Sostenere i popoli indigeni nel loro impegno di prendersi cura della nostra casa comune. Motivata da questa causa urgente, l’Associazione “Il mondo di Tommaso” ha organizzato il 5 e 6 aprile 2025 la terza edizione del Convegno “Un grido dall’Amazonia”. 

“Ringrazio ‘Il mondo di Tommaso’ e voi tutti presenti per il sostegno che date al Popolo Yanomami di Roraima. Ringrazio in particolare per il sostegno da voi offerto per la promozione di una scuola per i nostri ragazzi e per la formazione dei professori bilingue. Se gli Yanomami, e in modo speciale, i giovani, si reimpossesseranno della loro cultura ancestrale, il nostro Popolo avrà più forza per fare fronte ai continui attacchi dei non-indigeni che vogliono cancellarci dalla nostra casa-foresta”. 

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Era un Davi Kopenawa sorridente e appassionato quello che parlava da Boa Vista, nel corso di un collegamento internet con Vittorio Veneto (Italia) dove, negli stessi giorni di aprile dello scorso anno, aveva partecipato di persona a un grande incontro con diverse associazioni e tanta gente per dare voce al grido della foresta amazzonica. Anche quest’anno l’appuntamento si è riprodotto, e l’intervento del grande sciamano e portavoce dei popoli originari del Brasile ne ha costituto il momento più alto.

Seduto accanto al missionario della Consolata, fratel Carlo Zacquini, che da ben 60 anni vive con gli Yanomami in Roraima, Kopenawa ha ricordato anche l’impegno de “Il mondo di Tommaso” per garantire il controllo dei confini del Territorio Indigeno, un’area estesa oltre 9 milioni di ettari ratifica dal Governo federale nel 1992.

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  Claudio Corazza, fondatore dell’Associazione “Il mondo di Tommaso"

Aprendo il Convegno, sabato 5 aprile, al parco Fenderl di Vittorio Veneto, il fondatore dell’Associazione “Il mondo di Tommaso”, Claudio Corazza, ha rimarcato con vigore il grande impegno dei numerosi aderenti a favore del progetto sostenuto dai Missionari della Consolata, di un Centro di Documentazione Indigena (CDI) sulla storia e la cultura dei popoli indigeni di cui fratel Carlo Zacquini, 87 anni, ha raccolto più di seimila documenti ed oggetti. Un progetto prezioso, sul quale ha parlato all’incontro il padre brasiliano, Jaime C. Patias, direttore dell’Ufficio per la comunicazione dell’Istituto Missioni Consolata, congregazione presente nell’Amazzonia dal 1948, sottolineandone il grande valore educativo e storico, in un orizzonte che va ben oltre i confini del Brasile.

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Padre Jaime C. Patias: "tutto è interconnesso e se gli indigeni muoiono, la foresta scomparirà, e quindi anche noi"

Il popolo Yanomami conta circa 30mila individui sparsi nei territori di Brasile e Venezuela. Si stima che nel 2023 fossero oltre 20 mila i cercatori d’oro (garimpeiros) illegalmente presenti nelle loro terre. “Questo popolo subisce una violenza totale perché, oltre alla degradazione della foresta e all' avvelenamento dei fiumi, aumenta anche la diffusione di malattie, l’epidemia di malaria, la denutrizione, le violenze sulle donne, l'introduzione di armi di fuoco, della droga, ecc. Quindi, è una violenza totale, violenza sociale, ma anche una violenza spirituale” - ha ricordato padre Patias - “questo perché, tutto è interconnesso e se gli indigeni muoiono, la foresta scomparirà, e quindi anche noi”.

Attualmente almeno 15 missionari e missionarie della Consolata sono impegnati nell'accompagnamento delle comunità nella Terra Indigena Raposa Serra do Sol (con circa 1,7 milioni di ettari) e nella Missione Catrimani fondata nel 1965 tra gli Yanomami.

Documentario "La Nuvola" realizzato dall'Associazione "Il mondo di Tommaso"

E proprio a Roraima, Claudio Corazza e altri membri dell’associazione si sono recati lo scorso gennaio per incontrare Carlo Zacquini e l’associazione Hutukara Yanomami (fonda nel 2004 e presieduta da Kopenawa), oltre al vescovo di Boa Vista, don Evaristo Spengler. Un viaggio che ha dato vita a un bel Documentario, che è stato proiettato nel corso del recente Convegno.

