Nel marzo 2007 ero in Kenya, a Nairobi. Da lì, poco tempo prima, dopo 43 lunghi anni di servizio, era partito per rientrare in Italia un missionario settantasettenne. Scrissi allora un editoriale per la rivista che curavo laggiù, The Seed (Il seme). Il titolo era «Gone poor, having made rich many…» (Partito povero, dopo aver reso ricchi molti).
Il missionario in questione era padre Giuseppe Quattrocchio. Un gran lavoratore, un prolifico scrittore, un affascinante cantastorie che aveva dovuto ritirarsi dal lavoro in missione nel Meru per una lesione alla spina dorsale. Era arrivato a Nairobi nel 1973. Da lì aveva servito in maniera incredibile tutte le missioni del Kenya trovando per loro ogni cosa di cui avessero bisogno, dalle puntine da disegno ai pezzi di ricambio di qualsiasi macchinario, dalle medicine agli articoli religiosi. Dal suo botteghino per gli amici e visitatori delle missioni, aveva promosso una bellissima iniziativa per far conoscere il Kenya con le sue serie di diapositive e libretti sui vari gruppi etnici, tradotti in diverse lingue e diffusi in tutti i luoghi turistici del Paese.
Padre Giuseppe, missionario che nel suo servizio aveva maneggiato fior di milioni per il bene di tanti (educazione, salute e sviluppo), era rientrato in Italia con un vecchio vestito, regalo di qualche benefattore, e una grossa valigia strapiena di oggetti di artigianato locale da regalare in Italia ai suoi molti amici, assieme a pochi oggetti personali. Lui che aveva cambiato la vita di tante persone, partiva più leggero di quando era arrivato, lasciando tutto quello che aveva, anche la sua inseparabile bicicletta Graziella con la quale era conosciutissimo in tutta Nairobi. Aveva dato tutto.
In quel testo ricordavo anche i nomi di diversi altri missionari che avevano fatto come lui ed erano rientrati in Italia per i loro ultimi giorni andando via poveri, dopo aver reso ricchi tanti.
Lo scorso 22 gennaio quello stesso padre Giuseppe ci ha lasciato alla vigilia del suo 95° compleanno. È tornato a casa, quella del Padre, dove è arrivato ricco di tutto l’amore che ha vissuto avendo dato tutto con passione, gioia, competenza e umiltà. Al suo funerale, celebrato nel giorno di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, ho ricordato che è stato anche un fior di giornalista e che questa rivista, per la quale aveva lavorato dal 1954 fino alla sua partenza per il Kenya a fine 1963, a lui deve molto.
E anche stavolta, per il suo ultimo viaggio, è partito dopo aver dato tutto portando con sé solo il suo grande amore per la Missione. Mi fa specie ricordare lui, e insieme anche tanti altri missionari e missionarie che hanno dato la vita, in questi tempi nei quali chi fa notizia è quel gruppo elitario di miliardari che pensano di essere i padroni del mondo. Questi, per diventare sempre più ricchi, sfruttano senza ritegno le persone e le risorse del pianeta, manipolano l’informazione, fomentano guerre, chiudono gli occhi davanti ai poveri, ai migranti e agli schiavizzati e si fanno belli come salvatori della patria.
La testimonianza di uomini come padre Giuseppe è una realtà bellissima, carica di speranza. Con la loro vita diventano contestazione di un mondo disumano e ci dimostrano come il «dare tutto», come ha fatto Gesù, è l’unica via per costruire vera umanità.
* Padre Gigi Anataloni, IMC, direttore responsabile rivista MC. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it
Fondata nel giugno 1885, i lavori di restauro delle infrastrutture della Missione São José di Boroma in Mozambico sono iniziati nel 2021 e sono durati più di due anni.
In un'intervista rilasciata alla Radio cattolica Pax di Beira, il vescovo di Tete, mons. Diamantino Antunes, IMC, ha spiegato che il ripristino di questa Missione storica è un segno di rivitalizzazione della diocesi, dato il suo contributo all'evangelizzazione e alla formazione umana nel Paese.
