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"Lettera d’oro"

  • Lug 07, 2015
  • Pubblicato in Notizie

Guglielmo di Saint-Thierry
Lettera ai fratelli di Mont-Dieu («Lettera d’oro»)

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L'inferno non esiste?

  • Lug 07, 2015
  • Pubblicato in Notizie

Dio è buono — su questo non ci piove — ma Dio è anche giudice. La più grande fregatura del cristianesimo fai-da-te? Credere in un Dio buonista (non buono!), uno che ci mette una pezza sopra, tanto "non fa niente", tanto "tutto va bene".

Ai tempi della mia conversione stavo con una ragazza. E mentre incominciavo a scoprire il Signore, soprattutto attraverso le catechesi dei 10 comandamenti di Rosini, in me maturava la consapevolezza del valore della castità. In parte nasceva da una mia ispirazione, ma certamente fu il sesto comandamento a mettere in chiaro le cose. Facendo un piccolo passo indietro, avevo sentito dire che la chiesa indicasse di vivere in castità con la propria ragazza ma, francamente, mi sembravano cose di altri tempi (del tipo la chiesa si deve adeguare ecc. ecc.). Mi ero confrontato con la responsabile del mio gruppo di preghiera ed il risultato fu uno scambio di opinioni: tu la pensi così, io colí; io e la mia ragazza ci vogliamo bene — non è un’avventura — ognuno è tornato a casa sua, amici come prima. In fondo che male c’è a fare l’amore con la propria ragazza quando ci si vuole bene e si vive una relazione seria?

Arrivate le catechesi più incalzanti, le mie certezze incominciavano a vacillare. Mi ritrovavo a dire a Gesù: “Tu lo sai che non si può fare, come faccio a vivere in castità con lei? Non si possono mica imporre le cose, giusto? Io lo so che tu ci passi sopra su questa cosa, in fondo va bene uguale, vero? Quello che conta è il cuore, vero?”.

Fino a che non arrivò il ritiro del sesto comandamento.

“Chi è in peccato mortale non venga a fare la comunione.” ci disse Don Fabio prima della messa.

“Ah beh io sto tranquillo qui, mica ho ammazzato nessuno” — pensavo tra me e me. Poi ripete.

“Chi è in peccato mortale non vada a fare la comunione, mangia la sua condanna!”

“Tranquillo — mi dicevo — qui tutto a posto”

“Chi non ha deciso in cuor suo di smettere di avere rapporti con la sua ragazza, non venga a fare la comunione perché è in peccato mortale!”

I capelli mi si drizzarono come nei fumetti “Oh porca p..!!!” Parla proprio di me!

IL PECCATO MORTALE ESISTE

La maggiore tentazione che viviamo in questo tempo? Non l’ateismo ma la costruzione di un cristianesimo alternativo, una fede ad-hoc costruita per le nostre esigenze e che ci allontana dall’amore di Dio. Il peccato mortale esiste. In Matteo al capitolo 25 Gesù dice:

Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. […] Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. […] E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

Ti hanno detto che l’inferno non esiste, che c’è un Dio buon(ista) che tanto ti fa passare tutto, che l’importante sono le intenzioni e non i fatti. Che alla fine andiamo tutti in Paradiso. Ma il vangelo contraddice questa versione. La verità delle cose è che Dio è buono perché ha misericordia di noi, perché ci accoglie a braccia aperte quando ritorniamo da lui dopo essere caduti. Che ad ogni perdono che riceviamo possiamo rialzarci con nuova dignità e decidere di cambiar vita, “ritornate a me con tutto il cuore” (Gil2,12). Ma non un Dio buonista, il nostro è un “Dio geloso”.

Per ricevere il perdono, il cammino ci viene indicato dalla chiesa stessa:

  • Pentimento (contrizione dei peccati)
  • Confessione
  • Comunione

Nella sciallità generalizzata di una fede diluita, come anche nella durezza e ottusità di un cristianesimo bigotto, perdiamo di vista che tutto ruota attorno al perdono, che Gesù è salito sulla croce per pagare il nostro debito infinito verso il Padre. E che qui sta la chiave di lettura di tutto.

