L’ultima parte della Vista Canonica alla Regione Congo compiuta dal Superiore Generale, padre James Lengarin, accompagnato dal Vice Superiore Generale, padre Michelangelo Piovano e dal Consigliere, padre Erasto Mgalama, si è completata con la visita alle parrocchie di Saint Joseph d’Arimathée, Bisengo Mwambe, Saint Hilaire e al seminario filosofico dal 28 al 31 gennaio.
“La nostra presenza in questa realtà è vera consolazione, forse anche piccola e limitata, ma sostenuta dalla dedicazione dei nostri missionari e anche dal grande esempio di fede, partecipazione e coinvolgimento della gente e dei fedeli delle nostre parrocchie e comunità”.
La parrocchia appartiene alla diocesi di Kisantu e si trova nella stessa zona della casa regionale, con la bella chiesa spaziosa e luminosa ormai ultimata ed alcune opere legate alla parrocchia come la scuola, sale per attività sociali di taglio e cucito, informatica, Caritas e il pozzo per vendita e distribuzione dell’acqua.
Il parroco è padre César Balayulu Otsis. Ci ha anche fatto conoscere un’altra cappella con la chiesa ormai ultimata, dedicata alla Consolata. Accanto ad essa anche il pozzo per la distribuzione dell’acqua ed un grande terreno che viene coltivato in parte dal seminario filosofico.
Il pomeriggio del 28 gennaio vistiamo il Seminario filosofico “Padre Antonio Barbero”. Gli studenti sono 25: sette nell’anno propedeutico e 18 nella filosofia. Vi è un solo formatore padre Toussaint Twite che ci presenta il progetto comunitario e lo svolgimento della vita della comunità che oltre allo studio e agli incontri formativi cerca di mantenersi con i lavori della casa, coltivazioni e con un allevamento di maiali.
Il giorno seguente, 29 gennaio, Anniversario della Fondazione dell’Istituto, nella celebrazione della Messa, otto studenti del terzo anno fanno il loro ingresso nel postulato. Il superiore generale consegna loro un crocifisso e la Vita Spirituale del nostro Fondatore. Partecipano anche alcuni familiari degli studenti che sono di Kinshasa. In seguito, un momento di festa con la cena, musica, canti e danze.
Il 30 gennaio partiamo per le parrocchie di Bisengo Mwambe e St. Hilaire che si trovano invece nella parte opposta della città, nella diocesi di Kinshasa e nei pressi dell’Aeroporto. Una zona molto popolata e di difficile accesso a causa della strada sabbiosa, soprattutto in tempo di pioggia. Realtà veramente ad gentes e con tante sfide sociali e pastorali.
Nella parrocchia di Bisengo Mwambe vi lavorano padre Victor Kota come parroco e padre Innocent Bakwangama. Ci portano innanzitutto a conoscere la cappella della Consolata ancor più lontana dalla sede parrocchiale che raggiungiamo con una strada per soli esperti autisti e buone Land Cruiser. La Chiesa si trova in un bel pianoro dove la gente ha anche iniziato a costruire le sue case e vorrebbe che un giorno diventasse parrocchia. Ci accoglie un gruppo di fedeli della comunità.
Nella stessa zona vi è anche una scuola dedicata alla Consolata con più di 400 alunni suddivisi tra la scuola e primaria e secondaria con frequenza al mattino e al pomeriggio. Oltre a questa anche un piccolo ospedale che al momento funziona solo in parte e conta con la presenza di un medico che è presente tre volte alla settimana. Vi è un buon reparto di maternità e sala operatoria.
Ritorniamo poi alla parrocchia dove anche qui vi è una grande scuola con circa 1200 alunni nella primaria e 400 nella secondaria. Un’opera grande e importante, ma che ha bisogno di costante manutenzione e materiale per le attività scolastiche.
Alla sera, dopo la Messa animata e partecipata da un bel numero di fedeli, passiamo alla parrocchia di Sait Hilaire dove vi lavorano padre Dieudonné Ambinikosi come parroco e padre Matthieu Kasinzi. La parrocchia è ben strutturata, con una bella chiesa nella quale celebriamo la messa il mattino con un gran numero di fedeli, soprattutto donne. Dopo la Messa un momento di preghiera presso la grotta della Madonna invocando soprattutto il dono della pace.
