Il 16 febbraio è noto per essere il giorno della festa del Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Un giorno in cui ricordiamo la sua nascita al cielo e ringraziamo Dio per il dono della sua vita per noi. Inoltre, quest'anno è stata la prima volta che abbiamo celebrato Giuseppe Allamano come Santo dopo la sua canonizzazione avvenuta a Roma il 20 ottobre 2024 da Papa Francesco.
A coronare questa giornata, i Missionari e le Missionarie della Consolata che lavorano in Mongolia, insieme ai fedeli si sono riuniti nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a Ulan Bator per la Messa di ringraziamento. La coincidenza ha voluto che questo giorno sia stata una domenica, il Giorno del Signore. Grande fu la gioia di tutti i presenti alla celebrazione.
La Messa è iniziata con un breve rito liturgico di benedizione delle casule e delle stole realizzate per la canonizzazione di San Giuseppe Allamano in Italia, a cui ha fatto seguito la processione del celebrante e i concelebranti all’altare. Bambini e adulti hanno partecipato attivamente.
Infatti, più che una festa dei Missionari della Consolata, fu una festa di tutti. Nella sua omelia, il cardinale Giorgio Marengo, ha sottolineato una verità universale quando ha detto: “In realtà, celebrare un santo ha un valore molto più profondo e ampio, perché i santi riconosciuti dalla Chiesa appartengono a tutti, riguardano ciascuno di noi, rappresentano un grande aiuto che lo Spirito Santo mette a disposizione di tutta la Chiesa”.
Ancora in vita, San Giuseppe Allamano arricchì la Chiesa nella sua essenziale natura missionaria raggiungendo persone di ogni ceto sociale, favorendo la formazione e l'educazione cristiana e invitando tutti a camminare verso la meta della santità. Dopo la sua canonizzazione, continua ciò che fece da vivo, ma questa volta dal cielo, intercedendo per coloro che cercano il suo aiuto.
Non ci fu nell’Allamano nessuna discrepanza tra ciò che egli predicò e ciò che egli visse. “Prima santi e poi missionari” resta la strada da lui indicata e realizzata nella sua attività apostolica, strada che ha insegnato ai suoi figli e alle sue figlie. Un cammino che ha percorso con umiltà e consapevolezza dei suoi limiti, credendo che la grazia del Signore fosse sufficiente per raggiungere la meta della santità.
Ai fedeli mongoli che hanno partecipato alla messa, il celebrante ha ricordato che “la santità non è un'utopia, ma è la realtà in cui già viviamo, grazie alla mediazione della Chiesa; è l’aria che respiriamo, la forza a cui possiamo sempre attingere, la speranza che ci fa rialzare dopo ogni caduta”. Nella piccola chiesa cattolica che si trova in Mongolia, il suggerimento di santità di San Giuseppe Allamano può essere fonte di ispirazione e motivazione per portarci sempre più profondamente nell’incontro con Cristo e nell'amore.
Il cardinale Giorgio Marengo con i missionari e le missionarie della Consolata che lavorano in Mongolia
Dopo l'omelia, la professione di fede, la preghiera dei fedeli, ci fu la processione offertoriale, nella quale ciascuno ha portato la sua offerta. L’incenso ha aperto il corteo con il suo profumo di benedizioni, seguito dai ritratti di San Giuseppe Allamano, della sua reliquia e della Consolata: doni presentati per rinnovare la nostra volontà di essere disponibili a compiere la santa volontà di Dio, chiedendogli di esaudire con bontà il desiderio di essere veri missionari; fiori: presentati a Dio Padre creatore, chiedendogli di continuare a dare crescita e benedirci con la pioggia del suo Spirito, e splendere come sole nella nostra vita per un raccolto gioioso; frutti: che rappresentano le nostre preghiere a Dio affinché faccia sbocciare l'amore, la gioia, la pace, la pazienza, la gentilezza, la bontà, la fedeltà, la mitezza e l'autocontrollo nella nostra vita; pane e vino: simbolo dell’offerta del nostro lavoro quotidiano, affinché ci trasformi nel Corpo e nel Sangue di Cristo e contribuire al disegno salvifico di Dio.
