Infiammato dal suo zelo apostolico e avendo compreso la missione della Chiesa, San Giuseppe Allamano si interessò al mondo intero. Sentì l'urgenza di portare il Vangelo fino ai confini della terra. Nella sua osservazione, c'erano così tante organizzazioni sponsorizzate dalla Chiesa che si dedicavano alla carità, ma nessuna era dedicata alla missione.
Per porre rimedio alla situazione, dopo una lunga preparazione spirituale accompagnata da ostacoli e sfide, il 29 gennaio 1901 fondò la congregazione dei Missionari della Consolata per padri e fratelli.
Nella formazione iniziale, il Fondatore aveva previsto che, mentre i padri si sarebbero fatti carico del lavoro pastorale, i fratelli sarebbero stati responsabili nella creazione di strutture al servizio della missione. Coadiutori della missione. Il lavoro fatto dai fratelli, fino ad oggi, parla dell’importanza dei fratelli nella missione.
Durante il ritiro annuale dei missionari della Consolata a Modjo, ho avuto modo di interagire con Fratel Vincenzo Clerici, che ha 84 anni, e che è l'unico Fratello della Consolata rimasto in Etiopia. Era mia intenzione cercare di capire la sua storia come fratello nella Consolata.
Nato in Italia nel 1940, Fratel Vincenzo ha conseguito la laurea in fisica presso l’università di Torino, ed in seguito ha lavorato come insegnante in un istituto tecnico.
Fratel Vincenzo confessa che il cammino che lo ha portato ad essere fratello della Consolata è stato in un certo senso speciale. All'inizio si recò in missione in Kenya come giovane laico. Il termine volontario non era in uso allora. I giovani dall'Italia si trasferivano nei paesi del terzo mondo (come venivano chiamati allora) per fare un'esperienza lì. La sua prima esperienza missionaria è stata con i missionari della Consolata.
Tornato in Italia, fece parte di un gruppo di quattro giovani che ogni mese andavano alla Casa Madre dei missionari della Consolata. Lì, erano accompagnati da Padre Giuseppe Caffaratto che fungeva da loro animatore. Arrivò il momento che i suoi amici furono inviati in Amazzonia (Brasile), e invece lui fu mandato in Kenya.
Quando arrivò in Kenya, ci fu quello che lui definì un "Boom" delle scuole. Padre Giovanni De Marchi che era già in Kenya lo incoraggiò a imparare l'inglese. Quindi dovette recarsi in Inghilterra, dove trovò un lavoro per sostenersi e vi rimase per un anno mentre seguiva il suo corso di Inglese. Tornato in Kenya dopo il corso, fu inviato alla missione di Mugoiri vicino a Murang'a, dove lavorò come insegnante nella scuola secondaria di Mugoiri.
Da giovane laico, dovette sostenersi economicamente da solo. Fu così che padre Cesare Facchinello, responsabile della missione Mugoiri, fece in modo che la scuola gli pagasse uno stipendio. La metà andava alla missione per il suo vitto e alloggio, e l’altra metà per le sue necessità personali. In seguito fu trasferito a Sagana dove incontrò cinque fratelli della Consolata tra cui Fratel Sandro e Fratel Adriano. Vivere con questi fratelli a Sagana, fare lo stesso lavoro, gli stessi orari, condividere le loro esperienze di vita insieme lo aiutò a fare il passo decisivo di diventare fratello religioso.
In seguito alla sua decisione, fu ammesso al Postulato a Sagana e poi inviato alla Certosa di Pesio per il suo Noviziato dall’allora superiore generale Padre Giuseppe Inverardi. Qui, si unì al gruppo di altri novizi, lui l'unico fratello. Dopo il suo noviziato, fu rimandato a Sagana come Fratello della Consolata.
