Lo scorso 16 febbraio, nella sala Promoteca del Campidoglio, il Comune di Roma ha consegnato un attestato di riconoscimento al padre Godfrey Msumange “per il suo impegno e coraggio –così dice il documento concesso– nel perseguire obbiettivi elevati e audaci”.

Questo evento si è tenuto nel marco della presentazione della Expo Universale 2023, promossa da World International Organization, che si terrà all’EUR fra i giorni 16 e 18 del prossimo mese di giugno. E’ stato un evento straordinario in cui hanno partecipato gente di oltre 50 paesi, fa cui anche diplomatici di diversi paesi dell’Africa, del medio oriente e dell’Asia e circa 300 associazioni impegnate nel mondo dell’arte, la cultura, lo sport, la scienza e la moda. Al momento della premiazione nella sala erano presenti oltre 500 persone.

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“Gli obbiettivi della Expo universale 2023 –ha dichiarato Laura Mazza che appartiene ai tavoli di lavoro delle Nazione Unite nell’ambito della difesa dei diritti umani– sono quelli di contrastare a livello globale la povertà e lo si fa sostenendo l’accesso a educazione, acqua, cibo e salute per tutta la popolazione e nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale”.

“Questo riconoscimento –osserva padre Godfrey– non è solo per me ma è per tutti i missionari e le missionarie che in silenzio e con tanti sacrifici, spesso nei luoghi più difficili, fanno il bene senza rumore impegnandosi all’annuncio della buona notizia assieme alla promozione della vita umana e alla difesa dell’ambiente”.

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Sabato 8 ottobre, due missionari della Consolata africani sono stati ordinati diaconi da Mons. Gustavo Carrara, Vescovo Ausiliare di Buenos Aires e Vicario Episcopale per la Pastorale dei Villaggi di Emergenza, a Villa Soldati a Buenos Aires (Argentina).

Jean Paul è originario del Congo e Donald del Kenya. Hanno fatto gli studi di filosofia e il noviziato in Africa e poi hanno proseguito gli studi teologici nella Comunità Apostolica Formativa di Mendoza (Argentina) terminando con un anno di servizio pastorale nelle baraccopoli. Jean Paul, nella parrocchia di San Francesco d'Assisi e Donald nella parrocchia della Vergine Immacolata, entrambi accompagnando soprattutto la pastorale giovanile della tossicodipendenza nella periferia marginale della città di Buenos Aires.

Dare ai senza speranza la forza di vivere

I Missionari della Consolata hanno scelto di celebrare la loro consacrazione nei luoghi in cui hanno lavorato, nelle baraccopoli e nei quartieri popolari dove l'esclusione sociale è molto sentita, dove si soffre per la precarietà degli alloggi, l'inadeguatezza dell'accesso ai servizi pubblici, la violenza, i rischi per la salute, la mancanza di lavoro, e dove il problema della tossicodipendenza e tutte le sue conseguenze sulla vita personale, familiare e sociale sono molto reali.

Il diaconato è un servizio fatto in santità di vita

"Il diaconato come servizio al popolo di Dio deve essere vissuto in santità di vita, con quella dedizione che ci porta a incontrare tante persone bisognose per abbracciarle, dare loro consolazione e curare tante ferite nel loro cuore". Questo è ciò che ci ha detto il nuovo diacono Donald quando ha esposto il motto che hanno scelto per il diaconato, una originale rilettura di una sentenza molto conosciuta del Beato Giuseppe Allamano: "Se non sei un santo, sei solo l'ombra di un missionario". Papa Francesco insiste sul fatto che il mondo ha bisogno di santi e non di super eroi.

Il vescovo Gustavo nella sua omelia ha esortato "coloro che saranno ministri di Cristo e dispensatori del mistero di Dio a non perdere mai la speranza che viene dal Vangelo, che devono ascoltare e servire". Continuate a manifestare la gioia e l'apostolicità, desiderando che Cristo viva nel cuore di ciascuno di voi come avete testimoniato finora in mezzo a queste due comunità che avete accompagnato".

"Chiediamo oggi, in questa ordinazione diaconale, che Cristo continui a crescere nei vostri cuori, chiediamo la grazia che possiate continuare a seminare la Parola di Dio, che possiate continuare ad annunciare la misericordia di Dio con gesti di vicinanza, di tenerezza... Voi siete missionari della Consolata, con la vostra vita i missionari della Consolata testimoniano alle comunità cristiane che la Chiesa esiste per la missione, testimoniate sempre con la vostra vita che la cosa più importante è predicare e vivere il Vangelo", ha concluso Mons. Gustavo.

