Il Documento finale della seconda sessione del Sinodo, approvato integralmente dall'assemblea, racconta e rilancia un’esperienza di Chiesa tra “comunione, partecipazione, missione”, con la proposta concreta di una visione nuova che capovolge prassi consolidate

Leggi qui il testo integrale del Documento finale del Sinodo

Il Documento finale votato oggi, approvato in tutti i suoi 155 paragrafi, viene pubblicato e non diventerà oggetto di un’esortazione del Papa: Francesco ha infatti deciso che sia subito diffuso perché possa ispirare la vita della Chiesa. “Il processo sinodale non si conclude con il termine dell’assemblea ma comprende la fase attuativa (9). Coinvolgendo tutti nel “quotidiano cammino con una metodologia sinodale di consultazione e discernimento, individuando modalità concrete e percorsi formativi per realizzare una tangibile conversione sinodale nelle varie realtà ecclesiali” (9).

Nel Documento, in particolare, ai vescovi si chiede molto riguardo l’impegno sulla trasparenza e sul rendere conto mentre – come affermato anche dal cardinale Férnandez, prefetto del Dicastero per la dottrina della fede – ci sono lavori incorso per dare più spazio e più potere alle donne.

Due parole-chiave che emergono dal testo – attraversato dalla prospettiva e dalla proposta della conversione -  sono “relazioni” – che è un modo di essere Chiesa -  e “legami”, nel segno dello “scambio di doni” tra le Chiese vissuto dinamicamente e, quindi, per  convertire i processi. Proprio le Chiese locali sono al centro nell’orizzonte missionario che è il fondamento stesso dell’esperienza di pluralità della sinodalità, con tutte le strutture a servizio, appunto, della missione con il laicato sempre più al centro e protagonista. E, in questa prospettiva, la concretezza dell’essere radicati in “luogo” emerge con forza dal Documento finale. Particolarmente significativa anche la proposta presentata nel Documento per far sì che i Dicasteri della Santa Sede possano avviare una consultazione “prima di pubblicare documenti normativi importanti” (135).

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Papa Francesco in chiusura del Sinodo dei Vescovi - XVII Congregazione Generale

La struttura del Documento

Il Documento finale è formato da cinque parti (11). Alla prima - intitolata Il cuore della sinodalità – segue la seconda parte - Insieme, sulla barca di Pietro - “dedicata alla conversione delle relazioni che edificano la comunità cristiana e danno forma alla missione nell’intreccio di vocazioni, carismi e ministeri”. La terza parte – Sulla tua Parola – “identifica tre pratiche tra loro intimamente connesse: discernimento ecclesiale, processi decisionali, cultura della trasparenza, del rendiconto e della valutazione”. La quarta parte - Una pesca abbondante – “delinea il modo in cui è possibile coltivare in forme nuove lo scambio dei doni e l’intreccio dei legami che ci uniscono nella Chiesa, in un tempo in cui l’esperienza del radicamento in un luogo sta cambiano profondamente”. Infine, la quinta parte – Anch’io mando voi – “permette di guardare al primo passo da compiere: curare la formazione di tutti alla sinodalità missionaria”. In particolare, si fa notare, lo sviluppo del Documento è guidato dai racconti evangelici della Risurrezione (12).

