La Segreteria Generale del Sinodo ha inviato a tutti i Vescovi ed Eparchi e, attraverso di essi, a tutto “il Santo Popolo di Dio” a loro affidato, una Lettera sul processo di accompagnamento della fase attuativa del Sinodo «Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione».
Questo processo di accompagnamento e valutazione della fase attuativa, che è coordinato dalla Segreteria Generale del Sinodo, è stato approvato da Papa Francesco. Il Santo Padre ne ha chiesto la diffusione presso le Chiese locali e i raggruppamenti di Chiese.
Alcuni significativi appuntamenti di valutazione del percorso attuativo fatto si concluderanno nel 2028 con un’Assemblea ecclesiale a Roma. Di seguito pubblichiamo il testo integrale della lettera.
Ai Patriarchi e Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche
A tutti i Vescovi ed Eparchi
Ai Presidenti delle Conferenze episcopali
Ai Presidenti delle Riunioni Internazionali di Conferenze episcopali
Beatitudine, Eminenza, Eccellenza Reverendissima,
Caro Fratello in Cristo,
in spirito di comunione e corresponsabilità, scrivo a Lei e al Popolo santo di Dio che Le è affidato riguardo alla fase attuativa del Sinodo «Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione». Il Santo Padre auspica che questa fase, prevista dalla Costituzione Apostolica Episcopalis Communio (n. 7, artt. 19-21), riceva particolare attenzione, affinché la sinodalità sia sempre più compresa e vissuta come dimensione essenziale della vita ordinaria delle Chiese locali e dell’intera Chiesa.
L’11 marzo scorso il Santo Padre ha così approvato in maniera definitiva l’avvio di un percorso di accompagnamento e valutazione della fase attuativa da parte della Segreteria Generale del Sinodo. Questo percorso interpella Diocesi ed Eparchie, Conferenze episcopali e Strutture gerarchiche delle Chiese Orientali Cattoliche, nonché i loro raggruppamenti continentali, che avranno cura di coinvolgere anche istituti di vita consacrata, società di vita apostolica, associazioni laicali, movimenti ecclesiali e nuove comunità presenti nei loro territori. Troverà infine sbocco nella celebrazione di un’Assemblea ecclesiale in Vaticano nell’ottobre 2028. Per il momento, pertanto, non si procede con l’indizione di un nuovo Sinodo, optando invece per un processo di consolidamento del percorso compiuto.
Il cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo
Già nella Nota di accompagnamento al Documento finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre aveva precisato che esso «fa parte del magistero ordinario del Successore di Pietro» e come tale richiede di essere accolto. Proseguiva spiegando che esso non è strettamente normativo, ma impegna comunque le Chiese a compiere scelte coerenti. In particolare, «le Chiese locali e i raggruppamenti di Chiese sono ora chiamati a dare attuazione, nei diversi contesti, alle autorevoli indicazioni contenute nel Documento, attraverso i processi di discernimento e di decisione previsti dal diritto e dal Documento stesso».
Alla luce di queste indicazioni, perciò, la fase attuativa del Sinodo va intesa non come una semplice “applicazione” di direttive provenienti dall’alto, ma piuttosto come un processo di “recezione” degli orientamenti espressi dal Documento finale in maniera adeguata alle culture locali e ai bisogni delle comunità. Al contempo, è necessario procedere insieme come Chiesa tutta, armonizzando la recezione nei diversi contesti ecclesiali. Questo è il motivo del processo di accompagnamento e valutazione, che nulla toglie alla responsabilità di ogni Chiesa.
In sintonia con le indicazioni del Documento finale, l’obiettivo è rendere concreta la prospettiva dello scambio di doni tra le Chiese e nella Chiesa tutta (cfr. nn. 120-121). Nel corso del cammino, tutti potranno beneficiare della ricchezza e della creatività dei percorsi realizzati dalle Chiese locali, raccogliendone i frutti nei loro raggruppamenti territoriali (Province, Conferenze episcopali, Riunioni Internazionali di Conferenze episcopali, ecc.). Il percorso costituirà, inoltre, un’occasione per valutare insieme le scelte effettuate a livello locale e riconoscere i progressi compiuti in termini di sinodalità (cfr. n. 9). Grazie a questo percorso, il Santo Padre potrà ascoltare e confermare gli orientamenti ritenuti validi per la Chiesa tutta (cfr. nn. 12 e 131). Infine, questo processo costituisce la cornice al cui interno situare le molte e diverse iniziative di attuazione degli orientamenti del Sinodo, in particolare i risultati dei lavori dei Gruppi di Studio e i contributi della Commissione canonistica.
