Canti, colori e parole di speranza. Con questa atmosfera sono stati accolti i circa 6.000 partecipanti al 35° Pellegrinaggio della Famiglia Missionaria della Consolata a Fatima, il sabato 22 febbraio 2025. Le carovane sono arrivate da tutto il Portogallo, Paese in cui i Missionari della Consolata operano dal 1943.
Nelle sue parole di benvenuto ai pellegrini riuniti davanti al Seminario, il Superiore della Regione Europea, padre Gianni Treglia, ha ricordato che “per la prima volta questo Pellegrinaggio si svolge dopo la canonizzazione di Giuseppe Allamano”, Fondatore dei Missionari e delle Missionaria della Consolata.
Accoglienza dei pellegrini al 35° Pellegrinaggio della Famiglia Missionaria della Consolata a Fatima
“L'Allamano era un uomo che sapeva dare speranza. Era un uomo di consolazione, un padre che capiva le difficoltà e le sofferenze di tutti. Ma non si è fermato al presente. L'Allamano ha avuto anche il coraggio di guardare oltre. Il suo sguardo andava anche a chi era lontano”, ha spiegato padre Treglia. “Proprio questo sguardo lo ha portato a fondare due istituti missionari per portare il Vangelo a tutti. Questo guardare oltre non è solo una pagina di storia, ma una missione che continua ancora oggi. È stato un atto concreto di speranza cristiana. Anche noi siamo chiamati a essere pellegrini della speranza nell’annuncio del Vangelo”.
Anche il padre Álvaro Pacheco, IMC, ha dato il benvenuto ai pellegrini. “Siamo invitati a essere missionari ogni giorno”. L’incontro davanti al Seminario è stato caratterizzato dalla presenza di molti giovani, che indossavano bandiere di diversi Paesi, un modo per “dare colore e vita alla fiamma della missione”, ha spiegato padre Álvaro.
Il venerdì 21 sera, l’incontro di preghiera, riflessione e condivisione ha riunito circa 200 giovani. La band musicale “Discípulos de Fátima”, un progetto con l'obiettivo di far conoscere la Parola di Dio attraverso la musica, si è esibita in un concerto.
Nell'occasione, padre Michelangelo Piovano, Vice Superiore Generale, ha parlato sul miracolo della guarigione dell'indigeno Sorino Yanomami nell'Amazzonia brasiliana, per intercessione di Giuseppe Allamano, che proprio grazie a questo miracolo, è stato proclamato santo. All’incontro erano presenti anche il Consigliere generale, padre Mathews Odhiambo Owuor e il padre Gianni Treglia.
È stata presentata la campagna “Aiutaci a salvare un rifugiato in Marocco”, un'iniziativa dei Missionari della Consolata in Portogallo. I fondi raccolti nel Pellegrinaggio, attraverso il bar e il mercato missionario, saranno devoluti al progetto a sostegno dei rifugiati in Marocco.
Momento culminante del Pellegrinaggio è stato la Via Crucis missionaria realizzata nel “Valinhos de Fátima” e guidata da padre Pietro Plona, IMC. Le meditazioni in ogni stazione, oltre a ricordare gli ultimi passi di Cristo, hanno ricordato pensieri di San Giuseppe Allamano e alcune circostanze della vita quotidiana di ogni persona.
Ogni stazione è stata caratterizzata dalla consueta scenografia dei giovani di Ribeirão (Vila Nova de Gaia), che hanno indossato costumi del tempo per rappresentare gli ultimi momenti della vita di Cristo sulla terra. I canti sono stati intonati dai giovani di Figueiró dos Vinhos (distretto di Leiria).
La Via Crucis si è conclusa con il consueto momento scenico presso il Calvario ungherese con la partecipazione di giovani provenienti da varie parti del Portogallo e l'esposizione di cinque striscioni con dipinti relativi alla storia della Famiglia Consolata. È stata un'occasione per mostrare ai pellegrini la presenza dei Missionari e delle Missionarie della Consolata in 35 Paesi di quattro continenti. “Il sogno del Santo Fondatore continua a raggiungere i cuori dei popoli e delle culture, anche in Paesi dove siamo presenti solo da pochi anni, soprattutto in Asia”, ha sottolineato padre Álvaro Pacheco.
