Il primo missionario della Consolata arrivato in Brasile nel 1937 è stato il padre Giovanni Batista Bisio. Attualmente lavorano nel Paese, 85 missionari tra cui 59 sacerdoti, 4 fratelli, 2 vescovi, 2 novizi e 18 giovani professi che studiano teologi.
I missionari della Consolata sono presenti in 22 comunità che evangelizzano attraverso specifiche scelte e servizi missionari negli stati di Amazonas, Bahia, Paraná, Rio de Janeiro, Roraima, São Paulo e nel Distretto Federale.
Lo scopo di questa Conferenza che si svolge tra il 6 e il 10 maggio 2024, presso la casa Regionale di San Paolo è esaminare la situazione della Regione, stabilire un programma di vita e di lavoro basato sulle opzioni e sui servizi missionari nel Continente America.
"Benvenuti alla nostra prima Conferenza regionale della Regione Brasile. Dichiaro ufficialmente aperta questa Conferenza", ha esordito il Superiore Regionale, padre Paulo Mzé, durante la sessione di apertura nel salone della casa.
Si tratta della prima Conferenza della "Regione Brasile", che riunisce i missionari delle ex regioni dell’Amazzonia e del Brasile, unificate nel 2019. Vale la pena ricordare che la Regione Amazzonica dal 1948 aveva già tenuto in precedenza nove Conferenze mentre la Regione Brasile aveva tenuto dodici Conferenze regionali da quando era stata eretta nel 1960 e dedicata alla S.S. Vergine Aparecida.
Padre Pauolo Mzé, Superiore della Regione Brasile e padre Juan Pablo de los Ríos, Consigliere Generale per l'America
Alla Conferenza partecipano in totale 54 missionari tra padri e fratelli che rappresentano le 22 comunità IMC e servizi particolari quali: Animazione missionaria e Vocazionale, Pastorale Afro, Pastorale indigena e amazzonica, Pastorale urbana, Periferie esistenziali, Migranti, Formazione di base e continua, Comunicazione ed Economia di comunione.
La presenza dei padri James Lengarin e Juan Pablo de los Ríos, rispettivamente Superiore e Consigliere Generale, è degna di nota come espressione dell'unità di intenti con gli altri missionari di America, Africa, Asia ed Europa.
"La Conferenza si riunisce in forma ordinaria ogni sei anni, circa un anno dopo il Capitolo Generale", afferma il nostro Direttorio (Dir. IMC, n. 142.1). Il XIV Capitolo Generale si è tenuto nei mesi di maggio e giugno 2023 a Roma, indicando negli "Atti Capitolari" diverse linee di azione, motivazione e riflessione per i progetti particolari in ogni continente e circoscrizione.
Nel novembre 2023, i delegati delle cinque circoscrizioni del Continente America si sono riuniti nell'Assemblea Continentale per rinnovare le linee di azione del Progetto Missionario Continentale (PMC) alla luce degli Atti Capitolari, che hanno indicato le strade da percorrere e hanno avanzato nuove proposte per alleggerire e qualificare la gestione e l'organizzazione missionaria nel Continente.
È in questo contesto che si svolge questa Conferenza dei missionari in Brasile, della durata di cinque giorni. L’incontro, come si è detto, ha lo scopo di "esaminare la situazione della Regione, per stabilire un programma di vita e di lavoro, in accordo con i propri fini e con le direttive del Capitolo e della Direzione Generale, come si legge nelle Costituzioni dell’IMC (n. 142).
Aprendo i lavori il Superiore regionale, padre Paulo Mzé, ha ringraziato i missionari della Regione per la loro presenza e disponibilità al servizio delle missioni e li ha invitati a "vivere attivamente questo momento di grazia che è la nostra prima assemblea unificata della Regione Brasile".
Padre Juan Pablo de los Ríos, Consigliere generale per l'America, ha ricordato che " questa prima Conferenza unificata del Brasile è un kairos” e dunque per vivere questo tempo di grazia, abbiamo bisogno di "molta disponibilità e tempo, ma anche del coraggio di lasciare alcune cose e assumerne altre, mantenendo il cammino di unità e identità per rispondere alle grandi sfide che il Continente deve affrontare in ogni momento".
