LA FEDE CRISTIANA NEL MONDO DI OGGI

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La crisi che in questa fine di millennio sta attraversando il cristianesimo nel mondo occidentale - e di riflesso in tutto il pianeta - ha un doppio aspetto. Da una parte, per molti uomini del nostro tempo, il cristianesimo sembra aver perduto ogni senso e quindi ogni interesse: molti lo ignorano del tutto e non si curano di conoscerlo o di farsene almeno un'idea; altri lo ritengono una cosa del passato, di cui non vale la pena occuparsi; altri si sentono assolutamente estranei ad esso, in quanto realtà religiosa che pretende di incidere sulla vita umana, in particolare sulla vita morale, e perciò non soltanto rifiutano tale pretesa, ma la combattono aspramente. Tutte queste persone sono "fuori" dal cristianesimo: questo è "assente" dalla loro vita senza che tale assenza sia avvertita o faccia problema.

D'altra parte, c'è una crisi che è "interna" al cristianesimo, in quanto fatto propriamente religioso, che per i cattolici ha la sua espressione visibile nella Chiesa: taluni - un tempo cristiani - confessano di non credere più e di aver abbandonato da molto tempo ogni pratica religiosa (in particolare, di non partecipare quasi mai alla Messa domenicale); altri cristiani non sanno se credono o no: ad ogni modo hanno gravi dubbi sulle verità fondamentali del cristianesimo o si dichiarano agnostici nei riguardi di esse; altri accettano alcuni punti della fede e della morale cristiana, ma ne rigettano altri: così, senza tener conto di quanto insegna la Chiesa, fanno una "scelta" nelle verità da credere e nelle norme morali da osservare, secondo i propri gusti e le proprie esigenze individualistiche; altri sono fortemente critici circa alcune decisioni attuali della Chiesa (rifiuto di ammettere all'Eucaristia i divorziati che hanno contratto un nuovo matrimonio; mantenimento del celibato sacerdotale; contrarietà al sacerdozio femminile); altri ancora si sentono attratti da forme nuove di religiosità, che essi ritengono più vive, più capaci del cristianesimo di far nascere in essi forti emozioni religiose e di dare loro quel calore umano e quel senso di fraternità di cui talvolta mancano le assemblee eucaristiche domenicali, individualistiche, fredde e distaccate; altri infine si convertono all'islam, perché lo ritengono una religione più semplice, oppure diventano "praticanti" buddisti o indu sotto la guida di lama tibetani e di guru indiani.

Siamo così di fronte a due fenomeni: da un lato, a un processo assai avanzato di secolarizzazione, sfociato nel secolarismo, nell'agnosticismo e nell'indifferenza religiosa, più precisamente nell'ateismo pratico, inteso non come lotta contro Dio, ma come "assenza" di Dio e del problema religioso; dall'altro, a un'"esplosione" del cristianesimo, che probabilmente non ha riscontri nella storia della Chiesa, la cui unità "interna" è oggi seriamente posta in questione. Due perciò ci sembrano essere le questioni di fondo, per quanto riguarda il cristianesimo. La prima è posta dal fatto che un numero crescente di persone del mondo occidentale, che per molti secoli è stato religiosamente e culturalmente "cristiano", si pongano oggi "fuori" del cristianesimo, ignorandolo o sentendosi ad esso estranei, non interessate e indifferenti nei suoi riguardi. Essa si può formulare così: che senso ha - o può avere - il cristianesimo per l'uomo occidentale che vive al di fuori di esso? La seconda questione è posta dal fenomeno dell'"esplosione" del cristianesimo, di cui si è parlato sopra, e che si può esprimere in questi termini: che cosa significa e che cosa comporta oggi professarsi cristiano? Quali sono le condizioni per esserlo e quali sono i limiti oltre i quali se ne è "fuori"? Che cos'è allora la fede cristiana? Che rapporto c'è tra fede e Chiesa, tra il professarsi "cattolico" e appartenere alla Chiesa?