Dopo la messa alcuni fedeli e le foto di rito vicino all'altare, siamo andati nel salone della Cattedrale e abbiamo passato un momento di gioia e fratellanza con tutti.
* Padre Dido Mukadi, IMC, missionario in Mongolia.
“In questo triennio in cui siamo invitati a sperimentare in modo tutto speciale la presenza di San Giuseppe Allamano nella nostra vita, desideriamo invitarvi durante quest’anno in preparazione del Centenario della sua morte (16 febbraio 2026), a mettervi in ascolto della sua voce, e vivere ciò che sempre ci ha insegnato”.
Queste le parole di padre James Lengarin, IMC, Superiore Generale e di Suor Lucia Bortolomasi, MC, Superiora Generale, nel loro Messaggio in occasione della Festa della Fondazione celebrata il 29 gennaio 2025, quando tutta la Famiglia Missionaria della Consolata nel mondo ha iniziato la preparazione al Centenario della nascita al cielo di san Giuseppe Allamano
Le due Direzioni generali hanno nominato un'équipe per animare questo cammino di approfondimento sulla santità in Giuseppe Allamano. L’équipe è composta da: P. Piero Trabucco, IMC, Sr. Cecilia Pedroza Saavedra, MC (Castelnuovo Don Bosco), e il Sig. Rui Antunes Sousa, LMC Portogallo.
L'equipe preparerà ogni mese una scheda di riflessione fino a febbraio 2026. Tale scheda di riflessione potrà essere utilizzata come guida per ritiri o per altri momenti di preghiera personale e comunitaria.
Canti, colori e parole di speranza. Con questa atmosfera sono stati accolti i circa 6.000 partecipanti al 35° Pellegrinaggio della Famiglia Missionaria della Consolata a Fatima, il sabato 22 febbraio 2025. Le carovane sono arrivate da tutto il Portogallo, Paese in cui i Missionari della Consolata operano dal 1943.
Nelle sue parole di benvenuto ai pellegrini riuniti davanti al Seminario, il Superiore della Regione Europea, padre Gianni Treglia, ha ricordato che “per la prima volta questo Pellegrinaggio si svolge dopo la canonizzazione di Giuseppe Allamano”, Fondatore dei Missionari e delle Missionaria della Consolata.
Accoglienza dei pellegrini al 35° Pellegrinaggio della Famiglia Missionaria della Consolata a Fatima
“L'Allamano era un uomo che sapeva dare speranza. Era un uomo di consolazione, un padre che capiva le difficoltà e le sofferenze di tutti. Ma non si è fermato al presente. L'Allamano ha avuto anche il coraggio di guardare oltre. Il suo sguardo andava anche a chi era lontano”, ha spiegato padre Treglia. “Proprio questo sguardo lo ha portato a fondare due istituti missionari per portare il Vangelo a tutti. Questo guardare oltre non è solo una pagina di storia, ma una missione che continua ancora oggi. È stato un atto concreto di speranza cristiana. Anche noi siamo chiamati a essere pellegrini della speranza nell’annuncio del Vangelo”.
Anche il padre Álvaro Pacheco, IMC, ha dato il benvenuto ai pellegrini. “Siamo invitati a essere missionari ogni giorno”. L’incontro davanti al Seminario è stato caratterizzato dalla presenza di molti giovani, che indossavano bandiere di diversi Paesi, un modo per “dare colore e vita alla fiamma della missione”, ha spiegato padre Álvaro.
Il venerdì 21 sera, l’incontro di preghiera, riflessione e condivisione ha riunito circa 200 giovani. La band musicale “Discípulos de Fátima”, un progetto con l'obiettivo di far conoscere la Parola di Dio attraverso la musica, si è esibita in un concerto.
Nell'occasione, padre Michelangelo Piovano, Vice Superiore Generale, ha parlato sul miracolo della guarigione dell'indigeno Sorino Yanomami nell'Amazzonia brasiliana, per intercessione di Giuseppe Allamano, che proprio grazie a questo miracolo, è stato proclamato santo. All’incontro erano presenti anche il Consigliere generale, padre Mathews Odhiambo Owuor e il padre Gianni Treglia.