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Il giornalista e vaticanista, Raffaele Luise durante il Convegno a Vittorio Veneto

Nel suo intervento, Raffaele Luise (autore del libro “Amazzonia. Viaggio al tempo della fine”), ha riassunto il drammatico quadro geopolitico che sconvolge il mondo, tra guerre guerreggiate, guerre commerciali e aggressione generalizzata all’ambiente, per denunciare come tutte queste dinamiche perverse confluiscano nel peggiorare enormemente l’integrità e la salute della Madre Terra e a rendere sempre più incerta la sopravvivenza dell’umanità. “Un’umanità che, attentando alla vita del pianeta, sta pericolosamente tagliando il ramo sul quale essa stessa è appoggiata”, ha detto Luise. Che ha poi voluto sottolineare l’importanza, tanto più grande in questa temperie drammatica, di un incontro che per il terzo anno consecutivo (nell’aprile del 2023 era presente il portavoce del popolo Mayuruna, Marcos Goncalves; l’anno scorso il portavoce degli Yanomami, Davi Kopenawa; quest’anno, ancora Kopenawa, ma a distanza) sta come tracciando il solco prezioso di una memoria e di un impegno generoso a difesa dei popoli indigeni e dell’Amazzonia. 

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Un concetto questo, ripreso, nelle conclusioni, dall’ambientalista Toio de Savorgnani e dal direttore dell’Ecoistituto Veneto, Michele Boato. E sottolineato a più voci, il giorno successivo, nel “plein air” di una suggestiva camminata dialogata nel cuore della foresta del Cansiglio. Secondo l’agroecologo, Luis J. Carlos Barbato, “la velocità con cui si sta deforestando genera la ‘grande accelerazione’ del cambiamento climatico che spinge la popolazione mondiale a dei capovolgimenti di comportamento: guerre, migrazioni, nazionalismi, autarchie se non ‘dittature’, lotte sociali, abbrutimento e degrado psicologico, ad esempio, sono il ‘campanello d’allarme’ dell’emarginazione dell’homo sapiens verso il ‘collasso’ e la foresta ne è l’attenta antenna”.

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L'intervento dell’agroecologo, Luis J. Carlos Barbato durante la passeggiata nella Foresta del Cansiglio

La forestale e scrittrice, Paola Favero, autrice del libro “La foresta racconta”, ha sottolineato la necessità di “essere ben informati, cercare di sapere da dove vengono le informazioni e capire cosa sta succedendo; intervenire nei processi politici e rimanere uniti lavorando in rete perché la base ha un grande potere. La coscienza si crea dal basso, e quindi bisogna lavorare e protestare per cambiare le decisioni. Abbiamo forza anche se pensiamo di non averne più”, ha avvertito. 

È stata una vera immersione in un incantevole mare verde, molto partecipata, che in cinque tappe ha visto le riflessioni di diversi scienziati della natura, e l’affascinante esecuzione di musiche e danze dall’intenso sapore “ecologico integrale”. Per dirla con Papa Francesco, che lo scorso aprile ha ricevuto in udienza privata Kopenawa e fratel Carlo, accompagnati da Raffaele Luise. I quali hanno poi condiviso quell’ emozionante esperienza con i missionari della Consolata, nella loro casa generalizia a Roma.

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Tutto converge e contribuisce al sostegno dei popoli indigeni che sono i più colpiti dal sistema capitalistico predatorio. In questo senso, il Convegno era in sintonia piena con la 21esima edizione dell'Accampamento Terra Livre, la più grande assemblea di comunità indigene del Brasile, che quest’anno ha mobilitato, dal 7 al 13 aprile, circa 10.000 partecipanti, compresi i leader di nove Paesi del bacino amazzonico. Tra gli obiettivi c'era l'articolazione di un'alleanza internazionale per difendere i diritti dei popoli indigeni durante la COP 30, la conferenza sui Cambiamenti Climatici, che si terrà a Belém in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025.

* Raffaele Luise e padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la comunicazione.

Documentario Convegno "Un Grido dall'Amazzonia", aprile 2024

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All’età di 42 anni Lígia Cipriano ha chiesto di entrare nell'Istituto delle Suore Missionarie della Consolata. Oggi vive la sua missione con il popolo Yanomami nell’Amazzonia brasiliana.

