Padre Luca Bovio, missionario della Consolata italiano in Polonia, da tre anni compie viaggi di solidarietà in Ucraina.

Ci è tornato tra il 3 e il 7 gennaio 2025 per raggiungere Kharkiv, città a pochi chilometri dal confine russo, e portare medicinali e altri aiuti alla popolazione provata dalla guerra.

3 gennaio – Sloviansk

Oggi partiamo e ci dirigiamo a Sudest nella regione del Donbass precisamente nella città di Sloviansk. Qui ad attenderci c’è don Giulio che abita presso l’unica parrocchia latino cattolica dedicata ai SS. Cirillo e Metodio.

Don Giulio ha creato attorno alla parrocchia un centro di accoglienza per i soldati e i volontari. I militari che tornano dal vicino fronte qui possono trovare riposo e alcuni servizi come la lavanderia. Possono anche rilassarsi facendo una sauna e gustando buone cene preparate per loro. Anche i volontari trovano un luogo per fermarsi e organizzare meglio gli aiuti sul territorio.

Don Giulio ci porta in macchina per le città e i villaggi intorno: è, infatti, un cappellano militare e ha tutti i permessi per muoversi in queste zone.

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Visitiamo Krematorsk e altri villaggi. Ci racconta che l’uso di tecnologie e di droni è aumentato considerevolmente dall’inizio della guerra. Nella cappella della parrocchia, ai piedi della statua di San Michele Arcangelo, vediamo un drone russo lasciato dai soldati ucraini come ringraziamento al Signore per le loro vite salvate. Quel piccolo drone, infatti, trasportava sino a due chilogrammi di esplosivo che, miracolosamente, non è esploso sopra di loro.

4 gennaio – Nowy Korotycz

Visitiamo la comunità delle suore di Don Orione a Nowy Korotycz vicino a Kharkiv. Qui le suore missionarie accolgono bambini orfani o accompagnati dalle loro mamme.

Nelle tre case della comunità sono distribuite quasi 50 persone. I bambini hanno diverse età: dai neonati di pochi mesi sino all’età scolare. In questo luogo trovano rifugio e le condizioni necessarie per vivere.

Le loro storie sono varie e spesso molto tristi, anche se non per questo alcuni di loro perdono il sorriso.

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I loro papà possono essere a combattere. Di alcuni di loro si sono perse le tracce.

Le storie di alcune famiglie sono segnate dal problema dell’alcolismo, molto diffuso qui.

Le suore con l’aiuto di personale e di volontari, non solo garantiscono loro i servizi, ma riescono a trasmettere quel calore e quell’amore umano così importante per la crescita di ognuno.

A loro consegniamo dei lavori di lana fatti a maglia a mano dalla signora Laura, una pensionata di Milano che, avendo molto tempo libero, si impegna a realizzare e poi a donare.

Lasciamo anche un’offerta raccolta da alcune giovani famiglie che vivono in Polonia e in Svizzera. Questa serve alle suore per organizzare una vacanza per tutti gli ospiti della loro comunità.

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4 gennaio – Siruako

Nei pressi di Kharkiv, a Siruako, visitiamo il convento delle suore Carmelitane di clausura. Qui incontriamo le tre sorelle che vi vivono. Sono la madre Suor Mariola, di origine polacca, e le suore Pia e Ludmila, di origine ucraina. Le altre suore che qui abitavano, oggi si trovano per motivi di sicurezza in Polonia, pronte a ritornare quando la guerra sarà finita.

L’incontro con le monache, pur essendo breve, è molto gioioso, una gioia che nasce dalla loro totale e incondizionata appartenenza a Cristo, una gioia che è di grande aiuto per coloro che sono gravati dalla sofferenza della guerra.

Le ringraziamo per il prezioso aiuto che offrono attraverso la preghiera e il loro essere sempre disponibili all’incontro e all’ascolto per chiunque bussa alla loro porta.

Il loro è uno dei pochi i conventi contemplativi esistenti in Ucraina, e per questo è ancora più prezioso.

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4 gennaio – Tsupiwka

Il villaggio di Tsupiwka dista da Kharkiv 40 km circa, e pochi chilometri dal confine con la Russia. Questo villaggio occupato dai russi e poi liberato, prima della guerra contava circa mille abitanti. Oggi ne sono rimasti circa sessanta.

Le condizioni di vita sono difficili. Il coprifuoco inizia alle 17.00 e termina alle 9.00 del mattino. Solo per poche ore si può uscire dalle proprie case.