La Santa Messa è stata presieduta da Mons. Osório Afonso, IMC, Vescovo ausiliare di Maputo e Segretario della Conferenza Episcopale del Mozambico, che ha sottolineato gli sforzi della Famiglia Consolata per contribuire a un mondo migliore. “Più che un Istituto, noi missionari viviamo e lavoriamo insieme come una famiglia per cercare di trasformare il nostro mondo in una comunità fraterna di fratelli e sorelle. E siamo invitati a riscoprire che abbiamo bisogno di relazioni sociali e anche di relazioni comunitarie con Dio. Questa condizione, dovrebbe renderci più attenti a come ci relazioniamo con gli altri e con tutto il creato”, ha affermato il vescovo.
Mons. Osório Afonso, IMC, Vescovo ausiliare di Maputo, Mozambico. Foto: Ana Paula
La celebrazione è stata animata da un corale di giovani provenienti dal nord del Portogallo. Nell’offertorio gli occhi dei pellegrini si sono concentrare sul corridoio centrale della Basilica, dove i giovani hanno eseguito una “danza tradizionale africana”.
Al Pellegrinaggio ha partecipato un gruppo di persone senzatetto sostenute dal gruppo “Solidarietà Missionari della Consolata” nella città di Porto. Loro sono state ricordate in modo particolare nelle preghiere dei fedeli, oltre al Papa Francesco e ai missionari giubilari di quest'anno: Suor Maria Ivani de Moraes (50 anni di consacrazione religiosa), Padre José Tavares Matias (60 anni di consacrazione religiosa), Padre Pietro Plona (50 anni di ordinazione sacerdotale), e Padre Luís Marques Brito (60 anni di ordinazione sacerdotale).
Dopo l'Eucaristia, i pellegrini si sono recati presso la Cappella delle Apparizioni, dove si è svolto il saluto e la consacrazione alla Madonna di Fatima. In questo momento di devozione, presieduto da Padre Michelangelo Piovano, i pellegrini sono stati invitati a essere costruttori di pace, seguendo l'esempio di San Giuseppe Allamano.
“La santità dell'Allamano ci spinge a essere anche noi santi attraverso una vita di preghiera, servizio e dono di sé senza misura, e a lavorare per la giustizia e la pace”, ha detto Padre Michelangelo, seguito dalla benedizione degli oggetti e dalla benedizione finale.
* Juliana Batista è giornalista della rivista Fatima Missionaria in Portogallo.
35° Pellegrinaggio della Famiglia Missionaria della Consolata a Fatima. Foto: Ana Paula
In comunione con tutta la famiglia Consolata nel mondo, le comunità dei missionari e delle missionarie di Roma e Nepi si sono radunati, domenica 16 febbraio 2025, nella Casa Generalizia IMC per festeggiare San Giuseppe Allamano.
La celebrazione di quest'anno è stata speciale perché era la prima festa del Santo Fondatore dopo la sua canonizzazione, avvenuta il 20 ottobre 2024 e ha segnato anche l'inizio di un tempo di preparazione al centenario della sua nascita in cielo che celebreremo il 16 febbraio de 2026.
Nelle sue parole di benvenuto ai presenti, padre Zé Martins, superiore della Casa Generalizia, ha sottolineato l'importanza di vivere questi momenti come una famiglia.
Il programma festivo è iniziato con una riflessione sulla santità di San Giuseppe Allamano, offerta dal Postulatore, padre Jonah Makau. “Se c'era una parola che il Fondatore pronunciava spesso, era il termine santità - ha dichiarato il Postulatore. “L’Allamano ha vissuto una vita santa. Questo spiega perché, per lui, il primo e principale obiettivo dell'Istituto era il benessere spirituale dei suoi membri. L'Allamano diceva infatti che, se non lavoriamo per la nostra santificazione, non meritiamo di essere strumenti di Dio nella sua missione”.