Si tratta di gravi problemi sui quali si è scritto e si scrive molto, ma che si pongono sempre di nuovo e in forme e termini nuovi. Senza pretendere a nostra volta di dire cose nuove, vogliamo - senza attardarci nello studio delle cause che hanno prodotto la situazione di cui si è detto: "fuoriuscita" dal cristianesimo ed "esplosione" del cattolicesimo - proporre alcune riflessioni sulla natura e sulla specificità della fede cristiana, sulle condizioni che rendono possibili sia il passaggio dall'incredulità alla fede sia la permanenza nella fede, e sulle forme di esperienza religiosa proprie della fede cristiana, con un particolare riferimento alla mistica "cristiana". Ciò allo scopo di mostrare quale sia il "senso" della proposta di fede che la Chiesa offre agli uomini di oggi, facendo appello alla loro libertà; ma anche allo scopo di mostrare che coloro - tra gli uomini del nostro tempo - che sono, in un modo o in un altro, alla "ricerca di Dio", possono trovare nella fede cristiana quanto essi cercano.

A questa riflessione propriamente "teologica" sulla fede cristiana è opportuno premettere una considerazione sulle condizioni in cui la fede cristiana si trova a vivere nel mondo di oggi e che costituiscono per essa sia sfide pesanti, che mettono a dura prova la sua capacità di "vincere il mondo" (cfr. 1 Gv 5,4-5), sia occasioni nuove per un annuncio del Vangelo che risponda alle necessità spirituali e alle attese religiose degli uomini di oggi, perché non c'è nessuna situazione nuova e difficile in cui il Vangelo non possa e non debba essere annunciato.

Quella in cui oggi vive la fede cristiana è, anzitutto, una situazione di "pluralismo religioso". Questo termine dev'essere ben compreso. Esso non significa che solo nel mondo di oggi ci sia una pluralità di religioni, perché tale pluralità c'è sempre stata, anche ai tempi della "cristianità", quando la religione della maggior parte delle persone in Europa era quella cristiana, ma nella societas christiana erano presenti ebrei, catari e musulmani. "Pluralismo religioso" significa che nella società attuale non soltanto ci sono molte religioni "di fatto", ma ci sono e possono esserci molte religioni "di diritto"; cioè tutte le religioni hanno, di fronte alla legge, il diritto di esistere, di predicare le proprie dottrine e farne propaganda, di praticare i propri riti, con l'unico limite della pubblica moralità e delle leggi dello Stato. Anzi, non soltanto hanno diritto di esistere e di operare secondo i propri ordinamenti, che non siano in contrasto con la legge, ma tutte hanno "uguale" diritto di esistere. Ciò significa che non c'è una religione che abbia "più diritto" di altre, perché è la religione "vera" o è una religione "più vera"; che non c'è nessuna religione che possa pretendere, da parte dello Stato o della società, un trattamento privilegiato a motivo della sua "verità" o del "valori" di cui è portatrice. In altre parole, ogni religione può ritenere di essere vera e anche l'unica vera; ma questa persuasione non le dà il diritto a un trattamento privilegiato e tanto meno può giustificare la sua pretesa di essere unica e quindi di esigere che lo Stato impedisca alle altre religioni di esistere, di fare pubblica propaganda delle proprie idee e di praticare i propri riti.

Perciò nell'attuale situazione di pluralismo religioso la fede cristiana è sullo stesso piano delle altre religioni, è una religione tra le altre. Indubbiamente, può ritenere di essere la religione vera, anzi l'unica vera, e che quindi le altre religioni siano false o erronee in tutto o in parte, nel senso che insieme con errori contengano verità e valori religiosi autentici; ma questa sua convinzione non ne fa una religione "a parte", non la pone in una situazione privilegiata rispetto a tutte le altre, non la rende superiore alle altre; anzi, non la esime dall'essere contrastata e combattuta dalle altre. Non si può infatti impedire che tra le religioni ci siano lotte e contrasti, polemiche e discussioni, che mettono in questione dottrine essenziali dell'una o dell'altra; quello che si può e si deve esigere è che non si ricorra alla calunnia, a falsità evidenti, alla denigrazione delle persone, a violenze di linguaggio e tanto meno ad azioni violente, che del resto sono proibite dalla legge.

In realtà, anche nella situazione di pluralismo religioso, le religioni sono in competizione le une con le altre, perché, ritenendo di possedere la verità religiosa o in maniera esclusiva o in grado superiore alle altre e desiderando di comunicare ad altre persone la propria verità, tendono a prevalere sulle altre religioni, che propagano dottrine diverse e contrarie, servendosi dell'unico potere di cui dispongono: quello di riuscire a convincere gli altri della propria "verità" e della propria capacità di rispondere meglio di tutte le altre religioni alle esigenze delle persone.