Padre Paulo Mzé e il Superiore Generale, padre James Lengarin
Il Superiore Generale, padre James Lengarin, ha ricordato che "viviamo in una mentalità e in un tempo di cambiamenti, in cui dobbiamo sempre mantenere la qualità e la fedeltà alla vita religiosa e al cristiana e cercare di rispondere efficacemente alle nuove sfide della missione". Presentando la realtà attuale dell'Istituto nel mondo "che è cambiata dalla sua fondazione, ma sempre rinnovata", ci invita a "migliorare il nostro servizio missionario nel mondo attraverso la continentalità, sempre in comunione con tutti coloro che sono nel mondo intero".
Durante questa prima giornata sono state organizzate le commissioni, presentate le relazioni della Direzione generale e i messaggi del Superiore e del Consigliere generale. I lavori della giornata si sono conclusi con la celebrazione eucaristica, presieduta dal padre Paulo Mzé. La riunione durerà fino a venerdì 10 maggio, con la presentazione e la definizione delle linee di azione per i prossimi sei anni in Brasile.
* Padre Julio Caldeira, IMC, è missionario nell'Amazzonia brasiliana.
Visita a San Pedro, Grand Zattry e Abidjan.
Pubblichiamo la seconda puntata della cronaca della visita della Direzione Generale in Costa d'Avorio da parte del Vice Superiore Generale, padre Michelangelo Piovano e dei Consiglieri Generali, i padri Erasto Mgalama e Mathews Odhiambo Owuor.
Continuando la visita alle altre comunità della Delegazione, sempre accompagnati da padre John Baptist Odunga, siamo stati a San Pedro, Grand Zattry e Abidjan. Le prime due comunità sono al sud del Paese, nella diocesi di San Pedro. Qui abbiamo la casa della Delegazione e Centro di Animazione Missionaria dove siamo stati accolti da padre Bonfas Ochieng Mutanda che è lì per sostituire padre Ariel Tosoni e padre Raphael Njoroge che al momento si trovano a Dianra Village.
Abbiamo avuto modo di pregare con un bel gruppo di amici della comunità il rosario, i vespri e la messa celebrata in uno spazio all’aperto molto bello, dove vi è anche la grotta della Consolata. Sull’altare vi è una foto di padre Matteo Pettinari (morto tragicamente il 18 aprile scorso), la sua stola, una bibbia aperta ed un cero acceso.
Tutti lo sentono presente e vivo nel mistero della risurrezione che celebriamo sull’altare. La casa di San Pedro è accogliente ed è dove avremmo dovuto avere la Conferenza della Delegazione. Alla sera la gente ci accoglie con un rito di benvenuto tipico del Paese: “la cola”, un prodotto tipico locale, con peperoncino secco ed una bevanda estratta dalla canna da zucchero. Padre Bonfas ci porta anche a vedere la sede della diocesi, la cattedrale e alcune parrocchie della città dove siamo sempre accolti con gioia dai sacerdoti che vi lavorano.
Parrocchia di San Giuseppe Artigiano a Grand Zattry
Da San Pedro viaggiamo a Grand Zattry nella Parrocchia di San Giuseppe Artigiano. Ci accoglie il parroco padre James Mwangi Gichani. All’arrivo, su una collinetta rocciosa, sorge la bella e nuova chiesa della Parrocchia terminata da poco. All’interno delle belle pitture raccontano la vita di Cristo, dei Santi patroni delle varie comunità di base della Parrocchia, dell’Allamano, della Consolata e della Beata Irene. Con padre James lavora anche padre Bonfas che abbiamo incontrato a San Pedro. Ricordiamo anche altri missionari che avevano lavorato, in precedenza, contribuendo allo sviluppo della parrocchia: i padri Giano Benedetti, Silvio Gullino, Victor Kota e altri. Accanto alla chiesa è stata costruita recentemente una bella grotta della Madonna di Lourdes dove non manca però anche la Consolata.