(Ascolta l’intervista in portoghese)
La formazione e la promozione umana insieme all'evangelizzazione, continuano ad essere priorità in questo luogo storico. Oltre ai sacerdoti diocesani, nella Missione di Boroma operano le religiose della Comunità di origine brasiliana “Semi della Parola”, che hanno contribuito ai lavori di restauro della chiesa. A Boroma ha sede anche la “Fattoria della Speranza”, che aiuta i giovani a uscire dalla dipendenza da alcol e droga attraverso la comunità terapeutica.
Mons. Diamantino Guapo Antunes, vescovo di Tete, in visita pastorale alla diocesi. Foto: Rogério Maduca, Radio Pax
La Missione di Boroma ospita anche un Santuario dedicato a San Giuseppe, un centro diocesano di spiritualità, un centro di formazione per catechisti, una scuola comunitaria e un museo diocesano.
La diocesi di Tete ha realizzato il restauro della Missione di Boroma dopo aver riabilitato l'ex Seminario di Zobué, ora Santuario. Nel 2024 sono iniziati i lavori di riabilitazione della Missione di San Pedro Cláver de Miruru, nel distretto di Zumbo, e quest'anno è previsto l'inizio dei lavori nella Missione di San Miguel de Chiritse, nel distretto di Macanga, che fu un importante centro di formazione umana e religiosa per la Compagnia di Gesù.
Per il Vescovo di Tete, quest'opera è un segno di valorizzazione del patrimonio storico, culturale e di evangelizzazione della diocesi.
Secondo il vescovo Diamantino Antunes la parrocchia di São José de Boroma si estende attualmente su 950 chilometri quadrati e ha una popolazione di 18.000 abitanti, di cui 6.500 cattolici, organizzati in 14 comunità cristiane.
* Rogério Maduca, Radio Pax in Mozambico. Fonte: www.vaticannews.va
Presenti in Mongolia dal 2003, i Missionari e le Missionarie della Consolata presentano le loro attività di evangelizzazione svolte in quel Paese dell’Asia centrale che confina con Cina e Russia. Pubblichiamo un estratto del “giornalino” inviato agli amici della missione in occasione del Natale 2024.
“È sempre bello fare memoria dell’anno passato e di tutto ciò che la vita ci ha presentato, attraverso eventi ed incontri che trasformano e toccano i cuori. La nostra gratitudine e il nostro ringraziamento vanno a voi per il vostro generoso e sentito sostegno in questa Missione. Per quanto fisicamente lontani, siete vicini al cuore della missione. Sentiamo la vostra presenza.
Dovuto all’inverno particolarmente duro e alle pesanti nevicate, l’anno è iniziato con l’emergenza dello Dzuud. Questo ha lasciato molte persone nel dolore per la perdita dei loro cari e di migliaia di animali che ha causato una grave crisi economica. Abbiamo cercato di collaborare in diversi modi e di unire le forze insieme agli altri missionari presenti sul territorio, in una costruttiva collaborazione con Caritas Mongolia e con la commissione di Giustizia, pace e integrità del creato.
Un altro evento che ha fortemente marcato questo anno è stata la canonizzazione del nostro padre fondatore Giuseppe Allamano il 20 ottobre 2024 in piazza san Pietro. Due sorelle e un padre hanno avuto l’opportunità di prendere parte a tutte le celebrazioni tenutesi in Italia e il resto di noi ha celebrato con gioia qui, nelle nostre parrocchie, condividendo questo grande dono con la comunità ecclesiale e seguendo online quello che accadeva dall’altra parte del mondo. Sono stati momenti indimenticabili.
Questa festa ci ha incoraggiati molto e ci ha dato la speranza di raggiungere lo scopo della nostra vita donata come Missionari e Missionarie della Consolata. La santità di Giuseppe Allamano riconosciuta dalla chiesa ha confermato che abbiamo origini sante. È un appello per noi ad essere testimoni credibili e a continuare ad annunciare Gesù a tutte le nazioni, soprattutto a coloro che ancora non lo conoscono.
Un altro evento che ci ha visti tutti coinvolti è stato l’incontro con il gruppo del Gen Rosso verso la fine di novembre. Sono rimasti con noi 10 giorni organizzando tre giorni di workshop di canto e danza per i giovani, momenti di testimonianza, di preghiera e poi un concerto finale dal tema Hoping together a cui hanno partecipato 850 persone.