È stata presentata la campagna “Aiutaci a salvare un rifugiato in Marocco”, un'iniziativa dei Missionari della Consolata in Portogallo. I fondi raccolti nel Pellegrinaggio, attraverso il bar e il mercato missionario, saranno devoluti al progetto a sostegno dei rifugiati in Marocco.
Momento culminante del Pellegrinaggio è stato la Via Crucis missionaria realizzata nel “Valinhos de Fátima” e guidata da padre Pietro Plona, IMC. Le meditazioni in ogni stazione, oltre a ricordare gli ultimi passi di Cristo, hanno ricordato pensieri di San Giuseppe Allamano e alcune circostanze della vita quotidiana di ogni persona.
Ogni stazione è stata caratterizzata dalla consueta scenografia dei giovani di Ribeirão (Vila Nova de Gaia), che hanno indossato costumi del tempo per rappresentare gli ultimi momenti della vita di Cristo sulla terra. I canti sono stati intonati dai giovani di Figueiró dos Vinhos (distretto di Leiria).
La Via Crucis si è conclusa con il consueto momento scenico presso il Calvario ungherese con la partecipazione di giovani provenienti da varie parti del Portogallo e l'esposizione di cinque striscioni con dipinti relativi alla storia della Famiglia Consolata. È stata un'occasione per mostrare ai pellegrini la presenza dei Missionari e delle Missionarie della Consolata in 35 Paesi di quattro continenti. “Il sogno del Santo Fondatore continua a raggiungere i cuori dei popoli e delle culture, anche in Paesi dove siamo presenti solo da pochi anni, soprattutto in Asia”, ha sottolineato padre Álvaro Pacheco.
La Santa Messa è stata presieduta da Mons. Osório Afonso, IMC, Vescovo ausiliare di Maputo e Segretario della Conferenza Episcopale del Mozambico, che ha sottolineato gli sforzi della Famiglia Consolata per contribuire a un mondo migliore. “Più che un Istituto, noi missionari viviamo e lavoriamo insieme come una famiglia per cercare di trasformare il nostro mondo in una comunità fraterna di fratelli e sorelle. E siamo invitati a riscoprire che abbiamo bisogno di relazioni sociali e anche di relazioni comunitarie con Dio. Questa condizione, dovrebbe renderci più attenti a come ci relazioniamo con gli altri e con tutto il creato”, ha affermato il vescovo.
Mons. Osório Afonso, IMC, Vescovo ausiliare di Maputo, Mozambico. Foto: Ana Paula
La celebrazione è stata animata da un corale di giovani provenienti dal nord del Portogallo. Nell’offertorio gli occhi dei pellegrini si sono concentrare sul corridoio centrale della Basilica, dove i giovani hanno eseguito una “danza tradizionale africana”.
Al Pellegrinaggio ha partecipato un gruppo di persone senzatetto sostenute dal gruppo “Solidarietà Missionari della Consolata” nella città di Porto. Loro sono state ricordate in modo particolare nelle preghiere dei fedeli, oltre al Papa Francesco e ai missionari giubilari di quest'anno: Suor Maria Ivani de Moraes (50 anni di consacrazione religiosa), Padre José Tavares Matias (60 anni di consacrazione religiosa), Padre Pietro Plona (50 anni di ordinazione sacerdotale), e Padre Luís Marques Brito (60 anni di ordinazione sacerdotale).
Dopo l'Eucaristia, i pellegrini si sono recati presso la Cappella delle Apparizioni, dove si è svolto il saluto e la consacrazione alla Madonna di Fatima. In questo momento di devozione, presieduto da Padre Michelangelo Piovano, i pellegrini sono stati invitati a essere costruttori di pace, seguendo l'esempio di San Giuseppe Allamano.
“La santità dell'Allamano ci spinge a essere anche noi santi attraverso una vita di preghiera, servizio e dono di sé senza misura, e a lavorare per la giustizia e la pace”, ha detto Padre Michelangelo, seguito dalla benedizione degli oggetti e dalla benedizione finale.
* Juliana Batista è giornalista della rivista Fatima Missionaria in Portogallo.
