PUBLIC SPEAKING DEI PRETI

Category: Missione Oggi
Hits: 1908 times

Roberto Carnero

 

Una cena con un rettore di seminario e una bella idea: organizzare un corso per insegnare ai preti a parlare in pubblico. Il dottor Michele Ciccolella (che abbiamo conosciuto nel numero di VP 4/2013, pp. 64-65, con un’intervista a proposito della psicologia nel curriculum formativo dei futuri sacerdoti) ha attivato questa iniziativa: un corso di public speaking per il clero della sua diocesi. Classe 1967, nato a Sidney, Australia, ma presto trasferitosi in Italia con i genitori, oggi sposato e padre di due bambini di 13 e 7 anni, Michele Ciccolella si è laureato in psicologia (e in seguito anche in sociologia) all’università La Sapienza di Roma. La sua “base” è a Molfetta (Ba), dove è titolare di uno studio di psicologia del lavoro, ma è spesso in giro per l’Italia per tenere incontri e conferenze.


Dottor Ciccolella, come è nata l’idea di un corso di public speaking per sacerdoti e religiosi?

«È già da diversi anni che collaboro come formatore con il seminario regionale pugliese; lo scorso anno, per caso, una sera a cena, chiacchierando con il rettore in merito al ruolo fondamentale che oggi assume la capacità comunicativa come strumento di educazione, lamentavo la scarsa efficacia comunicativa che spesso colgo da credente in molti presbiteri, i quali, negli incontri parrocchiali e in particolare nelle omelie, risultano spesso ridondanti e noiosi nella modalità di porgere il messaggio cristiano, spesso non riuscendone a far comprendere all’assemblea il senso e la bellezza. «Da qui è nata l’idea di sperimentare un corso di due giornate, rivolto ai diaconi, sulle tecniche di public speaking, funzionale a trasferire le principali metodologie per strutturare e rendere efficace un qualunque intervento, partendo da due assunti psicologici e sociologici elementari. Il primo: viviamo nell’era della comunicazione veloce. Il secondo: quello che hai da dirmi è importante, ma è ancora più importante come me lo dici, considerato che, come ormai ci evidenziano gli studi in materia, la dimensione emotiva prevale su quella logico-formale in termini di efficacia. Il corso s’è strutturato in tre fasi: analisi e utilizzo dei canali comunicativi; strutturazione d’un intervento o di un’omelia; gestione comunicativa dell’assemblea con la proposizione di diversi esercizi pratici orientati a rendere operativo quanto appreso».

« Il principale problema con la comunicazione è credere che sia effettivamente avvenuta».

  • Da cattolico e da osservatore di quanto accade nelle nostre chiese, quali le sembrano i maggiori difetti ed errori delle omelie?

«Da un punto di vista pratico e operativo ne individuo diversi, e alcuni anche abbastanza grossolani, spesso frutto, secondo me, di cattive abitudini del passato o di inabilità mai davvero corrette. Se la comunicazione è, di fatto, l’azione di mettere in comune idee, vissuti, sensazioni, ne consegue che ogni disturbo comunicativo che impedisce tale azione viaggia su diversi fronti che spesso rendono incomprensibile o noioso (e nei casi più gravi insopportabile) il modo di porgere del mittente. Per ragioni di lavoro mi capita spesso di essere in giro per l’Italia, e quindi di partecipare a celebrazioni eucaristiche dove, ahimè spesso e volentieri, capita a me, come a tanti presenti, che il livello d’interesse e coinvolgimento cali proprio durante l’omelia, momento assolutamente centrale in termini comunicativi. Un momento importante, purtroppo reso inefficace da diverse problematiche, che posso provare a riassumere.

«Difetti strutturali di preparazione, ovvero mancanza di uno schema ben definito di quali saranno i temi che si andranno a trattare.

«Difetti di gestione cronologica, ovvero assenza di controllo degli intervalli temporali necessari, con la tendenza ad affidare a un disordinato fluire di concetti e parole l’efficacia del messaggio.

3 «Difetti di empatia e di controllo dell’uditorio, con la propensione a parlare a sé stessi in maniera autocentrata, senza osservare e percepire gli umori dell’assemblea.

«Difetti di comunicazione non verbale: ovvero, ma perché certi preti se li incontri al bar a prendere un caffè parlano normalmente e quando tengono un’omelia usano un tono vocale alterato e inutilmente pomposo o monotono?

5 «Difetti di consapevolezza e chiarezza del messaggio che si vuol far arrivare all’assemblea per cui, paradossalmente, parlare della pace nel mondo come dell’umiltà della Madonna sono quegli ingredienti che vanno sempre bene in tutte le salse, sia se sto commentando la parabola del figliol prodigo sia se sto parlando delle virtù del santo patrono locale.

