Domenica di Pentecoste. Anno C. Egli vi darà un altro Paracleto perché rimanga con voi per sempre

Pubblicato in Domenica Missionaria

20220530Pentecoste

At 2,1-11;
Sal 10;
Rm 8,8-17;
Gv 14,15-16.23-26.

Nel giorno di Pentecoste, ai discepoli, nel cenacolo, apparvero le lingue come di fuoco, che si dividevano tra i discepoli presenti e si posavano su di loro, fu così che tutti furono colmati dello Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue. Da questa narrazione, si può capire che la missione dello Spirito Santo è quella di continuare la vicinanza e la rivelazione del Cristo: prima c’era Gesù, adesso Lui non c’è più, il suo corpo non c’è più,  ma rimarrà per sempre il Suo Spirito, ricevuto dal Padre,  il Paracleto.

Infatti, nella pagina del Vangelo, Gesù promette che lo Spirito Santo rimarrà per sempre in mezzo ai discepoli – vicinanza – e “insegnerà ogni cosa e ricorderà tutto ciò che Cristo ha detto” – rivelazione. Con la Pentecoste, nasce una nuova comunità capace di vivere l’unità nella differenza.

Perché egli rimanga con voi

In conseguenza dell'amare e osservare i comandamenti di Gesù, i discepoli riceveranno dal Padre, per intercessione del Figlio, un altro Paracleto, che rimarrà sempre con loro. In questo pericope il Paracleto ha la funzione di “essere con voi per sempre” sottolineando la vicinanza, la prossimità. Infatti, lo stesso nome “paracleto”, in latino “advocatus” è un participio passivo che significa “chiamato presso qualcuno” è un ?che rimane. Questo verbo giovanneo “rimanere” viene menzionato per indicare la relazione tra i discepoli e Cristo ma anche tra i discepoli e Dio. I discepoli – i tralci -  sono invitati a rimanere in Cristo, la vite vera e sono anche chiamati a rimanere nel suo amore: l’amore vissuto nella relazione di Cristo con Suo Padre.  Ora, in questa pagina del Vangelo è lo Spirito che verrà e rimarrà con i discepoli per sempre. 

Per sottolineare questa vicinanza, come funzione dello Spirito Santo, Gesù usa il verbo rimanere con la preposizioni “con” per indicare la vita con lo Spirito: “con”, per esprimere la comunione. Così come Cristo ha preso dimora in mezzo a noi, così lo Spirito Santo dimora presso di noi, rimane, abita, sta presso di noi. È la stessa presenza di Gesù in mezzo ai discepoli. Infatti, dirà “vi darà un altro Paracleto”. Il Paracleto è detto “altro” rispetto a qualcuno che porta lo stesso titolo, cioè Gesù. Gesù stesso è stato il Consolatore, il difensore.

Negli Atti degli Apostoli, nel giorno di Pentecoste, i discepoli erano assieme quando “apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue”. I tre verbi sottolineano non solo la presenza dello Spirito Santo ma anche della sua funzione di vicinanza: appare, si divide e si posa sugli Apostoli e tutti sono riempiti dello stesso Spirito, sono pieni dello Spirito Santo.  Essi che vivevano nella paura e nel sospetto, che erano rinchiusi hanno ricevuto lo Spirito Santo e sono usciti per proclamare le opere del Signore.

Lo Spirito Santo che si fa vicino, presente è anche araldo dell’unità nell’amore; è lui che fa ravvicinare gli uomini per vivere in comunione, per vivere con amore. Inoltre, lo Spirito Santo è anche il difensore delle diversità, quando i discepoli furono riempiti di Spirito Santo cominciarono a parlare altre lingue e tutti  ascoltavano. 

E cominciarono a parlare in altre lingue

L’altra funzione dello Spirito Santo è quella della rivelazione. Infatti, Gesù afferma che il Padre manderà lo Spirito Santo, il quale “vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Lo Spirito aiuta a penetrare con novità ciò che Gesù ha insegnato: ricordare, insegnare, interpretare, condurre alla verità piena e futura, trasformare la grazia della Pasqua di Gesù: questo è il compito dello Spirito, interiorizzare l'insegnamento di Gesù.

Nella Pentecoste abbiamo sentito che tutti furono pieni di Spirito Santo e  questo Spirito traboccava, cioè “tra-bocca” dalla bocca, in parola e testimonianza. Infatti, Luca afferma che i discepoli non appena hanno ricevuto lo Spirito, la rivelazione, il ricordo, “cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. Pieni di Spirito Santo non hanno più paura, non sono più rinchiusi ma escono e parlano in molte lingue in modo che tutti capiscano. Luca afferma che essi “cominciarono”, facendo allusione all’inizio della creazione, poiché, con la venuta dello Spirito Santo, c’è una nuova creazione, una nuova comunità dei credenti, aperta agli altri, rispettosa dell’alterità, parla una lingua che tutti capiscono: la lingua dell’amore. L’amore si capisce in tutte le lingue anche senza parole. La nuova comunità che nasce nel giorno della Pentecoste è una comunità che si fa unità nell’amore e nella diversità. Questa comunità parla delle opere che Dio ha compiuto cioè l’amore verso l’umanità. È una comunità che vive l’unità nella differenza.

Il discepolo missionario è colui che accetta e vive questa vicinanza con lo Spirito Santo ed è capace di costruire una comunità che vive l’unità nella differenza, in questo modo come ha detto Papa Francesco, egli evita di cercare la diversità senza l’unità. Per Papa Francesco, questo succede quando ci si vuole distinguere, quando si formano schieramenti e partiti, quando ci si irrigidisce su posizioni escludenti, quando ci si chiude nei propri particolarismi, magari ritenendosi i migliori o quelli che hanno sempre ragione. Sono i cosiddetti “custodi della verità”. Allora si sceglie la parte, non il tutto, l’appartenere a questo o a quello prima che alla Chiesa; si diventa “tifosi” di parte, anziché fratelli e sorelle nello stesso Spirito, cristiani “di destra o di sinistra” prima che di Gesù; custodi inflessibili del passato o avanguardisti del futuro prima che figli umili e grati della Chiesa. Così c’è la diversità senza l’unità. Egli inoltre evita di  cercare l’unità senza la diversità. In questo modo, però, afferma il Santo Padre, l’unità diventa uniformità, obbligo di fare tutto insieme e tutto uguale, di pensare tutti sempre allo stesso modo. Così l’unità finisce per essere omologazione e non c’è più libertà. Dice San Paolo, «dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà» (2 Cor 3,17).

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