In preparazione alla canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, che avverrà domenica prossima, 20 ottobre 2024, Giornata Missionaria Mondiale, l'Istituto Missioni Consolata in Argentina ha realizzato una serie di otto video per raccontare la vita del nuovo santo torinese.

Condividiamo questi video in spagnolo con sottotitoli in italiano

Episodio 1 - Il mistero della vita

 Episodio 2 - Alla ricerca del senso della vita

 Episodio 3 - La moda era "andare in missione"

 Episodio 4 -  Amicizia con la Consolata

 Episodio 5 - Una grande famiglia

 Episodio 6 - Superare gli ostacoli

 Episodio 7 - Il leader

 Episodio 8 - Il miracolo

 

 

 

Tra preghiera, pittura e pennelli, padre Carlo Mondini, 86 anni dei quali 55 anni come sacerdote, prima di tornare in Italia parla dei 25 anni di servizio missionario in Argentina. Il suo impegno per la missione è evidente in ogni aspetto della sua vita.

Nella Casa Regionale dei Missionari della Consolata, nel quartiere di Flores, a Buenos Aires, da un quarto di secolo batte forte un cuore italiano. Padre Carlo Federico Mondini, 86 anni, bresciano di origine, ha dedicato una parte della sua vita a portare un messaggio di speranza e consolazione in Sud America.

Arrivò in Argentina il 7 luglio 1999 con la speranza di condividere la sua fede e servire i più bisognosi. Dopo un intenso periodo di studio dello spagnolo, la sua prima destinazione è stata la parrocchia di Pompeya, a Merlo, provincia di Buenos Aires. Lì, immerso nel calore della comunità di Buenos Aires, ha iniziato a costruire le basi di quella che sarebbe stata la sua missione in Argentina: il seminario di San Miguel, la pastorale di  Jujuy, a stretto contatto con le comunità indigene, e poi Mendoza.

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Padre Mondini ha lasciato la sua impronta artistica in Africa e in Argentina, dove ha dipinto immagini religiose

Una missione senza frontiere

Nella vita del padre Mondini la formazione è stato un aspetto importante; in Kenya e in Italia, prima ancora che in Argentina, ha dedicato forze e tempo all’animazione missionaria e alla formazione di giovani missionari. Con una profonda sensibilità interculturale e una solida conoscenza della spiritualità della Consolata, padre Mondini ha saputo trasmettere ai suoi studenti la passione per la missione ad gentes. La sua esperienza di animazione missionaria è stata fondamentale per rafforzare la vocazione di molti giovani.

20240826Mondini4“Nella preghiera non siamo mai da soli. Abbiamo un dialogo intimo con Dio, il nostro Padre amorevole. È in questo incontro personale che Egli ci rivela i suoi progetti e ci guida sulla strada che ha tracciato per ognuno di noi. Osate chiedergli: “Signore, cosa vuoi che faccia? Illuminami con il tuo Spirito Santo e dammi la forza di fare la tua volontà. Parlami, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” è il consiglio che padre Mondini dà ai giovani che iniziano la loro vocazione al sacerdozio.

Pennellate missionarie: la passione per la pittura

Padre Mondini ha unito la sua vocazione religiosa alla passione per la pittura. In Africa ha decorato cappelle e ha organizzato mostre d'arte con la comunità locale, i cui dipinti sono stati venduti per sostenere progetti comunitari. In Argentina, ha lasciato la sua impronta artistica a Jujuy, dove ha dipinto immagini religiose come la Vergine Consolata e il Sacro Cuore di Gesù, donando le sue opere alla comunità. Sebbene per lui la pittura sia solo un hobby, il suo talento ha contribuito a decorare gli spazi e a stabilire un contatto con le persone. Con le sue pennellate missionarie dimostra che l'arte può essere un potente strumento di evangelizzazione e di promozione dei valori umani e cristiani.

Il cuore di un missionario

Negli ultimi tre anni, padre Mondini ha fatto della spiritualità il centro della sua vita inspirandosi alla figura di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni. Ogni sua parola, ogni suo pensiero e ogni sua azione sono concepiti come un'offerta al Signore.