6 «Difetti di responsabilità, e questi secondo me sono anche i più nocivi, di chi pensa che se l’uditorio è distratto, annoiato o guarda nel vuoto, è perché la gente oggi non sa ascoltare e riflettere; il nostro celebrante magari non si rende conto che se è luglio e ci sono 40 gradi, e in chiesa ci sono 70 cresimandi con annessi parenti, forse non puoi tenere un’omelia di 35 minuti e poi lamentarti che non c’è un clima di raccoglimento... Anche quest’ultima è un’esperienza vissuta di recente».

 

  • Quali consigli darebbe ai sacerdoti per tenere una buona omelia?

«George Bernard Show era solito dire che “il principale problema con la comunicazione è credere che sia effettivamente avvenuta”. Sacrosanta verità, soprattutto quando gli errori precedentemente citati amplificano e disturbano l’efficacia della comunicazione. Pertanto una buona omelia, come ogni esercizio di comunicazione pubblica, si basa su tre pilastri:

1 affascinare, ovvero portare l’interlocutore a desiderare di ascoltarti in maniera volontaria, senza altrui determinazioni o discipline;

2 coinvolgere, ovvero un messaggio o tocca le corde dell’emozione (ma ovviamente non devi far per forza piangere l’uditorio!) o è un esercizio autoreferenziale di erudizione;

3 persuadere, ovvero l’interlocutore deve avere voglia di mettere in pratica quello che ha sentito.

«Ecco perché abili comunicatori non si nasce, ma lo si diventa attraverso un continuo e costante allenamento. Ciò che distingue un abile comunicatore da uno mediocre e noioso è che il primo esprime pochi concetti con passione, il secondo dice tanto ma in modo debole o inutilmente pomposo. Cosa penseresti se un tuo amico per offrirti un caffè ti spiegasse che le prime testimonianze di utilizzo di questa bevanda risalgono al XVIII secolo o ti invitasse con un tono di voce pari a quello del grandissimo Vittorio Gassman quando declamava il I canto dell’Inferno? Esagero, ma più o meno è quello che succede in omelie inutilmente ridondanti o complesse».

  • Faccia conto di essere accanto a un sacerdote che desideri preparare un’omelia efficace dal punto di vista comunicativo. Cosa gli suggerirebbe di fare concretamente?

«Lo richiamerei a porre attenzione ad alcune dimensioni precise.

1 «Logos: struttura e ancor meglio scrivi la traccia del discorso definendo alcune cose: il titolo (il messaggio della liturgia odierna riguarda la misericordia di Dio); lo svolgimento (infatti nella parabola del figliol prodigo Gesù ci dice che...); la conclusione operativa: (pertanto a conclusione della celebrazione mi aspetto che voi...).

2 «Chronos: stabilisci i tempi esatti di un intervento; utilizza un termine o concetto chiave soltanto; usa bene gli strumenti che hai a disposizione (non devi esorcizzare il microfono che non funziona durante la celebrazione!).

3 «Pathos: parla di tue esperienze personali, racconta fatti concreti, storielle, aneddoti (così si raggiunge la punta massima dell’attenzione!); la comunicazione deve viaggiare da te agli altri, ergo guarda la platea, non i fogli; presta attenzione non solo al primo banco, ma anche a quelli in fondo alla chiesa; ascoltati quando parli (tenere un’omelia è diverso da confessare o rimproverare i ragazzini dell’oratorio); crea affinità con la platea (“anche a me, come a voi, tutti i giorni capita che...”; “anche per me è difficile...”; “anch’io, come voi, in alcuni momenti mi chiedo...”).

4 «Ethos: la gente non ha più “l’anello al naso” e quindi ogni tentativo di mistificare o colpevolizzare il prossimo sul “mondo che va a rotoli o sulla società priva di valori” ha lo stesso effetto di un grammofono che gira a vuoto; le persone, dopo un qualunque discorso, devono essere più proattive ed emotivamente volitive; introvertirle e intristirle, anche se devo parlare di argomenti difficili, non serve, anzi è controproducente; un abile comunicatore è credibile se fa sentire sempre e comunque l’uditorio ben accolto, non creando quella sensazione d’inadeguatezza in quel papà che sta facendo un’immane fatica nel tenere a bada il suo pupo irrequieto, magari mentre tu stai parlando del senso della carità cristiana, guarda un po’...».

Va superata una resistenza ideologica nel pensare che tutto è affidato alla parola di Dio.

  • Pensa che iniziative come il seminario da lei tenuto in Puglia possano essere estese anche ad altre diocesi? Per seminaristi e diaconi o magari anche per i sacerdoti già ordinati?