Fratel Vincenzo con il gruppo dei Missionari della Consolata in Etiopia. Foto: Edgar Nyangiya
Dopo la sua prima esperienza come fratello a Sagana, Fratel Vincenzo fu destinato all'Etiopia dove lavorò per sette anni prima di essere richiamato a Langata in Kenya, una comunità di fratelli dove lavorò come formatore. Dopo due anni fu inviato nuovamente in Etiopia. Da allora, ha sempre vissuto e lavorato in Etiopia come fratello.
Fr. Vincenzo ricorda che i fratelli all’inizio si impegnavano nell'apprendere nuove conoscenze tecniche. Camminavano assieme e si aiutavano a vicenda. Si applicavano con passione ai compiti assegnati, sia che si trattasse di falegnameria, muratura, meccanica e altro. Ricorda come Fratel Mario Bernardi ebbe una grande influenza su di lui. Fratel Mario nonostante il suo impegno nella falegnameria, trovava tempo anche per le attività pastorali. Secondo lui, Fratel Mario è stato determinante nella vita dei fratelli in Kenya, con il suo continuo incoraggiamento.
In Etiopia, i fratelli lavoravano con passione nelle missioni e nelle scuole tecniche. Ad esempio, ricorda la scuola tecnica di Meki dove era stato assegnato. Oltre a insegnare, si assicurava che le forniture (materiali per la falegnameria, la lavorazione dei metalli, ecc.) fossero sempre disponibili. Ricorda di aver lavorato con Padre Michele Brizio (di buona memoria) che era il direttore e lui era il suo vice. In seguito, la scuola tecnica fu consegnata alla prefettura locale.
In quel tempo i fratelli erano spinti dalla passione per la missione e dall'amore per il lavoro che stavano svolgendo. Non solo utilizzavano le loro conoscenze e competenze tecniche, ma si impegnavano anche nel lavoro pastorale. Ha ancora bei ricordi di quando fu inviato nella missione di Gambo, quando andava a visitare le famiglie cristiane e i lebbrosi della missione, pregando con loro e dando loro conforto.
Ho chiesto la sua opinione sul motivo della diminuzione dei fratelli IMC. All’inizio sembrava immerso nei suoi pensieri, poi ha sottolineato come la maggior parte dei fratelli è in età avanzata e in tanti sono morti, e d'altra parte che sono pochi coloro che aspirano a diventare fratelli.
Ha inoltre osservato come la società ha contribuito notevolmente alla diminuzione di questa vocazione, nel senso che, ciò che i fratelli facevano come specialisti qualificati, ora ci sono molte persone che sono qualificate nello stesso campo. Ma non ritiene che questa sia la vera ragione. Ha tristemente osservato come alcuni fratelli ritengono che i sacerdoti siano contrari alla vocazione di fratello, e che alcuni sacerdoti incoraggeranno i giovani a farsi sacerdoti piuttosto che incoraggiarli alla vocazione ad essere fratello.
I partecipanti al corso G50 presso la casa del Fondatore a Castelnuovo don Bosco. Foto: Orlando Hoyos
Fratel Vincenzo è fermamente convinto che la vocazione alla fratellanza sia ancora molto buona e nobile, che serve molte persone nella società in moltissimi campi diversi. Tuttavia, a causa delle competenze e della professionalità coinvolte in questa vocazione, scoraggia l'aspetto dei giovani che preferiscono il denaro al servizio che offrono all'umanità. Questa avidità di denaro e posizioni ha reso il mondo simile a un gioco di combattimento per la sopravvivenza.
Per avere più vocazioni, egli consiglia che noi come famiglia della Consolata (fratelli, sacerdoti, suore e missionari laici) dovremmo incoraggiare e motivare i giovani in formazione. Si dovrebbe propagandare di più questa vocazione ad essere fratello e mostrare ai giovani che questa vocazione è ancora rilevante nella Chiesa, così facendo da rendere apprezzabile questa vocazione ai giovani in formazione.
Fratel Vincenzo ha sottolineato come tutti i professi dovrebbero riconoscere e apprezzare la bellezza della vita comunitaria e della fratellanza propria della vocazione a fratello. Con le sue parole conferma che "certamente la vocazione a fratello non ti rende ricco, ma ci sono più vantaggi e gioia nell'essere un fratello rispetto ai pochi svantaggi che accompagnano questa vocazione".