Le ferite del Risorto continuano a sanguinare

L’Introduzione del Documento (1-12) mette subito in chiaro l’essenza del Sinodo  come “esperienza rinnovata di quell’incontro con il Risorto che i discepoli hanno vissuto nel Cenacolo la sera di Pasqua” (1).  “Contemplando il Risorto” – afferma il Documento – “abbiamo scorto anche i segni delle Sue ferite (…) che continuano a sanguinare nel corpo di tanti fratelli e sorelle, anche a causa delle nostre colpe. Lo sguardo sul Signore non allontana dai drammi della storia, ma apre gli occhi per riconoscere la sofferenza che ci circonda e ci penetra: i volti dei bambini terrorizzati dalla guerra, il pianto delle madri, i sogni infranti di tanti giovani, i profughi che affrontano viaggi terribili, le vittime dei cambiamenti climatici e delle ingiustizie sociali” (2). Il Sinodo, ricordando le “troppe guerre” in corso, si è unito ai “ripetuti appelli di papa Francesco per la pace, condannando la logica della violenza, dell’odio, della vendetta” (2). Inoltre, il cammino sinodale è marcatamente ecumenico – “orienta verso una piena e visibile unità dei cristiani” (4) - e “costituisce un vero atto di ulteriore recezione” del Concilio Vaticano II, prolungandone “l’ispirazione” e rilanciandone “per il mondo di oggi la forza profetica” (5).  Non tutto è stato facile, si riconosce nel Documento: “Non ci nascondiamo di aver sperimentato in noi fatiche, resistenze al cambiamento e la tentazione di far prevalere le nostre idee sull’ascolto della Parola di Dio e sulla pratica del discernimento” (6).

Il cuore della sinodalità

La prima parte del Documento (13-48) si apre con le riflessioni condivise sulla “Chiesa Popolo di Dio, sacramento di unità” (15-20) e sulle “radici sacramentali del Popolo di Dio” (21-27). È un fatto che, proprio “grazie all’esperienza degli ultimi anni”, il significato dei termini “sinodalità” e “sinodale” sia “stato maggiormente compreso e più ancora vissuto” (28). E “sempre più essi sono stati associati al desiderio di una Chiesa più vicina alle persone e più relazionale, che sia casa e famiglia di Dio” (28). “In termini semplici e sintetici, si può dire che la sinodalità è un cammino di rinnovamento spirituale e di riforma strutturale per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria, per renderla cioè più capace di camminare con ogni uomo e ogni donna irradiando la luce di Cristo” (28). Nella consapevolezza che l’unità della Chiesa non è uniformità, “la valorizzazione dei contesti, delle culture e delle diversità, e delle relazioni tra di loro, è una chiave per crescere come Chiesa sinodale missionaria” (40). Con il rilancio delle relazioni anche con le altre tradizioni religiose in particolare “per costruire un mondo migliore” e in pace (41).

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Un momento della meditazione

La conversione delle relazioni

“La richiesta di una Chiesa più capace di nutrire le relazioni: con il Signore, tra uomini e donne, nelle famiglie, nelle comunità, tra tutti i cristiani, tra gruppi sociali, tra le religioni, con la creazione” (50) è la constatazione che apre la seconda parte del Documento (49-77). E “non è mancato anche chi ha condiviso la sofferenza di sentirsi escluso o giudicato” (50). “Per essere una Chiesa sinodale è dunque necessaria una vera conversione relazionale. Dobbiamo di nuovo imparare dal Vangelo che la cura delle relazioni e dei legami non è una strategia o lo strumento per una maggiore efficacia organizzativa, ma è il modo in cui Dio Padre si è rivelato in Gesù e nello Spirito” (50). Proprio “le ricorrenti espressioni di dolore e sofferenza da parte di donne di ogni regione e continente, sia laiche sia consacrate, durante il processo sinodale, rivelano quanto spesso non riusciamo a farlo” (52). In particolare, “la chiamata al rinnovamento delle relazioni nel Signore Gesù risuona nella pluralità dei contesti” legati “al pluralismo delle culture” con, a volte, anche “i segni di logiche relazionali distorte e talvolta opposte a quelle del Vangelo” (53). L’affondo è diretto: “Trovano radice in questa dinamica i mali che affliggono il nostro mondo” (54) ma “la chiusura più radicale e drammatica è quella nei confronti della stessa vita umana, che conduce allo scarto dei bambini, fin dal grembo materno, e degli anziani” (54).

