Se realizó en la ciudad de Puerto Leguízamo Putumayo sede episcopal del Vicariato de Puerto Leguízamo Solano. Fue coordinado por el P. José Fernando Flórez Arias IMC y el Misionero Izaías Melo Nascimento IMC, este encuentro se llevó a cabo entre los días 24 al 28 de noviembre de 2016; a él, asistieron 62 animadores y animadoras de las fronteras de Perú, Ecuador y Colombia representando 35 comunidades de los grupos étnicos Coreguaje, Inga, Múrui, Muina, Kichwa, Shuar pertenecientes a las parroquias de Nuestra Señora del Carmen, Divino Niño, Nuestra Señora de Las Mercedes y Nuestra Señora de Fátima del Vicariato de Puerto Leguízamo Solano e igualmente, comunidades de los Vicariatos de San Miguel de Sucumbíos – Ecuador y San José del Amazonas – Perú.
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O Dio, che ci hai insegnato che tutte le nostre opere senza amore non hanno alcun valore, manda il tuo Spirito e infondi nel nostro cuore il dono sublime dell’amore
O Dio, che ci hai insegnato che tutte le nostre opere senza amore non hanno alcun valore,
manda il tuo Spirito e infondi nel nostro cuore il dono sublime dell’amore,
vincolo essenziale della pace e di ogni virtù,
senza cui i viventi sono come morti al tuo cospetto.
Concedici questo dono per amore del tuo unico Figlio Gesù Cristo.
Liturgia anglicana
Uno dei fenomeni sociali, che sta avvelenando il cammino della umanità e che si é convertito in una cultura, cioè in un maniera di essere, di pensare e di agire, é la “mafia”, é la “corruzione”. Tradizionalmente questo fenomeno si considerava come proprio di alcune zone del sud di Italia, pero oggi é diventato un fenomeno nazionale, anzi universale. Quasi ogni giorno appare sui giornali o nei notiziari televisivi qualche notizia relazionata con questo fenomeno.
Nella Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, papa Francesco ha scritto: “ Il mio invito alla conversione si rivolge con ancora più insistenza verso quelle persone che si trovano lontane dalla grazia di Dio per la loro condotta di vita. Penso in modo particolare agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia. Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita. Ve lo chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combattendo il peccato, non ha mai rifiutato nessun peccatore. Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignità. E’ solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’aldilà. Il denaro non ci dá la vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potente né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire.
Lo stesso invito giunga anche alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga putrefatta della società é un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare il futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. E’ un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione é un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza. E’ un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo. Corruptio optimi pessima, diceva con ragione san Gregorio Magno per indicare che nessuno può sentirsi immune da questa tentazione. Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza.
Questo é il momento favorevole per cambiare vita! Questo é il tempo per lasciarsi toccare il cuore . Davanti al male commesso, anche a crimini gravi, é il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita. Rimanere sulla via del male é solo fonte di illusione e di tristezza . La vita é ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano. E’ sempre disposto ad ascoltare, e anch’io lo sono, come i miei fratelli vescovi e sacerdoti. È sufficiente solo accogliere l’invito alla conversione e sottoporsi alla giustizia, mentre la Chiesa offre la misericordia.” (MV, 19)
Alla luce delle parole del Papa è per noi un dovere in quest’Anno Santo della Misericordia riflettere su questo fenomeno sociale e ricordarne le vittime. La lista delle vittime a livello mondiale é lunghissima. Fra le tante, ho scelto don Pino Puglisi che é stato beatificato il 25 maggio 2013. Ricordandolo il girono dopo, il 26 maggio 2013, Papa Francesco ha detto: “Don Puglisi é stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però é lui cha ha vinto con Cristo risorto”.