Fratel Vincenzo ha concluso dicendo che, nonostante la sua età, si sente ancora più realizzato e felice come fratello religioso e non ha rimpianti nel continuare a seguire questa vocazione. Se potesse tornare giovane e avere la possibilità di scegliere, sceglierebbe ancora di essere un fratello religioso della Consolata.
Attualmente, il fratello lavora nella missione di Modjo assieme altri membri della comunità.
* Padre Edgar Nyangiya, IMC, missionario in Etiopia.
Chiesa nella missione di Modjo in Etiopia
Il padre Simon Mbala Mizingu, missionario della Consolata originario della Repubblica Democratica del Congo, è formatore nel Seminario teologico di Merrivale nella diocesi di Durban in Sudafrica.
In questo video della serie Formatori e formazione, parlando in inglese, padre Simon ci presenta la sua comunità formativa inaugurata nel 2008, valuta il corso di formazione permanete realizzato a Roma nel mese di settembre scorso e lascia un messaggio in occasione della canonizzazione del Fondatore.
“La nostra comunità è composta da dieci studenti provenienti da diversi Paesi. Tutti stanno studiando teologia all'Istituto Teologico San Giuseppe. Lavorare con i giovani è un'esperienza molto positiva. Gli studenti sono anche coinvolti in diverse attività pastorali e impegnati a livello comunitario in lavori manuali e nella formazione offerta dall'Istituto”, spiega padre Simon.
A proposito della sua partecipazione al corso di formazione a Roma, padre Simon Mbala sottolinea che “è stata una grande e meravigliosa opportunità per tutti noi formatori di gestirci un po' di tempo e di riposo per prenderci cura di noi stessi e poi tornare e prendere cura dei nostri fratelli che sono in formazione. In questi tempi di post-modernità per lavorare con i giovani è obbligatorio conoscerli e conoscere la loro realtà per aiutarli nel loro discernimento vocazionale”.
Comunità formativa Seminario di Merrivale in Sudafrica. Foto: Simon Mbala
Sul momento di grazia che l'Istituto sta ancora vivendo con la canonizzazione del Fondatore, “siamo felici di celebrare questo evento con tutti i cristiani del mondo – dice padre Simon -. Per intercessione del Beato Allamano un giovane di nome Sorino è stato guarito. Noi ringraziamo Dio per questo dono, ringraziamo Dio per aver ascoltato le preghiere di Giuseppe Allamano. Ringraziamo anche Dio per la nostra Madre Maria, chiedendo la sua intercessione per vivere la nostra missione ad gentes, per servire i nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo e possiamo noi stessi rimanere sempre concentrati nel servire Dio ogni giorno della nostra vita”, rinforza padre Simon.
I formatori partecipanti del corso di formazione continua nella Casa Generalizia a Roma
Nella Delegazione IMC di Sudafrica/eSwatini lavorano 15 padri della Consolata e il vescovo di Manzini, mons. José Luis Ponce de León. I missionari della Consolata sono presenti nelle diocesi di Dundee, Durban, Johannesburg, Pretoria e Manzini (eSwatini).
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione, Roma.
È stata significativa la partecipazione di molti laici e laiche, amici della famiglia Consolata provenienti da tutto il mondo, agli eventi per la canonizzazione di Giuseppe Allamano a Roma e a Torino. Condividiamo la testimonianza di Lenir Rodrigues, una insegnante che faceva parte della delegazione di Roraima.
“Sono una pellegrina di Roraima, dove è avvenuto il miracolo attribuito al nostro Padre Fondatore Giuseppe Allamano. Ho vissuto la mia infanzia nel comune di Mucajaí, dove è morto annegato padre Ricardo Silvestre, uno dei primi missionari della Consolata (arrivati a Roraima) e fondatore della chiesa di Nostra Signora di Fatima”, ricorda la signora Rodrigues. “I missionari della Consolata sono arrivati a Roraima il 14 giugno 1948, nell'allora Territorio (prima che diventasse uno Stato del Brasile). Tutta la nostra formazione adolescenziale e giovanile è stata fatta dai Missionari e delle Missionarie della Consolata, che hanno lasciato grandi contributi al nostro Stato”, dice con gratitudine e ricorda alcuni nomi importanti.