Quindi l’inferno esiste, la dannazione eterna esiste, una vita — per sempre — lontano dallo sguardo del Padre esiste. Ma è una scelta. Il punto di questa riflessione è che la vita eterna, il Paradiso, si incomincia a costruire già da qui, già da ora. Non è un gratta e vinci che alla fine dei tuoi giorni andrai a vedere “che ti è uscito”. Ad ogni concessione che fai al peccato — oggi — corrisponde una perdita di controllo sulla tua vita e sul tuo tendere al Bene. È una scala che si sale quotidianamente, in ogni singolo aspetto della nostra vita: pensieri, parole, opere e omissioni (già sentito?).

Ogni gradino conta.

Buon cammino.

Per non lasciare le storie a metà, alla fine quella famosa storia “seria” ai tempi di don Fabio è finita, e l’introduzione della castità fu una pietra miliare per poter capire fino in fondo se fossimo chiamati o meno al matrimonio. Avere avuto il coraggio di mettere l’obbedienza a Dio al primo posto fu veramente il passo decisivo che fece sbloccare le cose in questo senso.

 Fonte: http://5p2p.it/

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With the foundation of the Congregation of Consolata Missionaries, Blessed Joseph Allamano (founder) affirmed that ‘The Institute came into being by the will of our Lady Consolata’. She is the Foundress, and we venerate her as Titular and Mother. We bear the title of the Consolata as ‘our first and our last name’. The congregation is her work. Therefore, the solemnity of Our Lady Consolata ‘is our feast, and very particular ours’. (cf. conf. I, 568; Cants. 2 and 11). Today the feast of Consolata is celebrated on every 20th June of each year across the World, where the Consolata missionaries are present, in fraternal communion with the Christian, friends and benefactors. Therefore the Consolata missionaries of Merrivale community, celebrated this great feast with the parishioners of Saint Martin de Pores on Sunday 21 June 2015. The Eucharistic celebration was enriched by the presence of our newly ordained priests, Fr. Francis Onyang’o and Fr Ashuro Abebe Kidane Consolata missionaries, who are among the pioneer students at Merrivale Theological Seminary in 2008 and served the people of God in this parish during their pastoral experience for 4 years of their theological studies. This was also an opportunity to thank the parishioners for their support in prayer and material needs during this time as students. Fr Kidane was the main celebrant, Fr Francis together with Fr. James Mwigani concelebrated. Fr. Francis, after the Gospel which he sang with a resounding tune, delivered an enriching homily. He began saying that ‘when we celebrate Consolata Feast we are not only just celebrating a feast of Consolata Missionaries, but we are celebrating God’s consolation to the world through our Mother Mary, and that is what we sang in the responsorial psalm-that the Lord has Consoled his people.’ Fr. Francis went on to say that Mary became the first missionary taking God’s consolation to the World after she received the call from God through the Angel Gabriel’. This is the same consolation that the Consolata missionaries bring to the people of God. ‘We receive consolation so as to console others too’. He also shared with the faithful some difficulties and challenges of missionary life. He encouraged them to take care of the vessels who bring Good News of God’s consolation because if they are broken, then the precious substance that they carry begins to leak and if it leaks then we neither receive that consolation and nor the world. He called the faithful to become missionary with missionaries. Coincidentally, this day was also the world ‘Father’s day’ and the Eucharistic celebration was also offered in thanksgiving to all fathers in the remarks, especially those in our Parish Saint Martin de Pores. Fr. Francis in his concluding words during the homily, he called upon the fathers to bring back consolation to their families, bring back love and to take up their responsibilities. According to him, it is important to remember that, the moment Mary said yes to the will of God she never looked back, the moment we said yes to the Lord as consolata missionaries we never looked back; saying yes to be a dad or father is not different to this ‘yes’. The fathers were called to take this opportunity of father’s day to be good and caregivers in their families and society as people who said ‘yes’ to a call to be husbands and fathers of children within the family set up. Moreover, as part of missionary animation, the Seminarians of Merrivale Theological Seminary presented a slide on the ordination of both fathers (Francis and Kidane), and illustrated a bit of the history of Consolata missionaries in the world especially where they evangelize at the present moment. It was a wonderful slide show which I believe it reflected how the Consolata missionaries are spreading the Consolation of God to the people across the world by bringing the true consolation (Jesus Christ) to the hearts of people. Indeed, we as Consolata missionaries, are called to be a role model of God’s consolation wherever we are especially by giving good testimony of the Gospel to the poor and the needy, by the example of Jesus Christ himself. Just like Blessed Sister Irene Stefani who participated in the joys, life and sorrows of the people, as part of her consoling work to the people of God, we too as Consolata missionaries are called to embrace this mission with tireless prayer, work and evangelization because this is how we can achieve holiness that our founder Blessed Joseph Allamano speaks in his writings.