“Tutto ciò che faccio, ciò che dico, ciò che penso, ogni respiro della mia bocca e ogni battito del mio cuore è un'offerta al Signore”, dice padre Mondini, riflettendo la profondità della sua dedizione.  Nella sua vita consacrata il missionario cerca di unire il suo cuore a quello di Dio e quindi di intercedere per tutte le persone, soprattutto quelle più bisognose. La sua testimonianza ci invita a riflettere sull'importanza della preghiera e dell'offerta personale come mezzi per trasformare il mondo.

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Missionari della Consolata residenti nella Casa Regionale: Guillermo Pinilla, Mario Guglielmin, James Macharia, Carlos Monidini, Marcos Im Sang Hun e Nino Bigani.

Oggi padre Carlo, che ha lasciato un segno profondo e tanta gratitudine nella comunità argentina, ha deciso di tornare in Italia, sua terra d'origine. All’età di 86 anni, questo ritorno è il risultato di una maturazione personale e spirituale che si è sviluppata negli ultimi mesi. Padre Mondini sente il bisogno di riconnettersi alle sue radici, alla sua lingua, alla sua cultura e, soprattutto, ai suoi cari. In Italia lo aspettano nipoti, parenti e amici con cui condividerà questa nuova tappa.

Ad ogni modo questa sua partenza non significa la conclusione della sua vocazione missionaria: porterà con sé il fuoco dell'apostolato che ha acceso in tanti cuori. Dalla sua patria, continuerà a dedicarsi alla preghiera e alle offerte per le necessità del mondo, ispirando altri a seguire le sue orme.

* Padre Guillermo Pinilla, IMC, superiore della Casa Regionale di Buenos Aires e Celina Atencio, insegnante a Mendoza.

I Missionari della Consolata dell'Argentina accompagnano le “Case di Cristo” a “Villa Soldati”

Nel cuore di Villa Soldati, a Buenos Aires, in Argentina, si trova un luogo di speranza per coloro che hanno bisogno di uscire dalle grinfie del consumo di stupefacenti e desiderano ricostruire la propria vita. Le “Case di Cristo” sono rifugi in cui i senzatetto trovano un ambiente sicuro in cui iniziare a guarire le proprie ferite e a ricostruire la propria autostima.

Un progetto missionario nato per vocazione e impegno

L'80% della popolazione dell'America Latina e dei Caraibi vive in aree urbane, secondo l'ultima stima del Programma per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Cepal 2023) e più di 100 milioni di persone vivono ancora in baraccopoli in cui non è possibile condurre un'esistenza dignitosa. I Missionari della Consolata in Argentina si sono impegnati in questa opzione missionaria con grande vitalità, come hanno proclamato nell'ultima Conferenza Regionale lo scorso maggio: “Vogliamo continuare a vivere in luoghi in cui nessuno vuole vivere; luoghi con instabilità sociale, rapine, violenza, tossicodipendenza e disperazione".

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L'iniziativa della pastorale nelle “villas” –la parola che si usa in Argentina per indicare una baraccopoli– è nata da un dialogo con l'attuale vescovo, mons. Gustavo Carrara il primo “sacerdote villero” a essere nominato vescovo da Papa Francesco, che ha offerto a padre Mauricio Guevara, missionario della Consolata, un luogo dove i giovani missionari potessero avere una visione concreta di una pastorale urbana di periferia.

Dopo questo incontro sono stati inviati i primi due seminaristi: Gonzalo Muñoz nella parrocchia di San Francisco de Asis, dove c'è una casa per le donne e Facundo Sánchez nella parrocchia della Vergine Immacolata dove c'è una casa per giovani e uomini. Animati da un impegno sincero anche i sacerdoti della Consolata, i padri Jean Paul Katalya e Donald Mwenesa, si sono aperti al lavoro nella “villa” creando spazi di incontro e sostegno per la comunità.

Le “Case di Cristo” sono nate il Giovedì Santo del 2008, quando il “Cardinale Bergoglio”, oggi Papa Francesco, ha effettuato una lavanda dei piedi a Villa 21-24. Attualmente sono circa 200 i centri gestiti da sacerdoti diocesani chiamati “sacerdoti villeros” e da un gran numero di collaboratori laici.