“Suor Maria Evelia, suor Maria Costa, padre Luis Palumbo, padre José Galantino, monsignor Aldo Mongiano, padre Lírio Girardi e tutti gli altri, hanno dato un grande contributo ai giovani di Roraima. Oggi sono una insegnante e difensora pubblica (avvocato d'ufficio) e sono grata di partecipare a questa canonizzazione del nostro Padre e Fondatore qui a Roma”.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione, Roma.
In un mondo che oggi guarda troppo al futuro, molte persone non vedono il valore della storia. La preoccupazione per il futuro ci tiene sulle spine e l'ansia di raggiungere gli obiettivi prima ancora di averli stabiliti ci tiene svegli. La preoccupazione per il futuro sembra farci vivere nel futuro.
Questa tendenza è però controproducente, perché non c'è futuro senza uno sguardo al passato che trasformi il presente. Questo spiega perché la storia è fondamentale. Lo studio e la scrittura della storia mantengono viva la coscienza collettiva delle persone. Questo ci porta al punto di questa riflessione: Nel nostro Istituto dobbiamo far rivivere l'amore per la storia dell'Istituto. Siamo ciò che siamo grazie agli sforzi e ai sacrifici di molti missionari precedenti. Sappiamo quello che sappiamo dell'Istituto grazie a missionari che, oltre alle tante attività che potevano svolgere, hanno anche trovato il tempo di scrivere e documentare le cose.
La futura generazione dell'Istituto Missioni Consolata si aspetta di imparare da noi, così come noi abbiamo imparato dagli altri. L'Ufficio Storico dell'Istituto ci ricorda questo nobile dovere. Per chi non lo sapesse, l'Ufficio Storico dell'Istituto è uno degli uffici che assistono la Direzione Generale nelle attività previste dalla nostra Costituzione, numero 132. L'Ufficio storico ha quattro compiti principali.
Padre Gabriele Perlo con gruppo di giovani a Tuthu, la prima missione nel Kenya. Foto: Archivio IMC
Primo, raccogliere materiali, documenti e testi sul fondatore, sulla vita dell'Istituto e dei suoi membri, sulle missioni, sugli scritti e sui testi dei missionari (vivi e defunti). Secondo, conservare e curare la catalogazione scientifica di tutto il materiale, in modo da facilitarne la consultazione. Terzo, produrre il materiale sugli argomenti del primo punto. Infine, diffondere all'interno e all'esterno dell'Istituto quanto prodotto o raccolto.
Con l'avvicinarsi della fine dell'anno, l'Ufficio Storico invita tutti noi a partecipare allo sforzo di recuperare la memoria storica del nostro Istituto. Sarebbe incoraggiante se ogni missionario fosse abbastanza attento da identificare gli “oggetti” che definiscono la nostra identità, o che rimandano alla nostra storia, ma soprattutto se si mettesse in contatto con i superiori per capire come prendersi cura di questo materiale. È doloroso quando lasciamo le parrocchie con tutti gli oggetti storici dei missionari, che avrebbero dovuto essere conservati dall'Istituto.
L'Ufficio Storico chiede a tutti noi di essere orgogliosi di ciò che siamo, e quindi di essere disposti e pronti a fare lo sforzo necessario per ricordare la testimonianza di molti missionari che hanno definito una certa epoca della vita dell'Istituto.
In secondo luogo, l'Ufficio Storico invita tutti noi a ricordare il dovere di comunicare la nostra storia. Non basta accumulare bei ricordi dell'Istituto che hanno fatto la sua storia. Abbiamo tutti il dovere di condividere, comunicare e far sì che le nuove generazioni sappiano chi siamo e cosa siamo stati nel corso degli anni. Lo sforzo di raccontare la nostra storia è molto importante. Attribuisce un significato all'esistenza di ciascuno di noi. Ci permette di essere radicati in ciò che siamo. E dà un significato a ciò che è stato raggiunto finora.