Ministeri per la missione

“Carismi, vocazione e ministeri per la missione” (57-67) sono nel cuore del Documento che punta sulla più ampia partecipazione di laiche e laici. Il ministero ordinato è “a servizio dell’armonia” (68) e in particolare “il ministero del vescovo” è “comporre in unità i doni dello Spirito (69-71). Tra le diverse questioni si è rilevato che “la costituiva relazione del Vescovo con la Chiesa locale non appare oggi con sufficiente chiarezza nel caso dei Vescovi titolari, ad esempio i Rappresentanti pontifici e coloro che prestano servizio nella Curia Romana”. Con il vescovo vi ci sono “presbiteri e diaconi” (72-73), per una “collaborazione fra i ministri ordinati all’interno della Chiesa sinodale” (74). Significativa, poi, l’esperienza della “spiritualità sinodale” (43-48) con la certezza che “se manca la profondità spirituale personale e comunitaria, la sinodalità si riduce a espediente organizzativo” (44). Per questo, si rileva, “praticato con umiltà, lo stile sinodale può rendere la Chiesa una voce profetica nel mondo di oggi” (47).

La conversione dei processi

Nella terza parte del Documento (79-108) si fa subito presente che “nella preghiera e nel dialogo fraterno, abbiamo riconosciuto che il discernimento ecclesiale, la cura dei processi decisionali e l’impegno a rendere conto del proprio operato e a valutare l’esito delle decisioni assunte sono pratiche con le quali rispondiamo alla Parola che ci indica le vie della missione” (79). In particolare “queste tre pratiche sono strettamente intrecciate. I processi decisionali hanno bisogno del discernimento ecclesiale, che richiede l’ascolto in un clima di fiducia, che trasparenza e rendiconto sostengono. La fiducia deve essere reciproca: coloro che prendono le decisioni hanno bisogno di potersi fidare e ascoltare il Popolo di Dio, che a sua volta ha bisogno di potersi fidare di chi esercita l’autorità” (80). “Il discernimento ecclesiale per la missione” (81-86), in realtà, “non è una tecnica organizzativa, ma una pratica spirituale da vivere nella fede” e “non è mai l’affermazione di un punto di vista personale o di gruppo, né si risolve nella semplice somma di pareri individuali” (82). “L’articolazione dei processioni decisionali” (87-94), “trasparenza, rendiconto, valutazione” (95-102), “sinodalità e organismi di partecipazione” (103-108) sono punti centrali delle proposte contenute nel Documento, scaturite dall’esperienza del Sinodo.

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Partecipanti al Sinodo durante la chiusura dei lavori 

La conversione dei legami

“In un tempo in cui cambia l’esperienza dei luoghi in cui la Chiesa è radicata e pellegrina, occorre coltivare in forme nuove lo scambio dei doni e l’intreccio dei legami che ci uniscono, sostenuti dal ministero dei Vescovi in comunione tra loro e con il Vescovo di Roma”: è l’essenza della quarta parte del Documento (109-139). L’espressione  “radicati e pellegrini” (110-119) ricorda che “la Chiesa non può essere compresa senza il radicamento in un territorio concreto, in uno spazio e in un tempo dove si forma un’esperienza condivisa di incontro con Dio che salva” (110). Anche con un’attenzione ai fenomeni della “mobilità umana” (112) e della cultura digitale” (113). In questa prospettiva, “camminare insieme nei diversi luoghi come discepoli di Gesù nella diversità dei carismi e dei ministeri, così come nello scambio di doni tra le Chiese, è segno efficace della presenza dell’amore e della misericordia di Dio in Cristo” (120).  “L’orizzonte della comunione nello scambio dei doni è il criterio ispiratore delle relazioni tra le Chiese” (124). Da qui i “legami per l’unità: Conferenze episcopali e Assemblee ecclesiali” (124-129). Particolarmente significativa la riflessione sinodale  sul “servizio del vescovo di Roma” (130-139). Proprio nello stile della collaborazione e dell’ascolto, “prima di pubblicare documenti normativi importanti, i Dicasteri sono esortati ad avviare una consultazione delle Conferenze episcopali e degli organismi corrispondenti delle Chiese Orientali Cattoliche” (135).