Anche padre Guillerno Pinillas, missionario della Consolata, accompagna i giovani recuperati nella distribuzione di cene di solidarietà, un servizio offerto dai bambini dell'Hogar de Cristo. “Sono spazi di ascolto e di compagnia”, dice padre Guillermo, “accompagnandoli impariamo a conoscere le persone che vogliono lasciare questo mondo e avere una nuova vita, quando esprimono questa richiesta di aiuto li avviciniamo alle case". Per i missionari questo spazio rappresenta non solo un sostegno e un accompagnamento in un contesto sociale complesso, ma anche uno spazio di trasformazione reciproca.

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Programma radiofonico Seminatori di speranza

Rifugio per claudia

Claudia è una delle tante persone che hanno trovato rifugio e sostegno nelle Case di Cristo. In un'intervista condotta da padre Donald Mwenesa nel programma “Seminatori di speranza” in onda nella radio “FM Soldati”, racconta di essere arrivata alla casa sei anni prima in un momento di profonda vulnerabilità e disperazione "vivevo per strada con mio figlio e mi drogavo". L'équipe della casa di accoglienza l'ha accolta con calore e comprensione, dandole non solo riparo e cibo, ma anche il sostegno emotivo e l'aiuto professionale di cui aveva bisogno per iniziare a ricostruire la sua vita. “Oggi –dice con determinazione– continuo aggrappata alla casa, sono alla costante ricerca di un equilibrio e continuo a curarmi”. Il trattamento che Claudia riceve alla Casa è stato e continua a essere fondamentale nel suo processo di recupero. “La casa è la mia famiglia, il mio tetto, un luogo in cui non vengo etichettata o giudicata”. Claudia ha anche partecipato a corsi di formazione che le hanno permesso di acquisire nuove competenze e di affittare una casa da sola in cui vivere con i suoi tre figli.

Le tre “C” della morte e le tre “C” della vita

Il lavoro delle “Case di Cristo” nelle comunità urbane porta a una trasformazione sociale che va oltre l'assistenza di base. Invece di concentrarsi esclusivamente sui bisogni immediati, l'organizzazione ha adottato un approccio proattivo, un cambio di paradigma, sostituendo le tre “C” che portano alla morte –in spagnolo «calle, cementerio, cárcel” che sono strada, cimitero, prigione– con altre tre “C” che rappresentano una struttura di opportunità di trasformazione: cappella, club e collegio.

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Un incontro tra il collegio di Mendoza e Villa Soldati

Da più di tre anni, un bellissimo legame di amicizia unisce la Scuola Parrocchiale di Villa Soldati con il Colegio “Nuestra Señora de la Consolata” dei Missionari della Consolata di Mendoza. Questa fratellanza che non solo si nutre di valori condivisi, ma si rafforza anche attraverso esperienze concrete che uniscono i loro protagonisti. Un esempio stimolante di questo legame è il viaggio di studio dei giovani di Villa Soldati a Mendoza, dove vengono accolti nel rifugio delle Missionarie della Consolata. L'incontro fra gli studenti delle due scuole aggiunge due “C” a questa avventura di vita: Consolata e pedagogia della Cura.

* Celina Atencio è insegnante a Mendoza. Padre Donald Mwenesa, Comunicazione IMC Argentina.

Il cardinale Ángel Sixto Rossi, SJ, ha presieduto la Messa in cui il Santuario di Nostra Signora della Consolata a Sampacho, a sud di Córdoba, in Argentina, è stato elevato a Basilica Minore. La celebrazione si è svolta il 10 giugno, nel 90° anniversario del terremoto di Sampacho che distrusse la chiesa.

Le reliquie del Beato Allamano

Dopo di questo grande evento, il 14 giugno, le reliquie del Beato Giuseppe Allamano sono state ricevute e intronizzate dal Superiore dei Missionari della Consolata in Argentina, padre Marcos Sang Hun Im, che ha ringraziato la comunità per la loro devozione e ha anche sottolineato che "l'intronizzazione delle sue reliquie corona la relazione di Giuseppe Allamano con l'Argentina".

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In quell’occasione il padre Marcos ha raccontato come la vita spesso presenti misteri che possono essere compresi solo con il passare del tempo e come due di essi siano legati a questo grande avvenimento.

Il primo è il rapporto di Giuseppe Allamano con l'Argentina, dove vale la pena ricordare che la devozione alla Madonna della Consolata di Cordoba è arrivata non con i Missionari della Consolata ma con i piemontesi emigrati da Torino. In Argentina, i piemontesi si stabiliscono nelle province di Santa Fe e Cordoba e la prima immagine della Consolata è stata portata da padre Giovanni Cinnoto, di origine piemontese, nel 1908. Quando nel 1946 i Missionari arrivarono a questo paese la loro patrona li stava già aspettando da tempo.

