Durante il corso di Formazione Continua per i formatori IMC, realizzato nella Casa Generalizia a Roma, dal 25 marzo al 7 aprile, abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare l’esperienza dei nostri confratelli impegnati nella fromazione.
Di seguito vi proponiamo alcune delle interviste raccolte.
“Cristo, mia speranza, è risorto! Sì, ne siamo certi: Cristo davvero è risorto!”
“Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui” (Rom.6,9).
Noi dobbiamo risorgere al fervore; non solo dal peccato, ma da tutte le debolezze. Conserviamo sempre il fervore che sentiamo in questa festa. Non si muore più! Tutti dicano a sé stessi: “siamo risorti non vogliamo più morire, vogliamo essere veri missionari”. Non abbiate paura di diventare troppo fervorosi!” (Beato Giuseppe Allamano)
Carissimi Missionari, Amici, Parenti, Benefattori;
La nostra fede cristiana celebra la Pasqua non solo nel ricordo della risurrezione di Gesù, ma anche nel segno della riscoperta dell’impegno pasquale che investe ogni battezzato.
La domanda che dovrebbe accompagnarci per vivere bene la Pasqua è questa: Che Pasqua siamo? Che Pasqua sono? Che Pasqua voglio essere?
Tale impegno comporta il cambiamento di ogni struttura o condizione negativa: dal male al bene, dalla morte alla vita, dalla sofferenza al benessere, dalla lotta alla pace, dall’oppressione alla liberazione. Tutto questo in ogni realtà, dove in un modo o nell’altro noi ci troviamo a vivere o ad agire. Siamo testimoni del risorto e perciò testimoni di vita e di speranza. La Pasqua è una missione di liberazione.
Pasqua è prima di tutto uno stile di vita, un impegno quotidiano a vivere da risorti, a sperimentare fino in fondo la nostra e l’altrui umanità!
Pasqua non può essere solo un rito, una funzione, una bella celebrazione, una liturgia ben organizzata senza alcun legame con la vita concreta. La Pasqua è lo stile di vita cui ci chiama la nostra fede. La Pasqua è l’impegno ordinario a sentirci dei risorti, e non dei morti viventi.
L’uomo ha bisogno di Dio, ma questo non basta per animare una vita credente; occorre la decisione e la consapevolezza di dare un senso di bene alla propria vita. Il Risorto è il Volto di Dio che si rivela pienamente all’uomo e ne soddisfa la sete di infinito, ma allo stesso tempo è un impegnativo progetto di vita che interpella i gesti quotidiani.
Ci sono dei segni concreti che mostrano come la Pasqua abbia invaso la nostra vita. Non sono segni eclatanti. Non sono atti eroici né che finiranno sulle pagine dei giornali o sui libri di storia. Sono segni che, semplicemente, esprimono fino in fondo la nostra più profonda umanità.
Quando al nostro quotidiano mancano i gesti concreti, vuol dire che la Speranza non si è impossessata di noi. Senza scelte quotidiane positive e rivolte all’altro, ci consegniamo ad un grigiore che è quasi peggio delle tenebre.
Abbiamo bisogno dei segni perché altrimenti la Croce resta solo un pezzo di legno cui aggrapparsi più per superstizione che per fede. Abbiamo bisogno dei segni, altrimenti la dirompente forza di un Dio che ha vinto la morte resta imbrigliata dalla mediocrità delle nostre vite.
Gesù ci chiede di orientare la nostra vita alla ricerca del bene, del giusto, del vero, del bello, di accompagnare con una profonda compassione le persone che ci circondano e di vivere questa scelta di fondo nelle azioni più comuni della vita quotidiana.
È un segno pasquale riconciliarsi con le persone che ci hanno ferito, chiedere perdono per gli errori fatti a danno degli altri, impegnarsi per riconoscere dignità ai deboli, agli oppressi, agli emarginati.
È un segno pasquale rinunciare all’orgoglio per favorire la comunione, lavorare con onestà, coscienza e professionalità, studiare con passione, offrire i propri talenti a servizio del bene comune.
È un segno pasquale rispettare il Creato; la sobrietà nei consumi e nei gesti.