Padre James ci accompagna nella visita ad alcune delle comunità di base della parrocchia situate in villaggi molto poveri. Vi sono anche due semplici scuole costruite grazie a dei finanziamenti dal Canada e dalla Caritas. Le condizioni dei bambini e le strutture sono poverissime, mancano tuttora l’acqua corrente ed i servizi igienici. Dei maestri il governo ne paga solo uno, gli altri lavorano come volontari e sostenuti dalla parrocchia in qualche modo.
Dopo la Messa, alla quale partecipa un bel gruppetto di cristiani che fanno parte del consiglio pastorale, ci salutiamo con una foto ricordo. Anche qui siamo grati per la calorosa accoglienza ricevuta da padre James e dalla gente. Ci siamo sentiti a casa, in famiglia e qui non è necessario chiederci se siamo o no ad gentes: lo siamo al 100%.
Da Grand Zattry partiamo per Abidjan dove si concluderà la nostra visita. Ritorniamo al Seminario dove eravamo stati accolti al nostro arrivo. Padre John Baptist, che ci ha accompagnati in queste due settimane, è il rettore. La comunità è composta da Eduard, uno studente di filosofia al primo anno, e da cinque studenti che stanno facendo la licenza: Telmo Avelino Josè, Urbanus Nzangi, Dickson Kajuna, Fredrick Maina e Fredrick Swai. In questo momento per lo studio della lingua francese vi sono anche due giovani missionari: padre Albert Mwanguhya già destinato alla Delegazione e padre Erasto Gabriel Kabogo destinato al Madagascar. Al nostro arrivo, la settimana precedente, avevamo già incontrato personalmente ognuno degli studenti e fatto un incontro comunitario con loro.
Il sabato sera partecipiamo con loro alla Lectio Divina sul Vangelo della domenica ed il giorno seguente ancora condivisione con la comunità. Lunedì mattina vistiamo gli Istituti Superiori dove vanno gli studenti per la filosofia e le licenze. La sera partiremo per il Sudafrica dove arriveremo il giorno seguente.
Seminario di Abidjan: studio di filosofia, specializzazione e lingua francese
Terminando questa visita alla Costa d’Avorio esprimiamo la nostra gratitudine a tutti. Avremmo dovuto fare la Conferenza e queste visite assieme a padre Matteo…lo ha fatto in un altro modo guidandoci e assistendoci dal Paradiso. Partiamo con il cuore grato e pieno della certezza che questa è la nostra missione, una missione bella, con tante sfide, ma altamente formativa se sappiamo accoglierla con generosità e disponibilità, con fedeltà e coraggio. Preghiamo il Signore, per intercessione della Consolata e dell’Allamano, che la Delegazione possa continuare a compiere con fedeltà il suo cammino che verrà anche orientato in futuro dalla conferenza regionale che faremo quando le condizioni lo permetteranno. Vivremo in comunione particolare con loro il 24 maggio, giorno in cui vi saranno i funerali del nostro caro Padre Matteo.
* Padri Michelangelo Piova, Erasto Mgalama e Mathews Odhiambo Owuor.
Programma del funerale di padre Matteo Pettinari
Dianra Villade, 23 e 24 maggio 2024
“Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. I fedeli nell'amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti.” (Sap 3,1-3.9)
“La comunità sarà sempre formata dai vivi e dai defunti, né questo vincolo si scioglierà più, neppure in paradiso.” (Beato Giuseppe Allamano, Fondatore dei Missionari della Consolata)
Carissimi, Con la tristezza nel cuore ma anche con la consolazione che viene dalla fede comunichiamo il programma dei funerali del nostro caro padre Matteo Pettinari, per permettere a tutti di mettersi in comunione con la comunità e poter partecipare.
Lunedì 20 maggio: arrivo della delegazione dall’Italia formata da 15 persone, membri della sua famiglia: papà di Matteo, fratello e sorella insieme ad altri familiari ed amici.
