Solennità della Santissima Trinità / B - Dio uno e trino: Padre, Figlio e Spirito Santo

"La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno” "La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno” La Santissima Trinità

Dt 4, 32-34.39-40; Sal 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20

Le letture di questa Domenica dedicata alla Santissima Trinità ci immergono nella vita di amore e di comunione di Dio uno e trino: Padre, Figlio e Spirito Santo e ci invitano inoltre a rispondere con generosità all’amore che Dio ha verso di noi.

Dal giorno del nostro battesimo, come afferma Paolo, nella Lettera ai Romani, siamo entrati in questa relazione d’amore e comunione con Dio Padre, grazie allo Spirito Santo, per mezzo di Cristo. Siamo dunque eredi di Dio e coeredi di Cristo. Ecco perché, nel Vangelo di oggi, Cristo manda i suoi discepoli con una missione ben specifica: fare discepoli tra le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Fare discepoli tutti

Questa pagina del Vangelo di Matteo è l’unica, nel Nuovo Testamento, che presenta insieme i tre nomi delle tre persone della Santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Il testo è la conclusione del Vangelo di Matteo e sono, dunque, le ultime parole di Gesù prima della sua ascensione.

Gesù risorto, prima di salire al Padre, si avvicina ai discepoli, rendendosi presente e affiancandosi nel loro cammino di fede. Non li lascia da soli poiché Egli è l’Emmanuele, “Dio con noi”, ed è sempre presente, dirà alla fine del Vangelo “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. È un Dio che è appassionato dell’uomo e che va sempre all’incontro con lui. La Sua è una presenza potente la cui potenza gli è stata data dal Padre. Il Suo non è un potere di morte e di dominio, ma un potere di vita, di amore. È il potere che Gesù ha dimostrato in croce: quello di servire e di dare la vita in maniera incondizionata. Il Suo è il potere di fare le cose nuove attraverso l’amore. Ecco perché ha bisogno dei discepoli che possano fare l’esperienza del suo amore incondizionato ed essi, a loro volta, facciano discepoli tutti i popoli.

Ecco perché, Gesù comanda che i discepoli non restino chiusi nel loro gruppo e nella loro esperienza, ma Egli vuole che essi possano uscire per percorrere le strade del mondo per convincere tutti quelli che incontrano a diventare anch’essi discepoli del Signore come lo sono loro. “Andate e fate dei discepoli”, così comanda Gesù. Il comando è chiarissimo: non andare ad annunziare una fede oppure una morale o una dottrina, né a predicare interessi personali e particolari. Essi sono mandati a fare discepoli tutti i popoli.  La nuova traduzione rende più chiara questa missione: non è più “andate e ammaestrate”, ma andate e “fate discepoli”.

Questo cambia profondamente il vero senso del mandato di Gesù: fare discepoli. Il discepolo è dunque colui che ascolta, impara e cerca. Il discepolo è colui che vive in intima unione e comunione quotidiana con Cristo. Questo implica l’instaurazione di un rapporto personale con Gesù. Tuttavia il discepolato non è una esclusività per alcuni, per pochi, ma è per tutti i credenti ogni giorno della propria vita, si tratta di fare discepoli tutti i popoli. Gesù afferma che Voi siete discepoli fate gli altri come voi, discepoli e ascoltatori dell’unica parola. Nessuno è maestro: siamo tutti uguali e la nostra missione, quella della Chiesa, è annunciare il Vangelo e attirare tutti a diventare discepoli di Gesù; bisogna dunque annunciare il Vangelo.

Nell’esortazione apostolica, “Evangelii gaudium”, Papa Francesco ha fatto risuonare, ancora con forza, il comando di Gesù: “Andate e fate miei discepoli tutti i popoli”. Scrive: “l’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante e la comunione si configura essenzialmente come comunione missionaria. Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno”(n° 23).

Battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo

Per Gesù si diventa discepoli attraverso il battesimo. Infatti, Egli dirà “andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli”. Battezzare vuole dire immergersi, andare a fondo. Il discepolato, il rapporto intimo tra il discepolo e Gesù, si fonda nel battesimo: il participio in greco reso “battezzando” è specificazione del modo di “fare discepoli”, mettendo in relazione la Divinità, con il mistero dell’amore e della comunione della Trinità. Il discepolo deve immergersi nell’amore e nella comunione della trinità, quindi deve vivere in Dio, nel figlio e con l’unico Spirito che è l’amore tra Padre e Figlio. Si tratta di immergersi nell’amore del padre, per essere suo amore in mezzo alla gente, immergersi nella comunione per essere anche comunione.

Infine, i discepoli devono osservare il comando lasciato dal maestro: amare. Pertanto, discepolo missionario è colui che vive il mandato di Gesù ogni giorno della sua vita. Come afferma Papa Francesco: “Nell’andare per le vie del mondo è richiesto ai discepoli di Gesù quell’amore che non misura, ma che piuttosto tende ad avere verso tutti la stessa misura del Signore; annunciamo il dono più bello e più grande che Lui ci ha fatto: la sua vita e il suo amore. Non chiudiamo il cuore nelle nostre preoccupazioni particolari, ma allarghiamolo agli orizzonti di tutta l’umanità”.

* Mons. Osório Citora Afonso, IMC, è vescovo ausiliare dell’Archidiocesi di Maputo, Mozambico.

Ultima modifica il Lunedì, 27 Maggio 2024 16:59

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