Siamo coinvolti anche nell’aiuto alla Chiesa locale con tanti piccoli e grandi servizi nella Caritas e nelle diverse commissioni (Liturgica, Dialogo ecumenico e interreligioso, Giustizia e pace, Giovani). Il fatto di essere una comunità cristiana piccola permette di conoscerci bene e di avere tanti momenti di riflessione, preghiera, condivisione e fraternità insieme a tutti gli altri missionari; momenti che marcano il nostro camminare come Chiesa.
La nostra presenza, nella sua piccolezza, cerca di essere una presenza di condivisione di vita e di amore, attraverso la quale la consolazione diventa un’esperienza concreta nel cuore delle persone nelle diverse realtà in cui siamo inseriti.
Nel nostro centro-biblioteca “Il sole che nasce”, a Chingeltei, abbiamo portato avanti le attività con i bambini tra compiti, giochi, feste e uscite. Il centro è un bel punto di riferimento e un luogo dove loro si sentono a casa.
Durante l’estate abbiamo organizzato una speciale settimana di giochi e formazione a cui hanno partecipato circa 50 energetici e gioiosi bambini di tutte le età. Abbiamo poi deciso di tenere aperto il centro per tutto il mese di luglio, dando la possibilità ai bambini rimasti in città, di avere un luogo dove passare il tempo e impegnarsi in alcune attività. Ad agosto, poi, abbiamo organizzato due settimane di corso di inglese a cui circa 25 bambini hanno partecipato.
Gli ultimi missionari arrivati continuano a impegnarsi con passione nello studio della lingua mongola.
Ringraziamo Dio che ci accompagna nel portare avanti le attività sociali nella nostra Parrocchia: il progetto di cucito, il programma di doposcuola, le docce pubbliche, il gruppo alcolisti anonimi, l'asilo, le lezioni di lingua inglese e di musica per i giovani. Insegniamo anche inglese nell' Ufficio dell'Agenzia Esecutiva generale della Corte del nostro distretto. Questi sono per noi molti modi che ci aiutano ad entrare in comunione con la vita delle persone rafforzando la nostra amicizia.
Quest'anno abbiamo organizzato un campo estivo a cui hanno partecipato un buon numero di bambini e ragazzi. Abbiamo invitato alcuni professionisti mongoli come medici di primo soccorso, psicologi, medici odontoiatri etc… per dare loro qualche input. Hanno anche avuto una giornata fuori con i giovani. Abbiamo aiutato alcuni giovani bisognosi del nostro distretto dando loro materiale scolastico
Quest'anno la nostra parrocchia ha accompagnato sei persone nel cammino di conoscenza e approfondimento della fede. Alcuni hanno ricevuto il sacramento del Battesimo e altri la prima Comunione durante la Pasqua. Ringraziamo Dio per questo dono prezioso nella nostra Famiglia cristiana. Continuiamo a vivere e testimoniare la nostra fede con la nostra piccola comunità cristiana, insegnando catechismo, visitando le famiglie, con la preghiera quotidiana e con la formazione continua attraverso vari seminari.
La nostra Casa dell'Amicizia a Kharkhorin quest'anno ha ricevuto tante visite da gruppi stranieri e da persone mongole. Abbiamo avuto l'opportunità di incontrare persone diverse: religiose e non. Il nostro centro è sempre la loro casa ogni volta che vengono. Si tratta di ampliare le opportunità di amicizia, come suggerisce il nome di questo centro. La nostra ospitalità coltiva buone relazioni che portano al dialogo interreligioso e alla ricerca culturale in questa missione.
Continuiamo ad avvicinarci alle persone insegnando loro l'inglese e aiutandole nella traduzione di alcuni testi, soprattutto collaborando con il personale del museo storico della città.
Il vostro gesto d'amore per le persone che serviamo ha un grande impatto nelle loro vite e nelle nostre. La vostra amicizia, le vostre preghiere e il vostro aiuto concreto danno anche a noi la certezza che non siamo soli e ci spingono a donarci sempre di più a Cristo attraverso il servizio alla gente. Vi siamo davvero grati e preghiamo affinché Cristo, l'Emmanuele, sia veramente Dio tra voi e tra noi. Possa la gioia e la pace del Natale riempire i vostri cuori e le vostre famiglie. Grazie a voi tutti.
A voi i nostri migliori auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo 2025.