È di fondamentale importanza assicurare che la fase attuativa sia l’occasione per coinvolgere nuovamente le persone che hanno dato il loro contributo e restituire i frutti dell’ascolto di tutte le Chiese e del discernimento dei Pastori nell’Assemblea sinodale: proseguirà così il dialogo già avviato nella fase dell’ascolto. Il processo si avvarrà del lavoro di équipe sinodali formate da presbiteri, diaconi, consacrate e consacrati, laici e laiche, accompagnate dal loro vescovo: sono strumenti fondamentali per accompagnare in modo ordinario la vita sinodale delle Chiese locali. Per tale motivo le équipe esistenti andranno valorizzate ed eventualmente rinnovate, quelle sospese andranno riattivate ed opportunamente integrate. Questo processo offrirà anche alle Diocesi che finora hanno investito meno sul cammino sinodale un’opportunità di recuperare i passi non ancora compiuti e di formare a loro volta équipe sinodali. La invito a comunicare alla Segreteria del Sinodo la composizione e i riferimenti dell’équipe sinodale della Sua Diocesi o Eparchia, utilizzando la Scheda annessa.
In questo contesto, assume una particolare rilevanza l’indizione del Giubileo delle équipe sinodali e degli organismi di partecipazione che si terrà il 24-26 ottobre 2025. Si tratta di un appuntamento importante per dare riconoscimento al valore di questi organismi e alle persone che prestano servizio al loro interno, iscrivendo così l’impegno per l’edificazione di una Chiesa sempre più sinodale nell’orizzonte della speranza che non delude che celebriamo nel Giubileo.
Il Cammino che condurrà tutta la Chiesa alla celebrazione dell’Assemblea ecclesiale di ottobre 2028 sarà scandito in modo da offrire tempi adeguati e sostenibili per avviare l’attuazione delle indicazioni del Sinodo, prevedendo poi alcuni significativi appuntamenti di valutazione:
Fin da ora la Segreteria Generale del Sinodo è impegnata ad accompagnare e sostenere le Chiese in questo cammino.
Beatitudine, Eminenza, Eccellenza, con questa lettera Le annuncio quindi l’inizio di questo percorso prima che ne sia data notizia pubblica. Fino ad allora, le informazioni contenute in questa lettera sono da considerarsi confidenziali. Entro la fine del mese di maggio, poi, invieremo alle Chiese ulteriori comunicazioni con maggiori dettagli riguardanti metodologia e modalità operative del percorso.
Senza l’impulso dei Vescovi diocesani ed eparchiali un processo come quello qui delineato non sarebbe nemmeno immaginabile. Fin da ora desidero quindi ringraziare Lei, i Suoi collaboratori e la Sua équipe sinodale per l’impegno a portare avanti un percorso che sta particolarmente a cuore al Santo Padre, per la cui salute in queste settimane tutti insieme preghiamo.
La saluto fraternamente nel Signore, augurando a Lei e alla Chiesa di cui è Pastore un fruttuoso cammino verso la prossima Pasqua.
Vaticano, 15 marzo 2025
Mario Card. Grech
Segretario Generale della Segreteria Generale del Sinodo
“Sinodo: un cammino di discernimento che si apre alla Parola". Questo è stato il tema dell’incontro con Suor Simona Brambilla, MC, Prefetta del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica tenutosi il 28 febbraio nel Seminario Teologico Internazionale dei missionari della Consolata di Bravetta a Roma.
Nominata Prefetta da Papa Francesco il 6 gennaio 2025, la missionaria della Consolata, originaria di Monza, è la prima donna disegnata capo di un dicastero vaticano.
Nell’incontro Sr.Simona ha condiviso con gli studenti l’esperienza vissuta nel Sinodo sulla Sinodalità (2-27 ottobre 2024), e il percorso e la visione sul futuro della Chiesa cattolica dopo tutta la consultazione del popolo di Dio. Ha ricordato che “Sinodo” è una parola antica di origine greca, legata alla tradizione della Chiesa, composta delle parole “σύν” (con, insieme), e “ὁδός” (via, cammino); cioè, "camminare insieme" come un unico popolo di Dio.
Suor Simona ha citato le parole di Papa Francesco nella Messa di apertura della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. Nella sua omelia, Francesco sottolineava l'invito ad “ascoltarsi e a non chiudersi nelle proprie convinzioni”.