Don Pino Puglisi é stato Parroco di frontiera nel difficile quartiere Brancaccio di Palermo. Era nato proprio in quel quartiere il 15 settembre 1937 e fu ucciso il giorno del suo compleanno, il 15 settembre 1993,quando compiva i 56 anni. Fu ucciso per la sua azione pastorale in aperta contrapposizione al regime di terrore, morte e sopraffazione imposto nel quartiere dalla mafia. La colpa peggiore di don Pino era quella di aver dato vita al Centro Padre Nostro, situato in un crocevia strategico del quartiere di Brancaccio, il Centro don Pino cercava di offrire ai bambini e ai giovani uno spazio educativo alternativo. Una persona disarmata, non violenta, sorridente, che usa la parola e la educazione per ribellarsi e per insegnare a ribellarsi a un sistema di morte, si convertì in una spina nel fianco della mafia, e per questo doveva essere eliminato. Però, come ha detto l’arcivescovo d Palermo, il card. Romeo :” La mano mafiosa che lo ha barbaramente assassinato ha liberato la vita vera di questo “chicco di grano” che nella sua opera di evangelizzazione moriva ogni giorno per portare frutto. Quella mano assassina ha amplificato oltre lo spazio e il tempo la sua delicata voce sacerdotale, e lo ha donato martire non solo a Brancaccio ma al mondo intero”.
Il migliore commento alla figura e all’azione del beato Pino Puglisi lo incontro in un documento di un altro martire, don Giuseppe Diana, ucciso dalla camorra a Casal di Principe il 19 marzo 1994, mentre si accingeva a celebrare messa.
Questo documento che si intitola “PER AMORE DEL MIO POPOLO”, fu diffuso a Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe della diocesi di Aversa da don Peppino Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe:
“Siamo preoccupati.
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come Chiesa dobbiamo educare con la parola e con la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che é la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio fino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà.
La Camorra.
La camorra oggi é una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endémica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili, estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo, tangenti al 20 per centro e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali, scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone, esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e di crimine organizzato.
Precise responsabilità politiche.
È ormai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc., non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si Va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianza, di esempi, per essere credibili.
Impegno dei cristiani.
Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti
- Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18)
- Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43)
- Il Profeta invita a vivere e vive lui stesso la Soldarietà della sofferenza (Genesi 8,18-23)
- Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 – Isaia 5)
Coscienti che “ il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che é la fonte della nostra Speranza.
NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO
Appello. Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare, dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico, coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”. Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili. (Lam.3, 17- 26) Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia : “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere … La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto e in basso, ….dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”.
Questo documento ci fa sentire il profumo della spiritualità samaritana, propria dell’Anno Santo della Misericordia, vissuta nel contesto della realtà moderna. È importante “vedere” con occhio critico e denunciare la realtà intrisa di mafia, camorra, corruzione… però è ancora più importante “sentire compassione” e cercare tutte le strade per “curare” e “salvare”.
L’esempio di don Pino Puglisi ci insegna che la spiritualità e la pratica della compassione, della misericordia, dell’amore sono il cammino che salverà il mondo. Il riassunto più bello della sua vita è nella frase del Vangelo di san Giovanni scritta sulla sua tomba: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Anche noi,animati dalla spiritualità samaritana, sull’esempio del beato Pino Puglisi, dobbiamo rinnovare il nostro impegno di dare una testimonianza di compassione, di misericordia e di amore di fronte a una realtà piena di violenza, di odio e di morte.
L’esempio di don Pino Puglisi ci ricorda l’esempio di Gesù e di tanti martiri che hanno dato la vita per amore e sono stati ostinati ed ottimisti seminatori di vita.
Birth: Approximately 1840; Death: May 16th, 1916
Chief Karũri wa Gakure was born around 1840 at Gathigiyo, in Murang’a county. He is the man who was very instrumental for the entry of the gospel in the central Kenya by receiving the first Consolata Missionaries in his small village at Tuthu. He not only allowed the missionaries to settle in his area but he also provided them with land. This action was the start of the presence and the spreading of the Catholic Church in the great part of Kenya. Karũri will be remembered for his boldness to venture into novelty without fear. This partnership with the missionaries was for the benefit of his people and for a common good. He may not have lived long to enjoy the fruits of his decision, but others have and many more will.