«Ritengo vitale che nell’era della comunicazione vengano pensati momenti e seminari formativi di public speaking per tutti i diaconi e i preti giovani, ma anche per quelli d’esperienza, in quanto, in questo caso, non è l’età che fa la differenza. Si impara a comunicare, e dobbiamo essere ormai consapevoli che nell’era di Facebook come degli smartphone la comunicazione viaggia veloce, sintetica ed emozionante.

Tutte le domeniche, durante le celebrazioni eucaristiche come nelle celebrazioni particolari, la comunicazione del presbitero intercetta tanta gente la cui vita, oltre che, in primis, dalla grazia di Dio, può essere travolta e convertita da una parola o da una riflessione che tocca le corde dell’animo umano. «Va superata una resistenza ideologica, in tal senso, nel pensare che tutto è affidato solo ed esclusivamente alla parola di Dio a prescindere dalla capacità del presbitero di trasmettere, in quanto in particolar modo l’omelia è spesso la curva pericolosa della celebrazione.

«D’altronde, perché nostro Signore parlava in parabole e Papa Francesco ha conquistato credenti e no col suo “Buon appetito!” a conclusione dell’Angelus domenicale? Qualche acuto osservatore, tempo fa, ha dichiarato che il discorso più intenso di papa Wojtyla sia stato proprio quello della sua ultima apparizione, allorquando, completamente privo di voce e per pochi attimi, riuscì a creare un’intima affinità col mondo intero semplicemente guardandolo negli occhi».

 

 

 


Gli ultimi articoli

III Domenica di Avvento - "Gaudete" / C - E noi che cosa dobbiamo fare?

12-12-2024 Domenica Missionaria

III Domenica di Avvento - "Gaudete" / C - E noi che cosa dobbiamo fare?

Sof 3, 14-18; Is 12; Fil 4, 4-7; Lc 3,10-18 La venuta del Messia deve essere motivo di molta gioia, ma...

Consolata in Asia: “La nostra missione è fatta di incontro con le persone”

12-12-2024 Missione Oggi

Consolata in Asia: “La nostra missione è fatta di incontro con le persone”

Nelle nostre presenze in Asia “le persone che incontriamo possono essere cristiane, non cristiane, fedeli di altre religioni, per esempio...

Formatori e formazione: San Paolo, padre Luis Mauricio Guevara

12-12-2024 I missionari dicono

Formatori e formazione: San Paolo, padre Luis Mauricio Guevara

“Lavoro a San Paolo nella regione Ipiranga dove si trova il nostro Seminario Teologico Internazionale e dove giovani di otto...

Il ritorno delle armi: rapporto di Caritas Italiana sui conflitti dimenticati

12-12-2024 Notizie

Il ritorno delle armi: rapporto di Caritas Italiana sui conflitti dimenticati

La guerra mondiale a pezzi evocata da Papa Francesco coinvolge centinaia di Paesi con diversi gradi d'intensità e spesso viene...

Giovani missionari consacrati per tutta la vita

10-12-2024 I missionari dicono

Giovani missionari consacrati per tutta la vita

Venerdì 6 dicembre 2024, la comunità dei Missionari della Consolata in Costa d'Avorio ha vissuto un momento memorabile segnato dalla...

Corea: Il ringraziamento per la santità di Giuseppe Allamano

10-12-2024 I missionari dicono

Corea: Il ringraziamento per la santità di Giuseppe Allamano

Non appena abbiamo saputo la data della canonizzazione del nostro Fondatore, il nostro Superiore Regionale, padre Clement Gachoka, è andato...

«La vita è appesa a un filo». Campagna solidale in America Latina e Caraibe

09-12-2024 Missione Oggi

«La vita è appesa a un filo». Campagna solidale in America Latina e Caraibe

È stata presentata nella Sala Stampa della Santa Sede questo lunedì, 09 dicembre, la campagna di solidarietà dal titolo "La...

Essere Fratello: una vocazione appagante

09-12-2024 I missionari dicono

Essere Fratello: una vocazione appagante

Infiammato dal suo zelo apostolico e avendo compreso la missione della Chiesa, San Giuseppe Allamano si interessò al mondo intero...

Il Papa: in un tempo di guerre e seduzioni digitali, affidiamo a Dio ogni speranza

09-12-2024 Notizie

Il Papa: in un tempo di guerre e seduzioni digitali, affidiamo a Dio ogni speranza

All'Angelus dell'Immacolata Concezione, il Papa si sofferma sullo sforzo diffuso di possedere e dominare, sulla fame di denaro, sul desiderio...

onlus

onlus

consolata news 2

 

Contatto

  • Viale Mura Aurelie, 11-13, Roma, Italia
  • +39 06 393 821