Dopo aver sotto.ineato le caratteristiche principali del Santo Fondatore, padre Jonah ha invitato a riflettere sulla sua attualità rispetto ai problemi del mondo di oggi: “la sicurezza alimentare, la salute, gestione del territorio, sicurezza idrica e il cambiamento climatico”. Secondo il Postulatore, “i missionari e le missionarie della Consolata sono sempre stati attenti ai segni dei tempi e ai bisogni della gente”. Ecco perché l'Allamano insisteva “sull’importanza di cambiare l'ambiente per trasformare anche la gente”.
Padre Jonah Makau. "L’Allamano era un uomo santo proprio perché vedeva la volontà di Dio in ogni cosa"
La missione deve sempre essere vissuta nella santità di vita. É la buona vita spirituale dei missionari e delle missionarie che li trasforma in strumenti efficaci di Dio.
“Mentre celebriamo questa festa del nostro Fondatore e iniziamo un cammino verso il centenario della sua morte, chiediamo al Signore, per sua intercessione, di ispirarci ancora di più al suo spirito e di diventare autentici strumenti di consolazione nel mondo”, ha concluso padre Jonah.
L’Eucaristia festiva
La Santa Messa è stata presieduta da padre Nicholas Odhiambo, rettore nel Seminario internazionale di Bravetta, che nella sua omelia, servendosi di una riflessione di padre Stefano Carmelengo, ha parlato su tre luoghi privilegiati della santità di San Giuseppe Allamano.
“Siamo coscienti che il primo luogo privilegiato per formarci alla santità è la vita quotidiana della nostra missione, fatta di gioie e speranze, di li miti e debolezze, nelle sue varie forme ed espressioni. Si tratta di viverla a imitazione del Signore che ‘fece bene ogni cosa’ (Mc 7:37) con la convinzione che il ‘bene bisogna farlo bene e senza rumore’ (VS 128 - 129). La Santità del nostro Istituto dipende dall’impegno di ogni missionario, sempre e ovunque.
Il secondo luogo privilegiato per formarci alla santità è il servizio. Spesso abbiamo interpretato l’episodio della lavanda dei piedi come un invito di Gesù alla Chiesa, perché lavi i piedi ai poveri, agli emarginati. Abbiamo dimenticati che Gesù ha detto ai suoi apostoli: ‘Dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri’ (Gv 13:14). C’è in questa espressione di Gesù tutto il suo desiderio, tutta la sua preoccupazione per una comunione all’interno del gruppo dei suoi apostoli, una comunione profonda, che noi dobbiamo riscoprire e vivere mettendoci al servizio gli uni degli altri.
Se noi, più a contatto con l’Eucaristia, non viviamo veramente la comunione, la nostra testimonianza sarà vana. Saremmo ipocriti se proclamiamo la Parola, se spezziamo il Pane dell’Eucaristia, e poi vivessimo per conto proprio, mortificandoci a vicenda, coltivando piccole invidie, piccoli rancori, dissociandoci gli uni gli altri, vivendo all’interno della comunità la disaffezione reciproca, ignorandoci a vicenda.
Il terzo luogo privilegiato per formarci alla santità è la croce. Ciò che deve accompagnare il nostro cammino verso la santità è la non presunzione, la non arroganza, l’umiltà fino alla debolezza. Tutti i nostri progetti, tutte le nostre mediazioni culturali, tutti i nostri tentativi di presenza tra gli emarginati devono essere portati davanti alla croce di Gesù e devono essere valutati e riconciliati con la Parola di colui che ‘ha tanto amato il mondo’ (Gv 3:16).
La santità è nutrita e vive del memoriale della croce. Perché l’evangelizzazione non batta sentieri aridi e non diventi improvvisazione, guardiamo a Gesù crocifisso, per recuperare il senso umano della vita di fede che esige la gratuità delle relazioni quotidiane con i confratelli e la solidarietà con la gente, l’umiltà di sentirci inutili servi nella vigna del Signore”.
La giornata è poi continuata con un pranzo festivo in famiglia durante il quale, come fratelli e sorelle, figli e figlie di San Giuseppe Allamano, abbiamo condiviso la gioia della vocazione missionaria in questo momento così speciale della nostra storia.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la comunicazione.