Originaria di Sepins, Cantanhede, Portogallo, Suor Lígia ha emesso la professione religiosa perpetua l'8 dicembre 2024, all'età di 55 anni. La sua vita è stata segnata dal lavoro in un asilo, dalla catechesi e dalla visita ai malati. Dopo aver conosciuto i Missionari della Consolata durante l'adolescenza, si è unita al gruppo della Gioventù Missionaria della Consolata e ha collaborato alle attività della congregazione. All'età di 36 anni ha deciso di unirsi ai Missionari Laici della Consolata (LMC) e quattro anni dopo è partita in missione a Catrimani, nello Stato di Roraima, dove i Missionari e le Missionarie della Consolata vivono dal 1965 con il popolo Yanomami. Lì nasce la sua vocazione alla Vita Consacrata. Due anni dopo questa esperienza, Lígia ha chiesto di entrare nell'Istituto delle Suore Missionarie della Consolata.

Studiare dopo i 40 anni

La sua formazione religiosa si è svolta in Brasile e in Italia e durante questo periodo ha avuto contatti con consorelle  del Mozambico, Tanzania, Kenya, Congo, Etiopia e Uganda. “Pensavo che a 42 anni nessuno avrebbe avuto il coraggio di iniziare un cammino di formazione. Ho chiesto al Signore di darmi coraggio e forza. Tutta la mia vita era stata dedicata alla Chiesa, ma sentivo che il Signore mi chiamava a dire 'Sì' per sempre. È stato un viaggio di 14 anni verso la consacrazione. Entrare in formazione a 42 anni non è come farla a 22. Ci sono molte sfide. Il cammino formativo ha diverse tappe, ma ognuna ha il suo significato, e ci aiuta a maturare nella nostra vocazione e a crescere come persone, in modo da poter aiutare anche gli altri. Per questo non importa quanto tempo ci vuole”.

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Incontro di formazione dei giovani Yanomami presso la Missione Catrimani. Foto: Missione Catrimani

In missione sul luogo del miracolo

La prima professione religiosa, dopo il Noviziato è avvenuta il 29 gennaio 2019 e quella dei voti perpetui l'8 dicembre 2024, anno in cui è stato canonizzato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, dopo che è stato riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione. Si tratta precisamente  della prodigiosa e inspiegabile guarigione di Sorino Yanomami, assalito e mortalmente ferito da un giaguaro, proprio nel luogo in cui Lígia è stata in missione. “I miei voti perpetui sono stati emessi nell'anno della canonizzazione del Fondatore, il che è molto forte per me. Sapere che San Giuseppe Allamano ha fatto un miracolo con un indigeno a Catrimani è molto significativo per coloro che sono lì in missione. Per noi che lavoriamo lì, è un incentivo a continuare la missione”.

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Fratel Ayres Osmarin, Suor Lígia Cipriano, padre Bob Mulega e padre Filbert Nkanga. Foto: Missione Catrimani

La vita nella foresta

Il primo contatto di LÍgia con Roraima succede nel 2010 e le è ancora oggi molto presente. “Il popolo Yanomami vive nella foresta e io sono arrivata in aereo. È stato uno shock e una grande esperienza formativa. In due anni ho vissuto quello che non credo di aver vissuto fino ad allora, perché il mio cuore era chiuso. Quando sono arrivata alla missione [condivisa con i Missionari della Consolata], il mio cuore si è aperto alla novità”. La sua formazione religiosa l'ha portata ad allontanarsi dal popolo Yanomami per nove anni. Per questo, quando ha saputo che sarebbe tornata, era felicissima. “Per me la gioia più grande è stata quando mi hanno detto che sarei tornata a Roraima. Tornare a Catrimani dopo nove anni è stato un momento di grande amore”.

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 Il popolo Yanomami ha visto il proprio territorio invaso e distrutto per decenni dai cercatori d’oro, dal 1992 illegali nell’area divenuta protetta. Foto: Funai

La missione di Lígia continua oggi con il popolo Yanomami. “Oggi la realtà è più difficile a causa della situazione di invasione del territorio, di estrazione mineraria e delle dipendenze da droga e alcol”. Tuttavia, è con grande speranza che Lígia guarda al lavoro della congregazione. “Il nostro lavoro consiste nell'accompagnare. Visitiamo le comunità, accompagniamo gli insegnanti e gli operatori sanitari. Noi Suore Missionarie della Consolata ci occupiamo anche dell'accompagnamento delle donne e dei progetti di produzione di ceste. La nostra vita è stare con la gente, aiutarla perché possa rivendicare i propri diritti, ma anche dirle quali sono i suoi doveri. Catrimani sarà sempre il luogo del primo amore, del primo incontro con me, con Dio e con la natura. Con il popolo Yanomami ho capito cosa siano la comunione e la condivisione. Dio mi ha chiamata ad essere questa luce e questa salvezza, ad essere una presenza di consolazione nel mondo”, dice la missionaria.