Il secondo avvenimento che padre Marcos ricorda è invece legato alla sua relazione con il padre Osvaldo Leone, rettore del Santuario. Dopo la formazione iniziale in Corea del Sud, si stava preparando a raggiungere il Noviziato in Italia ma all’ultimo momento fu dirottato verso l’Argentina. Siccome non conosceva la lingua chiese delle riviste che potessero aiutarlo con lo spagnolo e lesse in quell’occasione articoli del padre Osvaldo Leone, che conobbe più tardi, nei quali parlava di esperienze missionarie. Undici anni dopo (2023) si sono incontrati nuovamente a Roma quando padre Osvaldo, in qualità di rettore del Santuario, venne a chiese le reliquie del Beato Allamano per intronizzarle nel santuario. A questa celebrazione ha partecipato come Superiore dell'Argentina. “Questi eventi –dice il padre Marcos– sono il risultato dell’opera di Maria Consolata e di Giuseppe Allamano”.

Padre Osvaldo Leone ha ringraziato la famiglia della Consolata per aver accompagnato questo momento storico della Basilica. La Consolata è la quinta Basilica Minore della provincia di Cordoba e la 48ª in Argentina. La trasformazione della chiesa in Basilica è dovuta alla fede della popolazione locale e ai pellegrini che hanno permesso continuamente e silenziosamente che questo cambiamento avvenisse.

Messaggi da Roma

Il cardinale mons. Víctor Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha inviato un videomessaggio alla comunità di Sampacho, in cui ricorda che, quando studiava in seminario, si recava in questa basilica santuario insieme ad altri giovani, per “pensare alla vocazione, per chiacchierare”. “Lì, davanti alla Vergine della Consolata, ho sentito tante volte la chiamata di Dio e ho ammirato, assieme a tanti altri, come la gente e la comunità abbiano dato tanto e messo tanto impegno e tanta collaborazione per costruire un santuario così bello, dove si entra e si percepisce la bellezza di Dio”, ha detto.

Anche Papa Francesco attraverso una lettera con la firma del sostituto della Segreteria di Stato della Santa Sede, monsignor Edgar Peña Parra, ha inviato i suoi saluti per questa occasione così speciale.

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Storia della devozione

La comunità di Sampacho è stata fondata nel 1875 da molte famiglie immigrate dal Piemonte. A principio del XX secolo il padre Giovanni Cinotto promosse la devozione alla Consolata e nel 1908, a bordo di una nave, arrivò al Río de la Plata - e da li a Sampacho - un'immagine di Nostra Signora della Consolata del peso di 1232 chili. È la stessa che ogni 20 giugno gli uomini della comunità portano in processione lungo un percorso di 16 isolati.

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La Basilica della Consolata di Sampacho, nel sud della provincia di Cordoba, Argentina. Foto: ADN Celam

Sampacho festeggia: il Santuario della Consolata diventa Basilica (Canal Orbe 21)

Il tempio è stato dichiarato Santuario nel 1946 e il 10 giugno 2024 è stato elevato a Basilica Minore. Tra le richieste più frequenti rivolte alla Madonna della Consolata ci sono la salute degli occhi e la cura delle malattie oculari.

Il primo missionario della Consolata, padre Mario Viola, arrivò a Buenos Aires il 30 settembre 1946. Pochi mesi dopo arrivarono altri missionari che permisero, nel 1947, di avviare le attività nella diocesi di Rosario. Successivamente, l'Istituto ha esteso la sua presenza ad altre diocesi e ai territori del Chaco e di Formosa, considerati più specificamente come campi di attività missionaria.

Attualmente, 23 missionari della Consolata lavorano in Argentina in cinque parrocchie e in due scuole: Nuestra Señora de la Consolata a Mendoza e l'Instituto Pablo VI, a San Francisco, Córdoba. A Buenos Aires, nel quartiere di Flores, c'è la Casa Regionale.

* Padre Donald Mwenesa e Diana Sosa, Equipe Comunicazione IMC Argentina.