“Una festa che tocca il nostro cuore” così è stata definita da Madre Lucia Bortolomasi, Superiora Generale delle Missionarie della Consolata, la celebrazione della prima festa di San Giuseppe Allamano dopo la sua canonizzazione. La Santa Messa si è svolta la mattina del 16 febbraio 2025 nella Chiesa e Santuario a lui dedicato nella Casa Madre dei Missionari della Consolata.
Una celebrazione di famiglia tra missionari e missionarie, laici, amici, benefattori e fedeli che ogni domenica partecipano alla messa in questa chiesa. Presenti le due Direzioni generali, missionari e missionarie delle comunità di Torino e dintorni, i giovani in formazione e le novizie che hanno animato con canti in più lingue la celebrazione.
Messa presieduta da Padre James Lengarin nella Chiesa di San Giuseppe Allamano. Foto: Sergio Frassetto
La Messa è stata presieduta da Padre James Lengarin, Superiore generale dei Missionari della Consolata che nella sua omelia ci ha portati a guardare alla Parola annunciata da Gesù nella Sinagoga di Nazareth come Parola che si fa viva ed azione nella sua vita, ministero e missione. Una Parola che diventa vicinanza e attenzione a tutti ed in particolare ai più poveri e dimenticati. In questa Parola vi leggiamo anche l’invito per ogni missionario e missionaria nel vivere la nostra vocazione specifica alla missione nel segno della consolazione.
Così è stata la vita di San Giuseppe Allamano, vissuta nella tensione costante alla santità che lui ha raggiunto nel compimento quotidiano del suo dovere, nel fare in modo straordinario le cose ordinarie e sempre con un profondo spirito di umiltà. La celebrazione odierna ha anche voluto avviare il cammino che ci porterà alla celebrazione del centenario della sua nascita in cielo e che celebreremo il 16 febbraio de 2026. Un cammino che vuole coinvolgere tutte e tutti e che sarà segnato da momenti di riflessione che devono innanzitutto trasformare la nostra vita personale e quella delle nostre comunità.
Al termine della celebrazione Madre Lucia Bortolomasi ha ringraziato per il dono del cuore missionario di San Giuseppe Allamano che invita anche noi a vivere e ad agire, aprendo il nostro cuore per accogliere tutti.
Alla celebrazione era anche presente Suor Simona Brambilla, Prefetta per il Dicastero degli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica. Nel suo ringraziamento, partendo dalle parole di Paolo nella lettera ai Tessalonicesi, nella quale dice di essersi fatto amorevole in mezzo a loro, come una madre ha cura dei propri figli, così anche noi, guardando alla vita ed esempio dell’Allamano, siamo chiamati ad avere questa amorevolezza paterna e soprattutto materna verso tutti.
Anche Padre Oscar Clavijo, superiore della Casa Madre, ha ringraziato tutti per la bella partecipazione e per la Famiglia della Consolata e dell’Allamano lì riunita in questo giorno di festa.
La celebrazione si è conclusa presso la tomba di San Giuseppe Allamano con la preghiera delle due Direzioni generali insieme a tutti i partecipanti, presentando a lui la vita dei nostri Istituti, le richieste a noi affidate e le realtà dei Paesi nei quali lavoriamo.
Preghiera presso la tomba di San Giuseppe Allamano. Foto: Sergio Frassetto
È seguito poi il pranzo festivo di famiglia con tutti i missionari e le missionarie presenti alla celebrazione, nel refettorio c’è stato posto per tutti e si è così continuata la condivisione e la comunione che rendono vivo quello spirito che l’Allamano tanto desiderava e invitava a vivere nei nostri Istituti.
Il luogo in cui San Giuseppe Allamano ha vissuto il suo servizio sacerdotale, il luogo che ha abbellito e ingrandito, facendolo diventare un importante centro di devozione mariana, il luogo in cui ha maturato il progetto degli Istituti Missionari, in dialogo e preghiera con la Madonna, è il Santuario della Consolata.