Così la fede cristiana, a differenza del passato, si trova assolutamente "indifesa" e può e deve contare unicamente sulle proprie forze. A questo proposito si deve rilevare che la competizione tra la fede cristiana e le altre religioni assume oggi caratteri diversi dal passato. Da una parte le grandi religioni, come l'induismo, il buddismo e l'islam, si sono come "risvegliate", prendendo vivissima coscienza della propria identità e del proprio valore. Ciò le ha convinte della propria superiorità rispetto al cristianesimo e del proprio diritto di essere la religione dei popoli in cui sono nate e si sono sviluppate: in tal modo il cristianesimo è apparso - ed è stato fatto apparire - come una religione "straniera", pericolosa per il mantenimento dell'identità culturale e della libertà politica, dati i suoi agganci con le potenze dell'Occidente, per loro natura "coloniali", ieri scopertamente, servendosi del potere militare, oggi copertamente, servendosi del potere economico, culturale e finanziario (senza disdegnare talvolta il ricorso alle armi).

Così, lo spazio della fede cristiana nei Paesi a maggioranza non cristiana, sia essa induista, buddista o musulmana, tende a restringersi sempre più, con il pericolo di divenire inesistente. D'altra parte in queste grandi religioni è nato o si è rafforzato uno spirito "missionario", che le spinge alla conquista dell'Occidente, il quale per alcune forme di islam è ateo e corrotto, per l'induismo manca di valori spirituali e ha un estremo bisogno di interiorità e per il buddismo è troppo materialista e consumista per poter uscire dall'"illusione" in cui vive e aprirsi alla verità, che è data soltanto dalla "meditazione" che conduce all'"illuminazione". La fede cristiana incontra gravissimi ostacoli in Paesi un tempo cosiddetti di "missione", fino al punto di non poter annunciare il Vangelo e neppure celebrare i propri riti. Ma si trova in competizione anche nel mondo occidentale, dove buddismo e induismo fanno numerosi proseliti, e soprattutto godono di un grande prestigio e attirano l'interesse di molti cristiani, alcuni dei quali divengono "praticanti", e dove l'islam è divenuta la seconda religione del continente europeo, non soltanto per la presenza di immigrati musulmani, ma per la conversione all'islam di persone almeno sociologicamente "cristiane".

In secondo luogo, la fede cristiana vive oggi in un clima culturale che non le è favorevole. Anzitutto da parte della cultura "laica" le vengono continuamente rimproverate le Crociate, le torture e i roghi dell'inquisizione a danno degli eretici, la caccia alle streghe, la distruzione degli albigesi, la condanna al rogo di Giordano Bruno, la condanna di Galileo, la guerra dei Trent'anni, l'opposizione al mondo moderno fino alla sua condanna con le encicliche Mirari vos di Gregorio XVI, Quanta cura, accompagnata dal Sillabo di Pio IX e Pascendi di Pio X. Accuse più recenti sono quelle di antisemitismo, di antifemminismo, di antiecologismo, di disistima della sessualità vista come "peccato", e quindi di una grave colpevolizzazione, alienante e disumana, delle coscienze e di un'eccessiva rigidità nel campo della morale sessuale e familiare, a motivo della condanna del divorzio, dell'aborto, della contraccezione, dei rapporti prematrimoniali e finanche del preservativo, che serve a combattere il flagello dell'AIDS!

L'attuale clima culturale inoltre favorisce il dubbio, l'incertezza, e forme più o meno larvate di scetticismo: da un lato si tende a negare o a mettere in dubbio l'esistenza di verità assolute e universali, valevoli per tutti i tempi e per tutti i luoghi, e ad affermare che la verità è sempre relativa e mutevole, perché è soggetta alle vicende e alle fluttuazioni della storia (storicismo); dall'altro, si tende ad affermare che la ragione umana ha una forte capacità "strumentale", ma quasi nessuna capacità "metafisica"; è cioè un mezzo (instrumentum) di grande potenza per conoscere i dati dell'esperienza sensibile, lavorarli e trasformarli a fini di utilità pratica in vista di un sempre più grande benessere umano, ma non è in grado di attingere il sovrasensibile, ciò che trascende l'esperienza sensibile e costituisce la verità ultima della realtà, ammesso che tale verità esista.