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Messaggio in occasione della nomina di padre Joya Hieronymus a vescovo della Diocesi di Maralal in Kenya

“Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene ed i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi.” (St. Agostino)

“Siate generosi, datevi interamente al Signore; non bisogna misurare, non fermarsi a guardare delle storie. Il Signore pensa lui a quello che è necessario, e se qualche volta si devono fare dei sacrifici, ebbene facciamoli volentieri. Siate umili!” (Beato Giuseppe Allamano)

Beandrarezona Madagascar, 26 luglio 2022.

Missionari carissimi, giunga a tutti voi questo messaggio di gioia e di festa per il nostro Istituto. Il 20 luglio scorso, il Santo Padre, Papa Francesco, ha nominato il nostro caro padre Joya come nuovo vescovo della Diocesi di Maralal in Kenya.

Mi si perdoni se questo messaggio vi raggiunge un po’ in ritardo, ma proprio il giorno 20 luglio, ho intrapreso il viaggio per la visita ai nostri tre confratelli che da tre anni sono impegnati nel lavoro missionario in Madagascar e precisamente nella missione di Beandrarezona nella diocesi di Ambanja.

La nomina di padre Joya come vescovo riempie di gioia il nostro cuore. Vogliamo ringraziarlo per la sua testimonianza e la sua disponibilità a lavorare come pastore nella Chiesa. La gioia e la festa per padre Joya diventa più grande se la viviamo insieme alle numerose grazie che in questi ultimi tempi, il nostro Istituto ha ricevuto. Penso sia a padre Joya come agli altri vescovi nominati, penso anche al dono che il Papa ci ha regalato nominando Monsignor Giorgio Marengo come primo cardinale della nostra famiglia, ma non possono passare sotto silenzio i tanti nostri missionari che con umiltà e spirito di servizio si donano ogni giorno nella missione.

Il mio pensiero va anche al bel gruppo di giovani che in questi ultimi anni si è donato totalmente al Signore accettando con gioia l’ordinazione sacerdotale allo scopo di servirlo e impiantare il suo regno. Come dimenticare le tante comunità sparse per il mondo che, pur tra molte sofferenze e disagi, vivono con gioia la loro missione: i missionari in Venezuela, in Congo, in Costa d’Avorio, in Etiopia, nell’Amazzonia, nella stessa Madagascar dove mi trovo attualmente e da dove scrivo. Attualmente siamo presenti in 28 paesi e rappresentiamo 27 nazionalità di cui siamo originari.

Ho anche nel cuore il cammino sinodale iniziato in preparazione del prossimo Capitolo Generale che vorrebbe che tutti diventassero veri e autentici protagonisti. Come dimenticare le nostre diverse case di formazione che sono sparse nei diversi Continenti. Esse sono luoghi privilegiati dove cerchiamo, seppur con fatica, di trasmettere il nostro carisma, di instillare nei giovani l’amore per Gesù e per la Missione, dove tentiamo anche di trasmettere i valori umani e cristiani che dovrebbero rendere tutti noi persone mature, vere e generose.

Sono certo che questo tempo è un tempo di grazia per il nostro Istituto e vorrei invitare tutti a mettersi in ascolto dello Spirito per cogliere quanto egli vuol comunicarci. La sua voce si percepisce solo nel silenzio della contemplazione. Credo che dobbiamo rendere grazie per questi “giorni buoni” che il Signore ci dona, ringraziandolo, vivendo con più amore e donazione la nostra vita missionaria, e ricordandoci sia dei poveri e sia di coloro che Dio ha messo sul nostro cammino.

Come missionari della Consolata dobbiamo essere capaci di investigare questo particolare momento storico che, soprattutto per noi, potrebbe essere un tempo di grazia. È questo lo sguardo che dobbiamo avere sulla realtà che stiamo vivendo. Forse anche noi, come dice Isaia, ci sentiamo un po’ come delle canne incrinate, come delle fiamme smorte, incapaci realizzare con determinazione qualcosa che possa essere un segno forte. Ma questo è il tempo della grazia, in cui il Signore ci invita a seguirlo con forza, e ad affidarci a lui senza condizioni. Solo così possiamo cogliere la sua voce e diventare segni visibili della sua grazia.