* Juliana Batista è giornalista della rivista “Fátima Missionária”. Pubblicato originalmente in: www.fatimamissionaria.pt

Accompagnare, sostenere e rafforzare la difesa dei popoli indigeni è sempre stata una priorità per la diocesi di Roraima.

Negli ultimi anni, come già accaduto decenni fa con il popolo Macuxi, gli Yanomami hanno subito le gravi conseguenze dell'estrazione mineraria illegale nel loro territorio, causando una grave crisi umanitaria che è stata denunciata in varie istanze a livello nazionale e internazionale, comprese quelle vaticane.

All'Angelus del 20 ottobre 2024, data della canonizzazione di Giuseppe Allamano, il Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, canonizzato dopo il riconoscimento della guarigione miracolosa di Sorino Yanomami, assalito e gravemente ferito da un giaguaro, il Santo Padre ha detto: «La testimonianza di San Giuseppe Allamano ci ricorda la necessaria attenzione verso le popolazioni più fragili e più vulnerabili. Penso in particolare al popolo Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto proprio il miracolo legato alla canonizzazione odierna. Faccio appello alle autorità politiche e civili, affinché assicurino la protezione di questi popoli e dei loro diritti fondamentali e contro ogni forma di sfruttamento della loro dignità e dei loro territori».

Il 18 dicembre, secondo informazioni della Radio Monte Roraima, si è tenuto un incontro tra i rappresentanti della diocesi di Roraima, con la presenza del suo vescovo, Mons. Evaristo Spengler, che presiede anche la Rete Ecclesiale Pan-Amazzonica (REPAM Brasile), e il grande leader del popolo Yanomami, Davi Kopenawa, lo sciamano e portavoce del popolo Yanomami, rappresentante dell'Associazione Hutukara Yanomami. L'incontro è stato un'occasione per riflettere insieme sulla lotta dei popoli indigeni e sulle sfide che devono affrontare di fronte a minacce come il “Marco Temporal”.

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Incontro tra i rappresentanti della diocesi di Roraima e Davi Kopenawa, leader del popolo Yanomami. Foto: Radio Monte Roraima

Il “Marco Temporal” è una tesi giuridica che sostiene un cambiamento nella politica di demarcazione delle terre indigene in Brasile. Secondo questa tesi, solo gli indigeni che occupavano già la terra al momento della promulgazione della Costituzione federale, il 5 ottobre 1988, possono rivendicarne i diritti.

Ruolo della Chiesa cattolica nella lotta per i diritti degli indigeni

Davi Kopenawa ha sottolineato il ruolo della Chiesa cattolica nella lotta per i diritti indigeni e ha denunciato i rischi del “Marco temporal”, che minacciano la permanenza delle comunità indigene nei loro territori ancestrali. “I popoli indigeni di tutto il Brasile affrontano lo stesso problema. La Chiesa sta accompagnando la nostra lotta contro il “Marco Temporal”, che prima non si conosceva. È una grande minaccia”, ha affermato il leader indigeno.

“Il “Marco temporal” era nascosto in un buco. Sa cos'è un buco a Brasilia? È un luogo dove ci sono interessi nascosti. Migliaia di nostri indigeni sono già stati assassinati in Brasile, e noi non vogliamo più questo. Vogliamo che tutti possano usare il territorio in cui sono nati, che è loro di diritto”, ha detto Davi Kopenawa, manifestando la sua preoccupazione per le minacce che attualmente i popoli indigeni del Brasile devono confrontare.

L'impegno della diocesi di Roraima

Come accade da decenni nella diocesi di Roraima, il vescovo Evaristo Spengler ha ribadito l'impegno della Chiesa cattolica nella difesa dei popoli indigeni, delle loro tradizioni e dei loro territori. Secondo il vescovo, “la Terra, quando viene attaccata, reagisce, e le reazioni hanno gravi conseguenze, come il cambiamento climatico che stiamo vivendo”. Il presidente della REPAM-Brasil ha sottolineato l'importanza di imparare dai popoli nativi come prendersi cura della “Casa Comune” e mantenere un rapporto armonioso con la natura. Il vescovo di Roraima ha evidenziato come la Chiesa cattolica difende i diritti dei popoli indigeni e ha ringraziato Davi Kopenawa per l'incontro.