Padre Jonah M. Makau, IMC, Direttore dell'Ufficio Storico
In terzo luogo, l'Ufficio Storico ricorda a tutti noi il dovere di mantenere vivi i diversi “strumenti” che hanno caratterizzato la nostra storia. Questi strumenti includono, tra l'altro, i diari dei nostri missionari. Questi sono una fonte preziosa di informazioni su ciò che sappiamo della vita dell'Istituto agli inizi. Anche il fondatore San Giuseppe Allamano trovò il modo di seguire la vita dei missionari e di vedere, mentre era a Torino, come si svolgeva l'organizzazione delle missioni. I musei e i centri culturali sono altri strumenti in cui abbiamo raccolto i simboli della nostra storia. Abbiamo il dovere di mantenerli vivi, facendoli conoscere di più alle persone che ci circondano.
Infine, Ufficio Storico ci invita a conservare e a far conoscere le opere di tanti missionari operosi che, giorno e notte, lottano per mantenere vive le vicende del loro lavoro. Abbiamo un patrimonio prezioso, espresso dalla testimonianza di molti missionari. In verità, il dono più grande che abbiamo è l'esempio e la testimonianza dei nostri missionari. Abbiamo il dovere di rendere la loro vita e i loro scritti parte di noi, perché solo così possiamo far parte della loro grande storia.
Mentre ci avviciniamo alla fine dell'anno, l'Ufficio Storico ci ricorda che nessuno può conoscere veramente l'identità più profonda o ciò che desidera essere in futuro senza occuparsi dei legami che lo uniscono alle generazioni precedenti. Quindi risvegliare un adeguato senso della storia con l'avvicinarsi del nuovo anno ci aiuterà a sviluppare un migliore senso delle proporzioni e della prospettiva nel comprendere la realtà dell'Istituto e dell'intera Chiesa, così com'è e non come la immaginiamo o vorremmo che fosse. Questo tipo di sforzo servirà come misura correttiva all'approccio sbagliato che vede le cose da una difesa trionfalistica della nostra funzione o del nostro ruolo nella Chiesa.
* Padre Jonah M. Makau, IMC, Direttore dell'Ufficio Storico, Roma
L'arazzo di Giuseppe Allamano visualizzata sulla facciata della Basilica di San Pietro in Vaticano nel giorno della canonizzazione il 20 ottobre 2024. Foto: Jaime C. Patias
Non appena è stata annunciata la notizia della canonizzazione di Giuseppe Allamano, una luce ha cominciato a brillare negli occhi di tutti coloro che lo conoscevano o ne avevano sentito parlare. Un'energia contagiosa ha cominciato a permeare i continenti, e tutti gli angoli della terra dove c'erano missionari, missionarie, laici e amici della famiglia Consolata.
Così è stato nella piccola comunità ecclesiale il cui Patrono è San Giuseppe Allamano, situata tra le case ed edifici in São Miguel Paulista, San Paolo, in Brasile. La piccola cappella può passare inosservata per i passanti che percorrono la via Espírito Santo do Dourado - Vila Clara, ma non per i devoti di San Giuseppe Allamano.
Quando sono entrata per la prima volta nella piccola cappella, sono stata colpita innanzitutto dalla luce del tabernacolo al centro e dalle immagini della Consolata e dell'Allamano in alto. Come non commuovermi? Come non vibrare? Come non ricordare le parole dell'Allamano? Piccola chiesa, umile, semplice, ma molto curata, non manca dell'essenziale per celebrare degnamente i misteri della salvezza; rispecchia lo stile di San Giuseppe Allamano, che dava grande valore alla liturgia e alla cura dell'altare, “al bene fatto senza rumore”.
