Kenya: MsF: inaccettabile chiusura campo profughi di Dadaab

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Le autorità keniane chiedono la chiusura del campo profughi di Dadaab che ospita 350.000 persone, il più grande al mondo. Da più di 20 anni il campo ha accolto generazioni di somali in fuga dal proprio Paese, il rimpatrio forzato avrebbe dunque conseguenze disastrose. Ce ne parla Loris De Filippi, presidente di Medici senza Frontiere Italia, al microfono di Claudia Minici

– Non ci sono vere alternative alla vita di queste 350 mila persone che vivono, sì, in condizioni difficilissime, ma sempre migliori che un futuro in Somalia, vista l’instabilità di quel Paese. Basti pensare che noi siamo quasi in tutti Paesi del mondo in conflitto, ma per quanto riguarda la Somalia, da un anno non lavoriamo più con operatori internazionali proprio per la difficoltà e la mancanza di sicurezza in quel Paese. Quindi, immaginare 350 mila persone che vengano in qualche modo rimesse in quel contesto difficile e per alcuni di loro assolutamente letale è un atto di inciviltà dal nostro punto di vista, è inaccettabile.

– Quali sono le motivazioni?

– Sulle scelte fatte dal governo keniota bisognerebbe verificare con loro. E’ evidente che è una situazione difficile anche per la loro sicurezza interna. I fatti di Garissa potrebbero aver spinto in qualche maniera riflessioni su questo punto di vista. Sicuramente non è una soluzione. Queste persone in un modo o nell’altro devono permanere all’interno dei campi fin tanto che non si trovi una collocazione più adeguata. Ma in questo momento pensare al più grande campo profughi del mondo che in quattro e quattr’otto venga smantellato è una cosa fuori da ogni discussione.

- E’ necessario dunque l’intervento della comunità internazionale?

– Sicuramente questo lo chiedevamo già con forza negli anni scorsi. Ovviamente gli standard in quel campo, per mantenersi tali, hanno un bisogno molto importante di fondi, di finanziamenti. Si parla di affaticamento dei donatori proprio perché in queste condizioni, che permangono stabili ormai dal ’92, è difficilissimo che la comunità internazionale continui a finanziare, perché appunto ritiene che dovrebbero esserci altre soluzioni. Ma non ci sono. Quindi in questo momento io non vedo alternative al finanziamento di questo campo, a meno che appunto non ci siano soluzioni alternative nel breve.

– La campagna “Milioni di passi” si occupa dei rifugiati di guerra. Di cosa si tratta?

– Questo è un esempio concretissimo: 51 milioni di persone in fuga, di questi 51 milioni, 350 mila stanno a Dadaab, e noi vogliamo evidenziare questa situazione. E’ una situazione difficilissima in cui moltissime persone si ritrovano e spesso e volentieri la nostra opinione pubblica invece si interessa quasi esclusivamente del problema migranti quando arrivano sulle nostre coste. Arrivano sulle nostre coste perché vivono situazioni di quel tipo lì, drammatiche, situazioni in cui la vita ogni giorno è messa in pericolo da malattie, da una situazione di stenti e spesso e volentieri da guerre. Per questo motivo noi vogliamo richiamare l’attenzione pubblica, andando a stimolare le persone a guardare quali sono le cause di partenza di questi milioni di persone che tentano di salvare la propria vita e la vita dei loro figli.

 

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