Martedì 21 maggio: giorno di consolazione e di inserimento nella comunità, dedicato alla preparazione del funerale.
Mercoledì 22 maggio: presso l’obitorio di Katiola (dove è conservato il corpo di padre Matteo) celebrazione della S. Messa di suffragio con il vescovo, i sacerdoti e cristiani della parrocchia della cattedrale.
Giovedì 23 maggio: ultimo saluto alla salma di padre Matteo con la S. Messa di suffragio e poi il corteo funebre da Katiola partirà verso Dianra Prefecture dove il feretro sarà accolto in Chiesa con l’officio de defunti. Si proseguirà poi per Dianra Village per la veglia funebre di tutta la notte.
Venerdì 24 maggio: Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo di Odiennè Monsignor Alain Clement Amiezi insieme a tutti i sacerdoti della Diocesi, i Missionari della Consolata presenti in Costa d’Avorio e altri sacerdoti ed amici che saranno presenti. Alla Celebrazione parteciperanno le comunità cristiane di Dianra Village, Dianra Prefecture, Sonozo, Marandalah, i dottori ed infermieri del Centro di Salute Allamano e molti altri cristiani e non che hanno avuto la grazia di incontrare padre Matteo sulla loro strada.
Seguirà la tumulazione della salma del nostro caro padre Matteo in una tomba mausoleo costruito tra la Chiesa e la grotta della Consolata, luogo che lui stesso aveva indicato in diverse occasioni.
I Missionari della Consolata Delegazione Costa D’Avorio
Dianra, 05 maggio 2024
Oggi, nel nostro Istituto Missioni Consolata, si celebra la Festa dei Fratelli. Quando è nata e perché? Ecco le parole del Beato Fondatore.
Sono andato a spigolare fra i testi del Beato Allamano e ho scoperto che proprio lui stesso ha voluto che si celebrasse la festa dei Fratelli del nostro Istituto proprio nella festa di S. Giuseppe che fino ai tempi del Fondatore era celebrata il mercoledì dopo la seconda domenica di Pasqua. Successivamente Papa Pio IX, l’8 dicembre 1870, istituì la Solennità di S. Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria, da celebrarsi il 19 marzo.
La memoria di S. Giuseppe Artigiano, invece, fu inserita nel Calendario Liturgico, come memoria per tutta la Chiesa, da Papa Pio XII, nel giorno 1º maggio1955. Fu a quest’ultima che venne finalmente associata la festa del patrocinio di S. Giuseppe per i Fratelli e quindi in questa data l’Istituto vive con gioia la tradizione lasciataci dal Fondatore.
Con il vocabolario originale, dove i Fratelli sono ancora chiamati Coadiutori, ecco le parole del Beato Fondatore, come riportate nelle Conferenze Spirituali e poi riprese nel libro “L’Allamano e i Fratelli” curato da Padre Gottardo Pasqualetti:
“S. Giuseppe è protettore di tutti, chierici, Coadiutori e sacerdoti: guai a chi non ha devozione a S. Giuseppe! In particolare, avete fatto bene ad inaugurare questa festa, come quella particolare dei Coadiutori [1]. Non c’è esempio migliore di S. Giuseppe; egli è il nostro maestro e ci deve proteggere in modo particolare. È il più gran santo. La Chiesa lo ha costituito il patrono universale di tutto il mondo. Pare perfino che abbia fatto un torto a S. Pietro e S. Paolo che erano sacerdoti, mentre S. Giuseppe non lo era. Per voi Coadiutori deve essere un santo orgoglio, che la Chiesa abbia preferito un santo che non era sacerdote per costituirlo patrono di tutta la Chiesa.
Questo vi deve insegnare ad amare il lavoro, a fare bene il vostro lavoro, a corrispondere alla vostra vocazione. Se corrisponderete bene alla vostra vocazione voi potrete anche essere superiori ai sacerdoti, avrete più merito e chissà che in Paradiso non avrà più merito un Coadiutore di tanti sacerdoti! Quanti Coadiutori si sono fatti santi! S. Pasquale Baylon, S. Alfonso Rodriguez non erano mica sacerdoti; eppure, si sono fatti santi.