Il programma dell'XI Conferenza Regionale dei Missionari della Consolata in Argentina, svoltasi a Luján dal 28 al 31 maggio, ha offerto molti contributi arricchenti sulla missione ad gentes, sul luogo teologico della missione e sulla sfida dell'interculturalità.

Nei loro progetti di evangelizzazione i Missionari della Consolata in Argentina cercano di camminare in armonia con la Chiesa locale e questo è stato riconosciuto dal Vescovo della Diocesi di Merlo-Moreno, Mons. Juan José Chaparro, presiedendo l'Eucaristia del secondo giorno della Conferenza, in occasione della memoria liturgica di San Paolo VI.

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Nell'omelia il vescovo ha sottolineato l'insegnamento e la dedizione missionaria di Papa Paolo VI e ha ringraziato i laici della Consolata per il loro impegno missionario nella diocesi insieme alla presenza della Comunità Apostolica Formativa (CAF). “Ogni Istituto religioso arricchisce la Chiesa locale e noi apprezziamo molto la presenza della CAF; gli studenti con la loro gioventù e diversità sono un dono per tutta l'Argentina. Oggi –ha sottolineato– non viviamo tempi facili, ma la Chiesa, aderendo personalmente a Gesù e ascoltando il grido del popolo, propone il Vangelo per la trasformazione del mondo”. Nel CAF, che si trova accanto alla parrocchia del Santo Cura Brochero a Merlo, sono presenti sette studenti di teologia provenienti da diversi Paesi.

Il programma della Conferenza prevedeva lavori di gruppo su temi quali: il missionario in comunità, il missionario in formazione, la missione ad gentes, l'organizzazione dell'Istituto e l'economia della missione.

La Conferenza ha dedicato molto tempo a riflettere sul Progetto di Vita Comunitaria (PCV), riconosciuto come un vero indicatore per le comunità missionarie che si prendono cura e si rispettano reciprocamente. In esso trovano spazio elementi fondamentali come la costruzione della vita fraterna; l'unità nello svolgimento delle attività (unità di intenti); un programma che preveda almeno un incontro mensile; la distribuzione dei compiti nella comunità sempre in armonia con i valori e gli atteggiamenti che abbiamo imparato da Giuseppe Allamano.

L'impegno a cercare nuove strade

Juan Pablo de los Ríos, Consigliere generale per l'America, ha detto ai missionari presenti che la Conferenza è finita, le linee guida sono state date, ma non bisogna smettere di cercare nuove strade. “È stato fatto un buon lavoro e possiamo guardare al futuro con ottimismo: l'Argentina ha missionari giovani e sacerdoti anziani, che danno esperienza e solidità alla nuova missione. Vedremo i risultati tra qualche anno, abbiamo molta speranza”.

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Padre Juan Pablo ha anche evidenziato alcuni punti su cui si è lavorato durante la Conferenza, come la necessità che il Superiore Regionale aiuti, accompagni e riveda il Progetto Comunitario di Vita e Missione in linea con il desiderio della Direzione Regionale che ha riservato un tempo di riflessione sulla Comunità.

Un altro aspetto che ha sottolineato è la preparazione di un formatore perché, anche se è vero che al momento non abbiamo seminaristi locali, “dobbiamo essere pronti ad accogliere persone disposte a fare un'esperienza con noi”.

Il Consigliere Generale ha messo in evidenza le nuove sfide che la Regione Argentina vuole raccogliere: la pastorale afro e la pastorale nelle “villas” (periferie povere) a queste si aggiunge anche la Pedagogia Allamaniana nel campo dell'educazione. Allo stesso tempo ha apprezzato lo stile sinodale della conferenza in cui erano presenti una Suora Missionaria della Consolata e i responsabili laici delle scuole IMC in Argentina.

Il Superiore Generale, Padre James Lengarin, ha lasciato un messaggio finale alla Conferenza: “Siamo qui per accompagnare e consolare le persone, questo è il nostro servizio e il nostro cammino. Sono felice perché abbiamo sognato la missione con i migranti, gli afro e le Villas; oggi dobbiamo mettere in pratica questo sogno”.

In questo modo i 23 missionari della Consolata presenti in Argentina sono incoraggiati a continuare ad andare avanti e, con la gioia di dare tutto, l'Argentina si alza, canta e cammina!

* Padre Donald Mwenesa e Diana Sosa, comunicazione Regione Argentina.

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