Anche qui visitiamo le scuole della parrocchia: primaria e secondaria con quasi 900 alunni. Un numero grande per il quale mancano anche le sale e per questo alcune classi sono numerosissime. La parrocchia ha un buon progetto pastorale, frutto di un lavoro serio fatto lungo gli anni.
La notte, con tre ore di viaggio, sempre a causa del traffico, raggiungiamo la casa regionale.
Sabato 1° febbraio, tutti i missionari che sono in questa zona di Kinshasa arrivano nella Casa Regionale di Mont Ngafula-Kimbondo per l’assemblea conclusiva della Visita Canonica. Il superiore regionale, padre David Moke, fa una relazione sulla vita della regione di questi ultimi anni e dell’economia.
In seguito, il Superiore Generale, padre James Lengarin, fa una relazione finale sulla visita ringraziando la presenza, lavoro e dedicazione di ogni missionario e dando alcune indicazioni per la vita della regione, delle comunità e dei missionari che saranno poi comunicate nella lettera conclusiva. Ne segue anche un dialogo aperto e franco su alcuni aspetti ed in particolare sul valore ed importanza della fraternità e dello spirito di famiglia nel nostro Istituto che in ogni regione è internazionale ed interculturale. La foto di gruppo ed il pranzo chiudono la mattinata di incontro.
Parrocchia Saint Hilaire
Il giorno seguente, domenica 2 febbraio, si fa l’incontro del Superiore Generale e dei visitatori che lo accompagnano insieme con il consiglio della Direzione Regionale. È un momento importante di condivisione e discernimento sulla vita della regione, delle comunità e dei missionari.
Si conclude così la Visita Canonica a questa Regione che vive in un paese che da anni soffre a causa della guerra e che in questi giorni si è fatta particolarmente forte e violenta nella zona al confine con il Rwanda e nella città di Goma provocando morte, distruzione ed un grande numero di rifugiati.
A Kinshasa, dopo alcune manifestazioni violente, è subito ritornata la calma e anche gli studenti hanno fatto manifestazioni pacifiche, ma questo non vuole dire che non ci siano tensioni e l’incertezza sul futuro. Si vede tanta povertà e tanta sofferenza, tanta gente che lotta ogni giorno per poter vivere o sopravvivere.
La nostra presenza in questa realtà è vera consolazione, forse anche piccola e limitata, ma sostenuta dalla dedicazione dei nostri missionari e anche dal grande esempio di fede, partecipazione e coinvolgimento della gente e dei fedeli delle nostre parrocchie e comunità.
Che la Consolata e San Giuseppe Allamano intercedano e proteggano il Congo e ogni nostro missionario, questa è la nostra preghiera e ringraziamento per questo mese di visite, dialoghi, incontri e momenti di condivisione e famiglia facilitati e prepararti con amore da ogni comunità ed in particolare dal superiori regionale, padre David, che ci ha condotti nei lunghi viaggi fatti per raggiungere le nostre missioni.
* Padre Michelangelo Piovano, IMC, è Vice Superiore Generale.
I Missionari della Consolata hanno restituito alla diocesi la missione che avevano iniziato a Toribío nella regione del Cauca, in Colombia. Pubblichiamo di seguito le significative parole di ringraziamento pronunciate dal signor Gilberto Muñoz a nome delle organizzazioni indigene, durante l'Eucaristia del 26 gennaio 2025.
“Vorrei porgere il mio saluto fraterno a tutti voi, alle persone che sono venute qui dai villaggi, alle autorità indigene, ai bambini e ai giovani, a voi missionari.
Sapete che sono originario di Corinto, ma è stato quando sono venuto a lavorare a Toribío che ho imparato ad avvicinarmi alla Chiesa, è stato con i Missionari della Consolata. E questo per un semplice motivo... qui ho visto la Chiesa che raggiungeva la gente, che era ed è stata con la gente. Era la chiesa che trasformava davvero, insegnava la parola di Gesù ma nella pratica e nella vita: condivisione, amore.