Il Sinodo è uno spazio “per discernere insieme la voce di Dio che parla alla Chiesa”; il Sinodo “non è un’assemblea parlamentare, ma un luogo di ascolto nella comunione”.
In questo Sinodo si è applicato il fondamento della Regola Benedettina nel capitolo III sulla consultazione della comunità: "consultare tutta la comunità, perché spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore", ha spiegato Suor Brambilla. Quindi, si sono ascoltati tutti: vescovi, preti, religiosi, consacrate, laici e laiche, anziani e giovani. Il Santo Padre nell’Assemblea sottolineava, a più riprese, che ogni parola andava “accolta con gratitudine e semplicità, per farsi eco di ciò che Dio ha donato a beneficio dei fratelli e delle sorelle".
Insomma, sr. Brambilla ci ha incoraggiati a “diventare pastori che camminano davanti al gregge per proteggere le pecore dal pericolo fisico o spirituale, camminare in mezzo per prenderne l'odore ed essere uno che accompagna, e camminare dietro del gregge per lasciarsi guidare dal popolo di Dio e fidarsi della loro esperienza, dentro il contesto di vita”.
Allo stesso modo, ci ha invitati “ad essere attenti ai segni dei tempi e a non lasciarci governare da teorie e paradigmi, ad avere invece un cuore aperto per sentire e ascoltare. Credo che il valore delle donne nella Chiesa e la ricchezza che hanno apportato alla nostra storia di fede siano indiscutibili. Siamo chiamati a continuare a camminare insieme, tutti, tutti, tutti”.
A fine ottobre 2024 si è conclusa la XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, ma il processo sinodale che era iniziato prima dell'Assemblea stessa, è destinato ad andare avanti. “Continuiamo ancora il cammino sinodale. Siamo una Chiesa in comunione, partecipazione e missione!”
* Jhonny José González Briceño, IMC, è studente venezuelano del Seminario Teologico Internazionale di Bravetta, Roma.
Francesco lo ribadisce nella Nota di accompagnamento al testo votato il 26 ottobre dall’Assemblea del Sinodo sulla sinodalità e da lui approvato. Sottolinea che “non è strettamente normativo” e che “la sua applicazione avrà bisogno di diverse mediazioni”. Ma impegna “fin da ora le Chiese a fare scelte coerenti con quanto in esso è indicato”. Perché il cammino del Sinodo oggi “prosegue nelle Chiese locali”
Il Documento finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, approvato da Papa Francesco il 26 ottobre scorso, “partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro e come tale chiedo che venga accolto”. Il Papa, nella Nota di accompagnamento del Documento, firmata ieri, solennità di Cristo Re dell’Universo, e diffusa oggi, ribadisce, come detto in occasione dell’approvazione, che esso “non è strettamente normativo” e che “la sua applicazione avrà bisogno di diverse mediazioni”. Ma “questo non significa che non impegni fin da ora le Chiese a fare scelte coerenti con quanto in esso è indicato”. Infatti il documento stesso “rappresenta una forma di esercizio dell’insegnamento autentico del Vescovo di Roma che ha dei tratti di novità”, ma corrisponde a quanto affermato da Francesco nell’ottobre 2015 sulla sinodalità, che è “la cornice interpretativa adeguata per comprendere il ministero gerarchico”.
Leggi qui il testo integrale della Nota di Papa Francesco
Papa Francesco in chiusura del Sinodo dei Vescovi - XVII Congregazione Generale. Foto: Vatican Media
Il Pontefice conferma che il cammino del Sinodo da lui avviato nell’ottobre 2021, nel quale la Chiesa, in ascolto dello Spirito Santo, è stata chiamata “a leggere la propria esperienza e a identificare i passi da compiere per vivere la comunione, realizzare la partecipazione e promuovere la missione che Gesù Cristo le ha affidato”, prosegue nelle Chiese locali, facendo tesoro proprio del Documento finale. Un testo che è stato “votato e approvato dall’Assemblea in tutte le sue parti”, e che anche Papa Francesco ha approvato e, firmandolo, ne ha disposto la pubblicazione, “unendomi al ‘noi’ dell’Assemblea”.
Ricordando quanto dichiarato il 26 ottobre, il Papa ribadisce che “c’è bisogno di tempo per giungere a scelte che coinvolgono la Chiesa tutta”, e che “questo vale in particolare per i temi affidati ai dieci gruppi di studio, ai quali altri potranno aggiungersi, in vista delle necessarie decisioni”. E sottolinea nuovamente, citando quanto scritto nell’Esortazione postsinodale Amoris laetitia, che “non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”. Come pure che “in ogni Paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali”.