Dovete pensare che siete missionari, e dovete avere un santo orgoglio di appartenere alla classe di S. Giuseppe. È vero che qui in comunità facciamo una sola cosa, siamo tutti uguali, tutti Fratelli. Ma voi Coadiutori avete meno responsabilità, mentre i sacerdoti e chierici avranno da rendere più conto a Dio.
In una congregazione c’è questo di bello, che si coopera tutti insieme a fare il bene, meritano tutti lo stesso: tanto chi scopa, come chi lavora o studia, purché si faccia solo quello che l’obbedienza ci comanda. Fortunati voi Coadiutori che potete abitualmente avere il lavoro in mano!
Conchiudendo, a S. Giuseppe dobbiamo chiedere delle grazie, ed amare il lavoro. Un missionario che non abbia questa parte di preparazione, che non sappia e che non abbia voglia di lavorare non è un vero missionario. Infatti, in principio che si va giù e che non si sa ancora la lingua, che si fa? Si lavora un poco e lavorando un poco quegli uomini là, ci dicono delle parole e ci insegnano la lingua. Non si può andare a predicare senza lavorare… Come se un missionario andasse giù e dicesse: “Ah, io voglio solo predicare e non lavorare… “e difatti tutti i nostri sacerdoti che vanno giù cominciano a lavorare. E poi ce n’è bisogno sempre del lavoro. Se in una missione c’è un superiore che non sa lavorare che cosa farà? Se non sa lavorare lui, come farà a fare lavorare gli altri? Quindi il lavoro bisogna saperlo e volerlo fare. Ai chierici è anche più necessario il lavoro. Io credo che per prepararsi a partire per l’Africa la migliore cosa da fare è quella di imparare a prendere amore al lavoro: imparare e saper fare un po’ di tutto …
Dunque, ringraziamo e preghiamo S. Giuseppe. Ed ora resta approvata la festa dei Coadiutori e fissata pel Patrocinio di S. Giuseppe.”
(Beato Giuseppe Allamano, Conferenze IMC, III, 563-565 – 15 aprile 1921, in Pasqualetti Gottardo [a cura], Il Fondatore e i Fratelli, EMC, 2014, pp. 55-56).
A tutti voi confratelli Fratelli,
auguri di ogni bene e che il Signore vi benedica,
vi mantenga perseveranti nella vocazione missionaria
per intercessione del Grande S. Giuseppe, Artigiano.
Fratel Adolphe Mulengezi e Fratel Gaetano Borgo nel suo "laboratorio" a Certosa di Pesio. Foto: Archivio IMC
* Padre Pedro José da Silva Louro, IMC, Segretario Generale.
La vita del missionario è un'esperienza che si scrive ogni giorno in eventi che diventano trascendenti e mistici. Ogni luogo di missione è un incontro con il Dio della vita che si fa umanità in ogni comunità per continuare a costruire il Regno di Dio in mezzo alle diversità naturali, culturali, etniche e sociali.
È stato questo il compito che ha portato padre Ezio Roattino, missionario della Consolata, a lasciare il suo comodo paese natale in Italia per rinascere spiritualmente in Colombia, precisamente nella comunità Nasa di Toribio-Cauca. Ho voluto dedicare al padre Ezio il mio primo libro, edito dall'Università Javeriana di Cali, che racconta la vita del primo sacerdote indigeno cattolico colombiano in 500 anni di evangelizzazione: Álvaro Ulcué Chocué.
Io sono missionario della Consolata, messicano di origine e anch’io appartenente a una comunità indigena. La riflessione di questa pubblicazione si ispira in una nota frase del padre Alvaro: "Osare pensare è osare combattere". Questa espressione divenne così viva nella sua vita che il suo operato missionario lo trasformò in un martire che offrì il suo sangue come seme di nuovi cristiani.