Ogni volta che qualcuno arrivava in questa casa, padre Antonio Bonanomi lo portava in cucina e gli diceva: “Hai preso il caffè? Hai fatto colazione?” Questo non l'ho visto fare in nessun’altra chiesa. Forse ci hanno abituati male, ma questa vicinanza ci manca.
C'erano anche le missionarie qui, li ho conosciute, le missionarie della Madre Laura che accompagnavano il padre Álvaro Ulcué Chocué, (il primo sacerdote indigeno Nasa)... e poi altre missionarie, ricordo la madre Teresa che era francese. Grazie al lavor dell'équipe missionaria, molti di noi abbiamo anche attraversato l’oceano e conosciuto il sostegno di molte istituzioni: la Conferenza Episcopale Italiana, Caritas, Manos Unidas, Fastenopfer, l'Unione Europea. Tutto questo fa crescere le persone. Da tutto questo esercizio, mi è rimasta una cosa molto importante, e vorrei dirla con le parole di padre Antonio: “se trovi un lavoro, non è per essere servito ma per servire”. A volte succede che se raggiungiamo una buona posizione politica o comunitaria pensiamo che dobbiamo essere serviti. No, in realtà dobbiamo servire le persone; io lo dico e lo ripeto sempre ovunque vada e cerco di metterlo in pratica.
In questa chiesa abbiamo vissuto momenti molto felici, belle celebrazioni, ma anche momenti molto tristi. Ricordo la “chiva bomba” quando un asse di quel veicolo era rimasto incastrato in un muro interno della parrocchia. Ricordo quando il padre Ezio Roattino, armato di sua stola, andava di casa in casa in mezzo alla sparatoria per fare uscire la gente ed evitare che divenissero vittime degli attacchi delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Io sono stato rapito dalle FARC ma le comunità di questo municipio e di altri, incoraggiate dall'Equipe Missionaria, sono andate a cercarci e ad accompagnarci nel Caquetá dove ci avevano portato ed eccomi qui.
Gilberto Muñoz Coronado
Questa Equipe Missionaria si è dedicata certamente allo spirituale, ma anche ai progetti comunitari, all'educazione, alla trasformazione che ne deriva. C'è il Cecidic (Centro di Educazione, Formazione e Ricerca per lo Sviluppo Integrale della Comunità) che dice tutto lo sforzo che è stato fatto.
Un'altra frase di padre Antonio che ricordo molto: “chi impara a perdonare ha imparato ad amare”. Qui dobbiamo imparare a perdonare, a riconciliarci l'uno con l'altro. Ci sono tante ferite oggi, c'è tanto dolore in tante famiglie per le persone care che abbiamo perso... ma la parte spirituale ci aiuta e ci insegna.
Io in questa chiesa sono venuto con i miei figli piccoli, ci sedevamo sempre assieme e qui loro sono cresciuti. In questa chiesa, dopo aver conosciuto l'équipe missionaria, ho deciso anche di sposarmi; qui con me c'è anche mia moglie, siamo assieme da 41 anni, ma ci siamo sposati 31 anni fa, era il 9 gennaio 1993. Anche la Consolata celebra il suo anniversario 124, è stata fondata nel 1901, tutta una vita e tutta una storia di servizio. Ho potuto conoscere le loro casi di Milano, Torino, Roma... e anche vedere come, dopo aver offerto tutta la loro vita al servizio della gente, finiscono in una casa dove chiudono la loro vita quando non ce la fanno proprio più.
Parrocchia di San Giovanni Battista di Toribio
Ci sono molte lezioni che possiamo imparare da loro, ma oggi siamo qua per ringraziarli a nome di tutti e lo vogliamo fare con questa targa che vorremmo collocare da qualche parte in questa chiesa a perenne ricordo della vostra presenza e del vostro servizio. Dice tutta la gratitudine che abbiamo nel cuore e dice: “La nostra gratitudine ai Missionari della Consolata per l'accompagnamento spirituale, l'impegno e il sostegno ai nostri progetti comunitari a favore di bambini, giovani, donne e comunità.