Francesco aggiunge che il Documento finale contiene indicazioni che “già ora possono essere recepite nelle Chiese locali e nei raggruppamenti di Chiese, tenendo conto dei diversi contesti, di quello che già si è fatto e di quello che resta da fare per apprendere e sviluppare sempre meglio lo stile proprio della Chiesa sinodale missionaria”. D’ora in poi, scrive il Pontefice, “nella relazione prevista per la visita ad limina ciascun vescovo avrà cura di riferire quali scelte sono state fatte nella Chiesa locale a lui affidata in rapporto a ciò che è indicato nel Documento finale, quali difficoltà si sono incontrate, quali sono stati i frutti”.
Il compito di accompagnare questa “fase attuativa” del cammino sinodale, conclude Papa Francesco, è affidato alla Segreteria Generale del Sinodo insieme ai Dicasteri della Curia Romana. E ribadisce ancora, come detto il 26 ottobre, che il cammino sinodale della Chiesa Cattolica, “ha bisogno che le parole condivise siano accompagnate dai fatti”. Lo Spirito Santo, dono del Risorto, è la sua preghiera finale “sostenga e orienti la Chiesa tutta in questo cammino”.
* Alessandro Di Bussolo, Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va
Il Documento finale della seconda sessione del Sinodo, approvato integralmente dall'assemblea, racconta e rilancia un’esperienza di Chiesa tra “comunione, partecipazione, missione”, con la proposta concreta di una visione nuova che capovolge prassi consolidate
Il Documento finale votato oggi, approvato in tutti i suoi 155 paragrafi, viene pubblicato e non diventerà oggetto di un’esortazione del Papa: Francesco ha infatti deciso che sia subito diffuso perché possa ispirare la vita della Chiesa. “Il processo sinodale non si conclude con il termine dell’assemblea ma comprende la fase attuativa (9). Coinvolgendo tutti nel “quotidiano cammino con una metodologia sinodale di consultazione e discernimento, individuando modalità concrete e percorsi formativi per realizzare una tangibile conversione sinodale nelle varie realtà ecclesiali” (9).
Nel Documento, in particolare, ai vescovi si chiede molto riguardo l’impegno sulla trasparenza e sul rendere conto mentre – come affermato anche dal cardinale Férnandez, prefetto del Dicastero per la dottrina della fede – ci sono lavori incorso per dare più spazio e più potere alle donne.
Due parole-chiave che emergono dal testo – attraversato dalla prospettiva e dalla proposta della conversione - sono “relazioni” – che è un modo di essere Chiesa - e “legami”, nel segno dello “scambio di doni” tra le Chiese vissuto dinamicamente e, quindi, per convertire i processi. Proprio le Chiese locali sono al centro nell’orizzonte missionario che è il fondamento stesso dell’esperienza di pluralità della sinodalità, con tutte le strutture a servizio, appunto, della missione con il laicato sempre più al centro e protagonista. E, in questa prospettiva, la concretezza dell’essere radicati in “luogo” emerge con forza dal Documento finale. Particolarmente significativa anche la proposta presentata nel Documento per far sì che i Dicasteri della Santa Sede possano avviare una consultazione “prima di pubblicare documenti normativi importanti” (135).
Papa Francesco in chiusura del Sinodo dei Vescovi - XVII Congregazione Generale
Il Documento finale è formato da cinque parti (11). Alla prima - intitolata Il cuore della sinodalità – segue la seconda parte - Insieme, sulla barca di Pietro - “dedicata alla conversione delle relazioni che edificano la comunità cristiana e danno forma alla missione nell’intreccio di vocazioni, carismi e ministeri”. La terza parte – Sulla tua Parola – “identifica tre pratiche tra loro intimamente connesse: discernimento ecclesiale, processi decisionali, cultura della trasparenza, del rendiconto e della valutazione”. La quarta parte - Una pesca abbondante – “delinea il modo in cui è possibile coltivare in forme nuove lo scambio dei doni e l’intreccio dei legami che ci uniscono nella Chiesa, in un tempo in cui l’esperienza del radicamento in un luogo sta cambiano profondamente”. Infine, la quinta parte – Anch’io mando voi – “permette di guardare al primo passo da compiere: curare la formazione di tutti alla sinodalità missionaria”. In particolare, si fa notare, lo sviluppo del Documento è guidato dai racconti evangelici della Risurrezione (12).
