchi contro i popoli indigeni e i loro sostenitori. Ha parlato apertamente di un genocidio in corso, che sta causando morti, feriti e traumi per molte persone. Per questo ha chiesto l'auto demarcazione, la giustizia e il no al “Marco temporale”, proposta di legge che rende questi popoli ancora più vulnerabili.

* Padre Luis Miguel Modino, comunicazione della CNBB Norte1

Scarica qui la sintesi del Rapporto in italiano

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III Marcia delle donne indigene, settembre 2023. Foto: Maiara Dourado/Cimi

La parrocchia di Nostra Signora Consolata a Brasília, la capitale del Brasile, ha celebrato il suo Giubileo di Diamante - 60 anni di evangelizzazione - con una Messa solenne, domenica 23 giugno, presieduta dal cardinale arcivescovo, mons. Paulo Cézar Costa.

Tutti noi, religiosi e laici, siamo felici e viviamo questo Giubileo con entusiasmo e dedizione, costruendo l'unità della parrocchia, creata il 20 giugno 1964 dall'allora arcivescovo di Brasilia, Mons. José Newton, e presa in carica dai Missionari della Consolata fin dai suoi inizi. La Madre Consolata è nei nostri cuori e ci ispira.

Molte persone hanno dato il meglio di sé dalla sua creazione. Tra i tanti, padre João Marim, che fu il primo parroco, padre Claudio Fronza, il primo parroco brasiliano, padre Atilio Scapim, che costruì la chiesa attuale nel 1981. Alcuni hanno lavorato qui fino ai loro ultimi giorni, come il padre José Olivero e il padre Orestes Ghibaudo. Tutti questi missionari sono testimoni di dedizione e amore. Insieme a loro, innumerevoli laici, uomini e donne, appassionati e devoti della Madre Consolata che hanno affrontato le difficoltà, con grande fede e speranza e ancora oggi testimoniano  il loro coraggio e la loro  perseveranza.

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Per preparare e celebrare questo Giubileo, il Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) ha istituito un comitato per pianificare la Novena mensile del Giubileo (ogni giorno 20 di ogni mese, a partire da settembre 2023), con una propria celebrazione e predicazione. Vescovi e sacerdoti dell'arcidiocesi hanno presieduto le celebrazioni, con testimonianze di persone della comunità che hanno rappresentato le diverse tappe di questi 60 anni.

Il CPP ha anche pianificato la ristrutturazione completa della chiesa parrocchiale, del salone delle feste e della casa parrocchiale, con l'obiettivo di rendere la parrocchia ancora più bella e accogliente dopo il Giubileo. Per raccogliere fondi per i lavori di ristrutturazione, il CPP ha creato il Libro d'Oro, che prevede una donazione di 1.000 Reais da parte di speciali benefattori. Oltre a questo, è stata organizzata una lotteria con un anello d'oro donato da un parrocchiano e molte altre attività realizzate dai gruppi pastorali, dai movimenti e dai servizi della parrocchia.

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 La tradizionale processione con l'immagine della Patrona ha percorso i nove quartieri della parrocchia

I preparativi per il Giubileo hanno incluso anche la tradizionale Festa Junina, che quest'anno si è svolta con successo il 14 e 15 giugno. C'erano musica, tombolate, pesca per bambini, molte bancarelle con cibi tradizionali, bevande, dolci e la famosa danza folklorica “Consolata Quadrilha”.

Festa religiosa: il Giubileo

Il 20, 21 e 22 giugno si è svolto un Triduo solenne con la presenza dell'arcivescovo Ordinario Militare del Brasile, mons. Marcony Vinícius, e del rettore della Basilica di San Francesco d'Assisi, fra Flávio Amorim.

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La celebrazione del Giubileo si è svolta domenica 23 giugno. La commemorazione è iniziata con le Messe del mattino sia nella Comunità Divina Misericordia (ore 9) sia nella chiesa parrocchiale (ore 10). Nel pomeriggio, a partire dalle ore 15, la tradizionale processione con l'immagine della Patrona, che artisticamente decorata e posta sul retro di una macchina, ha percorso i nove quartieri della parrocchia, benedicendo le famiglie, i malati, gli anziani e i bambini.

È stato impressionante vedere la fede e la devozione della nostra gente verso la Madre di Gesù Cristo. Canti, preghiere e striscioni che alludevano alla Madre hanno abbellito il percorso. La processione si è conclusa davanti alla chiesa parrocchiale. È poi seguita la celebrazione solenne della Santa Messa che, per questo Giubileo, è stata presieduta dal cardinale Paulo Cézar Costa, arcivescovo di Brasilia.

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Nella processione d'ingresso alla celebrazione eucaristica, proprio dietro la statua della Consolata, c'era un gruppo di uomini e donne rappresentanti della lunga storia della comunità che hanno portato la fiaccola delle difficoltà e delle gioie della parrocchia attraverso la loro partecipazione al Consiglio parrocchiale, alle attività pastorali e ai Movimenti per molti anni. A loro va la nostra eterna gratitudine per il coraggio, l'audacia e la perseveranza!

La Messa solenne del Giubileo ha visto la partecipazione dei rappresentanti di tutti i ministeri, movimenti e servizi pastorali che operano nella parrocchia e si è conclusa con l'incoronazione della Madonna da parte dei bambini del catechismo, seguita dall’inaugurazione e dalla benedizione della targa commemorativa del Giubileo da parte del cardinale Paulo Cézar in compagnia del parroco e dei vicari della parrocchia, padre Hector Elias e padre Mário Alves.

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Padre Lírio Girardi, parroco della parrocchia Consolata a Brasília

Come ci ha insegnato il nostro Maestro Gesù, la parrocchia della Consolata è nata piccola, come un granello di senape. A poche famiglie, con molta fede e coraggio, si sono poi aggiunte altre famiglie, con una fede e coraggio accresciuti, in questi 60 anni di vita, generando altre comunità, come la parrocchia Beato Allamano a Samambaia, la parrocchia di San Francisco, oggi Basilica, e infine la Comunità Divina Misericordia, che fa parte della parrocchia e rappresenta la Chiesa in uscita, tanto voluta da Papa Francesco e dall'ardore missionario del nostro Istituto.

Che la Madre Consolata continui a illuminarci e a indicarci la vera Consolazione, Gesù Cristo!

* Padre Lírio Girardi, IMC, parroco della parrocchia Consolata a Brasília (DF).

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L'incoronazione della Madonna è stata fatta dei bambini del catechismo

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