Domenica delle Palme - B

Pubblicato in Domenica Missionaria
“Obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8)

Le norme liturgiche invitano i sacerdoti a non omettere una riflessione – pur breve – sui testi biblici, nonostante la lunghezza della lettura del Passio. Accenniamo ad alcuni spunti che possono aiutare ad una migliore comprensione del racconto della passione, scritto dall’evangelista Marco.

- L’evangelista Marco da molto risalto al tradimento di Pietro, di cui, con molta probabilità, ne è stato il segretario. Sono i ricordi di Pietro a venire annotati dall’evangelista, quasi fossero una sua “purificazione della memoria”. Pietro, che ha assaporato la gioia del perdono e della riabilitazione, grazie all’amore di Dio, vuole che la sua esperienza diventi motivo di speranza per tanti che come lui hanno sperimentato debolezza e peccato.

- L’abbandono di Gesù da parte del Padre costituisce il momento più doloroso della sua agonia e della solitudine che caratterizza la scena nell’orto degli ulivi. Egli sperimenta fino in fondo il silenzio di Dio e la sua assenza. Egli incarna veramente la figura del “servo sofferente” che, carico dei peccati altrui, si sente abbandonato da tutti, disprezzato e reietto. Questa lontananza da Dio è il misterioso abisso del peccato dell’umanità che pesa sulle spalle del Figlio dell’uomo. In quella situazione, Gesù spera contro ogni speranza e si abbandona nella braccia di quel Padre da cui si sente lontano e abbandonato. È la breccia attraverso cui l’umanità può avere accesso alla salvezza.

- Gesù non è morto, ma è stato ucciso! La differenza è abissale. La prima è la conclusione di un processo naturale di deterioramento dell’organismo umano. La seconda costituisce invece il martirio, cioè una testimonianza di vita che rende credibile i valori da lui vissuti. L’uccisione è pertanto una “morte attiva” che sublima gli ideali per cui Gesù ha vissuto, in cui ha creduto e che ha annunciato con la sua parola. Se la morte è la fine della vita, il “martirio” ne esalta il fine.

- La contro-testimonianza dei discepoli si contrappone in maniera evidente alla testimonianza di Gesù. Viene esplicitata in molteplici scene e occupa ampio spazio nel vangelo di Marco. È motivo di riflessione alla Chiesa di ogni tempo, perché mostra per contrasto la grande distanza tra ciò che è e ciò che invece dovrebbe essere quale discepola autentica del Maestro.

- “Veramente costui era Figlio di Dio!” (15,39). L’esclamazione del Centurione costituisce l’apice di tutto il vangelo di Marco e spiega il significato della croce che contraddice ogni logica umana: nella morte, Gesù è il vivente; colui che è giudicato e condannato dagli uomini è il giudice della storia; l’incoronato di spine è il vero re e il patibolo ne è il trono; colui che non si salva dalla condanna è il salvatore; la morte viene vinta; la gloria di Dio risplende sul volto di colui che è sfigurato…

- Gesù viene deposto nel sepolcro e viene restituito al grembo della terra. L’uomo-Dio è veramente morto. Continua il silenzio di Dio… Il sepolcro rivela però un’altra verità che riguarda l’uomo attuale: siamo humus di vita nuova, ma la pienezza di tale vita non è ancora pienamente manifestata. Il nostro tempo è quello che sta tra il venerdì santo e il sabato di resurrezione: è tempo di attesa da essere vissuto nella fede nel Dio fedele e nell’amore.

Is 50, 4-7
Fil 2, 6-11
Mc 14, 1-15,47
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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