On January 14th, 1916 [there is still an on-going discussion if it was in 1915 or 1916, with the consequence of his death being in 1916 or 1917, respectively], Paramount Chief Karũri was baptized and solemnized his matrimony in the Church by then Fr. Perlo, in a great ceremony attended by Consolata Missionaries and even non-believers. Karũri took the name Joseph, while his wife Wanjiru took the name Consolata. On May 16th, 1916, the great Paramount Chief Karũri wa Gakure passed away and was buried in Tuthu.
Thus, it is an event organized to help us trace back our historical Christian roots. It is as well a moment that makes us renew our faith and recommit ourselves into the values that has brought us this far. In celebrating the life of Chief Karũri we are expressing our gratitude for those who were the pioneers of the Catholic Church in Kenya. We recall the struggle of the missionaries and the support of the laity who contributed enormously in various ways for the spread of the gospel values among the people of Kenya and in the Nyeri metropolitan in particular.
We proudly acknowledge that the partnership spearheaded by Chief Karũri and the Consolata Missionaries has born uncountable benefits. Today we can mention the revolution of education system, the infrastructure of health systems, introduction of modern housing systems. We cannot fall sight of the communication and transport systems.
Particular to the Church, the Immaculate Sisters were founded, the Nazareth Sisters came to be, the Brothers of St. Joseph and other various fruits that came up due to the several institutes that were founded as a result of this encounter. Indeed, the Missionaries’ connection with chief Karũri opened many possibilities whose fruits are evident today.
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Over 110 years have passed since Joseph Allamano, the founder of the Consolata Missionaries sent out his first missionaries from Italy to evangelize Kenya.
The pioneer Missionaries Fr Thomas Gays, Fr Phillipo Perlo, and Brothers Celeste Lusso and Luigi Falda arrived in Kenya from Turin on May 8, 1902 and conducted their first official Mass in Tuthu Muranga on June 29, 1902.
“The Missionaries came by ship and were received by the Bishop of the Spiritans, Holy Ghosts in Zanzibar from where they travelled to Nairobi then to Naivasha where they crossed the Aberdare on foot and arrived in Tuthu Muranga,” narrates Fr Hieronymus Joya, Regional Superior of Consolata missionaries in Kenya and Uganda.
The story of the Consolata missionaries in Kenya cannot be told without mention of Kikuyu paramount chief Karuri wa Gakure who received the first missionaries in Tuthu and assigned them a compound to stay in and to conduct their first Mass; under a Mugumo tree. “…we sang the Magnificat (My soul glorifies the Lord…) it was the inauguration of the Consolata Mission established in the Kikuyu region, about two days walk from the foot of Mt Kenya at 2,050 metres above sea-level…” wrote Fr Filippo Perlo in his diary published in the September issue of La Conslolata magazine. Today a beautiful memorial shrine stands at the point where this first mass was celebrated.
According to Fr Luigi Brambila, in charge of the Tuthu Shrine, the unique design of the Memorial Shrine was done by Italian architects during the 2002 Centenary Celebrations of evangelization by the Consolata Missionaries in Kenya.
“The design of the Shrine is like the trunk of a tree which has been cut and which is going to grow into a tree of faith, it symbolises faith.”
“Mugumo tree was a sacred tree among the Kikuyus; a place to offer sacrifices …so by providence the missionaries did their first mass under a sacred tree where other sacrifices had been offered,” said Fr. Brambila.
Fr Joya adds that the round shape of the shrine is traditionally African and signifies communion and togetherness.