By: Uarasse Nelson Calisto, Imc.

Merrivale Theological Seminary - South Africa.

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“Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono”. Mc.4,35-40

L’episodio della tempesta sedata, nel Vangelo di Marco, fa da ponte tra due sezioni: quella delle parabole e quella dei miracoli.

I discepoli, purtroppo, non avevano capito il messaggio delle parabole, come le due precedenti, del seme che germoglia da solo e del granellino di senape: immagini sotto le quali si nascondeva la realtà del Regno di Dio, realtà che si percepisce solo con la fede. Pertanto i discepoli, non avendo capito il senso delle parabole, ora nella tempesta che si scatena sul lago, non riescono a capire che cosa significa la presenza di Gesù in mezzo a loro, anche se Egli non fa niente, perché “dorme sul cuscino”. La comunità cristiana primitiva che leggeva il racconto di Marco, non si fermava al senso letterale, ma vi leggeva un grande annuncio cristologico: “Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono”? La risposta: è Dio in persona. Perciò è un invito alla fede in Cristo come Figlio di Dio, che Marco rivolge alla comunità.

Ma prima è Gesù stesso che ci rimprovera: “Non avete ancora fede?”.

/ Il Signore Gesù non è soltanto il dominatore delle malattie e delle potenze demoniache; il suo potere si allarga sino ad abbracciare gli elementi della natura nella loro raffigurazione più grandiosa e potente: il mare, e per giunta il mare in tempesta.

/ Il tema del mare ha un significato biblico molto carico di misteri e di pericoli, a motivo della profondità dei suoi abissi, dell’amarezza delle sue acque, del perpetuo fluttuare delle sue onde, della sua potenza distruttrice quando si scatena.

Nella Bibbia, il mare è spesso presentato come l’immagine del male avverso a Dio, e Gesù è Colui che è venuto nel mondo per combattere il male e sconfiggerlo.

/ Il racconto di Marco è ambientato sul lago di Tiberiade, anticamente denominato “mare di Galilea”, con i suoi Km. 21 di lunghezza e Km. 10 di larghezza e m. 45 di profondità. Questo lago è il maggior specchio d’acqua della Palestina settentrionale. Lo scontro dei venti che spirano dalle cime nevose del monte Hermon, ad occidente, con il calore tropicale che infuoca la valle del deserto siriano, ad oriente, scatena facilmente tempeste improvvise e spaventose, con turbine impetuoso e pericoloso, sul lago che si trova a m.208 sotto il livello del Mediterraneo.

Pertanto, in una di queste pericolose circostanze, vengono a trovarsi la barca di Gesù con i discepoli, nell’ora del tramonto che annuncia prossima l’oscurità notturna, su una barca che va inghiottendo acqua da ogni parte. E Gesù “dorme sul cuscino”!.

/ Ma “chi è Gesù”, questo dominatore delle forze naturali? Aver fede in Lui, significa credere che in Lui c’è la vita e non la morte. Quella sera di tempesta, Gesù comanda al vento e al mare, mentre esorta i suoi discepoli ad aver più fede, e subito le onde si acquietano e ritorna la bonaccia.                    