È un segno pasquale mettere al centro della propria vita le relazioni con gli altri.
È un segno pasquale essere veri uomini e vere donne tutti i santi giorni.
È un segno pasquale…
Assumiamo impegni semplici ma seri per umanizzare la nostra vita, le nostre relazioni, gli ambienti in cui ci troviamo. Cerchiamo di non essere compiacenti verso noi stessi, non troviamo facili alibi nel contesto culturale, sociale ed economico. Mettiamoci in discussione. Confrontiamoci con i segni di libertà che Cristo Risorto reclama da noi per non lasciar inaridire i nostri cuori e i cuori di chi ci è a fianco.
Chi crede nella resurrezione vive guardando oltre il tempo e lo spazio. Vive realtà tanto più divine, quanto più umane. Vive aspettando grandi cose, «cieli nuovi e terra nuova». La sua fede l’aiuta a vedere la storia umana e l’umano soffrire con gli occhi stessi di Dio che ci è accanto per trasformare il limite in una nuova possibilità di crescita.
La fede non permette che ci attardiamo al cimitero, cercando il Risorto tra i morti. Ma «lasciato il sepolcro in fretta», come le donne la mattina di Pasqua, noi incontriamo il Signore, appunto perché corriamo verso i vivi, a portare loro speranza.
Vivere da risorti. La fede nella resurrezione di Cristo è il fondamento della nostra gioia di vivere. Se Lui è risorto, anche noi risorgeremo. E questa fede nella resurrezione, mentre è il fondamento del nostro agire, è già un anticipo di paradiso in terra:
«Se è vero che Gesù ci resusciterà alla fine dei tempi, è anche vero che, per un certo aspetto, con Lui già siamo resuscitati. La vita eterna incomincia già in questo momento, comincia durante tutta la vita terrena, verso quel momento della resurrezione finale. Già siamo resuscitati e mediante il battesimo siamo inseriti nella morte e nella resurrezione di Cristo e partecipiamo alla vita nuova. In attesa dell’ultimo giorno, abbiamo in noi stessi un seme di resurrezione, quale anticipo della resurrezione piena che riceveremo in eredità». (Papa Francesco, udienza generale del 4 dicembre 2013)
“Buona Pasqua”, dunque, vuol dire “illuminate il mondo con i vostri segni di bene”. È questo l’augurio che faccio a ciascuno e a tutti: non abbiate paura di accogliere fino in fondo la novità della Resurrezione.
A tutti e ad ognuno: coraggio e avanti in Domino!
Roma, 14 aprile 2019, Domenica delle Palme.
Siamo entrati nella Settimana Santa, la Settimana Maggiore, in cui facciamo memoria dell'evento fondante della nostra fede cristiana. Nella prima lettura della Domenica della Passione o delle palme, il profeta Isaia ci ha invitati ad avere "orecchi da discepoli" che è l'origine e fondamento dell'avere poi "lingua da discepolo" e divenire discepoli-missionari consolatori.
La liturgia della Chiesa, sopratutto attraverso l'adorazione proposta per il Giovedì Santo, ci invita a contemplare e dimorarsi nell'intimità con il Signore. Questo per capire il suo cuore e diventare veri discepoli suoi, "che ci ha amato fino alla fine".
Di seguito proponiamo due schemi di preghiera di adorazione, che potranno essere usate o adattate per l'adorazione.
Si intitola Sacramenti e inculturazione. Per un cammino di fede in una Chiesa “in uscita” il nuovo volume edito dalla Libreria Editrice Vaticana – Dicastero per la Comunicazione a firma di Alfonso Giorgio, dottore in Teologia, è assistente ecclesiastico nazionale del Movimento apostolico ciechi e parroco nell’arcidiocesi di Bari-Bitonto.
«Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28, 19-20). La Chiesa guidata dal Signore si avvicina all’uomo ed evangelizza con la bellezza della liturgia, afferma nella presentazione al volume monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. La liturgia e l’evangelizzazione, scrive, «sono intimamente connesse, motivo per cui la liturgia è una realtà evangelizzante in sé stessa». La liturgia, infatti, è il luogo dove si nasce, si cresce, quindi si vive, la nuova vita; formare il battezzato nello spirito della liturgia ed educarlo all’azione liturgica permette di intendere la preghiera come perfetto connubio tra fede e vita.
«Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, dedicata all’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, Papa Francesco sottolinea il connubio tra liturgia ed evangelizzazione, affermando che “l’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi” (cfr. EG 24)».
Nell’opera di Alfonso Giorgio – sottolinea Fisichella – si evince come l’autore colga l’invito del Pontefice a ricercare la bellezza evangelizzante della liturgia, concentrandosi sul tema dell’inculturazione della fede e dell’annuncio del Vangelo che la Chiesa “in uscita” concretizza tramite la singolarità della stessa liturgia, ritenendo la bellezza un attributo di Dio e della sua rivelazione; cogliere la sfida della Nuova Evangelizzazione significa saper comprendere e osservare le diverse situazioni in modo da adottare un atteggiamento coerente con il contesto. Questo aiuterà la Chiesa a evangelizzare in tutti i luoghi tenendo in considerazione anche le nuove culture digitali in quanto l’evangelizzazione rappresenta un modo unico per far incontrare il Signore agli uomini.
Il volume fa parte di Per la vita del mondo, la collana dell’Editrice che raccoglie riflessioni e studi di Teologia della Liturgia con lo scopo di promuoverne i risvolti esistenziali, pastorali e culturali sia all’interno della compagine ecclesiale che nell’areopago policentrico della nostra era.
La presentazione del libro avrà luogo mercoledì 3 aprile, alle 17.30, presso la Sala Marconi di Palazzo Pio. Dopo un saluto introduttivo di fra Giulio Cesareo Ofm Conv., interverranno monsignor Rino Fisichella, l’autore Giorgio e il professor Ambroise Atakpa, professore di Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Urbaniana. L’incontro sarà moderato dalla dottoressa Cecilia Seppia, giornalista Vatican News.
Nel contesto del corso di Formazione Continua per i Formatori delle Comunità Formative IMC, che decorre in questi giorni a Roma, i corsisti hanno avuto la gioia di ricevere fra di loro, per la celebrazione dell’Eucaristia, Mons. José Tolentino de Mendonça, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa.
Mons. Tolentino nacque nell'isola di Madeira, Portogallo, nel 1965 e dopo la sua formazione teologica iniziale all'Università Cattolica di Lisbona, ha conseguito la Licenza in Teologia nel 1989 e ha ricevuto l’Ordinazione Sacerdotale nel 1990. Ha compiuti studi superiori al Pontificio Istituto Biblico a Roma, conseguendo la Laurea in Scienze Bibliche nel 1992 e nel 2002 ha conseguito il Dottorato in Teologia Biblica all'Università Cattolica di Lisbona con la tesi sul brano dell’adultera nella casa del fariseo (LC 7,36-50).
Dal 1995 al 2000 fu cappellano dell’Università Cattolica di Lisbona, dal 2004 al 2018 vi ha insegnato Nuovo Testamento e durante gli ultimi 6 anni ha anche ricoperto il carico di Vicerettore.
Nel 2018 fu nominato da Papa Francesco responsabile per l’Archivio e la Biblioteca Vaticana e ha ricevuto l’Ordinazione Episcopale a Lisbona il 28 luglio.
Mons. Tolentino fu da sempre molto attento al mondo della cultura e ha pubblicato varie opere e articoli cercando di creare un ponte spirituale sui pilastri della poesia e teologia, tracciando cammini di incontro con Dio nel mezzo delle sfide odierne. Recentemente era consultore del Pontificio Consiglio per la Cultura e l’anno scorso, sotto invito di Papa Francesco, ha predicato gli Esercizi Quaresimali alla Curia Pontificia.
Nell'omelia, partendo dalle parole di Gesù “dare pieno compimento”, ha aiutato a discernere la triplice crisi che vive oggi il mondo e la Chiesa: crisi di fiducia, crisi generativa e crisi di identità; invitando "ad essere" e a sapere essere vicini per accompagnare gli altri "ad essere", a sapere rischiare su cammini che portano al pieno compimento del Vangelo.
Qui potete ascoltare tutta l’omelia