Il libro, che include anche documenti storici, racconta la dedizione che ebbe per la difesa dell’identità, la cultura e il territorio; il suo sacrificio per il Regno di Dio è ancora oggi l'eredità che continua a ispirare la Chiesa e la comunità, animata, dopo la sua morte, dall’attività dei Missionari della Consolata.
È stato pubblicato anche il testo “El alma del Misionero. Elmer Peláez Epitacio”, scritto da Celia Lanza, una laica della Consolata di Buenos Aires, Argentina, che mi ha accompagnato nel mio percorso missionario per 12 anni e che ha voluto raccontare il mio cammino con la comunità della Consolata.
Questo testo racconta alcune esperienze del mio cammino vocazionale e missionario; la narrazione di una vita che ama e vibra per la missione. Quando leggo le esperienze raccolte e raccontate dalla maestra Celia mi accorgo che davvero il nostro lavoro missionario ha senso solo quando si annuncia e si costruisce il regno di Dio; si rafforza l’impegno che significa la vocazione missionaria e l’umiltà necessaria per viverla con pienezza. Spero che possa servire da ispirazione per molti giovani che cercano un senso nella vita; per coloro che vogliono un mondo che viva nella speranza, nella pace, nel perdono e nella riconciliazione.
Padre Elmer Peláez Epitacio presenta i libri nella Parrocchia Maria Speranza Nostra di Torino
Entrambi i testi sono stati presentati in una semplice ma sentita celebrazione il 31 ottobre 2023, nella Sala Allamano della Parrocchia Maria Speranza Nostra di Torino. Ringrazio Padre Stéfano Camerlengo, Superiore Generale della Consolata, che ha dato il via libera quando ha saputo di questa iniziativa; Padre Salvador Medina per le sue riflessioni espresse nei contenuti e il dottor Manuel Ramiro Muñoz, Direttore degli Studi Interculturali della Pontificia Universidad Javeriana di Cali, Colombia, per le sue riflessioni nel prologo del libro.
* Padre Elmer Peláez Epitacio, IMC, è messicano e vicario nella Parrocchia Maria Speranza Nostra di Torino, Italia.
Come in tutto il mondo, la comunità della Casa Generalizia a Roma si è radunata per la messa di ringraziamento in occasione dell’anniversario della fondazione dell’Istituto. Con gioia e speranza abbiamo raggiunto i 123 anni di vita e missione e in contemporanea anche le missionarie della Consolata festeggiano i loro 114 anni di fondazione. È tutto opera della Consolata. “Lei è la Fondatrice”, diceva l’Allamano che attribuirà sempre alla Consolata la fondazione di questa opera oggi presente in 28 paesi dell’Europa, Africa, America e Asia.
La messa celebrata nella capella della Casa Generalizia, a mezzogiorno del 29 gennaio, è stata presieduta dal Vice Superiore Generale, il Padre Michelangelo Piovano, che nella sua omelia, ha evidenziato le principali riflessioni del Padre Fondatore nel discernere il piano della fondazione dell'Istituto. Di seguito, pubblichiamo alcuni spunti della sua omelia:
“Oggi celebriamo e facciamo memoria del giorno della Fondazione dell'Istituto, nostro e delle nostre sorelle missionarie. È il compleanno dell'istituto, della nostra famiglia, nella quale un giorno siamo stati chiamati a farne parte.
Dalla vita e parole del Fondatore sappiamo che questa data è carica di significato, uno di quei giorni nei quali il Signore interviene quasi per dare il suo sigillo o per confermare una sua volontà e desiderio.
Siamo agli inizi del 900, Gennaio, mese, freddo, di influenze e malattie e anche l’Allamano è gravemente ammalato con una doppia polmonite, tanto che si teme non possa farcela e la morte lo raggiunga prima. Si prega per lui e alla Consolata si fa anche un triduo per chiedere la sua guarigione.