Il Card. Roberto Repole, arcevescovo di Torino. Foto: Stefania Raspo
La Diocesi di Torino ha voluto ricordare la festa liturgica del nuovo Santo torinese con una celebrazione presieduta dal Card. Roberto Repole. Facendo riferimento al Vangelo domenicale sulle Beatitudini secondo il Vangelo di Luca, che rivelano lo sguardo e la presenza di Gesù nelle situazioni anche più dolorose della vita, il Card. Repole ha presentato San Giuseppe Allamano come l’uomo che ha saputo porre la sua fiducia in Dio: il grande sogno missionario dell’Allamano, che si realizza fino ad oggi, nasce dall’intuizione che questo sguardo di Cristo poteva continuare ad essere il nostro sguardo. Ha sentito il fervore della missione perché ha sentito la necessità di tanti uomini e donne di incontrare Cristo, il suo sguardo.
Il Card. Roberto Repole benedice la nuova pala d’altare dedicata a San Giuseppe Allamano. Foto: Gigi Anataloni
Al termine della celebrazione, il Cardinale ha benedetto la nuova pala d’altare dedicata a San Giuseppe Allamano, in cui il Santo sacerdote è attorniato dalle Beate Leonella Sgorbati e Irene Stefani, il Can. Camisassa e il Beato Boccardo, suoi collaboratori, e San Giuseppe Cafasso. Nel presentare l’opera, Mons. Giacomo Maria Martinacci, rettore del Santuario della Consolata, ha sottolineato che l’Allamano operò sempre insieme ad altre persone nel suo instancabile lavoro ecclesiale, per questo anche nel quadro votivo è attorniato da tante persone significative. In alto, la Consolata, la “sua” Madonna. E nella parte bassa del dipinto vi è una schiera numerosa di persone di tante culture differenti, a rappresentare i popoli che hanno accolto l’opera missionaria iniziata da San Giuseppe Allamano.
Santuario della Consolata e Casa Madre sono due luoghi importanti nella vita di San Giuseppe Allamano, in cui si è solennizzata la festa liturgica oggi. Ma anche a Castelnuovo Don Bosco, suo paese natale, si è celebrata la ricorrenza, preceduta da un triduo animato dai Missionari e dalle Missionarie della Consolata. I Castelnovesi hanno accolto con gioia e con orgoglio il loro quarto santo, dopo San Giuseppe Cafasso, San Giovanni Bosco e San Domenico Savio. Nella preghiera si è riflettuto sulla santità come chiamata per tutti, anche oggi.
* Padre Michelangelo Piovano, IMC, e Suor Stefania Raspo, MC
Suor Lucia Bortolomasi, padre James Lengarin e Suor Simona Brambilla
Lo scorso 29 gennaio abbiamo celebrato l'anniversario della fondazione dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, figli e figlie di San Giuseppe Allamano. Oggi, 16 febbraio, celebriamo la sua Pasqua, che avvenne 99 anni fa, e in questo modo iniziamo un periodo di preparazione per festeggiare il 16 febbraio 2026 nel quale celebreremo il primo centenario.
Se lo scorso 20 ottobre 2024 ci siamo sentiti privilegiati per essere stati testimoni della proclamazione del nostro Fondatore come santo, ora, come Pellegrini e Testimoni della Speranza, ci avviamo verso quella celebrazione così privilegiata della sua Pasqua.
In comunione con San Giuseppe Allamano, le Beate Irene e Leonella, tutti i Missionari, Missionarie, Laici, Familiari e Benefattori che ci hanno preceduto nel Regno Celeste, proclamiamo insieme il Salmo 100: “Acclami al Signore tutta la terra! Servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. Riconoscete che il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome; perché buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione”.
Con questo salmo, breve ma così significativo per noi, acclamiamo insieme il Signore per averci fatto conoscere San Giuseppe Allamano e per averci resi partecipi della missione e del carisma che Dio gli ha affidato, affinché, fedeli ad esso, possiamo unirci a lui tra i santi e le sante di Dio.
Serviamo con gioia i più umili, annunciando loro Gesù Cristo con la testimonianza della nostra vita, ricordando le parole del nostro Fondatore: «Parlate ed evangelizzate le persone con la santità della vostra vita».
Sappiamo che ciò che siamo oggi è per grazia di Dio e, per questo, non dobbiamo stancarci di invocare il suo nome nelle nostre opere, attività e istituzioni. Non trascuriamo la preghiera personale e comunitaria.