Con affetto, le autorità indigene di Toribío, Tacueyó, San Fracisco, Progetto Nasa, Cecidic e la comunità in generale. Toribío Cauca 1984-2025. Dio vi benedica sempre cari missionari".
* Gilberto Muñoz Coronado, sociologo e membro dell'Assemblea dipartimentale del Cauca.
Il missionario della Consolata, Padre Jackson Murugara, nominato da Papa Francesco vescovo coadiutore della Diocesi di Meru (Kenya), lo scorso 16 gennaio 2025, sarà consacrato vescovo il 19 marzo 2025 nello Stadium Kinoru della città di Meru alle 10:00 ora locale. Le celebrazioni continueranno poi con la Messa di ringraziamento, domenica 23 marzo, presso la Cattedrale San Giuseppe di Meru.
In questa intervista, in inglese, rilasciata a Capuchin TV in Kenya, che trasmetterà in diretta la Messa di ordinazione, il Rev. Padre Jackson Murugara, si presenta e parla della sua futura missione.
Leggi anche: Padre Jackson Murugara, IMC, nominato vescovo Coadiutore di Meru
* Ufficio Generale per la Comunicazione
Negli ultimi giorni la situazione a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, è stata davvero tesa. Migliaia di manifestanti sono scesi in strada per protestare contro l'immobilismo della comunità internazionale di fronte allo sgretolarsi della sicurezza nell’Est del Paese.
In questa zona i ribelli dell'M23, un gruppo armato antigovernativo sostenuto dal Ruanda, stanno proseguendo la propria avanzata, tanto che la città di Goma si trova stretta in una morsa di violenza e paura. Gli scontri hanno seminato il panico tra i civili, costringendo migliaia di famiglie a lasciare le proprie case.
A Kinshasa sono scoppiate le proteste anti-ruandesi; i partecipanti ai disordini delle scorse ore hanno portato bandiere congolesi e giurato fedeltà al presidente Felix Tshisekedi, bruciando pneumatici e bloccando le strade della capitale.
La situazione è talmente critica da aver spinto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a convocare una riunione d’emergenza per scongiurare il rischio di una guerra regionale.
Il nostro pensiero, in queste ore estremamente difficili per lo stato africano, è andato a Padre Rinaldo Do, missionario della Consolata rientrato in Congo negli scorsi mesi dopo aver trascorso un periodo di riposo nella casa di Via Romitaggio a Bevera.
Padre Rinaldo Do nella missione a Isiro
''Da martedì sono a Kinshasa capitale. Dalle televisioni state seguendo cosa capita'' ci ha detto il religioso. ''Ieri la città era in subbuglio: migliaia di giovani in strada per appoggiare l'esercito congolese contro l'aggressione del Ruanda. Purtroppo, invece di manifestare in maniera non violenta, hanno iniziato a barricare strade, bruciare ambasciate, saccheggiare negozi e supermercati. La violenza non ci aiuta'' ha aggiunto il missionario originario della provincia di Brescia, ma molto legato al nostro territorio.
Basti pensare che gli Alpini di Casatenovo lo scorso ottobre avevano promosso una cena benefica in oratorio a Valaperta, con il ricavato devoluto proprio alla missione congolese di Padre Rinaldo (ne avevamo parlato QUI).
''Congo e Ruanda: due paesi vicini, ma da tempo in guerra. Nella rivolta dei giovani c'è una rabbia contro il presidente, il governo, i deputati...a causa loro la gente soffre molto. ''Da ieri - ha proseguito - sono nella Nunziatura del Papa in attesa di ritornare a casa quando ci sarà calma nelle strade''.