Formare un popolo di discepoli missionari

“Perché il santo Popolo di Dio possa testimoniare a tutti la gioia del Vangelo, crescendo nella pratica della sinodalità, ha bisogno di un’adeguata formazione: anzitutto alla libertà di figli e figlie di Dio nella sequela di Gesù Cristo, contemplato nella preghiera e riconosciuto nei poveri” afferma il Documento nella sua quinta parte (140-151).  “Una delle richieste emerse con maggiore forza e da ogni parte lungo il processo sinodale è che la formazione sia integrale, continua e condivisa” (143). Anche in questo campo torna l’urgenza dello “scambio dei doni tra vocazioni diverse (comunione), nell’ottica di un servizio da svolgere (missione) e in uno stile di coinvolgimento e di educazione alla corresponsabilità differenziata (partecipazione)” (147). E “un altro ambito di grande rilievo è la promozione in tutti gli ambienti ecclesiali di una cultura della tutela (safeguarding), per rendere le comunità luoghi sempre più sicuri per i minori e le persone vulnerabili” (150). Infine, “anche i temi della dottrina sociale della Chiesa, dell’impegno per la pace e la giustizia, della cura della casa comune e del dialogo interculturale e interreligioso devono conoscere maggiore diffusione nel Popolo di Dio” (151).

L’affidamento a Maria

“Vivendo il processo sinodale – è la conclusione del Documento (154) - abbiamo preso nuova coscienza che la salvezza da ricevere e da annunciare passa attraverso le relazioni. La si vive e la si testimonia insieme. La storia ci appare segnata tragicamente dalla guerra, dalla rivalità per il potere, da mille ingiustizie e sopraffazioni. Sappiamo però che lo Spirito ha posto nel cuore di ogni essere umano un desiderio profondo e silenzioso di rapporti autentici e di legami veri. La stessa creazione parla di unità e di condivisione, di varietà e intreccio tra diverse forme di vita”. Il testo si conclude con la preghiera alla Vergine Maria per l’affidamento “dei risultati di questo Sinodo: “Ci insegni ad essere un Popolo di discepoli missionari che camminano insieme: una Chiesa sinodale” (155).

* Giampaolo Mattei - Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

Nella preghiera dell'Angelus al termine della Messa di canonizzazione di Giuseppe Allamano, undici martiri di Damasco, Marie-Léonie Paradis ed Elena Guerra, domenica 20 ottobre, il Papa Francesco ha lanciato un appello in favore del popolo Yanomami.

«La testimonianza di San Giuseppe Allamano ci ricorda la necessaria attenzione verso le popolazioni più fragili e più vulnerabili. Penso in particolare al popolo Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto proprio il miracolo legato alla canonizzazione odierna. Faccio appello alle autorità politiche e civili, affinché assicurino la protezione di questi popoli e dei loro diritti fondamentali e contro ogni forma di sfruttamento della loro dignità e dei loro territori».

Il miracolo che ha portato alla canonizzazione del Beato Giuseppe Allamno è avvenuto tra gli Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana dove i missionari e le missionarie della Consolata sono presenti sin dal 1948. Il 7 febbraio 1996, Sorino Yanomami, assalito e gravemente ferito da un giaguaro è guarito e ha recuperato completamente la salute grazie all'intercessione di Giuseppe Allamano.

 

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Oggi Giuseppe Allamano è santo

  • , Ott 20, 2024
  • Pubblicato in Notizie

Reportage da piazza San Pietro

Città del Vaticano. Oggi, 20 ottobre 2024, Giuseppe Allamano è ufficialmente santo. La messa di proclamazione, in piazza San Pietro, nella Giornata Missionaria Mondiale è stata intensissima.

Fin dalle 7 del mattino, a giorno non ancora fatto, lunghe code di pellegrini aspettano ai controlli della polizia, necessari per entrare nella piazza. Il popolo di Giuseppe Allamano è arrivato dai quattro continenti il giorno prima.