Molte abitazioni sono visibilmente danneggiate, così come la scuola e la chiesa, e spesso si sentono i vicini bombardamenti.

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Portiamo in questo luogo un carico di aiuti arrivato dall’Italia. Ci accolgono alcune persone nella casa parrocchiale riscaldata da una stufa. Qui il riscaldamento è prevalentemente a legna, e utilizzato soltanto nelle ore notturne. Durante il giorno il fumo che esce dal camino può diventare un segno della presenza di persone, quindi indicare ai russi un possibile bersaglio.

Un solo piccolo negozio di alimentari è aperto. Il maggiore aiuto viene portato con le macchine dalla cattedrale. Gli abitanti, molto cordiali, ci raccontano che uno dei disagi maggiori è quello della mancanza di trasporti verso la città. Lungo la strada non asfaltata e piena di buche, viaggiano le auto militari e le macchine che portano gli aiuti umanitari.

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5 gennaio – Kharkiv

La città di Kharkiv, prima dell’inizio della guerra, contava più di 2 milioni di abitanti. Oggi la popolazione si è dimezzata. Di questa, circa mezzo milione di persone sono abitanti locali. L’altro mezzo milionè è composto da persone giunte dalle zone del fronte, costrette a lasciare i propri villaggi.

Le tre linee della metropolitana sono attive e completamente gratuite, come tutti i mezzi di trasporto pubblici della città. Le stazioni della metropolitana diventano spesso anche luoghi di rifugio durante gli allarmi e i bombardamenti. In alcune stazioni sono allestite delle scuole per bambini.

A pochi giorni dal Natale ortodosso, che si celebra il 7 di gennaio, e dalla festa del battesimo di Gesù, è tradizione immergersi in vasche di acqua gelida, oppure scavate nel ghiaccio dei laghi. Questa immersione vuole simbolicamente ricordare la purificazione che si attua nel battesimo.

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5 gennaio – Consegna delle medicine

Siamo ospiti della curia della diocesi di Kharkiv. Qui vive un gruppo di sacerdoti, tra cui padre Michele che è cappellano militare e svolge il suo servizio presso il grande ospedale militare della città che serve tutta la regione orientale del Paese.

Padre Michele ci racconta che vengono ricoverati mediamente 30 soldati al giorno provenienti dal fronte, per un totale di circa 1.000 ricoveri mensili.

Questi numeri non tengono presente il servizio che i tanti ospedali da campo svolgono presso il fronte.

Con il suo aiuto riusciamo a consegnare un buon numero di scatoloni di preparati rigenerativi da usare dopo le operazioni. Parte di essi sono distribuiti ai soldati, altri consegnati all’ospedale oncologico della città. Altri scatoloni di medicinali specifici li spediamo per posta ad altri ospedali del Paese.

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6 gennaio – Concerto dei canti di Natale nella Cattedrale di Kharkiv.

Per la festa dell’Epifania è stato organizzato per la prima volta un concerto dei canti natalizi nella cattedrale di Kharkiv, con la partecipazione di diversi gruppi delle Chiese latino cattolica, greco cattolica e ortodossa.

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6 gennaio – Sumy

Visitiamo don Andrea, il parroco di Sumy. Questa è una città di circa trecentomila abitanti posta a poche decine di chilometri dal confine con la Russia. Da questo confine, l’esercito ucraino la scorsa estate è riuscito a occupare una parte del territorio Russo. Tutta questa zona è fortemente militarizzata.

Al parroco lasciamo degli aiuti umanitari per alcune famiglie locali.

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Incontriamo anche padre Romualdo, un francescano che vive a Konotop. Questa comunità è stata aiutata in passato dalla nostra fondazione. L’incontro di oggi non previsto è stata una piacevole occasione per conoscersi e continuare in futuro la collaborazione.

* Padre Luca Bovio è missionario della Consolata in Polonia. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it

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Benvenuti in Mongolia

Dal 2003 i missionari e le missionarie della Consolata operano in Mongolia.

La Mongolia è un paese asiatico vasto cinque volte l'Italia, ma con soltanto tre milioni e mezzo di abitanti (2,2 persone per chilometro quadrato), la metà dei quali risiede a Ulaanbaatar, una capitale fredda e inquinata, ma anche ricca di musei.

Per il paese conta molto la sua posizione geografica. La Mongolia - infatti - è priva di uno sbocco al mare. Confina a Nord con la Russia e a Sud e a Est con la Cina, due paesi che ne hanno segnato - spesso in modo negativo - la storia. Prima dell'arrivo di Cina e Russia, il paese aveva però conosciuto i fasti dell'Impero fondato da Gengis Khan nel 1206, eroe indiscusso di tutti i mongoli.