Per Padre Rinaldo Do, in Congo dal 1991 (QUI avevamo raccontato la sua storia), non si tratta della prima esperienza in un clima di così forte tensione. ''Ho vissuto diverse guerre e saccheggi...a volte abbiamo dovuto addirittura scappare nella foresta, tornare e riprendere la nostra attività da capo'' ci ha detto, riferendosi al periodo tra il 1998 e il 1999. ''Questo Paese è troppo ricco, ci sono diversi interessi. Non si ascolta la Chiesa, nè le parole del Papa che aveva detto: giù le mani dal Congo. Questa è una nazione libera, ma si deve riorganizzare. Purtroppo c'è una grande responsabilità da parte dei politici che non seguono gli interessi del popolo. Stiamo assistendo ad una retrocessione orribile''.
* Originalmente pubblicato in: www.casateonline.it (Bevera, Italia)
Nel gennaio 2025, dopo 41 anni di servizio, i Missionari della Consolata hanno chiuso la loro missione a Toribio, nel Cauca, celebrando con gratitudine e commozione un'eredità di fede, resistenza e impegno che continuerà a vivere nel cuore della gente.
Da oltre quattro decenni, i Missionari della Consolata camminano al fianco delle comunità di Toribío, un territorio caratterizzato da un ricco patrimonio culturale indigeno, ma anche da profonde sfide sociali e politiche. La loro presenza in questa regione del Cauca settentrionale non è stata solo un atto di fede, ma anche una testimonianza di resistenza, solidarietà e impegno nei confronti delle comunità indigene, contadine e afrodiscendenti del popolo indigena Nasa.
La partenza da Toribío ha coinciso con la commemorazione del 124° anniversario della fondazione dell'Istituto, un momento storico che è stato celebrato con gratitudine e riflessione.
Direzione Regionale della Colombia durante celebrazione nella parrocchia di San Juan Bautista di Toribio
Nel video che segue, padre Venanzio Mwangi, Superiore Regionale, ha condiviso un messaggio pieno di emozione: “Cara famiglia vi salutiamo da questa chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, e da questo paese di Toribio, dove siamo riuniti in consiglio per tutta questa settimana. Lo facciamo in occasione della chiusura della nostra presenza in mezzo a queste comunità; a questo punto oggi possiamo dire, come ci ha insegnato nostro Signore Gesù Cristo e San Giuseppe Allamano: “«abbiamo fatto quello che dovevamo fare»”. Questo messaggio, che invitava a “tornare alla prima esperienza di amore” e ad “abbracciare il nuovo che sta arrivando”, ha risuonato profondamente nella comunità.
La sera di sabato 25 gennaio, la comunità si è riunita per celebrare una solenne Eucaristia in onore del compleanno di padre John Wafula, l'ultimo parroco dei Missionari della Consolata a Toribío. La celebrazione è stata un momento di gioia e gratitudine, in cui i parrocchiani hanno espresso il loro affetto per padre John con doni e parole emozionanti: “Lo porteremo tutti, insieme agli altri missionari, nel nostro cuore”, sono state alcune delle frasi che sono risuonate in un'atmosfera piena di affetto e riconoscimento.
Il giorno successivo, domenica 26 gennaio, si è svolta l'Eucaristia di ringraziamento per i 41 anni di presenza dei Missionari della Consolata a Toribío. La cerimonia ha riunito una grande folla di fedeli, leader della comunità e rappresentanti delle organizzazioni locali, che hanno espresso la loro gratitudine per il lavoro pastorale e sociale dei missionari. L'Eucaristia è stata presieduta da padre Venanzio Mwangi, Superiore regionale e concelebrata dai membri del Consiglio regionale e da padre John. La celebrazione è stata ricca di dettagli interculturali, tra cui musica, danze e simboli della cultura Nasa, che riflettevano l'inculturazione della fede nella regione.
L'arcidiocesi di Popayán, il Progetto Nasa e altre organizzazioni locali hanno espresso la loro gratitudine ai missionari per il loro lavoro nella regione. Sono state consegnate due targhe commemorative: una sarà affissa all'ingresso della chiesa parrocchiale e invece l’altra sarà conservata negli archivi della comunità. Sono stati donati anche prodotti tipici della regione, come mochilas, chumbes, cappelli e cibo, come simbolo di gratitudine e legame con la terra.
