III domenica di avvento anno B

Pubblicato in Domenica Missionaria


Is 61, 1-2. 10-11
Sal Lc 1,46-50, 53-54
1 Ts 5, 16-24
Gv 1,6-8:19-28

 

«Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell’angoscia ora nella speranza, ricevere la buona novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo… che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia di Cristo e accettino di mettere in gioco la propria vita affinché il regno sia annunziato» (EN 80).


La preghiera liturgica di oggi chiede il dono di «celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza». Fa da eco al carattere tipico della terza domenica di Avvento, da sempre qualificata come domenica della gioia, nell’imminenza ormai del natale. Allo stesso sentimento allude la seconda lettura, con l’invito: «siate sempre lieti». Il natale viene ancora una volta per ricordare quello che forse abbiamo dimenticato: Dio vuole che siamo felici, nonostante le tristi situazioni in cui ogni giorno ci possiamo imbattere. Gesù stesso afferma di essere stato mandato nel mondo per portare la pienezza di gioia. Quella gioia che sempre è stata annunziata dai profeti come caratteristica dei tempi messianici. La liturgia dell’Avvento ci vuole «esultanti nella gioia», che prelude a quella del natale e prolunga in ognuno l’esultanza di Maria: «l’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore» (salmo). «Caratteristica di ogni vita missionaria autentica è la gioia interiore che viene dalla fede» (RM 91).
Ci si può domandare: perché nel mondo c’è tanta tristezza? Perché ne sono investiti anche i cristiani; perché le nostre celebrazioni non sono “esultanti” per la gioia dell’incontro con il Signore e con i fratelli. Forse perché si è persa la speranza. O perché non abbiamo occhi capaci di vedere, come rimprovera il Battista, che proclama: «in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete», uno che non siete capaci di vedere. Qui risiede il senso dell’Avvento: riconoscere che Gesù Cristo è assoluta novità nel cammino del cristiano, della Chiesa, dell’umanità. Ritorna l’invito alla vigilanza: «Non spegnete lo spirito, non disprezzate la profezia; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono». Ci lamentiamo tanto, anche troppo, del male, delle cose che non vanno, degli scandali, e non ci accorgiamo che nel bosco della vita umana non vi sono solamente piante che cadono, ma anche altre che crescono senza far rumore. Non sappiamo vedere il bene. Fin dai primi tempi della cristiani, i Padri, pastori e maestri nella fede, hanno parlato dei “semi del Verbo”, e il Concilio Vaticano II dei “segni dei tempi”, che sono indicazioni per valutare che cosa ci indica Dio oggi proprio attraverso gli eventi e per scorgere i “semi” della presenza di Dio e dell’azione dello Spirito Santo nel mondo, che attendono di svilupparsi anche con il nostro contributo.
Lo Spirito del Signore è in noi, come su Gesù, per portare il “lieto messaggio”, proclamare la liberazione, indire un “anno di grazia” (Ia lettura). Egli è «il protagonista della Missione». E’ lui che suscita la volontà di impegnarsi nell’annuncio del vangelo, dà il coraggio di parlare, agisce in chi ascolta perché accolga la proposta che gli viene fatta. E’ lui che indica i sentieri da percorrere. Egli sta all’origine «della domanda esistenziale e religiosa dell’uomo» e «dei nobili ideali e delle iniziative di bene dell’umanità». Lui «ispira, purifica e fortifica quei generosi propositi, con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita» (RM 28).
E’ necessario che il cristiano, e più ancora il missionario, sappia discernere questi segni, apprezzare le indicazioni di futuro che possono provenire da ogni parte e da qualunque persona, senza subito rifiutarle. Occorre piuttosto mettersi in ascolto, esaminare, valutare e accogliere ciò che è buono. Questo è anche l’atteggiamento nei riguardi delle persone, vicine e lontane, del proprio ambiente nativo o di altri Paesi, razze, culture, religioni. Sul riconoscimento e apprezzamento dei valori di ciascuno ci si arricchisce vicendevolmente e si costruisce la fraternità, si abbattono muri e si costruiscono ponti. C’è ancora molto cammino da fare in questa direzione. Chi è sensibile alla dimensione missionaria, ne è particolarmente coinvolto.

P. Gottardo Pasqualetti, imc

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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