Entriamo là dove lo Spirito e il grido dei popoli ci chiamano oggi, per riscoprire la freschezza dell’ad gentes nei tempi presenti, con lo stesso fervore sognato da San Giuseppe Allamano e sull’esempio di tanti missionari e missionarie che hanno lasciato il segno fin dalla fondazione dei nostri istituti.
Diamo il meglio di noi stessi, configurandoci con l’essenza della Vita Consacrata, Religiosa e Missionaria, sull’esempio di Cristo Gesù: «Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma svuotò sé stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini» (Filippesi 2,6-7).
Benediciamo Dio per ogni vocazione missionaria, sotto il carisma della Consolata, affinché l'opera che Dio e la Vergine Consolata hanno iniziato in San Giuseppe Allamano possa giungere a compimento.
Sono questi i miei auguri per ciascuno di voi e per le vostre comunità all’inizio del centenario della Pasqua del nostro Fondatore (16 febbraio 2015–16 febbraio 2026), che coincide proprio con l'Anno Giubilare in cui Papa Francesco ci invita a essere “Pellegrini della Speranza”.
* Padre Venanzio Mwangi Munyiri, IMC, Superiore Regionale, Colombia.
Il 16 febbraio 2025, l’Istituto inizierà un anno di celebrazioni in occasione del centenario della morte del nostro Fondatore, San Giuseppe Allamano. Forse sarebbe più appropriato dire che inizieremo un cammino per celebrare 100 anni dalla nascita al cielo del Fondatore.
Ci si potrebbe chiedere il motivo per cui questo sia importante, soprattutto se si considera che abbiamo recentemente celebrato la sua canonizzazione, che dovrebbe essere il massimo livello di onore che avremmo voluto vedergli attribuire.
Ebbene, mentre celebreremo i 100 anni dalla nascita del nostro Fondatore celebreremo anche i 125 anni di esistenza dei missionari della Consolata e, nello stesso tempo anche la Congregazione delle Missionarie della Consolata celebra 115 anni di fondazione. Le due cose non possono essere separate, perché l'esistenza oggi delle due congregazioni missionarie fondate da Padre Allamano, dice qualcosa su di lui. La presenza e il lavoro di evangelizzazione dei Missionari e delle Missionarie della Consolata nei quattro continenti che in questi 100 anni ha cambiato la vita di tante persone e popoli, proclama indirettamente i tratti della ricca personalità del Fondatore quando era in vita.
Innanzitutto, la celebrazione del centenario della morte del fondatore è un'occasione per riflettere sulla sua vita. Gli esseri umani passano, ma il fatto che una persona venga ricordata 100 anni dopo la sua morte indica il suo contributo nel mondo, ma soprattutto nella vita delle persone. Coloro che non fanno molto durante la loro vita vengono dimenticati non appena le loro tombe vengono coperte.
Il funerale di Giuseppe Allamano avvenuto il 18 febbraio 1926 a Torino
Il cammino verso la celebrazione di questo centenario ci ricorda che il nostro Fondatore è stato quindi un uomo santo, mentre viveva, ed è per questo che la sua vita, i suoi insegnamenti e il suo lavoro sono stati al centro di molti sforzi che hanno trasformato la vita delle persone. Ecco perché le sue opere gli sono succedute. Ora possiamo dire con sicurezza di aver scoperto la ragione per cui ha avuto successo: la sua santità. Solo così il suo progetto, che all'inizio non convinceva molti, ha finito per dare vita a due istituti missionari che oggi lavorano in diversi Paesi del mondo.
In secondo luogo, la celebrazione del centenario è un'occasione per riflettere sui 125 anni di esistenza dell'Istituto. È un'opportunità per rivedere il cammino fatto, la sfida affrontata e le pietre miliari raggiunte. Celebrando pubblicamente le pietre miliari raggiunte, l'Istituto non solo rafforzerà la sua reputazione di strumento di Dio nell'evangelizzazione del mondo, ma ispirerà anche i membri attuali e futuri. Una riflessione su tutti questi aspetti onora l'eredità del passato e infonde un senso di orgoglio in coloro che sono ancora in vita. Inoltre, una riflessione sul cammino fatto finora ci ricorda le fondamenta su cui è stato costruito l'istituto, rafforzando i valori e le tradizioni che persistono fino ad oggi.