35° Pellegrinaggio della Famiglia Missionaria della Consolata a Fatima. Foto: Ana Paula
In comunione con tutta la famiglia Consolata nel mondo, le comunità dei missionari e delle missionarie di Roma e Nepi si sono radunati, domenica 16 febbraio 2025, nella Casa Generalizia IMC per festeggiare San Giuseppe Allamano.
La celebrazione di quest'anno è stata speciale perché era la prima festa del Santo Fondatore dopo la sua canonizzazione, avvenuta il 20 ottobre 2024 e ha segnato anche l'inizio di un tempo di preparazione al centenario della sua nascita in cielo che celebreremo il 16 febbraio de 2026.
Nelle sue parole di benvenuto ai presenti, padre Zé Martins, superiore della Casa Generalizia, ha sottolineato l'importanza di vivere questi momenti come una famiglia.
Il programma festivo è iniziato con una riflessione sulla santità di San Giuseppe Allamano, offerta dal Postulatore, padre Jonah Makau. “Se c'era una parola che il Fondatore pronunciava spesso, era il termine santità - ha dichiarato il Postulatore. “L’Allamano ha vissuto una vita santa. Questo spiega perché, per lui, il primo e principale obiettivo dell'Istituto era il benessere spirituale dei suoi membri. L'Allamano diceva infatti che, se non lavoriamo per la nostra santificazione, non meritiamo di essere strumenti di Dio nella sua missione”.
Dopo aver sotto.ineato le caratteristiche principali del Santo Fondatore, padre Jonah ha invitato a riflettere sulla sua attualità rispetto ai problemi del mondo di oggi: “la sicurezza alimentare, la salute, gestione del territorio, sicurezza idrica e il cambiamento climatico”. Secondo il Postulatore, “i missionari e le missionarie della Consolata sono sempre stati attenti ai segni dei tempi e ai bisogni della gente”. Ecco perché l'Allamano insisteva “sull’importanza di cambiare l'ambiente per trasformare anche la gente”.
Padre Jonah Makau. "L’Allamano era un uomo santo proprio perché vedeva la volontà di Dio in ogni cosa"
La missione deve sempre essere vissuta nella santità di vita. É la buona vita spirituale dei missionari e delle missionarie che li trasforma in strumenti efficaci di Dio.
“Mentre celebriamo questa festa del nostro Fondatore e iniziamo un cammino verso il centenario della sua morte, chiediamo al Signore, per sua intercessione, di ispirarci ancora di più al suo spirito e di diventare autentici strumenti di consolazione nel mondo”, ha concluso padre Jonah.
L’Eucaristia festiva
La Santa Messa è stata presieduta da padre Nicholas Odhiambo, rettore nel Seminario internazionale di Bravetta, che nella sua omelia, servendosi di una riflessione di padre Stefano Carmelengo, ha parlato su tre luoghi privilegiati della santità di San Giuseppe Allamano.
“Siamo coscienti che il primo luogo privilegiato per formarci alla santità è la vita quotidiana della nostra missione, fatta di gioie e speranze, di li miti e debolezze, nelle sue varie forme ed espressioni. Si tratta di viverla a imitazione del Signore che ‘fece bene ogni cosa’ (Mc 7:37) con la convinzione che il ‘bene bisogna farlo bene e senza rumore’ (VS 128 - 129). La Santità del nostro Istituto dipende dall’impegno di ogni missionario, sempre e ovunque.
Il secondo luogo privilegiato per formarci alla santità è il servizio. Spesso abbiamo interpretato l’episodio della lavanda dei piedi come un invito di Gesù alla Chiesa, perché lavi i piedi ai poveri, agli emarginati. Abbiamo dimenticati che Gesù ha detto ai suoi apostoli: ‘Dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri’ (Gv 13:14). C’è in questa espressione di Gesù tutto il suo desiderio, tutta la sua preoccupazione per una comunione all’interno del gruppo dei suoi apostoli, una comunione profonda, che noi dobbiamo riscoprire e vivere mettendoci al servizio gli uni degli altri.
