La regione congolese del Kivu è già uscita dai radar dei grandi media. Ma restano i problemi di sempre. Nelle miniere d’oro le donne rappresentano la categoria più bassa e discriminata della piramide estrattiva. Passano le giornate a setacciare la terra, a spaccare pietre, a trasportare sulle spalle fardelli pesantissimi. Sono oggetto di vessazioni insistenti. Spesso per lavorare sono costrette a negoziare l’accesso ai siti offrendo prestazioni sessuali. Alcune di loro, come Émilienne e Angélique, hanno organizzato il riscatto delle loro colleghe del Kivu, e hanno assunto il ruolo di paladine dei diritti calpestati delle minatrici
Il Myanmar si prepara ai due appuntamenti più importanti dell’anno che, nonostante le restrizioni per il Covid-19, si terranno con i tempi e i modi già decisi, anche se con alcune limitazioni: la quarta sessione della “Conferenza sulla pace di Panglong del 21°secolo”, come è stato intitolato il vertice che si terrà nella capitale Naypyidaw a metà agosto; e le elezioni legislative, in programma a novembre. La Conferenza di pace ha visto sostanzialmente diminuire il numero dei delegati, una misura accettata da tutti i partecipanti. Alla riunione, fissata dal 12 al 14 agosto prossimi, sono invitate tutte le entità, le organizzazioni e i gruppi che hanno combattuto contro il governo centrale e che, in gran parte, hanno aderito al processo di pace.
Centinaia di vedove si sono date appuntamento a Dodoma (Tanzania) per chiedere maggiori diritti. Secondo molte culture tradizionali dell’Africa orientale, una vedova non è in grado di ereditare le proprietà del marito defunto. In altre, le vedove sono costrette a sposare il fratello del defunto marito. Obblighi che le donne non sono più disposte ad accettare.
All’incontro, organizzato dall’organizzazione non governativa Amazing Grace, hanno partecipato anche vedove di Paesi vicini come Kenya, Uganda e Malawi.
«Alcune delle sfide che le vedove devono affrontare includono intimidazioni e la stigmatizzazione da parte della famiglia del defunto marito», ha dichiarato alla Bbc Swahili Beatrice Mwinuka, che ha organizzato il simposio.
C’è costernazione, paura e confusione in tante famiglie latinoamericane nello Stato del Mississipi (Stati Uniti) dopo il raid della polizia dell’8 agosto che ha lasciato decine di bambini senza genitori.
In un video inviato all’Agenzia Fides, diventato virale nei social media, tra i singhiozzi, Magdalena Gómez, 11 anni, appare davanti alle telecamere dicendo in inglese: "Governo, per favore, mostra un po' di cuore". Lo dice perché suo padre è stato arrestato mercoledì insieme a centinaia di persone dopo che più di seicento agenti dell'Immigration and Customs Enforcement Service (ICE) hanno lanciato una vasta operazione di polizia nel Mississippi.
Dopo 32 anni Washington ufficializza il ritiro dal trattato con Mosca che limita l’utilizzo dei missili nucleari. Nuove tensioni in Europa e preoccupa la corsa agli armamenti.
Gli Stati Uniti annunciano il ritiro dal trattato con la Russia per il controllo delle armi nucleari (Inf). Oggi il segretario americano di Stato, Mike Pompeo, dovrebbe annunciare la sospensione del patto, dopo che il presidente Trump, nell’autunno dello scorso anno, aveva accusato la Russia di aver violato l’accordo. I due Paesi hanno ancora sei mesi per trovare un’intesa prima del ritiro effettivo. Tuttavia, secondo il Cremlino gli Stati Uniti potrebbero schierare 48 missili in Europa per fare pressione su Mosca, quindi preparano le contromisure. La speranza è che raggiungano un’intesa.
A inizio anno Francesco aveva espresso preoccupazione perché “il disarmo nucleare, ampiamente auspicato e in parte perseguito nei decenni passati, sta ora lasciando il posto alla ricerca di nuove armi sempre più sofisticate e distruttive”. Il tema era al centro del discorso rivolto dal pontefice ai membri del corpo diplomatico. Nei laboratori di ricerca si lavora alla miniaturizzazione delle testate nucleari, spiega Fabrizio Battistelli, presidente dell’istituto Archivio Disarmo. Questo “aumenta il rischio, perché essendo più manovrabili, diventano anche più utilizzabili”
Il trattato sui missili atomici era stato firmato l’8 dicembre 1987 dal Presidente russo Michail Gorbacev e da quello americano Ronald Reagan. L’obiettivo era limitare il ricorso a queste armi nucleari a medio raggio. Una pietra miliare che pose fine alla Guerra Fredda durata 40 anni. “Fu un atto di saggezza in quell’epoca”, spiega Battistelli. “L’idea di trasformare l’Europa in un campo di battaglia nucleare appariva improbabile agli stessi americani”. Oggi questo passo indietro “non potrà non provocare un processo di riarmo generalizzato”.
La crisi si scatena nell’autunno del 2018 quando l’Amministrazione americana aveva accusato Mosca di produrre nuovi missili nucleari. Critica subito rispedita al mittente dal Cremlino. Poi il fallimento definitivo dei negoziati con Trump che aveva intimato a Mosca di distruggere gli armamenti entro il 2 febbraio, pena il ritiro dal trattato. Ora occorrono sei mesi prima che la revoca sia definitiva, ma “non c’è da essere troppo ottimisti”, è l’analisi di Battistelli. Trump è “fermo nel proposito strategico di riaffermare la supremazia americana”.