“This place is significant to us the Consolata Missionaries for two reasons: this is the first place where the missionaries celebrated mass and shared with the local people in Kenya their faith through the Holy Sacrament of the Eucharist and it is where the seed of faith was planted and two it was from this place after being taken care of by Chief Karuri that the missionaries started doing their work,” explained Fr Joya. From their humble beginnings under a Mugumo tree in Tuthu, Consolata missionaries have grown and worked in 29 parishes across Kenya and in Tanzania and Uganda. Tuthu however was not conducive for proper evangelization, “the topography of the place, very poor road network and lack of means of transport made the missionaries move to Mathare in Nyeri which was flat land,” says Fr Brambila. “Here they were able to build institutions and form a base that was like the headquarters of evangelization from where congregations departed to various parts of the country.”
From Nyeri the colonial powers then gave the Consolata missionaries permission to evangelize the Northern frontier (which covers most of North Eastern Kenya). “The Holy Ghost took from Zanzibar, the Coast up to Nairobi while the Consolata were given the Northern frontier by the colonial powers which means Nyeri became the headquarters of all the Consolata Missionaries evangelization in the Northern frontier while Western Kenya was evangelized by the Mill Hill,” says Fr Brambila. Today, the congregation has members from diverse cultures and continents around the world.
“The Congregation is intercultural and at the same time international as well as it is cohesive. It brings people from all over the world, “said Fr Joya the regional superior.
Over the years the leadership of the congregation has been changing hands from the expatriate missionaries to locals.
According to Fr Joya, “The number of expatriate missionaries from Europe and the Americas who have worked as missionaries is reducing due to diminishing vocations.”
“The Kenyan region which includes Uganda is producing more vocations more than any other region or country in the world, when the congregation was started the majority were Italians now they are Kenyans, “he revealed.
The Congregation has over the years attracted the admiration of Bishops who have been requesting their deployment in their various dioceses.
“I have been getting positive requests from dozen bishops requesting and appealing we go and deploy missionaries in their dioceses,” said Fr. Hieronymus Joya. He attributed the positive requests to the significant impact they have had as missionaries.
The biggest challenge facing the Consolata missionaries just like many church institutions in Africa is the need to become self-reliant considering that traditional funding which used to come from the Europe and the Americas has reduced due to hard economic times.
“Our Missionaries working in Isiolo, Maralal, Marsabit and lower Meru among the Tharaka demand a lot of financial resources as these are hardship areas,” said Fr Joya.
He however commended local Christians who are already chipping in to help the work of evangelization go on. “We are trying to animate the Christians who can reciprocate to support the work of the missionaries and there is a positive response. We hope they will come to our aid and really support missionary work,” he said.
There is also a shortage of personnel due to aging of some of the congregation’s members.
“A good number are aged and a sizeable number having health challenges while the few young ones are not able to meet all the demands of missionary activities,” said Fr Joya.
The superior also expressed concern that although they enjoy having seminarians from all over Kenya, the congregation has never had a Masai seminarian.
Despite these challenges the Consolata Missionaries have achieved a lot in the over 100 years they have been in Kenya. They have evangelized in urban areas, city slums, rural Kenya, semi-arid areas and even among the nomadic communities in northern Kenya.
That seed of faith first planted in Tuthu has born fruits and today the Kenya has produced 2 bishops, 130 priests, 9 brothers and 76 seminarians within the Consolata missionaries from other parts of the world in the work of evangelization.
As the superior said in homily to pilgrims to Tuthu shrine on May 11, “Many have been educated through the help of the missionaries, the poor have been assisted to fend for themselves, the sick have found health in hospitals; schools, hospitals and Churches have been built by the missionaries. That is our testimony today.”
“ Tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché la vita dell’uomo non dipende dai suoi beni..”. Lc.12,13-21.
“Tutto è vanità”(Qo.). “Cercate le cose di lassù, non quelle della terra”(Col.). “La vita dell’uomo non dipende dai suoi beni”(Lc.); sono il tema della Parola di Dio oggi, che si riduce ad una sola cosa: non lasciamoci ingannare dal luccichio dei beni ingannevoli di questo mondo!..