È evidente che in tale clima la fede cristiana, che si presenta come verità assoluta e pienezza della verità in campo religioso, susciti in taluni una reazione di rigetto, in altri di scetticismo e in altri ancora di dubbio. Quest'ultima reazione è abbastanza diffusa tra i giovani che non rigettano la fede cristiana (o almeno non rigettano Gesù, anche se non accettano la Chiesa e le sue norme morali), ma "dubitano" dei contenuti essenziali di essa. Perciò oggi molti criticano la Chiesa per la sicurezza con cui propone le "certezze" della fede e si chiedono se - nell'attuale clima di incertezza, dovuto al fatto che molte grandi certezze del passato, sulle quali l'umanità è vissuta per secoli, sono oggi poste nel dubbio una dopo l'altra, e tutti i valori per i quali gli uomini sono vissuti vengono considerati fragili, passeggeri o addirittura disvalori - la sicurezza della Chiesa sia sensata, poiché con l'avanzare della cultura postmoderna le certezze cristiane potrebbero conoscere lo stesso destino delle altre certezze del passato, cioè la dissoluzione nel nulla.

Non è un caso che nel mondo cristiano l'attuale crisi della ragione metafisica e quindi l'incapacità della ragione di mostrare la ragionevolezza della fede - si badi, la "ragionevolezza", non la "verità" della fede, che la ragione non può dimostrare, perché il "mistero della fede" supera infinitamente la ragione umana - abbiano dato una forte spinta a certe forme di più o meno accentuato fideismo, da una parte, e dall'altra al bisogno di fare forti esperienze religiose, di vedere "segni e prodigi" per credere: in realtà, fideismo ed emozionalismo religioso vanno di pari passo e si sostengono reciprocamente. Lo dimostra il fatto che nel mondo di oggi ci sono da 40 a 60 milioni di pentecostali.

In terzo luogo, la fede cristiana vive oggi - almeno nel mondo occidentale - in un clima di profonda secolarizzazione. Con questo termine non si deve intendere soltanto il fatto che i vari ambiti della vita - il pensiero, l'arte, la scienza, il diritto, la morale, la politica, l'economia, il costume, i comportamenti pratici, l'organizzazione del tempo - si sottraggono all'influsso della religione e si organizzano indipendentemente dai suoi insegnamenti e dai sui precetti, ignorandoli e prescindendo da essi. Si deve intendere anche il fatto della "privatizzazione" della religione. Con la secolarizzazione cioè, la religione non scompare, ma si privatizza, diviene un fatto privato: perde quindi non tanto la sua visibilità sociale, quanto ogni influsso sulla società, che si organizza indipendentemente da essa. In altre parole, la secolarizzazione comporta il distacco della società dalla religione e il ritiro di questa nell'ambito privato.

Vivere in un mondo secolarizzato significa perciò, per la fede cristiana, vivere come una religione "privata", non esercitare un influsso sulla società che sia di natura religiosa e che sia accettato come tale. Evidentemente, non si può dire con questo né che la fede cristiana perda nel mondo secolarizzato ogni visibilità sociale né che non eserciti alcun influsso sulla società. Infatti ci sono certi fautori della secolarizzazione totale che vorrebbero eliminare ogni visibilità sociale della fede cristiana, opponendosi, per esempio, alla costituzione di nuove chiese nei quartieri nuovi e nelle periferie delle grandi città, a favore della costruzione di case, di palestre, di campi da gioco e di "isole" verdi; oppure opponendosi alla concessione di sussidi alle scuole cattoliche e ad altre opere sociali di indirizzo religioso, con la motivazione dichiarata - ma che non è sempre quella "vera" - che i soldi dello Stato devono servire a promuovere la scuola pubblica e le opere di pubblica utilità e non possono essere stornati a favore di enti "privati", quali sono gli enti di natura religiosa. Ma questi fautori della secolarizzazione totale non sono la maggioranza degli italiani. Questa è favorevole alla presenza sociale della fede cristiana - in pratica, della Chiesa - nel mondo di oggi. In particolare, ne apprezza le opere di carità e di assistenza. La Caritas italiana è certamente una delle realtà che riscuotono maggiore fiducia e apprezzamento in Italia; così come viene esaltato come una delle realtà più positive oggi esistenti in Italia il volontariato, che per buona parte è di ispirazione cristiana.