Recentemente è stato proiettato il film “La caduta del cielo”, interpretato da Davi Kopenawa, sulla lotta degli Yanomami per preservare la loro cultura e i loro territori. Nel libro “La caduta del cielo” che ispira il film, il leader Yanomami spiega che “la nostra immagine, lo Yamam, è la nostra anima, che rimane con noi. Questa lotta, che è cresciuta, maturata e rafforzata, è davvero molto significativa. Questo film è molto importante per tutti voi, per coloro che vogliono vedere la nostra vera origine”.

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Davi Kopenawa Yanomami durante conferenza stampa dopo l'incontrato con Papa Francesco a Roma, il 10 aprile 2024. Foto: Jaime C. Patias

Un film che egli vede come una risposta a una società che ancora ignora l'esistenza e la lotta dei popoli indigeni. “È così che, sognando, abbiamo fatto questo bel lavoro anche per i nostri figli. E gli Yamam guarderanno questo lavoro e vedranno la forza della nostra lotta”, ha detto il protagonista.

Questo è un altro passo che rafforza l'importanza del dialogo tra i diversi settori della società e la Chiesa nell'affrontare le sfide ambientali e sociali, una pratica che la diocesi di Roraima ha adottato da decenni e che mira a camminare mano nella mano con i popoli indigeni a favore della giustizia, della pace e della conservazione della loro cultura e dei territori in Brasile.

Fonte: Radio Monte Roraima con CNBB Norte 1

Nella preghiera dell'Angelus al termine della Messa di canonizzazione di Giuseppe Allamano, undici martiri di Damasco, Marie-Léonie Paradis ed Elena Guerra, domenica 20 ottobre, il Papa Francesco ha lanciato un appello in favore del popolo Yanomami.

«La testimonianza di San Giuseppe Allamano ci ricorda la necessaria attenzione verso le popolazioni più fragili e più vulnerabili. Penso in particolare al popolo Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto proprio il miracolo legato alla canonizzazione odierna. Faccio appello alle autorità politiche e civili, affinché assicurino la protezione di questi popoli e dei loro diritti fondamentali e contro ogni forma di sfruttamento della loro dignità e dei loro territori».

Il miracolo che ha portato alla canonizzazione del Beato Giuseppe Allamno è avvenuto tra gli Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana dove i missionari e le missionarie della Consolata sono presenti sin dal 1948. Il 7 febbraio 1996, Sorino Yanomami, assalito e gravemente ferito da un giaguaro è guarito e ha recuperato completamente la salute grazie all'intercessione di Giuseppe Allamano.

 

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Il missionario della Consolata padre Giovanni Battista Saffirio, è deceduto il venerdì 11 ottobre 2024 a San Paolo, Brasile. Italiano di nascita, ha vissuto per 57 anni in Brasile, Stati Uniti e Canada. Aveva 85 anni, di cui 64 di professione religiosa e 58 di sacerdozio.

Nato a Bra, in Italia, nel 1939, padre Giovanni Battista Saffirio, meglio conosciuto come João Saffirio, è arrivato in Brasile nel 1967. Ha lavorato nella Missione Catrimani, con il popolo Yanomami, in due periodi: nella “prima ora” di presenza effettiva dal 1968 al 1979, e dal 1985 al 1995. In seguito ha conseguito il dottorato in antropologia e ha lavorato negli Stati Uniti e in Canada per quasi 20 anni. In Brasile, ha accompagnato per dieci anni le attività pastorali della parrocchia di São Manuel, nell'interno di San Paolo.

Con il popolo Yanomami

Nel libro “L'incontro - Nohimayou: ricordi della Missione Catrimani”, pubblicato nel 2017 dall’Editrice Paulinas, padre Saffirio racconta il suo arrivo e il primo incontro con gli Yanomami: “Era il 16 ottobre 1968. Arrivai alla Missione Catrimani partendo da Boa Vista al mattino. Nel pomeriggio, fratel Carlo Zacquini - già da nove mesi in missione - mi presentò la maloca (yano – abitazione comunitaria) dei Korihanatheri. Nella 'grande casa Yanomami' c'erano circa 35 indigeni”. Nella pubblicazione, descrive anche il rapporto tra i missionari e gli Yanomami, nonché ciò che ha imparato da loro.