* S. Agostino commenta: “ Quando si dice che “Dio dorme”, siamo noi che dormiamo; e quando si dice che “si sveglia”, siamo noi che ci svegliamo. Infatti, il Signore dormiva nella barca, e se questa era scossa, è perché Gesù dormiva.. Se Gesù fosse stato sveglio, la barca non sarebbe stata scossa. Pertanto, la barca è il tuo cuore; e Gesù nella barca è la fede nel tuo cuore. Se ti ricordi della tua fede, il tuo cuore non è agitato, ma se dimentichi la tua fede, Cristo dorme, e tu rischi il naufragio”.   (S. Agostino, su S. Giovanni,49,19).

/ Questa è forse una storiella per rassicurare i meno coraggiosi? No, è una parola evangelica per tutti coloro che si trovano nella tempesta con Gesù Cristo, e si accorgono spaventati che Egli sembra dormire. E’ Lui che ha preso l’iniziativa della traversata, diretto verso la sponda orientale del lago, abitata da pagani. Sulla barca, dopo le fatiche della giornata, si è addormentato, e ha continuato a dormire mentre si scatenava la tempesta e i suoi erano presi dal panico. Verrà un giorno, il Venerdì santo, in cui egli sarà inghiottito dal sonno della morte, e la fede dei suoi amici vacillerà. Per il momento, i discepoli lo svegliano senza riguardi; non gli chiedono devotamente di venire loro in aiuto, ma si mostrano indignati: ”Non ti importa che moriamo”? Molte persone pensano a Dio in questo modo, senza fede. Il mondo si trova nella tempesta, nella paura, nel terrorismo, lotta contro la morte, la malattia, la fame, la disperazione..e Dio dorme! Ma Lui è presente e si trova anche Lui nel cuore della tempesta. Ma è nel cuore della tempesta e della morte che lo troviamo ed è presente.

/ Gesù tuttavia si sveglia, si alza, e come se esorcizzasse un demonio, minaccia le potenze di morte che si accaniscono contro la barca, e si fa una grande calma, mentre un religioso timore si impadronisce dei presenti. Facendo cessare la tempesta, Gesù ha dimostrato di possedere una prerogativa divina.

/ Non dimentichiamo che Marco, con questo racconto, si rivolgeva ad una Chiesa spaventata dalla persecuzione, per esortarla ad avere fede. Inoltre era una Chiesa che stava facendo l’esperienza della missione tra i pagani, e cominciava ad accorgersi che per raggiungerli, doveva abbandonare le acque calme del giudeo-cristianesimo per passare all’altra riva, rinunciando alle sue pratiche e alle sue concezioni troppo ristrette. Come trovare il coraggio per fare tutto questo, se non ricorrendo a Colui che comanda al vento e al mare, e che è sempre presente sulla barca anche se sembra dormire?

/ Allo stesso modo anche noi, in mezzo alle tempeste del secolo in cui viviamo, dobbiamo continuare ad aver fede, nonostante tutto. Il Signore è in piedi sulla barca, come il giorno di Pasqua, dopo aver vinto la morte, si leverà sulla tomba, calmerà il mare e il vento, simboli del male.

Non è proprio dal sonno della sua morte che si sprigiona la potenza della vita nuova della sua risurrezione? “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede”? ci dice ancora Gesù.

Le nostre angosce e paure nascono dal non aver capito nella nostra vita “Chi è costui”, ossia il mistero della sua persona, che ci rivela la potenza di Dio con noi. Dio dorme, ma è presente; tace, ma ha parlato. La Parola che è risorta, ormai vive per sempre.

/ Nella SS. Eucaristia che stiamo celebrando, non cerchiamo il meraviglioso e lo straordinario, ma ciò che significa per noi, è la sicurezza di avere Gesù con noi.

Gesù ci incoraggia: “Coraggio, io ho vinto il mondo”(Gv.16,33).

/ S. Teresa d’Avila, dopo anni di lotta per la sua freddezza spirituale e mancanza di fervore, un giorno così pregò il Signore: “Signore ma tu dov’eri durante le mie tribolazioni?” Il Signore le rispose: “Ero nel tuo cuore, per vedere come lottavi”. E Teresa chiese ancora: “ E io dove mi trovo”?

E Gesù le rispose: “Tu sei nel mio cuore”.