Se noi, più a contatto con l’Eucaristia, non viviamo veramente la comunione, la nostra testimonianza sarà vana. Saremmo ipocriti se proclamiamo la Parola, se spezziamo il Pane dell’Eucaristia, e poi vivessimo per conto proprio, mortificandoci a vicenda, coltivando piccole invidie, piccoli rancori, dissociandoci gli uni gli altri, vivendo all’interno della comunità la disaffezione reciproca, ignorandoci a vicenda.
Il terzo luogo privilegiato per formarci alla santità è la croce. Ciò che deve accompagnare il nostro cammino verso la santità è la non presunzione, la non arroganza, l’umiltà fino alla debolezza. Tutti i nostri progetti, tutte le nostre mediazioni culturali, tutti i nostri tentativi di presenza tra gli emarginati devono essere portati davanti alla croce di Gesù e devono essere valutati e riconciliati con la Parola di colui che ‘ha tanto amato il mondo’ (Gv 3:16).
La santità è nutrita e vive del memoriale della croce. Perché l’evangelizzazione non batta sentieri aridi e non diventi improvvisazione, guardiamo a Gesù crocifisso, per recuperare il senso umano della vita di fede che esige la gratuità delle relazioni quotidiane con i confratelli e la solidarietà con la gente, l’umiltà di sentirci inutili servi nella vigna del Signore”.
La giornata è poi continuata con un pranzo festivo in famiglia durante il quale, come fratelli e sorelle, figli e figlie di San Giuseppe Allamano, abbiamo condiviso la gioia della vocazione missionaria in questo momento così speciale della nostra storia.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la comunicazione.
“Una festa che tocca il nostro cuore” così è stata definita da Madre Lucia Bortolomasi, Superiora Generale delle Missionarie della Consolata, la celebrazione della prima festa di San Giuseppe Allamano dopo la sua canonizzazione. La Santa Messa si è svolta la mattina del 16 febbraio 2025 nella Chiesa e Santuario a lui dedicato nella Casa Madre dei Missionari della Consolata.
Una celebrazione di famiglia tra missionari e missionarie, laici, amici, benefattori e fedeli che ogni domenica partecipano alla messa in questa chiesa. Presenti le due Direzioni generali, missionari e missionarie delle comunità di Torino e dintorni, i giovani in formazione e le novizie che hanno animato con canti in più lingue la celebrazione.
Messa presieduta da Padre James Lengarin nella Chiesa di San Giuseppe Allamano. Foto: Sergio Frassetto
La Messa è stata presieduta da Padre James Lengarin, Superiore generale dei Missionari della Consolata che nella sua omelia ci ha portati a guardare alla Parola annunciata da Gesù nella Sinagoga di Nazareth come Parola che si fa viva ed azione nella sua vita, ministero e missione. Una Parola che diventa vicinanza e attenzione a tutti ed in particolare ai più poveri e dimenticati. In questa Parola vi leggiamo anche l’invito per ogni missionario e missionaria nel vivere la nostra vocazione specifica alla missione nel segno della consolazione.
Così è stata la vita di San Giuseppe Allamano, vissuta nella tensione costante alla santità che lui ha raggiunto nel compimento quotidiano del suo dovere, nel fare in modo straordinario le cose ordinarie e sempre con un profondo spirito di umiltà. La celebrazione odierna ha anche voluto avviare il cammino che ci porterà alla celebrazione del centenario della sua nascita in cielo e che celebreremo il 16 febbraio de 2026. Un cammino che vuole coinvolgere tutte e tutti e che sarà segnato da momenti di riflessione che devono innanzitutto trasformare la nostra vita personale e quella delle nostre comunità.
Al termine della celebrazione Madre Lucia Bortolomasi ha ringraziato per il dono del cuore missionario di San Giuseppe Allamano che invita anche noi a vivere e ad agire, aprendo il nostro cuore per accogliere tutti.
Alla celebrazione era anche presente Suor Simona Brambilla, Prefetta per il Dicastero degli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica. Nel suo ringraziamento, partendo dalle parole di Paolo nella lettera ai Tessalonicesi, nella quale dice di essersi fatto amorevole in mezzo a loro, come una madre ha cura dei propri figli, così anche noi, guardando alla vita ed esempio dell’Allamano, siamo chiamati ad avere questa amorevolezza paterna e soprattutto materna verso tutti.