* I Missionari e le Missionarie della Consolata in Mongolia: www.consolatamissionmongolia.net
La missione di San Michele Arcangelo di Halaba, parte del vicariato di Meki, si trova nella zona sud dell'Etiopia. La missione è l'ultima del vicariato di Meki, e confina con il vicariato di Hossana ed è la più recente ad essere aperta dai missionari della Consolata in Etiopia. È servita da due sacerdoti: Abba Kidane Ashuro e Abba Takele Wolde Mariam.
Essendo situata in un contesto urbano, la missione serve persone di ogni ceto sociale, diverse provenienti da varie regioni dell'Etiopia che lavorano nella città di Halaba. La parrocchia è un punto di riferimento per i cattolici offrendo per l’accompagnamento spirituale e formazione alla fede. L'area è per lo più abitata da persone di fede musulmana. Nonostante questo, la scuola gestita dalla missione, con più di 800 alunni, è aperta a bambini di tutte le fedi.
Il 21 novembre 2024 è stato un giorno di festa per la parrocchia, che ha celebrato il suo secondo anniversario di erezione come parrocchia. È stata una bellissima celebrazione, arricchita da canti, e danze. La chiesa era splendidamente decorata per l’occasione. Erano presenti alla festa alcune suore, sacerdoti del vicariato di Meki, e di Hossana e i missionari della Consolata incaricati della parrocchia.
Nel suo saluto di benvenuto, padre Kidane Ashuro, il parrocco, a stento riusciva a contenere la gioia nel dare il benvenuto ai presenti. Questa celebrazione è stata una doppia benedizione, a ridosso della canonizzazione di San Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari e della missionarie della Consolata, avvenuta il 20 Ottobre scorso.
Mons. Abraham Desta, vescovo del vicariato di Meki, che ha presieduto la celebrazione, si è congratulato con i missionari della Consolata e ha condiviso la gioia per la canonizzazione di Giuseppe Allamano, sottolineando che egli non è solo il santo dei missionari e delle missionarie della Consolata, ma di tutta la Chiesa.
Ha proseguito sottolineando che la santità di Allamano è una benedizione per la Chiesa d'Etiopia, poiché la sua idea iniziale era quella di inviare i suoi missionari in Etiopia. Oggi, con i suoi missionari in Etiopia, e nella missione di Halaba, i suoi sogni si stanno realizzando. Il vescovo ha incoraggiato i missionari nel continuare la loro opera, e ha esortato i cristiani ad essere annunciatori della parola di Dio, proprio come San Michele Arcangelo.
Durante la celebrazione una ventina di giovani hanno ricevuto la cresima. Il vescovo li ha incoraggiati a rendersi disponibili allo Spirito Santo nell’annunciare la parola di Dio senza paura, imitando San Michele Arcangelo.
La celebrazione si è conclusa con una splendida processione eucaristica attorno alla chiesa, Con canti, danze, tamburi a testimoniare la gioia dei fedeli nella celebrazione. E come una grande famiglia dell’Allamano, sotto la protezione di San Michele Arcangelo, la celebrazione è proseguita con il pranzo condiviso con tutti i presenti.
* Padre Edgar Nyangiya, IMC, Ethiopia.
La diocesi di Marsabit in Kenya, nata nel 1964, grazie al lavoro del suo primo vescovo, il missionario della Consolata, mons. Carlo Maria Cavallera celebra questo lunedì, 25 novembre 2024, il suo 60° anniversario di fondazione. La Messa di ringraziamento è stata celebrata sabato, 23 novembre.
Nel 1981 la guida della diocesi fu affidata al vescovo Ambrogio Ravasi, IMC, fino al 2007, anno in cui gli ha succeduto il vescovo Peter Kihara, IMC, che in questa intervista, rilasciata all’Ufficio per la Comunicazione a Roma, riflette sulla storia dell'evangelizzazione e la realtà della regione abitata da molti gruppi etnici, tra i principali: i Borana, i Gabra, i Burji, i Rendille, i Waata e i Turkana. Prima di diventare vescovo di Marsabit, mons. Peter è stato vescovo della diocesi di Morang’a per sette anni (1999 – 2006)
Negli ultimi mesi “ci siamo preparati per celebrare il 60° anniversario della creazione della diocesi e in retrospettiva possiamo vedere quanto la Chiesa ha realizzato nell'evangelizzazione di questo angolo del Kenya. All'inizio non c'erano cristiani, né chiese, né sacerdoti. I primi padri sono stati i missionari fidei donum della diocesi di Alba in Italia, poi sono arrivati altri missionari dalla Germania e un terzo gruppo dalla Romania”, ricorda mons. Peter Kihara.