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Padre João Saffirio con gli Yanomami negli anni '70. Foto: CDI/IMC RR

Grande missionario, intellettuale e dottore in antropologia, si è distinto per il suo lavoro nell'ambito dell'assistenza sanitaria, dell'educazione e della difesa della vita indigena, per la creazione e la dedizione al censimento della popolazione Yanomami e, insieme a padre Guglielmo Damioli, per la stesura del primo atlante etnologico Yanomami, che ha contribuito in modo determinante alla delimitazione e alla ratifica del territorio Yanomami nel 1992.

Entrambi, insieme a un gruppo di suore della Consolata, fecero parte del gruppo di missionari espulsi dal territorio Yanomami dalla Fondazione Nazionale dei Popoli Indigeni (FUNAI) nel 1987, dopo aver denunciato l'invasione di 20.000 garimpeiros (ricercatori di minerali)  che portò alla morte molti indigeni; tornarono pochi mesi dopo, quando fu riconosciuta l'arbitrarietà delle azioni del governo brasiliano.

Un uomo di riflessione e di azione

Mons. Vanthuy Neto, attuale vescovo di São Gabriel da Cachoeira (Amazzonia), ha conosciuto padre Giovanni Saffirio a Roraima, quando era ancora giovane e si trovava a Catrimani. Lo ricorda poi come amministratore e superiore a Boa Vista, durante i tempi difficili della persecuzione dei missionari della Consolata a Roraima, al tempo del vescovo Aldo Mongiano, IMC, quando Mons. Vanthuy era seminarista e poi sacerdote nella diocesi. Mons. Vanthuy evidenzia tre immagini di padre Saffírio:

“Innanzi tutto era di un uomo che aveva studiato a fondo il mondo Yanomami e li conosceva molto bene; era un missionario che era stato molto vicino agli Yanomami, così come il padre Guglielmo Damioli e fratel Carlo Zacquini; ricordo che scrisse con Guglielmo un grande libro sugli Yanomami, con testi e fotografie bellissime”.

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Padre Giovanni Saffirio IMC.  Foto: CDI/IMC RR

“La seconda immagine che ho di lui è che ha vissuto esperienze molto difficili quando era Superiore Regionale della Consolata negli anni '90, con accuse e violenze contro i sacerdoti e il vescovo Aldo Mongiano: avevano una grande responsabilità per la vita e la missione a Roraima, era un uomo di grande coraggio che ci accoglieva con grande affetto ed era sempre sorridente. Nei momenti difficili, aiutato dalla sua segretaria Beth e a volte da me, scriveva testi sulla situazione e li inviava alle organizzazioni via fax”.

“La terza immagine è relativa alla beatificazione dell'Allamano nel 1990, organizzando alcune cose a Boa Vista; lo ricordo come un uomo molto intelligente, capace di grandi riflessioni”.

La biografia

Padre Giovanni Battista Saffirio è nato a Bra, in provincia di Cuneo, il 13 settembre 1939. Ultimo di sette figli nati da Giuseppe e Giordana Teresa, è stato educato alla fede cristiana in famiglia.

A 11 anni entra nel Seminario diocesano di Torino e a 17 anni nel Seminario dei Missionari della Consolata, dove emette la professione religiosa nel 1960. È stato ordinato sacerdote a Torino il 18 dicembre 1965, “dieci giorni dopo la conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II”, come disse lui stesso.

Arrivò in Brasile nel 1967 e “il 16 ottobre 1968, con un Cessna 170 monomotore, arrivai alla piccola pista della Missione Catrimani, costruita l'anno precedente dai padri Giovanni Calleri e Bindo Meldolesi”. Missionario e grande intellettuale, ha lavorato nella missione di Catrimani per due periodi (1968-1979 e 1985-1995), oltre ad essere amministratore e poi superiore della Regione di Roraima dei Missionari della Consolata a Roraima.

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Padre Saffirio a São Manuel (SP). Foto: Parrocchia São Manuel

Per molti anni è stato anche missionario negli Stati Uniti e in Canada, dove ha studiato e conseguito il dottorato in Antropologia Culturale e Sociobiologia presso l'Università di Pittsburgh in Pennsylvania all'inizio degli anni '80; dal 1996 al 2012 è stato a Toronto, Highland e Somerset. Nel 2012 è tornato in Brasile, dedicandosi alle attività pastorali a São Manuel, nell'interiore di San Paolo. Negli ultimi anni, a causa della salute cagionevole, ha vissuto nella Casa Regionale dei Missionari della Consolata a Jardim São Paulo, dove è morto la sera dell'11 ottobre 2024.

* Padre Julio Caldeira, IMC, comunità del Noviziato di Manaus, Brasile.

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