Nella coda, tra la gente che si stropiccia gli occhi, si sentono decine di lingue: portoghese, spagnolo, francese, inglese, italiano, kishawili... Ma anche l’Asia c’è, con la Corea, la Mongolia e Taiwan.

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Su alcune bacchette viene issata l’immagine del futuro santo, nella sua versione colorata o «pop art», che resta un riferimento tra la marea di teste.

Oggi saranno, infatti, «canonizzati», termine tecnico, anche Elena Guerra, Marie-Léonie Paradis e gli undici martiri di Damasco (Manuel Ruiz e compagni). Ci si distingue anche per il foulard, bianco ma colorato con le 35 bandiere dei paesi dove lavorano i missionari e le missionarie della Consolata, e con l’effige di Allamano e della Consolata. L’organizzazione ha anche previsto per tutti un badge verde con il logo studiato specificamente per questo giorno.

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Entriamo tra i primi, dopo il controllo metal detector. La platea davanti alla scalinata di San Pietro è ancora da riempire.
I pellegrini sono assonnati, ma si vede la gioia e l'eccitazione. Molti si salutano, si abbracciano. È spesso un rivedersi dopo anni, talvolta un incontrarsi per la prima volta, entrando subito in sintonia.
Intanto si è fatto giorno. È nuvoloso, ma non piove.

È ancora un momento di attesa, e si approfitta per farsi delle foto, dei video, scambiarsi un contatto o un sorriso. Vediamo una folta delegazione dall’Uganda, poi la bandiera del Kenya (primo paese di missione dei Missionari della Consolata). Il Congo Rdc è presente, così come la Costa d’Avorio.

A un certo punto compare la bandiera del Marocco: è il gruppo di Oujda, del quale fanno parte anche alcune migranti subsahariane. Vediamo anche il gruppo dei laici della Consolata del Portogallo, con le magliette del loro 25° anno di esistenza, i laici del Brasile, Canada, Colombia.... E poi tantissime suore, di svariate età e nazionalità. Così metà della piazza, quella con i posti a sedere, si è riempita.

Intanto, alla sinistra dell’altare si siedono cardinali, vescovi, sacerdoti e i fratelli. Alla destra, invece, le autorità e i diplomatici.

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Dopo il rosario in latino, inizia uno scampanio, poi il coro ufficiale intona alcune canzoni diffuse con i potenti altoparlanti in tutta la piazza. L’attesa si fa più intensa tra le migliaia di persone da tutto il pianeta, spaccato di umanità.

Alle 10,20, quasi all’improvviso, arriva Papa Francesco sulla sua carrozzina e si siede sulla poltrona papale. Tenue, quasi sotto voce, sul lato destro della platea, un gruppo di pellegrini intona: «Papa Francesco, papa Francesco». Altri iniziano, è come se il coro si spostasse nello spazio antistante alla basilica, e intanto diventa «Papa Francisco», per culminare con un grande applauso. Nel frattempo è comparso un tenue sole.

Scorgiamo evidente, in prima fila del gruppo di sedie delle autorità, il presidente Sergio Mattarella.

La celebrazione ha inizio. Vengono lette le brevi biografie dei nuovi santi. Quando è nominato Giuseppe Allamano, parte un applauso dalla piazza.

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«Vince non chi domina, ma chi serve per amore» dice il Papa nella sua omelia, a commento del Vangelo del giorno. «Gesù svela pensieri nel nostro cuore smascherando, talvolta, i nostri desideri di vanità e di potere».
E poi ci insegna lo «stile di Dio», ovvero il «servizio». Le parole magiche per il Papa sono: «Vicinanza, compassione e tenerezza, applicate all’azione di servire. […] A questo dobbiamo anelare». Uno stile che nasce dall’amore e non ha una scadenza o un limite. «I nuovi santi hanno vissuto questo stile di Gesù: il servizio» continua il Papa.