Anche Padre Oscar Clavijo, superiore della Casa Madre, ha ringraziato tutti per la bella partecipazione e per la Famiglia della Consolata e dell’Allamano lì riunita in questo giorno di festa.
La celebrazione si è conclusa presso la tomba di San Giuseppe Allamano con la preghiera delle due Direzioni generali insieme a tutti i partecipanti, presentando a lui la vita dei nostri Istituti, le richieste a noi affidate e le realtà dei Paesi nei quali lavoriamo.
Preghiera presso la tomba di San Giuseppe Allamano. Foto: Sergio Frassetto
È seguito poi il pranzo festivo di famiglia con tutti i missionari e le missionarie presenti alla celebrazione, nel refettorio c’è stato posto per tutti e si è così continuata la condivisione e la comunione che rendono vivo quello spirito che l’Allamano tanto desiderava e invitava a vivere nei nostri Istituti.
Il luogo in cui San Giuseppe Allamano ha vissuto il suo servizio sacerdotale, il luogo che ha abbellito e ingrandito, facendolo diventare un importante centro di devozione mariana, il luogo in cui ha maturato il progetto degli Istituti Missionari, in dialogo e preghiera con la Madonna, è il Santuario della Consolata.
Il Card. Roberto Repole, arcevescovo di Torino. Foto: Stefania Raspo
La Diocesi di Torino ha voluto ricordare la festa liturgica del nuovo Santo torinese con una celebrazione presieduta dal Card. Roberto Repole. Facendo riferimento al Vangelo domenicale sulle Beatitudini secondo il Vangelo di Luca, che rivelano lo sguardo e la presenza di Gesù nelle situazioni anche più dolorose della vita, il Card. Repole ha presentato San Giuseppe Allamano come l’uomo che ha saputo porre la sua fiducia in Dio: il grande sogno missionario dell’Allamano, che si realizza fino ad oggi, nasce dall’intuizione che questo sguardo di Cristo poteva continuare ad essere il nostro sguardo. Ha sentito il fervore della missione perché ha sentito la necessità di tanti uomini e donne di incontrare Cristo, il suo sguardo.
Il Card. Roberto Repole benedice la nuova pala d’altare dedicata a San Giuseppe Allamano. Foto: Gigi Anataloni
Al termine della celebrazione, il Cardinale ha benedetto la nuova pala d’altare dedicata a San Giuseppe Allamano, in cui il Santo sacerdote è attorniato dalle Beate Leonella Sgorbati e Irene Stefani, il Can. Camisassa e il Beato Boccardo, suoi collaboratori, e San Giuseppe Cafasso. Nel presentare l’opera, Mons. Giacomo Maria Martinacci, rettore del Santuario della Consolata, ha sottolineato che l’Allamano operò sempre insieme ad altre persone nel suo instancabile lavoro ecclesiale, per questo anche nel quadro votivo è attorniato da tante persone significative. In alto, la Consolata, la “sua” Madonna. E nella parte bassa del dipinto vi è una schiera numerosa di persone di tante culture differenti, a rappresentare i popoli che hanno accolto l’opera missionaria iniziata da San Giuseppe Allamano.
Santuario della Consolata e Casa Madre sono due luoghi importanti nella vita di San Giuseppe Allamano, in cui si è solennizzata la festa liturgica oggi. Ma anche a Castelnuovo Don Bosco, suo paese natale, si è celebrata la ricorrenza, preceduta da un triduo animato dai Missionari e dalle Missionarie della Consolata. I Castelnovesi hanno accolto con gioia e con orgoglio il loro quarto santo, dopo San Giuseppe Cafasso, San Giovanni Bosco e San Domenico Savio. Nella preghiera si è riflettuto sulla santità come chiamata per tutti, anche oggi.
* Padre Michelangelo Piovano, IMC, e Suor Stefania Raspo, MC
Suor Lucia Bortolomasi, padre James Lengarin e Suor Simona Brambilla