Ma qualche cosa di prodigioso succede. Tra il 28 e 29 Gennaio, l’Allamano si riprende e inizia a stare meglio contro ogni previsione. Come uomo di Dio, legge in questa guarigione, un segno che non cercava, ma che forse aspettava: quello della fondazione dell'Istituto, al quale stava pensando e lavorando da tempo.
Se la grave malattia non cessasse, da un lato fa dire al cardinal Agostino Richelmy (l’Arcivescovo di Torino) che lo incoraggia sulla sua ripresa, che un altro dovrà pensare alla fondazione, dall'altra la sua guarigione diventa per lui un segno assieme a una promessa fatta nel suo cuore al Signore: “Se guarirò, è segno che quest'opera deve essere fatta”.
Questa grazia, l’Allamano la attribuirà poi sempre alla Consolata anche se non ha mai voluto che si parlasse di miracolo o di qualche cosa di prodigioso. Dirà solo: “Guarii e si fece la fondazione, ecco tutto”.
Il quadretto della Consolata che è nella Cappella accanto alla sua tomba a Torino è quello che gli fu portato in quei giorni di malattia, lo tenne sempre con sé e solo nel 1924, su richiesta di Padre Nepote, lo diede al noviziato e di seguito accompagnerà le nostre case di noviziato in Italia.
Anche per questo e per tante altre ispirazioni ed aiuti l’Allamano attribuirà sempre alla Consolata la fondazione dell'Istituto. Lei è la Fondatrice, diceva. Sappiamo che in quell'anno passerà alcuni mesi a Rivoli per riprendersi e il 24 aprile scrive la famosa lettera per chiedere al Vescovo l'approvazione per la fondazione dell'Istituto.
L'approvazione dell'episcopato piemontese arriverà il 12 settembre 1900 ed il decreto di erezione del cardinale Richelmy, porta appunto la data del 29 gennaio 1901, un anno dopo la sua malattia e guarigione e giorno di festa di San Francesco di Sales a cui l’Allamano dava anche un significato particolare.
Con la fondazione dell'Istituto e l'arrivo dei primi missionari che in breve partiranno per il Kenya. inizia la nostra storia, presente nei piani di Dio fin dall'eternità, come dice san Paolo nella lettura dell’anniversario.
Avventura e storia con vicende liete e tristi, ancora negli anni in cui l’Allamano era vivo, ma per le quali ha sempre ha nutrito grande fede e fiducia nel Signore, perché l'opera era stata voluta da Dio, dalla Consolata, per cui loro ci avrebbero pensato.
E ci hanno pensato: quando la casa si è svuotata dopo la prima partenza dei missionari, quando sembravano mancare i mezzi materiali per portarla avanti, quando è scoppiata la guerra o quando sono arrivati giorni difficili per la morte del canonico Giacomo Camisassa e altre difficoltà che ogni istituzione religiosa come la nostra deve affrontare
L’Allamano così scriveva nel 1908 a Fratel Benedetto Falda: “L'albero dell'Istituto è piantato saldamente. Cadranno anche delle foglie, forse dei rami si piegheranno, ma l'albero crescerà gigantesco, ne ho le prove in mano”.
“Il nostro istituto durerà sempre, finché ci saranno anime da salvare. Vedete la perpetuità dell'Istituto”.
Nel 1922 confidò ad un missionario: “Guarda Ferrero, l'Istituto andrà giù, giù; ma non si perderà, perché è della Consolata”.
Questo istituto con 123 anni ora siamo noi, siamo quella famiglia voluta da Dio per opera della Consolata e dell’Allamano. Lo guardiamo e crediamo che è quell'albero, gigantesco, rigoglioso e secolare.
Dalla Parola di Dio raccogliamo alcuni pensieri e illuminazioni per la nostra vita affinché, attraverso di essa, possiamo continuare a tenere viva la grazia della chiamata nell'Istituto e corrispondervi con tutto noi stessi.
Paolo nell'inno agli Efesini (Ef 1, 3-14) ci invita a ringraziare Dio per il dono della sua scelta, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità.