I discorsi hanno ricordato la storia condivisa tra i missionari e la comunità, evocando momenti di gioia e di dolore. Hanno parlato delle lotte per la giustizia sociale, la difesa del territorio e la promozione della pace in mezzo ai conflitti armati. Sono state ricordate anche figure emblematiche come padre Ezio Roattino, padre Antonio Bonanomi e padre Álvaro Ulcué Chocué, il primo sacerdote indigeno Nasa, che ha ispirato il lavoro dei Missionari della Consolata e la la cui eredità continua a vivere nella regione.
Padre Álvaro Ulcué Chocué con la comunità. Foto: Archivio IMC.
Anche l'Associazione dei Cabildos Indigeni di Toribio, Tacueyo e San Francisco , conosciuta con il nome di “Proyecto Nasa” ha espresso la propria gratitudine all'Istituto per mezzo di un messaggio.
Leggi il messaggio completo qui.
Padre Álvaro Ulcué Chocué (1943-1984) è stato una figura trascendentale non solo per Toribío, ma per tutta la Colombia. Nato nel “resguardo” (riserva) di Pueblo Nuevo nel municipio di Caldono (Cauca), è stato il primo sacerdote indigeno dell'etnia Nasa. Fin da giovane ha dimostrato un profondo impegno verso la sua cultura e la sua fede, integrando la spiritualità cattolica con la visione del mondo indigeno.
Murale all'interno della chiesa parrocchiale illustra la storia dell'evangelizzazione di Toribi. Foto: Jaime C. Patias
Ordinato sacerdote nel 1973, padre Álvaro ha dedicato la sua vita alla difesa dei diritti dei popoli indigeni. Ha promosso un'evangelizzazione contestualizzata che rispettasse le tradizioni Nasa e ha lottato instancabilmente per il recupero delle terre ancestrali, minacciate dai latifondisti e dagli attori del conflitto armato. È stato anche un fervente sostenitore dell'istruzione e del rafforzamento della leadership indigena, creando spazi di formazione ceh facessero crescere e rafforzare la sua comunità.
La sua vita è stata una testimonianza di coraggio e resistenza di fronte all'ingiustizia sociale. Il 10 novembre 1984 fu assassinato a Santander de Quilichao da sicari, in un delitto che non è mai stato del tutto chiarito. Il suo martirio lo ha reso un simbolo della lotta per i diritti umani e per i diritti territoriali dei popoli indigeni.
Murale sulla parete della casa parrocchiale. Padre Álvaro ha dedicato la sua vita alla difesa dei diritti dei popoli indigeni
Fin dal loro arrivo nel 1984, i Missionari della Consolata si sono integrati nella vita delle comunità di Toribío, non solo come guide spirituali, ma anche come alleati nella costruzione di un futuro più dignitoso. Il loro lavoro ha incluso la costruzione di parrocchie, la formazione di leader comunitari e il rafforzamento di una spiritualità inculturata che rispetta e valorizza le tradizioni ancestrali del popolo Nasa.
La fine della presenza dei missionari a Toribío ha segnato la fine di una tappa storica, ma non la fine di una missione. Il seme gettato per più di quattro decenni continua a dare i suoi frutti in leader comunitari, famiglie rafforzate nella loro fede e una Chiesa locale impegnata nella giustizia e nella pace. “Grazie per aver camminato con noi, per essere parte della nostra storia”, sono state alcune delle parole che hanno risuonato durante la cerimonia.
La apertura della presenza IMC a Toribio insieme alle Suore Laurite nel 1984. Foto: Archivio IMC Colombia
Oggi, guardando al passato, rivediamo i volti di coloro che hanno camminato con il popolo toribiano, li ringraziamo per la loro dedizione e per le innumerevoli testimonianze di vita che hanno lasciato in eredità. Che lo spirito missionario continui a illuminare i cuori di chi resta e che la Consolata continui a guidare il suo popolo nella speranza e nell'impegno per la giustizia e la pace.
* Santiago Quiñonez è giornalista dell'IMC nella Regione Colombia.