L’Introduzione del Documento (1-12) mette subito in chiaro l’essenza del Sinodo come “esperienza rinnovata di quell’incontro con il Risorto che i discepoli hanno vissuto nel Cenacolo la sera di Pasqua” (1). “Contemplando il Risorto” – afferma il Documento – “abbiamo scorto anche i segni delle Sue ferite (…) che continuano a sanguinare nel corpo di tanti fratelli e sorelle, anche a causa delle nostre colpe. Lo sguardo sul Signore non allontana dai drammi della storia, ma apre gli occhi per riconoscere la sofferenza che ci circonda e ci penetra: i volti dei bambini terrorizzati dalla guerra, il pianto delle madri, i sogni infranti di tanti giovani, i profughi che affrontano viaggi terribili, le vittime dei cambiamenti climatici e delle ingiustizie sociali” (2). Il Sinodo, ricordando le “troppe guerre” in corso, si è unito ai “ripetuti appelli di papa Francesco per la pace, condannando la logica della violenza, dell’odio, della vendetta” (2). Inoltre, il cammino sinodale è marcatamente ecumenico – “orienta verso una piena e visibile unità dei cristiani” (4) - e “costituisce un vero atto di ulteriore recezione” del Concilio Vaticano II, prolungandone “l’ispirazione” e rilanciandone “per il mondo di oggi la forza profetica” (5). Non tutto è stato facile, si riconosce nel Documento: “Non ci nascondiamo di aver sperimentato in noi fatiche, resistenze al cambiamento e la tentazione di far prevalere le nostre idee sull’ascolto della Parola di Dio e sulla pratica del discernimento” (6).
La prima parte del Documento (13-48) si apre con le riflessioni condivise sulla “Chiesa Popolo di Dio, sacramento di unità” (15-20) e sulle “radici sacramentali del Popolo di Dio” (21-27). È un fatto che, proprio “grazie all’esperienza degli ultimi anni”, il significato dei termini “sinodalità” e “sinodale” sia “stato maggiormente compreso e più ancora vissuto” (28). E “sempre più essi sono stati associati al desiderio di una Chiesa più vicina alle persone e più relazionale, che sia casa e famiglia di Dio” (28). “In termini semplici e sintetici, si può dire che la sinodalità è un cammino di rinnovamento spirituale e di riforma strutturale per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria, per renderla cioè più capace di camminare con ogni uomo e ogni donna irradiando la luce di Cristo” (28). Nella consapevolezza che l’unità della Chiesa non è uniformità, “la valorizzazione dei contesti, delle culture e delle diversità, e delle relazioni tra di loro, è una chiave per crescere come Chiesa sinodale missionaria” (40). Con il rilancio delle relazioni anche con le altre tradizioni religiose in particolare “per costruire un mondo migliore” e in pace (41).
Un momento della meditazione
“La richiesta di una Chiesa più capace di nutrire le relazioni: con il Signore, tra uomini e donne, nelle famiglie, nelle comunità, tra tutti i cristiani, tra gruppi sociali, tra le religioni, con la creazione” (50) è la constatazione che apre la seconda parte del Documento (49-77). E “non è mancato anche chi ha condiviso la sofferenza di sentirsi escluso o giudicato” (50). “Per essere una Chiesa sinodale è dunque necessaria una vera conversione relazionale. Dobbiamo di nuovo imparare dal Vangelo che la cura delle relazioni e dei legami non è una strategia o lo strumento per una maggiore efficacia organizzativa, ma è il modo in cui Dio Padre si è rivelato in Gesù e nello Spirito” (50). Proprio “le ricorrenti espressioni di dolore e sofferenza da parte di donne di ogni regione e continente, sia laiche sia consacrate, durante il processo sinodale, rivelano quanto spesso non riusciamo a farlo” (52). In particolare, “la chiamata al rinnovamento delle relazioni nel Signore Gesù risuona nella pluralità dei contesti” legati “al pluralismo delle culture” con, a volte, anche “i segni di logiche relazionali distorte e talvolta opposte a quelle del Vangelo” (53). L’affondo è diretto: “Trovano radice in questa dinamica i mali che affliggono il nostro mondo” (54) ma “la chiusura più radicale e drammatica è quella nei confronti della stessa vita umana, che conduce allo scarto dei bambini, fin dal grembo materno, e degli anziani” (54).