Venuti a conoscenza di un evento così grande (la canonizzazione), i leaders della comunità hanno iniziato a riflettere e a pianificare la preparazione della giornata. Tutto è stato molto semplice, ma fatto con impegno, immensa gioia ed entusiasmo.
Fin dagli inizi, questa comunità ha avuto la presenza delle Missionarie della Consolata che hanno piantato radici di fede e di amore per la Madonna Consolata e per l'Allamano, alcune di loro già nell'eternità, altre molto fragili, ma molto amate da chi le ha conosciute.
Quando scelsero l'Allamano come patrono, erano sicure che un giorno sarebbe stato canonizzato, e quindi avrebbero poi potuto invocarlo con il titolo di San Giuseppe Allamano, spiega qualcuno della comunità. Essendo anche il mese missionario, si è ripreso la recita del Rosario in famiglia, con le suore che si alternavano per partecipare, incoraggiate da ciò che stava per accadere.
I preparativi più stretti riguardavano la liturgia del giorno: prove di canti appropriati, scelta di simboli per la celebrazione e dinamiche per pubblicizzare il grande evento, coinvolgendo così la gente nella preparazione.
Sono state confezionate magliette per l’occasione con le parole del nuovo santo: “Coraggio, ti benedico”, con la certezza che lui era e sarà sempre presente.
Il parroco, Fra Ailton Araújo (trinitario), ha invitato il vescovo diocesano, monsignor Algacir Munhak (missionario scalabriniano), a presiedere la celebrazione di ringraziamento. La risposta, per la gioia di tutti, è stata affermativa. Mons. Algacir ha fatto il possibile per essere presente, sebbene lo stesso giorno avesse la celebrazione della Cresima in un'altra parrocchia.
Finalmente è arrivato il grande giorno. Un gruppo di suore della Consolata, dopo aver assistito alla canonizzazione attraverso la TV (20 ottobre), si è recato alla comunità “Allamano” per la solenne celebrazione. La pioggia benedetta non ha impedito la partecipazione della gente che traboccava di gioia, insieme a noi Missionarie.
Anche la presenza dei Laici Missionari della Consolata (LMC) di São Miguel Paulista è stata caratterizzata da gioia ed entusiasmo. La cappella che già era piccola, è diventata ancora più piccola per ospitare così tante persone provenienti da altre comunità.
Era impossibile non commuoversi quando è stata intronizzata l'immagine di San Giuseppe Allamano nella processione d'ingresso e collocata nel luogo preparato con grande cura, così come la sua Reliquia, accompagnata dalla canzone: “Allamano le tue benedizioni si riversano...”.
Il vescovo, pieno di ardore missionario e di gioia per la canonizzazione, ha contagiato il popolo con un saggio messaggio. Esprimendo la sua ammirazione per San Giuseppe Allamano, ha detto che l'anno prossimo tornerà in questa comunità per celebrare solennemente la Messa con la liturgia del nuovo Santo e consacrare l'altare e la cappella, se non ancora consacrati. Questa promessa del vescovo impegna la comunità a rimanere salda nel cammino.
Dopo la Messa, è stata benedetta la targa al cancello d'ingresso, tra gli applausi della comunità.
Come è consuetudine dopo la Messa, è stata servita la colazione, condividendo ciò che la gente aveva portato con generosità, così come la deliziosa torta con la foto dell'Allamano! E la gente non aveva fretta di andarsene, perché questo giorno era molto speciale e resterà memorabile.
Già prima della canonizzazione, partecipando alle Messe della comunità, ho avuto modo di ascoltare alcune storie di persone che sono state benedette per intercessione del Beato Giuseppe Allamano. Tutto senza “rumore”.
“Guardate questo santo semplice, gentile e paterno nella Chiesa. E Gesù Cristo gli ha dato l'amore per le cose celesti”.
Per questo siamo immensamente grati a Dio per le meraviglie che opera nei suoi santi e in special modo nella persona di San Giuseppe Allamano!
* Suor Dinalva Moratelli, MC, São Miguel Paulista (San Paolo) in Brasile.