> Sappiamo bene che cosa può provocare il problema di eredità nelle famiglie, portando alla luce l’avidità nascosta. Pertanto, come si comporta Gesù alla questione che gli viene presentata?
Alla provocazione rivolta a Gesù da uno della folla, di risolvere un problema di eredità tra fratelli, Gesù avrebbe potuto parlare di giustizia, onestà.., si rifiuta di prendere il posto dell’uomo, di sostituirsi alla sua libertà, di decidere per lui. Ciascuno viene rimandato a se stesso, alla propria dignità umana, alla propria coscienza. I problemi di eredità infatti causano molte inimicizie nelle famiglie e sono causa di avidità, ecco perché Gesù interpellato per dire la sua parola di autorità, si rifiuta di dare una risposta. Non si può manipolare il Vangelo per difendere la propria posizione, anche se sembra giusta. Gesù invece ne approfitta per mettere in risalto il problema di fondo: cosa cioè assicura la vita? Non un conto in banca, ma arricchire davanti a Dio.
Nella parabola che Gesù racconta poi troviamo 3 attori: l’uomo ricco; i suoi beni; Dio e il suo giudizio.
L’uomo ricco. Quest’uomo forse ha lavorato bene, e, sudando ha messo da parte i suoi risparmi e interessi, forse con onestà. Ha costruito magazzini e vuole accumulare di più per il futuro.. Ma purtroppo pensa egoisticamente: non pensa alla moglie o ai figli, ma sempre in prima persona: io, i miei raccolti, i miei magazzini, i miei beni, godi anima mia..Questo ricco imprenditore, stolto, si illudeva che la sua vita potesse fondarsi sull’abbondanza dei suoi beni, non ne aveva colto la vanità e l’instabilità; è tutto per lui, l’unica cosa importante per cui vivere. La sua vita è già programmata in vista di questo mondo e del godimento materiale: perciò,”anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia”.Non ha più ragione di sudare, il lavoro per lui non ha più senso,è un “arrivato”, non ha altre preoccupazioni, ha la sicurezza. Però non si è accorto di una cosa: quella cioè di non essere “libero”, ma “schiavo” di quanto possiede, ed è “stolto”, perché non pensa al dopo la sua vita.
/ Gesù non condanna il ricco, perché è ricco, ma lo avverte, piuttosto, che la ricchezza può far perdere il senso della realtà e finisce col dare più peso ai beni di questa terra che alla vita eterna.
L’uomo trova veramente se stesso, non nell’accaparrare, ma nell’amore, nell’amare, nel donare.
I beni. Si dice che il denaro è tutto, è potere, senza denaro non si fa nulla, il denaro dà all’uomo il senso della sicurezza, della possibilità di fare tutto. Scatta allora il lento e costante meccanismo dell’accumulazione; il denaro non basta mai, diventa “idolatria”. Quando il denaro diventa “dio”, per averlo, si è disposti a tutto: estorsioni, rapine, ricatti, delitti, usura, camorra, droga, mafia,terrorismo, guerre, ecc. I giornali sono pieni di cronaca nera, tutto a causa di questo “dio denaro”! Tutti noi abbiamo sempre qualche piccolo “idolo”, che vuol prendere il posto di Dio.
/ Gesù non condanna i beni di questo mondo; è Dio che li ha creati e sono una cosa buona se si usano rettamente, perché ne abbiamo bisogno per vivere. La cupidigia infatti è il desiderio smodato di possedere, di possedere sempre di più. La logica di Gesù è: chi dà, riceve. “Date e vi sarà dato”(Lc.6,38). Anzi, chi dà tutto, per seguire Gesù, riceve cento volte tanto.
Il Signore ci mette in guardia di non servire i beni come idoli al posto di Dio, di non porre la nostra speranza in essi, perché ci rendono schiavi.