“Dopo aver creato le parrocchie negli anni 1960, negli anni 1970 i missionari della Consolata, su richiesta del vescovo Cavallera, hanno consegnato le missioni ai padri fidei dorum, continuando il lavoro di prima evangelizzazione nel territorio dei Samburu dove oggi sorge la diocesi di Maralal.
Mons. Peter Kihara, IMC, con il gruppo di sacerdoti della diocesi di Marsabit. Foto: Diocesi di Marsabit
Vorrei quindi ringraziare Dio per tutto ciò che i missionari fidei donum hanno realizzato. Al loro posto sono poi arrivati missionari di quattro congregazioni: alcuni missionari della Consolata, Salesiani di don Bosco, Benedettini e Missionari Comboniani. Hanno fatto crescere la nostra diocesi e nell’anno 1993 è stato ordinato il primo sacerdote diocesano. Oggi abbiamo 17 sacerdoti diocesani, un'équipe di 12 preti fidei donum e altri 13 missionari, in totale circa 40 sacerdoti. Ringraziamo Dio per il gruppo di sacerdoti che abbiamo.
Nella diocesi operano anche 44 religiose di varie congregazioni e cinque fratelli religiosi. Questi sono gli agenti di evangelizzazione che abbiamo. Anche se, in 60 anni il numero non è magari significativo, guardando indietro possiamo vedere quanto la nostra Chiesa sia riuscita a mettere le sue fondamenta qui. Il numero dei cattolici è cresciuto fino a oltre 50 mila. Abbiamo recentemente ordinato quattro diaconi che presto saranno ordinati sacerdoti, tutti questi sono segni di gioia nel segno delle celebrazioni di ringraziamento (per i 60 anni). Abbiamo inoltre costruito 17 parrocchie e l'ufficio per la segreteria diocesana”.
Il nuovo ufficio per la segreteria diocesana. Foto: Diocesi di Marsabit
“Nell'attuale situazione osserviamo che molti giovani si impegnano soprattutto per studiare, formarsi e prepararsi al loro futuro, con l'aiuto della famiglia, dei genitori e l’aiuto anche di borse di studio da parte di donatori. I giovani si sono resi conto che l'educazione è la chiave della riuscita della loro vita.
Il territorio di Marsabit e la sua popolazione sono confrontate con molte sfide a causa del clima arido. Con la siccità, capita che le famiglie rimangano senza il bestiame fonte di cibo e di un modesto introito; quindi, rischiano sovente di non aver nulla per contribuire alle spese per gli studi dei figli e delle figlie.
"I giovani si sono resi conto che l'educazione è la chiave della riuscita della loro vita". Ragazzi a Marzabit. Foto: Jaime C. Patias
Un altro grande problema è stato la pandemia di Covid-19, quando con le restrizioni (lockdown) i giovani sono rimasti senza aiuti economici per pagare le rette scolastiche, sia da parte dei genitori che dei donatori, con il pericolo di dover sospendere i loro studi. Noi auspichiamo che il nostro governo possa provvedere l'educazione gratuita a tutti i livelli. Non è un'affermazione politica chiedere di fare la cosa giusta. Questo darebbe speranza alle generazioni dei nostri giovani e illuminerebbe il loro futuro, perché a questo serve l’educazione
Anche gli studenti che entrano in seminario sono coscienti che la loro scuola primaria, frequentata nelle loro zone di provenienza, non era di grande qualità, quando poi entrano in seminario devono recuperare quanto è mancato precedentemente , formarsi negli studi religiosi per poi diventare pastori delle comunità cristiane e di questi pastori ne abbiamo tanto bisogno. Quindi è necessaria una partecipazione congiunta (famiglia, sponsors, diocesi) per sostenerli negli studi.
Il lavoro della Caritas nella diocesi di Marsabit. Foto: Diocesi di Marsabit
Come Chiesa abbiamo due scuole secondarie, una per i ragazzi e una per le ragazze. Circa 600 di questi studenti sono in parte sostenuti dalla diocesi.