Crediamo che nel disegno e piano di Dio circa la fondazione del nostro Istituto ognuno di noi era già presente, già ne faceva parte ed il Signore tutto ha predisposto perché questo si realizzasse. È il mistero della sua chiamata e di una volontà che Dio realizza e attua in noi, servendosi di noi.
Santi e immacolati, perché salvati e redenti dal sangue di Gesù. E questo ci incoraggia e dà forza e speranza perché, nonostante i nostri limiti e fragilità, Dio conduce questa storia e cammino del nostro Istituto, allo stesso tempo santo e peccatore.
Il Vangelo (Gv 15, 4-15) ci indica una dimensione importante di questa santità, quella di essere tralci uniti alla vite, uniti a Gesù, in comunione con ognuno, ma sappiamo quanto è difficile questo cammino. Anche l’Allamano amava applicare questa immagine evangelica alla vita di ogni missionario e dell’Istituto. Uniti alla vite per crescere nella santità e portare frutti, uniti in quell’amore che spinge fino a dare la vita.
Padre Michelangelo Piovano, Vice Superiore Generale.
Una santità che passa attraverso la carità, il volersi bene, il rispettarsi, l'accettarsi, lo stimolarci a vicenda e anche il correggerci mutuamente. Oggi è il giorno e celebrazione di famiglia per ridirci questo e, non a caso, è stata scelta questa Parola di Dio per questa celebrazione.
Celebriamo l'anniversario della Fondazione dell'Istituto all'inizio di questo triennio, nel quale avremo il Beato Allamano come speciale protettore.
Ci aspettano celebrazioni ed eventi particolari, come il centenario della sua morte e la sua canonizzazione tanto attesa. Anche questi momenti devono portarci a vivere in profondità il significato e la grazia che vogliono trasmetterci.
Un Allamano morto quasi cento anni fa, ma che deve continuare vivo in noi, nell'attuazione e incarnazione del suo carisma. Un Allamano che verrà proclamato Santo, ma che deve essere santificato innanzitutto nella nostra vita.
Il miracolo che porterà alla canonizzazione è il miracolo della missione e santità dell'Istituto e dei suoi missionari in tutti questi anni di vita. Il miracolo del bene fatto bene, con cura, con attenzione, con fedeltà e costanza.
Una storia centenaria costruita sulla fedeltà, coraggio, fede, intraprendenza di tanti nostri confratelli e consorelle. Per questo è importante e bello ricordarli e raccontarli, seguirne le orme anche oggi e lasciarsi ispirare dal loro operato.
Per questo la celebrazione della Fondazione dell'Istituto è festa di famiglia, della nostra famiglia. Di tutti coloro che ne hanno fatto parte in passato, ne fanno parte ora e lo faranno in futuro. Famiglia di Gesù, di coloro che ascoltano la Parola e la osservano, di coloro che compiono la volontà del Padre.
La Consolata, che tutto ha fatto e disposto perché il nostro Istituto avesse vita, continui ad operare nella nostra vita e famiglia. Continui ad operare e disporre le cose in modo che questa famiglia viva nella comunione tra i suoi figli, come lo desidera ogni mamma.
Affidiamo a Lei l’Istituto che in questi primi mesi dell’anno, nelle varie circoscrizioni, sta celebrando le Conferenze regionali per attuare gli orientamenti del Capitolo Generale e concretizzare in ogni realtà quella missione per la quale siamo stati fondati.
Siamo giovani e anziani, chi con salute fisica e spirituale e chi con le sue difficoltà o ferite, siamo di realtà e culture diverse, e, così come siamo, siamo la famiglia dell’Allamano e ci vogliamo bene anche se non sempre riusciamo a dircelo o a dimostrarlo come vorremmo.
Tendiamo la mano a chi si trova in difficoltà e lasciamoci aiutare quando siamo noi ad averne bisogno. Ringraziamo oggi per questa nostra famiglia e continuiamo ad essere fieri di essere missionari e missionarie della Consolata.
Padre Michelangelo Piovano, IMC, Vice Superiore Generale.