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All’Angelus papa Francesco mette l’accento sui popoli indigeni: «La testimonianza di san Giuseppe Allamano ci ricorda la necessaria attenzione verso le popolazioni più fragili e vulnerabili. Penso in particolare al popolo Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto proprio il miracolo legato alla sua canonizzazione. Faccio appello alle autorità politiche e civili affinché assicurino la protezione di questi popoli e dei loro diritti fondamentali e contro ogni forma di sfruttamento della loro dignità e dei loro territori».

Il nome «Yanomami», dunque, echeggia in piazza san Pietro, proprio grazie al nuovo Santo.

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Papa Francesco conclude con un giro in carrozzina a salutare i cardinali, per poi salire sulla papamobile, e fare un lungo percorso nella piazza. I pellegrini e i fedeli hanno oramai lasciato le loro sedie e si affollano alle transenne per salutare il Santo Padre.

Una volta passato, inizia il lento deflusso di alcune migliaia di persone, mentre gruppi di svariate nazionalità e lingue si fanno le ultime foto sulla piazza, con lo sfondo della Basilica di San Pietro sulla quale spicca lo stendardo di san Giuseppe Allamano.

* Marco Bello, rivista Missioni Consolata.

Santa Messa con Canonizzazione e preghiera dell’Angelus 20 ottobre 2024 (Vatican News)

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«Andate e invitate al banchetto tutti» (cfr. Mt 22,9) è il versetto dal quale trae spunto Papa Francesco per il messaggio in vista della Giornata Missionaria Mondiale che celebreremo quest’anno nella domenica 20 ottobre, il giorno della canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, uomo appassionato della missione ad gentes.

Papa Francesco ci invita a rinnovare il dinamismo missionario di ogni battezzato e ci spinge nuovamente ad essere una “Chiesa in uscita” per rendere accessibile a tutti la possibilità di partecipare al grande banchetto per tutti i popoli annunciato dal profeta Isaia: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6).

Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale

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Come già per Siria, RD Congo e Sud Sudan, Libano, Afghanistan, Ucraina e Terra Santa dal 2013 al 2023, Francesco indice per il prossimo lunedì, primo anniversario dell'attacco terroristico di Hamas a Israele, una giornata di orazione e astensione di pasti per invocare il dono della pace.

E annuncia una visita domenica 6 ottobre a Santa Maria Maggiore per recitare il Rosario e pregare la Madonna, chiedendo la partecipazione di tutti i membri del Sinodo

Nel crescendo di tensioni nella polveriera mediorientale, tra le bombe e i missili che continuano a piombare nella “martoriata” Ucraina, in mezzo ai tanti piccoli e grandi conflitti che lacerano e affamano i popoli dell'Africa, mentre insomma “i venti della guerra e i fuochi della violenza continuano a sconvolgere interi popoli e Nazioni”, il Papa chiama alle “armi” del digiuno e della preghiera – quelle che la Chiesa indica come potenti - milioni di credenti nel mondo per implorare da Dio il dono della pace in un mondo sull’orlo dell’abisso. Lo fa, il Pontefice, al termine della Messa solenne in Piazza San Pietro per l’apertura della seconda sessione dell’Assemblea generale, annunciando una Giornata di preghiera e di digiuno per la pace nel mondo il 7 ottobre, primo anniversario dell'attacco terroristico perpetrato da Hamas in Israele che ha fatto esplodere le brutalità a cui da un anno si assiste in Terra Santa. "Chiedo a tutti di vivere una giornata di preghiera e di digiuno per la pace nel mondo"

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Papa Francesco durante la celebrazione eucaristica per l'Inaugurazione della XVI Assemblea Generale del Sinodo

La supplica alla Madonna a Santa Maria Maggiore

Sempre a fine omelia, il Papa ha annunciato pure una nuova visita nella Basilica di Santa Maria Maggiore il 6 ottobre per elevare alla Madonna una supplica di pace. Un appuntamento spirituale per il quale ha chiesto la partecipazione di tutti i membri del Sinodo riuniti a Roma. "Per invocare dall’intercessione di Maria Santissima il dono della pace, domenica prossima mi recherò nella Basilica di Santa Maria Maggiore dove reciterò il Santo Rosario e rivolgerò alla Vergine un’accorata supplica".