La situazione economica delle famiglie è precaria, quindi quando un figlio vuole diventare sacerdote, la famiglia deve mantenere la casa e gli altri figli e figlie a scuola, e allo stesso tempo sostenere il figlio studente in seminario. Tuttavia, siamo convinti che Dio provvede, sia per i poveri che per i ricchi e coloro che rispondono alla loro vocazione diventano aiuto per gli altri. Sono convinto che alla fine, non diventeranno sacerdoti solo perché ricchi o per merito dei loro genitori, ma soprattutto per grazia di Dio.
Cattedrale di Nostra Signora della Consolata, diocesi Marsabit. Foto: Jaime C. Patias
Stiamo quindi sostenendo in particolare i nostri giovani in Kenya di fronte alla problematica situazione politica ed economica della Nazione, mentre il paese dovrebbe fare di più e meglio”.
Secondo il vescovo, nelle ultime manifestazioni contro le nuove tasse, la corruzione e il malgoverno i giovani si sono sentiti ingannati. “I giovani non sono felici, sono arrabbiati. Preghiamo che la lotta per la giustizia porti dei risultati per il popolo. Dicono che l'educazione sarà gratuita, allora perché il governo non trova le risorse per realizzarla? Un sostegno all’educazione da parte dello stato sarebbe un sollievo per i genitori che non posson o permettersela per i figli e un grande investimento per il futuro della nazione”
“D'altra parte, chiediamo ai giovani di pensare alla loro vita e ciò che vorrebbero fare, nella chiesa per il popolo di Dio. Questo perché tutti noi siamo stati creati per un fine, come diceva Sant'Agostino. Una volta capito cosa vogliamo fare non importa cosa sia, se è diventare un sacerdote, un pastore o qualsiasi altra professione, dobbiamo fare il meglio che possiamo basandoci sui valori cristiani che abbiamo imparato. Mi piacerebbe chiede ai giovani di continuare ad essere persone migliori, migliori discepoli, migliori cristiani e figli di Dio scoprendo la loro vocazione e rispondendo alla loro chiamata, per essere parte della benedizione della Chiesa, della famiglia, dell’umanità e perché no, a gloria di Dio, perché Dio sia conosciuto, amato e servito. Quindi, noi preghiamo per la gioventù e speriamo che rispondano generosamente alla loro vocazione per la maggiore gloria di Dio”.
Scuola Padre John Memorial, diocesi di Marsabit.
“E abbiamo ancora molto di cui essere orgogliosi perché nella diocesi c’è tanta promozione umana, tanta educazione, abbiamo più di 80 istituti scolastici, scuole tecniche, scuole materne e scuole elementari, ecc. dove frequentano tante persone di diverse classi e religioni, musulmani, non battezzati, cristiani, tutti insieme perché, quando c'è del bene da fare lo si deve fare a tutti, non bisogna essere selettivi ma includere tutti. Dobbiamo anche ringraziare Dio perché le vocazioni stanno arrivando. Abbiamo anche quattro seminaristi che studiano teologia. Quindi invito i nostri ascoltatori a pregare per noi e con noi per elevare i nostri cuori pieni di gioia al Signore affinché possa benedirci ancora di più anche con il vostro aiuto”.
La diocesi di Marsabit eretta da Papa Paolo VI, ricavandone il territorio dalla diocesi di Nyeri (oggi arcidiocesi), si trova nella regione nord-orientale del Kenya, a circa 560 km da Nairobi e si estende su un’area di circa 78.078 kmq. Il territorio della diocesi è una vasta pianura compresa tra 300 e 1800 m sul livello del mare. È situata, in una zona semi-arida e l’80% della popolazione è composta da pastori nomadi, il 10% pratica agricoltura di sussistenza, principalmente intorno alle zone più montuose che godono di più precipitazioni durante l’anno. Circa il 7% della popolazione si dedica ad attività commerciali e la restante percentuale vive di lavoro dipendente. Il 15 giugno 2001 la diocesi ha ceduto una porzione del suo territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Maralal.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione, Roma.
Diacono John Lekamaya, una delle nuove vocazioni per la diocesi. Foto: Diocesi di Marsabit
Maria Mfariji Shrine (Santuario) a Marsabit. Foto: Jaime C. Patias