“Carismi, vocazione e ministeri per la missione” (57-67) sono nel cuore del Documento che punta sulla più ampia partecipazione di laiche e laici. Il ministero ordinato è “a servizio dell’armonia” (68) e in particolare “il ministero del vescovo” è “comporre in unità i doni dello Spirito (69-71). Tra le diverse questioni si è rilevato che “la costituiva relazione del Vescovo con la Chiesa locale non appare oggi con sufficiente chiarezza nel caso dei Vescovi titolari, ad esempio i Rappresentanti pontifici e coloro che prestano servizio nella Curia Romana”. Con il vescovo vi ci sono “presbiteri e diaconi” (72-73), per una “collaborazione fra i ministri ordinati all’interno della Chiesa sinodale” (74). Significativa, poi, l’esperienza della “spiritualità sinodale” (43-48) con la certezza che “se manca la profondità spirituale personale e comunitaria, la sinodalità si riduce a espediente organizzativo” (44). Per questo, si rileva, “praticato con umiltà, lo stile sinodale può rendere la Chiesa una voce profetica nel mondo di oggi” (47).
Nella terza parte del Documento (79-108) si fa subito presente che “nella preghiera e nel dialogo fraterno, abbiamo riconosciuto che il discernimento ecclesiale, la cura dei processi decisionali e l’impegno a rendere conto del proprio operato e a valutare l’esito delle decisioni assunte sono pratiche con le quali rispondiamo alla Parola che ci indica le vie della missione” (79). In particolare “queste tre pratiche sono strettamente intrecciate. I processi decisionali hanno bisogno del discernimento ecclesiale, che richiede l’ascolto in un clima di fiducia, che trasparenza e rendiconto sostengono. La fiducia deve essere reciproca: coloro che prendono le decisioni hanno bisogno di potersi fidare e ascoltare il Popolo di Dio, che a sua volta ha bisogno di potersi fidare di chi esercita l’autorità” (80). “Il discernimento ecclesiale per la missione” (81-86), in realtà, “non è una tecnica organizzativa, ma una pratica spirituale da vivere nella fede” e “non è mai l’affermazione di un punto di vista personale o di gruppo, né si risolve nella semplice somma di pareri individuali” (82). “L’articolazione dei processioni decisionali” (87-94), “trasparenza, rendiconto, valutazione” (95-102), “sinodalità e organismi di partecipazione” (103-108) sono punti centrali delle proposte contenute nel Documento, scaturite dall’esperienza del Sinodo.
Partecipanti al Sinodo durante la chiusura dei lavori
“In un tempo in cui cambia l’esperienza dei luoghi in cui la Chiesa è radicata e pellegrina, occorre coltivare in forme nuove lo scambio dei doni e l’intreccio dei legami che ci uniscono, sostenuti dal ministero dei Vescovi in comunione tra loro e con il Vescovo di Roma”: è l’essenza della quarta parte del Documento (109-139). L’espressione “radicati e pellegrini” (110-119) ricorda che “la Chiesa non può essere compresa senza il radicamento in un territorio concreto, in uno spazio e in un tempo dove si forma un’esperienza condivisa di incontro con Dio che salva” (110). Anche con un’attenzione ai fenomeni della “mobilità umana” (112) e della cultura digitale” (113). In questa prospettiva, “camminare insieme nei diversi luoghi come discepoli di Gesù nella diversità dei carismi e dei ministeri, così come nello scambio di doni tra le Chiese, è segno efficace della presenza dell’amore e della misericordia di Dio in Cristo” (120). “L’orizzonte della comunione nello scambio dei doni è il criterio ispiratore delle relazioni tra le Chiese” (124). Da qui i “legami per l’unità: Conferenze episcopali e Assemblee ecclesiali” (124-129). Particolarmente significativa la riflessione sinodale sul “servizio del vescovo di Roma” (130-139). Proprio nello stile della collaborazione e dell’ascolto, “prima di pubblicare documenti normativi importanti, i Dicasteri sono esortati ad avviare una consultazione delle Conferenze episcopali e degli organismi corrispondenti delle Chiese Orientali Cattoliche” (135).