Celebrare la festa di un confratello che diventa pastore vuol dire ricordarlo e, insieme a lui, ricordare tutte quelle persone che, nel corso della storia, hanno vissuto, con coerenza, fino alla fine, la propria fede senza paura, senza timori e tentennamenti.

Celebrare questi avvenimenti, forieri di “giorni buoni” per il nostro Istituto, vuol dire prendere sul serio la nostra fede e la nostra missione. La fede e anche la missione sono una cosa seria, non sono di certo un passatempo. Siamo invitati, prima di tutto, a vivere la nostra donazione coerentemente. Quando si vive in modo mediocre e non si vive il Vangelo fino in fondo, non si partecipa alla vita della comunità, e non ci si sente membra vive della Chiesa e dell’Istituto, allora si offende apertamente la memoria di quei missionari che prendono sul serio la loro vocazione e la loro missione. L’Istituto si fonda sulla roccia che è Gesù Cristo, ma anche su altri due pilastri: da una parte, la testimonianza e l’insegnamento del nostro Fondatore e, dall’altra parte, la vita di tutti i missionari che, nel corso della storia, ci hanno annunciato e testimoniato, con la loro vita, Gesù Cristo.

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Persone disponibili al servizio

Il primo invito, dunque, che ci viene dal momento storico che viviamo come Istituto, è che ci aiuti a vivere la nostra fede e la nostra missione, sempre fino in fondo, senza mezze misure, senza falsità, e senza mediocrità.

Il secondo invito, che ci viene da questi “giorni buoni” per il nostro Istituto, è di prenderci sempre cura, all’interno delle nostre comunità missionarie, di quelle situazioni di difficoltà che le persone vivono, facendoci loro compagni di viaggio allo scopo di aiutarle e di infondere in loro speranza per sé e per i loro cari. Amare è servire e servire vuol dire appunto essere disposti a mettersi in gioco, a donare la propria vita. Esiste un martirio che spinge fino al dono del proprio sangue. Ma esiste anche un martirio quotidiano che siamo chiamati a vivere, attraverso la nostra testimonianza di fede. A questo proposito dice Gesù: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,24). Gesù insegna che crescere nella vita vuol dire imparare a donarla agli altri, donarla attraverso il servizio.

A questo punto la domanda è d’obbligo: che cosa possiamo fare noi per il nostro Istituto? Che cosa possiamo fare noi per la nostra comunità? Che tempo possiamo mettere a disposizione degli altri? Quali nostre qualità possiamo donare agli altri? Quali servizi possiamo offrire agli altri perché ci aiutino a crescere insieme sia come comunità sia come Istituto?

Pensando alla vita dell’Istituto, ritengo che i servizi di cui abbiamo bisogno sono tanti, ma uno, penso, sia necessario in modo particolare. C’è bisogno di crescere nella responsabilità. Nel sentirsi parte viva della comunità. C’è bisogno di prendersi le proprie responsabilità. Ognuno dovrebbe dire: questa è la mia casa. C’è bisogno di domandarsi che cosa posso fare per farla crescere sempre di più, per far conoscere sempre di più gli altri, la persona e il messaggio di Gesù Cristo.

Di conseguenza in questi “giorni buoni”, come padre, vorrei chiedere questa grazia per l’Istituto alla Consolata: che faccia crescere e maturare nelle nostre comunità persone disponibili al servizio. Di fronte al Signore, per intercessione del Beato Giuseppe Allamano e delle Beate Leonella e Irene, mettiamo oggi le nostre comunità, il nostro Istituto, perché ognuno di noi possa sentirsi sempre più parte viva e possa fare la sua parte, per la crescita della fede e per la crescita del bene comune. Possa il Signore inviare il suo Spirito su di noi perché ci renda sempre più sensibili e impegnati a sollevare la sorte dei più poveri della nostra società.

Mentre promettiamo il ricordo nelle nostre preghiere e rinnoviamo i nostri auguri a p. Joya, accogliamo con gioia quanto questo tempo ci offre per vivere meglio la nostra vita e la nostra missione. Che la grazia del Signore, che ci sta visitando abbondantemente in questo tempo, aiuti tutti noi a essere più missionari. Che questi “giorni buoni”, che il Signore ci dona, ci aiutino a ben preparare e vivere il prossimo Capitolo Genarele come un momento di grande rinnovamento e purificazione affinché possiamo essere sempre più degni del nome che portiamo. Fraternamente a tutti e ad ognuno: coraggio e avanti in Domino!

* Stefano Camerlengo è Superiore Generale dei Missionari della Consolata

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