La veglia per "l'amata Siria" nel 2013

Giornate di digiuno e preghiera per terre lacerate dalle violenze sono una costante del pontificato di Jorge Mario Bergoglio. Neppure sei mesi dopo dalla sua elezione sul Soglio di Pietro, il 7 settembre 2013, il Papa argentino aveva raccolto in Piazza San Pietro migliaia di persone, cattoliche e non solo, per pregare, con fiaccole, candele, bandiere, per la pace “nell’amata nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo!”. La Siria si trovava allora dinanzi all’eventualità di una guerra feroce, già radicalizzata da oltre un anno e acuita dopo l’attacco a civili con gas nervino. Il conflitto, fortunatamente, non deflagrò mai. Dalla Piazza cuore della cristianità, il giorno prima, si era alzato un grido silenzioso.

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Il Papa durante la recita del Rosario a Santa Maria Maggiore

“Abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La guerra è sempre una sconfitta per l’umanità”

Insieme per RD Congo e Sud Sudan

Ancora il Papa, con eguale vigore e preoccupazione, il 23 febbraio 2017 aveva invocato un’azione immediata dei cristiani, declinata appunto nella preghiera e nel digiuno, per il Sud Sudan e la Repubblica Democratica del Congo. Le due nazioni africane, che il Pontefice ha visitato personalmente nel gennaio e febbraio 2023, erano e sono tuttora piagate da fame, sfruttamento, emigrazione, violenze. Era il primo venerdì di Quaresima e Papa e Curia avevano terminato gli Esercizi Spirituali. Francesco quel giorno aveva invitato ad unirsi all’evento anche i cristiani di altre Chiese e seguaci delle altre religioni, “nelle modalità che riterranno più opportune, ma tutti insieme”. 

La Chiesa unita per il Libano, un Paese "messaggio... martoriato"

Stessa formula usata per invitare i fratelli e le sorelle di altre confessioni nella grande giornata per il Libano, indetta per il 4 settembre 2020, quando il mondo si rialzava a fatica dalla devastante prima ondata di pandemia di Covid-19 ed, esattamente un mese prima, aveva assistito attonito alla esplosione nel porto di Beirut. Un evento di cui il Paese dei Cedri - già appesantito da una crisi politica, sociale ed economica, ora sotto attacco dai raid israeliani e per questo definito dal Papa “un messaggio… martoriato" - paga ancora le conseguenze . Francesco aveva annunciato la Giornata universale per il Libano due giorni prima, all’udienza generale del 2 settembre. Con a fianco un sacerdote che teneva in mano la bandiera libanese, il Papa si appellava a politici e leader religiosi: "Impegnarsi con sincerità e trasparenza nell’opera di ricostruzione, lasciando cadere gli interessi di parte e guardando al bene comune e al futuro della nazione"

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La comuntà congolesa di Roma riengrazia il Papa Francesco per la vicinanza e preghiera. Via della Conciliazione, 11 febbraio 2018. Foto: Jaime C. Patias

In preghiera per l'Afghanistan

Ancora nel 2021, il 29 agosto, in quell’estate drammatica per l’Afghanistan, travolto dal violento ritorno al potere dei talebani, da attentati e dalla fuga disperata di centinaia di persone arrivati ad arrampicarsi anche sugli aerei in decollo, Francesco dal Palazzo Apostolico per l’Angelus – ma anche dalla più ampia finestra virtuale del suo account su X @Pontifex – tornava a domandare ai fedeli del mondo di raccogliersi in preghiera e astenersi dai pasti.