/ I simboli del racconto e la loro spiegazione:

La notte sul lago = l’oscurità del paganesimo e le perplessità della Chiesa delle origini a predicare  

                                   la Parola di Dio ai pagani.

2. La barca = la Chiesa, la comunità cristiana, che ha il compito di condurre Gesù presso chi ancora

                       non lo conosce.

Gesù che dorme sul cuscino = la Passione e la Morte di Cristo: il Signore sembra assente durante  

                                                     la sua Passione e Morte.

La tempesta sul lago = il tempo di persecuzione della Chiesa: la fede viene meno, la guerra dei

                                         nemici della Chiesa, la mancanza di giustizia e di pace, le tribolazioni e la      

                                         morte di tanti martiri innocenti .

L’altra sponda del lago = l’andare presso i pagani; il vivere presso coloro che non conoscono

                                             Cristo o non lo vogliono conoscere.

 

 

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La straordinaria esperienza di educazione alla musica, e non solo, vissuta tra il 17.mo e il 18.mo secolo dai Gesuiti nelle loro missioni in Sudamerica – denominate “Riduzioni” – è riecheggiata lo scorso 2 giugno in Vaticano nel concerto-conferenza organizzato dalla Pontificia Commissione per l’America Latina, in collaborazione con le ambasciate presso la Santa Sede di Bolivia, Ecuador e Paraguay, in vista del viaggio apostolico di Papa Francesco in quei Paesi. Il concerto “La Magia della musica nelle riduzioni indo-gesuitiche del Sud America” è stato interpretato dal "Domenico Zipoli Ensemble”. Il direttore dell’Ensemble, Giorgio Fornasier, ne parla al microfono di Patricia Ynestroza

– La storia  dell’Ensemble è legata alla storia di questo fenomeno straordinario, unico nella storia dell’umanità. Una delle caratteristiche delle Riduzioni gesuitiche del Sudamerica era proprio che i Gesuiti che avevano creato queste città ideali nell’arco di 150 anni, dal 1609 al 1767, e avevano fatto crescere culturalmente gli indios guaraní, portati fuori dalla foresta a un livello addirittura protoneolitico a un livello culturale europeo, creando scuole, creando opifici, insegnando loro a essere imprenditori ma soprattutto creando cultura tramite conservatori di musica. I bambini, fin in tenera età, venivano cresciuti col canto, la danza, la musica, imparavano a suonare gli strumenti ed eseguivano nelle chiese delle Riduzioni tutte le parti liturgiche. Ma non solo, perché accompagnavano anche le feste con la loro musica e addirittura giravano per i campi con piccoli ensemble per allietare il lavoro degli indios che lavoravano nei campi. All’interno delle Riduzioni era una comunità molto aperta, molto libera, dove lavoravano due giorni alla settimana per la comunità e il resto per la loro famiglia. Questa era una cosa straordinaria.

– C’è stato un momento molto particolare di questo concerto-conferenza in cui avevate uno strumento particolare?

– Verso la fine del concerto, eseguiamo un brano molto particolare che è un "canone inverso", un brano che viene eseguito da due strumenti diversi: uno lo suona con la partitura in un verso e l’altro suona la stessa partitura però capovolta. L’abbiamo fatto con un oboe e un violino, ma il violino era un violino particolare e qui è uscita la capacità, l’abilità manuale degli indios. Infatti, abbiamo usato un violino guarayos trovato nella foresta, costruito da un indio che ha imparato l’arte del liutaio dal suo papà che naturalmente l’aveva imparata dal  nonno, dal bisnonno – una tradizione di famiglia – e ancora usavano gli stampi originali dei gesuiti. Un violino rozzo, costruito di legno di cedro dell’orchestra, con le corde originali che erano di budello di scimmia. Quindi, è stata una grande emozione perché abbiamo riconosciuto sia la capacità di costruire un brano così difficile da un punto di vista armonico e di contrappunto – che è un canone inverso scritto da un indio che si chiamava Julian Atirahù – sia la particolarità di uno strumento costruito ai giorni nostri, seguendo la tradizione dei gesuiti, da un liutaio indio.

 

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