In terzo luogo, le celebrazioni del centenario promuovono lo spirito comunitario. In realtà, l'essenza di qualsiasi evento celebrativo risiede nella sua capacità di riunire le persone. Le celebrazioni del centenario coltivano lo spirito comunitario unendo vari soggetti interessati. La famiglia dei Missionari della Consolata è una vasta rete di entità consolatrici, che comprende i missionari, i genitori e i parenti dei missionari, i gruppi associati alla famiglia della Consolata, i missionari laici della Consolata, il popolo di Dio che serviamo, gli ex alunni delle nostre istituzioni accademiche, i dipendenti delle nostre varie comunità, i benefattori, le persone di buona volontà e gli altri beneficiari delle istituzioni sanitarie e di altri progetti caritatevoli.
Celebrando l’eredità condivisa, gli eventi del centenario dovranno aiutarci a superare le sensazioni di isolamento o le frammentazioni a volte presenti nelle nostre comunità, favorendo la rivitalizzazione dello zelo missionario e il senso di appartenenza alla famiglia dell’Istituto. Riunendoci per festeggiare ci aiuterà a portare avanti la missione di consolazione dell’Istituto, rafforzandone l’efficacia per la gente e le prospettive di evangelizzazione.
In quarto luogo le celebrazioni del centenario dovranno stimolarci a guardare al futuro. È proprio nell’onorare la figura del Fondatore e nel celebrare la storia dell’Istituto che siamo chiamati a scoprire gli stimoli e le indicazioni per ridisegnare il futuro della missione ad gentes e del nostro Istituto. I risultati raggiunti, il cammino fatto dall’Istituto, sono un incoraggiamento per lanciare nuove iniziative, rinnovare i nostri progetti missionari continentali, creare nuove collaborazioni che ci aiuteranno a dare forma al nostro futuro. Questa prospettiva lungimirante è fondamentale per garantire la sostenibilità e la continuità della rilevanza in un mondo dinamico.
La riduzione delle vocazioni in Europa e in America, il cambiamento di mentalità nei confronti della Chiesa in Paesi un tempo notoriamente cristiani, l'indebolimento dell'impegno missionario di molti missionari, la crescita dell'importanza dei social media, la disintegrazione dell'istituzione familiare, ecc. sono tra le tante realtà che ci ricordano lo sforzo necessario per essere strumenti efficaci di Dio in futuro.
Mentre procediamo con i preparativi per il centenario, è importante chiedersi quali collaborazioni dobbiamo stringere e con chi. In un mondo che sta ampiamente dimostrando la necessità di persone che lavorano insieme come gruppi e comunità, l'Istituto dovrà probabilmente chiedersi come i Missionari Laici della Consolata, gli ex-alunni della Consolata, gli Amici della Consolata, ecc. possano essere coinvolti molto meglio nello sforzo di evangelizzazione e soprattutto nella missione di consolazione dei Missionari della Consolata.
Canonizzazione di San Giuseppe Allamano il 20 ottobre 2024. Foto: Jaime C. Patias
In conclusione, è opportuno dire che, sebbene la celebrazione del centenario celebri il traguardo raggiunto, le celebrazioni del centenario sono esse stesse tappe significative che incarnano l'essenza della riflessione, del riconoscimento e del rinnovamento. Esse onorano il percorso del passato, promuovono lo spirito comunitario e celebrano i risultati raggiunti, contribuendo a creare un senso di orgoglio e di appartenenza. Inoltre, questi eventi ispirano le aspirazioni future, assicurando che l'eredità costruita nel corso di un secolo continui a prosperare.
Quando le istituzioni e le comunità si riuniscono per celebrare il loro centenario, abbracciano un ricco arazzo di storia, riconoscono i contributi dei loro membri e guardano avanti verso nuovi orizzonti. Questa duplice attenzione al passato e al futuro definisce lo spirito delle celebrazioni del centenario, rendendole un potente catalizzatore di unità e progresso. Che l'avvio delle celebrazioni del centenario possa motivarci nel nostro sforzo di migliorare il nostro essere strumenti di consolazione nel mondo.
* Padre Jonah M. Makau, IMC, è Postulatore e direttore dell’Ufficio Storico