Rivolgo un appello a tutti a intensificare la preghiera e a praticare il digiuno. Preghiera e digiuno, preghiera e penitenza, questo è il momento di farlo. Sto parlando sul serio, intensificare la preghiera e praticare il digiuno, chiedendo al Signore misericordia e perdono.

Il dramma dell'Ucraina

Resta impressa poi nella memoria collettiva la giornata del 2 marzo 2022, un Mercoledì delle Ceneri, in cui il Papa chiese alla Chiesa universale di intensificare il digiuno e la preghiera da rivolgere soprattutto alla Vergine Maria, Regina della Pace, perché “preservi il mondo dalla follia della guerra”. Parole drammaticamente realistiche a neppure una settimana dal primo attacco russo su Kyiv, che ha dato inizio all’orrore – ormai perdurante da circa due anni – in Ucraina.

“Prego tutte le parti coinvolte perché si astengano da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni, destabilizzando la convivenza tra le nazioni e screditando il diritto internazionale”

Era quello il primo di migliaia di appelli elevati al cielo in questi anni di guerra a favore del “martoriato” Paese, affidato insieme alla Russia al Cuore Immacolato di Maria in una celebrazione a San Pietro, il 25 marzo dello stesso anno, partecipata da migliaia di fedeli in presenza in Basilica o virtualmente collegati dal mondo.

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La consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria

La veglia a San Pietro nell'"ora buia" per la terra di Gesù

Da ultimo una giornata per “fermarsi” e invocare il dono della pace attraverso l’orazione e astensione dal cibo, il Papa l’ha indetta il 27 ottobre 2023, venti giorni dopo l’orrore deflagrato in Terra Santa e nei giorni conclusivi della prima sessione del Sinodo. In quella occasione, il Papa volle organizzare una veglia in Basilica - denominata “Pacem in Terris”, dal titolo della storica enciclica di Giovanni XXIII di cui ricorrevano i 60 anni - a cui presero parte i membri dell’assise ma anche esponenti delle altre confessioni cristiane e di altre fedi. Quella sera, il Papa, in una cerimonia intima e partecipata, si pose ai piedi della “Madre” chiedendone l'intercessione per il mondo che attraversa “un’ora buia”.

Ora, Madre, prendi ancora una volta l’iniziativa; prendila per noi, in questi tempi lacerati dai conflitti e devastati dalle armi. Volgi il tuo sguardo di misericordia sulla famiglia umana, che ha smarrito la via della pace, che ha preferito Caino ad Abele e, perdendo il senso della fraternità, non ritrova l’atmosfera di casa. Intercedi per il nostro mondo in pericolo e in subbuglio. Insegnaci ad accogliere e a curare la vita – ogni vita umana! – e a ripudiare la follia della guerra, che semina morte e cancella il futuro.

Il Papa: preghiamo per uno stile di vita sinodale e per la missione della Chiesa

Intenzione di preghiera di ottobre diffusa attraverso la Rete Mondiale di Preghiera del Papa.

* Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

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Formatori e Formazione: Abidjan, padre John Baptist Odunga

15-01-2025 I missionari dicono

Formatori e Formazione: Abidjan, padre John Baptist Odunga

Il servizio della formazione è parte integrante della missione. I missionari della Consolata arrivarono in Costa d’Avorio nel 1996 e...

Ucraina. Padre Luca Bovio torna a Kharkiv

15-01-2025 I missionari dicono

Ucraina. Padre Luca Bovio torna a Kharkiv

Padre Luca Bovio, missionario della Consolata italiano in Polonia, da tre anni compie viaggi di solidarietà in Ucraina. Ci è tornato...

Suor Dorothy Stang, uccisa 20 anni fa per aver difeso i contadini dell’Amazzonia

14-01-2025 Notizie

Suor Dorothy Stang, uccisa 20 anni fa per aver difeso i contadini dell’Amazzonia

Una veglia il 10 gennaio nella basilica di San Bartolomeo all’Isola, a Roma, per la religiosa americana uccisa per la...

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