Quello invece che non si accetta è che la fede e la morale cattolica abbiano un influsso sulle leggi del Paese e sui comportamenti dei cittadini in campo etico. Per quanto riguarda la formazione delle sue leggi, lo Stato è "sovrano" (superiorem non recognoscens): non riconosce cioè nessuna autorità, neppure l'autorità divina, che possa imporgli la propria legge. Per quanto concerne i comportamenti dei cittadini, essi sono soggetti alle leggi dello Stato, ma non alle leggi religiose, salvo che si voglia per propria scelta conformarsi ad esse, purché non siano in contrasto con le leggi dello Stato. La religione si conferma così come una realtà "privata", che può avere un influsso sociale, per i valori che essa afferma e per la sua capacità di persuasione, ma non diversamente da altre associazioni "private".

Un altro aspetto della privatizzazione della fede cristiana sta nell'indebolimento del suo carattere "istituzionale". Nello spirito dell'individualismo contemporaneo, si sviluppa un individualismo religioso per cui ognuno si fa la propria religione, si sceglie la propria comunità, si fa la propria liturgia, si crea la propria morale (spesso molto indulgente e permissiva), senza tener conto di quanto insegnano, nel campo della fede e della morale, l'istituzione ecclesiale, la Chiesa e il suo Magistero, talvolta, anzi, dichiarando che il Papa e i vescovi sono in errore o si attardano su posizioni superate.

<Immagine: Giotto, Vita di s. Francesco, Assisi>Ma l'evento che ha maggiormente caratterizzato - sotto il profilo religioso - gli ultimi decenni del Novecento e col quale la fede cristiana si trova oggi a fare i conti - diciamo - con maggiore asprezza è il "ritorno del religioso o del sacro selvaggio". Negli anni Sessanta si pensava che l'intenso processo di secolarizzazione di quel tempo, in cui si parlava frequentemente della "morte di Dio" da parte di teologi radicali, come W. Hamilton e Th. J. Altizer, o di "città secolare" (H. Cox), avrebbe fatto scomparire a mano a mano la religione e si sarebbe avuta una "crisi del sacro", una "eclissi del sacro", una "eclissi di Dio", con la conseguente nascita dell'uomo totalmente "secolare". Questa ipotesi, avanzata dai sociologi della religione - e fatta propria anche da qualche teologo -, è stata presto smentita, perché già a cominciare dalla metà degli anni Settanta hanno avuto inizio - per raggiungere presto proporzioni impressionanti - un "ritorno del religioso", una "rivincita di Dio" (G. Kepel), una "rinascita degli dèi" (R. Wallis).

Quello che è importante notare è che non si è trattato di un ritorno alla religione cristiana, al Dio cristiano e tanto meno alla fede cristiana. In realtà, si è trattato di un ritorno a forme di religione "senza Dio", in cui scompare il Dio personale per far posto al "Divino" impersonale, inteso come Energia cosmica, come Mente, Coscienza e Vita del cosmo, con cui l'uomo e tutto il creato si fondono e si unificano, così che non c'è più distinzione tra Dio e il mondo, tra l'uomo e Dio, tra lo spirito e la materia, ma tutto è fuso nell'unità profonda e indistinta del Divino. Unità panteistica che abolisce tutti i contrasti e tutte le divisioni e crea gioia e pace profonda, frutto dell'essere "in armonia" con la Natura, con il Tutto. Ciò che si cerca nella religione è l'emozione spirituale intensa, il sentimento di pienezza, di gioia e di pace, la dilatazione della coscienza, quali che siano i mezzi con cui tutto ciò si ottenga: mezzi che possono essere anche la droga, il sesso, l'alcool, certe musiche particolarmente violente (rock, rap, heavy metal), i giochi mortali, come andare a sbattere con la macchina contro un muro o distendersi sui binari; e perfino l'autodistruzione.