“Perché il santo Popolo di Dio possa testimoniare a tutti la gioia del Vangelo, crescendo nella pratica della sinodalità, ha bisogno di un’adeguata formazione: anzitutto alla libertà di figli e figlie di Dio nella sequela di Gesù Cristo, contemplato nella preghiera e riconosciuto nei poveri” afferma il Documento nella sua quinta parte (140-151). “Una delle richieste emerse con maggiore forza e da ogni parte lungo il processo sinodale è che la formazione sia integrale, continua e condivisa” (143). Anche in questo campo torna l’urgenza dello “scambio dei doni tra vocazioni diverse (comunione), nell’ottica di un servizio da svolgere (missione) e in uno stile di coinvolgimento e di educazione alla corresponsabilità differenziata (partecipazione)” (147). E “un altro ambito di grande rilievo è la promozione in tutti gli ambienti ecclesiali di una cultura della tutela (safeguarding), per rendere le comunità luoghi sempre più sicuri per i minori e le persone vulnerabili” (150). Infine, “anche i temi della dottrina sociale della Chiesa, dell’impegno per la pace e la giustizia, della cura della casa comune e del dialogo interculturale e interreligioso devono conoscere maggiore diffusione nel Popolo di Dio” (151).
“Vivendo il processo sinodale – è la conclusione del Documento (154) - abbiamo preso nuova coscienza che la salvezza da ricevere e da annunciare passa attraverso le relazioni. La si vive e la si testimonia insieme. La storia ci appare segnata tragicamente dalla guerra, dalla rivalità per il potere, da mille ingiustizie e sopraffazioni. Sappiamo però che lo Spirito ha posto nel cuore di ogni essere umano un desiderio profondo e silenzioso di rapporti autentici e di legami veri. La stessa creazione parla di unità e di condivisione, di varietà e intreccio tra diverse forme di vita”. Il testo si conclude con la preghiera alla Vergine Maria per l’affidamento “dei risultati di questo Sinodo: “Ci insegni ad essere un Popolo di discepoli missionari che camminano insieme: una Chiesa sinodale” (155).
* Giampaolo Mattei - Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va
La seconda sessione dell'Assemblea sinodale sulla sinodalità, in corso dal 2 al 27 ottobre 2024 nell'Aula Paolo VI in Vaticano, continua a confrontarsi su temi importanti per una Chiesa dal volto sinodale che riscopre gli principi di “comunione, partecipazione e missione”.
Quasi ogni giorno si tengono conferenze stampa nella Sala Stampa della Santa Sede, dove i giornalisti di tutto il mondo vengono informati sui lavori. Mercoledì 9 ottobre, gli ospiti invitati a discutere i temi legati al cammino sinodale sono stati l'arcivescovo di Nampula e presidente della Conferenza Episcopale del Mozambico, mons. Inácio Saúre, missionario della Consolata; l'arcivescovo di Puerto Montt del Cile, mons. Luis Fernando Ramos e il diacono permanente della diocesi di Gand (Belgio), Geert De Cubber.
Riportiamo gli interventi di Mons. Inacio Saúre in risposta alle domande dei giornalisti.
Cristiane Murray: Questo Sinodo sulla sinodalità porta una grande novità per la vostra Congregazione (i Missionari della Consolata) con il nuovo santo?
Il Sinodo porta anche una grande novità per la famiglia della Consolata, perché il 20 ottobre si celebrerà la canonizzazione di Giuseppe Alamano, il nostro Fondatore che ho imparato a conoscere come seminarista dagli anni ottanta. Nel contesto del Sinodo, il tema stesso di “come essere una Chiesa sinodale missionaria” mi sta molto a cuore come missionario della Consolata, perché il Beato Giuseppe Allamano ha creato due Istituti per la missione ad gentes.
Conferenza stampa mercoledi 9 ottobre 2024 nella Sala Stampa della Santa Sede
Tra i temi discussi dal Sinodo, vorrei sottolineare l'importanza dell'iniziazione cristiana per realizzare un incontro personale con Cristo in un contesto in cui molti giovani lasciano la Chiesa dopo il sacramento della Cresima (confermazione). Ovviamente, questo ci fa capire che la iniziazione cristiana manca di profondità.
Un altro tema affrontato è la condivisione dei doni tra le Chiese. Uno dei temi dell'Instrumentum laboris (del Sinodo) parlava della condivisione dei doni materiali nel contesto di chiese più ricche e altre che sono effettivamente indigenti. Come possiamo raggiungere una condivisione dei doni materiali in una Chiesa sinodale senza trascurare altri aspetti come la condivisione spirituale, teologica e pastorale?