Dio e il suo giudizio. Il giudizio di Dio su quest’uomo gaudente, qual è?: “stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Le cose sono una falsa sicurezza; il ricco “è posseduto” dalle cose, ne è schiavo, ma in fondo non le possiede, essendo dipendente da esse.
/ La prima lettura del Qoelet, e il Vangelo, danno dello “stolto” all’ingordo accumulatore:”tutto è vanità”(di breve durata), però con una profonda differenza; per il Qoelet quest’uomo è “stolto” perché “dovrà poi lasciare i suoi beni ad un altro che non vi ha per nulla faticato”, e non se li gode lui stesso! Il saggio biblico dell’AT. non aveva l’idea della ricompensa dopo la morte, perciò diceva: Stolto chi non gode qui! Mentre per Gesù, costui è “stolto” perché “non arricchisce davanti a Dio”, cioè nel farsi un tesoro nel cielo, donando e condividendo: la ricompensa è il Regno, cioè è tutto. La stoltezza dell’avaro non si misura più da ciò che perde in questa vita, ma da ciò che perde nell’altra. Il povero è beato perché possederà il Regno; l’avaro ricco è sventurato perché non lo possederà.
> La morte rivela a tutti, in modo evidente questa verità, e ci suggerisce il nostro atteggiamento nei confronti del mondo e delle cose. Secondo Gesù: ”cercate prima il regno di Dio.. e tutto il resto vi sarà dato in soprappiù”..
/ La nostra scelta fondamentale: prima degli affetti, anche più cari; prima dei pochi o molti beni che possediamo; prima di noi stessi e di tutto quanto ci riguarda; prima dei nostri personali interessi, deve prendere posto nel nostro cuore, Dio, la vera ricchezza della nostra esistenza. Il fondamento sicuro dell’esistenza è Dio solo; in Lui acquista significato anche l’uso delle cose, in sé buone, perché non saranno più strumento di divisione, ma di comunione. L’uomo non le tiene egoisticamente per sé, ma le trasforma in “segno d’amore”, come fecero s. Francesco e i Santi..
Paolo ce lo ricorda oggi:”Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù... pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra”.
> Maria SS. nel Magnificat:“Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”.
/ Ora nell’Eucaristia, Dio viene a nascondersi con Cristo nella nostra vita.
> Ecco ora alcune frasi di autori saggi che ci fanno riflettere sulla “vera ricchezza”:
1. Cosa è l’avarizia? E’ un continuo vivere in povertà per paura della povertà.
2. Non è povero chi non ha, ma è povero chi non dà.
Nessuno è mai diventato povero per aver dato..
4. L’avaro accumula con sudore quello che deve lasciare con dolore.
5. Il desiderio di ricevere, ha eliminato dalle palme della mano dell’uomo, i peli!(Prov.dei Pigmei).
6. Ci sono molti che non hanno pane, perché quelli che ne hanno, ne conservano troppo per sé.
7. La felicità di questo mondo è composta di tanti pezzi, dei quali ne manca sempre qualcuno.
8. Vuoi essere felice? Dona sempre. Vuoi essere più felice? Donati sempre.
9. Non sciupare la tua vita, pensando solo a te stesso.
10. Impara la lezione dell’albero. L’albero sopporta tutto il calore del sole e dà agli altri la
freschezza dell’ombra.(Detto indiano).
11. Racconto dell’ingordo, che corre nei campi che saranno suoi, e poi muore di infarto!
>”Homo faber” = lavoratore; ”Homo cogitans” = pensatore; ”Homo oeconomicus” = benessere.
/ Col denaro non si compra la felicità, né l’amore: non rende virtuoso, non c’è un futuro felice col conto in banca. “L’homo oeconomicus”, non è cittadino del cielo, gli manca il passaporto, perché davanti alla morte e al giudizio di Dio, i beni non contano nulla!
* Esempi: 1)Il progetto incompleto // 2) S. Francesco e il muratore // 3) I 3 briganti e la morte…
4) La terra che basta…