Si è trattato dunque di un "ritorno del religioso" che non è ritorno a "Dio" e tanto meno un ritorno all'"istituzione", nel nostro caso alla Chiesa. Questa infatti è vista dai nuovi movimenti religiosi come "nemica", poiché è accusata di essere un'istituzione invecchiata, rigida e oppressiva, che soffoca la libertà con l'imposizione di leggi morali disumane e manca nei suoi riti di calore umano e di forza emotiva, e perciò è incapace di dare vita a una forte "esperienza del sacro". In realtà, quello che i nuovi movimenti religiosi cercano è la "salvezza". Questa va intesa non in senso cristiano, ma in senso intramondano come benessere spirituale, senso di pienezza, armonia con la Natura, buona salute fisica e psichica, accrescimento del proprio Potenziale Umano con l'acquisto di particolari poteri (siddhas) fisici e psichici: a tali scopi tendono la Meditazione Trascendentale, lo Yoga, lo Zen, il Tantrismo, la Scientologia, l'Occultismo, la Magia bianca e nera, Ananda Marga, la Chiesa guaritrice di P. Antoine, la Bio-energia, Brahma-Kumari, Christian Science, Mataji, Soka Gakkai, New Age, culto degli UFO, i Raeliani e la Sofrologia. Oppure va intesa in senso sovramondano, come ritorno al Divino della "scintilla" divina che ognuno porta in sé e che si raggiunge con l'"iniziazione", la gnosi, la reincarnazione, o come partecipazione al "regno millenario" di Cristo su una terra rinnovata: a questo tendono le vecchie e nuove religioni iniziatiche ed esoteriche e le forme di neo-gnosticismo (la Teosofia, l'Antroposofia di R. Steiner, la Fraternità bianca universale, il Movimento del Graal, l'Ordine di Rosa-Croce AMORC) e, in particolare, i movimenti "millenaristi" (i Testimoni di Geova, che sarebbero oggi nel mondo oltre tre milioni e mezzo, di cui oltre 160.000 in Italia [1988], e i Mormoni, che sarebbero in tutto il mondo circa sette milioni).

Il pluralismo religioso, il confronto competitivo con le religioni orientali e l'islam, la secolarizzazione, la privatizzazione del fatto religioso, il frequente stato di accusa in cui vive la Chiesa, il clima di dubbio e di incertezza in cui vive l'uomo di oggi, la crisi della metafisica e della ragione, l'aggressività dei nuovi movimenti religiosi, sono le principali coordinate del quadro storico nel quale oggi il cristiano deve vivere la propria fede e annunciarla agli uomini del nostro tempo. Senza lasciarsene spaventare o scoraggiare, egli deve prendere coscienza delle difficoltà che può incontrare sia nel viverla personalmente sia nella sua opera di evangelizzazione.

In realtà vivere e annunciare la fede è sempre stato difficile; se oggi lo è più che in altri tempi, ciò dev'essere un motivo in più sia per approfondire maggiormente e fortificare la propria fede cristiana, sia per cercare vie nuove di evangelizzazione, che sappiano sfruttare le possibilità che all'annuncio cristiano offrono le condizioni in cui vive il mondo di oggi. Infatti, nonostante l'intenso processo di secolarizzazione, non è scomparsa nell'uomo la sete di Dio. Anzi, le delusioni a cui conducono i nuovi movimenti religiosi, la perdita del senso della vita a cui conduce la secolarizzazione portata alle sue conseguenze estreme, il baratro che apre dinanzi all'uomo moderno il nichilismo negatore e distruttore di tutti i valori umani, il vuoto creato dal materialismo e dal consumismo, possono essere occasioni preziose per richiamare gli uomini di oggi - amareggiati e delusi, perché il consumismo li ha riempiti di beni materiali, ma li ha svuotati interiormente - a riflettere sulla fede cristiana, che nell'incontro con Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto, nella preghiera e nell'esercizio della carità, può dare all'uomo la pienezza di vita su questa terra e aprirlo alla speranza della vita eterna nella comunione con Dio Trinità, ultimo termine dell'aspirazione umana alla gioia e alla vita.

Si pone così il tema che vogliamo approfondire prossimamente - la fede cristiana - anche come contributo alla nuova evangelizzazione in cui la Chiesa di oggi intende impegnare tutte le sue forze.

 

 

 


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