Importante è anche la questione della conoscenza reciproca tra la Chiesa cattolica latina e la Chiesa cattolica orientale, che spesso noi cattolici conosciamo poco e forse gli orientali conoscono poco noi. Nel contesto di una Chiesa sinodale, è stato sottolineato che questo è molto importante per il nostro arricchimento reciproco e la Chiesa orientale ha molto da offrirci in questa condivisione di doni.
Jaime C. Patias: Parlando dello scambio di doni, come il Sinodo potrebbe aiutare a trovare soluzioni in situazioni di conflitti, violenze e guerre in cui intere popolazioni soffrono, come accade oggi a Cabo Delgado (Mozambico) e in altre regioni del mondo?
Penso che la prima cosa che il Sinodo ha l'opportunità di indicare è la conoscenza della realtà. Questa guerra è iniziata nell'ottobre 2017 con pesanti attacchi a villaggi importanti. Ora sembra essere in una fase di stallo perché non abbiamo forti attacchi ai villaggi, ma i piccoli attacchi nei villaggi ci sono ancora e difficilmente vengono riportati. Purtroppo, la sofferenza che questa guerra ha creato è molto presente. La guerra ha causato circa 5.000 morti e 1 milione di sfollati all'interno della Provincia di Cabo Delgado e nelle province vicine come Niassa e Nampula, dove sono arcivescovo.
Mons. Inacio Saure durante conferenza stampa mercoledì 09 ottobre 2024 nella Sala Stampa della Santa Sede
All'inizio ci sono stati molti interventi con la partecipazione di organizzazioni umanitarie per aiutare, ma oggi queste popolazioni sono state praticamente abbandonate alla loro sorte, perché sono viste come persone che sono arrivate e si sono stabilite nelle zone adiacenti, e non sono più viste come sfollati in una situazione di emergenza. Quindi, penso che il Sinodo, conoscendo la realtà, potrebbe dire cosa si potrebbe fare concretamente. La mancanza di informazioni non aiuta le altre Chiese sorelle a raggiungere queste popolazioni sofferenti e bisognose. Finora è stato fatto molto, ma oggi la gente ha bisogno di più.
Anna Tulli (Lanza): Considerando la sua esperienza di missionaria della Consolata, vede un cambio di paradigma nella missione, quando gli europei evangelizzavano il mondo e presto vedremo gli africani evangelizzare un'Europa sempre meno cristiana?
Penso che questa possibilità sia aperta, ma allo stesso tempo la Chiesa in Africa, in particolare in Mozambico, deve affrontare anche il problema dei mezzi finanziari per formare i missionari. Quindi, in questa condivisione di doni, se l'Africa può avere questo sostegno, penso che ci sarà questa possibilità. Recentemente, durante la visita ad limina dei vescovi del Mozambico, abbiamo presentato i progetti per la formazione nei seminari e le difficoltà economiche per realizzarli. Nella mia arcidiocesi, oltre al seminario diocesano propedeutico, abbiamo un seminario interdiocesano di filosofia che non siamo riusciti a completare per mancanza di risorse. Il Santo Padre ci ha promesso un aiuto e questo ci ha messo un po' a nostro agio. Quindi credo in questo cambiamento di paradigma nella missione.
La praticipazione del Papa Francesco nei lavori del Sinodo
Danúbia (Canção Nova): Lei ha parlato di iniziazione cristiana, ha qualche insegnamento del Beato Allamano che possa contribuire a questo processo?
Ho lavorato nella Repubblica Democratica del Congo e ho conosciuto una bella esperienza di iniziazione cristiana da parte del movimento giovanile "Bilenge ya mwinda" (Giovani della luce) che cerca di incorporare elementi della cultura nella vita cristiana, una bella iniziativa. In Mozambico non abbiamo molte iniziative di questo tipo. Per sei anni sono stato responsabile della pastorale giovanile e abbiamo lavorato per creare una pastorale giovanile con i giovani, dai giovani e per i giovani. Penso che questo possa aiutare.
Per quanto riguarda il Beato Giuseppe Allamano, che sarà canonizzato a giorni, lui aveva un motto che mi ha colpito molto: “prima santi e poi missionari”. Direi anche: prima santi e poi cristiani. Ero maestro dei novizi e quando citavo questo motto del Fondatore, i giovani mi prendevano in giro dicendo: “Allora padre, tu sei già santo?”. Io rispondevo: devo avere la propensione alla santità. Questa felice coincidenza della canonizzazione di Giuseppe Allamano nel bel mezzo del Sinodo sulla sinodalità può essere anche un contributo alla Chiesa missionaria.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Segretariato per la Comunicazione.