Video-reportage del giornalista Paolo Moiola

Circa tre quarti della superficie della Mongolia sono costituiti da steppe e praterie, che ospitano ben 71 milioni di animali: pecore, capre, bovini (tra cui gli yak), cavalli, ma anche - in particolare, nel deserto del Gobi - cammelli. Gli animali sono allevati da pastori nomadi, noti anche per l'originalità delle loro tende mobili conosciute con il nome di «gher». Oggi i nomadi sono circa il 30 per cento della popolazione mongola.

Le fedi religiose più diffuse sono lo sciamanesimo e il buddhismo tibetano (di cui - è bene ricordarlo - il Dalai Lama è il massimo rappresentante). Per il resto, la minoranza kazaka segue l'Islam. Mentre il cristianesimo è la religione dell'1,3 per cento della popolazione. I cattolici mongoli sono guidati dal cardinale Giorgio Marengo, IMC, prefetto apostolico di Ulaanbaatar e da un gruppo di missionari e missionarie.

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Occorre peraltro sottolineare che soltanto nel 1990, con la nascita della Mongolia democratica, per i cittadini mongoli è tornata la libertà di espressione religiosa.

 Per un approfondimento di tutto questo qui potete trovare il reportage di Paolo Moiola, redattore della rivista Missioni Consolata.

* Padre Jaime Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione

Il Vicariato di Tucupita in Venezuela ricorda il primo anniversario della morte di padre Josiah K'Okal, missionario della Consolata.

I Warao sono il secondo gruppo etnico del Venezuela (dopo il gruppo Wayú), con una popolazione stimata di circa 40 mila persone, che vivono principalmente nel Delta del fiume Orinoco.

Noi Missionari della Consolata siamo arrivati in questo territorio nel 2006 per accompagnare la pastorale indigena del Vicariato di Tucupita. L’abbiamo fatto inizialmente da Nabasanuka, dove abbiamo avviato una missione insieme alle Missionarie della Consolata; poi è stata aperta una seconda presenza a Tucupita, capitale dello Stato del Delta Amacuro, non solo per avere un punto di appoggio, ma anche per accompagnare il gran numero di famiglie Warao che stanno lasciando i loro territori per cercare migliori condizioni di vita in città.

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Mons. Ernesto Romero, vescovo del Vicariato di Tucupita con un gruppo di missionari della Consolata.

Padre Josiah K'Okal: il “Baré Mekoro”

Il 1° gennaio 2024 è stato un giorno triste sia per la comunità Warao che per i Missionari della Consolata, perché è stato il giorno della morte, inaspettata e tragica, di padre Josiah K'Okal. Lo chiamavano “Baré Mekoro” –“Padre Nero” in lingua warao­–; lui ha trascorso i 25 anni del suo ministero sacerdotale nel suo “amato” Venezuela, e gran parte di questo tempo fra il popolo warao.

Oltre ad aver ricevuto la nazionalità venezuelana, è stato anche un grande studioso della lingua e della cultura warao e un conoscitore dei loro usi e costumi. Padre K'Okal era innamorato di questo popolo e ha lasciato un segno indelebile nelle persone e nelle comunità che ha accompagnato durante i tanti anni del suo servizio missionario in questo Paese così lontano dal suo Kenya.

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Momento di preghiera sulla tomba di padre K'Okal nella parrocchia di San Giuseppe nel Vicariato di Tucupita

Non sorprende quindi che, nella commemorazione del primo anno della sua partenza, all'Eucaristia presieduta dal Vescovo del Vicariato di Tucupita, Mons. Ernesto Romero, fossero presenti numerosi membri delle diverse comunità Warao per rendere omaggio, con molta gratitudine, a colui che è stato un pastore, un caro amico, un consigliere, un promotore dei valori ancestrali e tradizionali, un instancabile annunciatore del Vangelo di Gesù.

“Dobbiamo imparare ad amare questo popolo”, ripeteva costantemente a coloro che condividevano il lavoro della pastorale indigena del Vicariato. Ai Warao diceva sempre di “non stare sempre a piangere e a lamentarsi delle difficoltà”, ma di alzare la testa e lottare per i propri diritti.

Gratitudine, supplica e discernimento sono state le tre parole che il Vescovo ha sottolineato durante l'omelia e che hanno trovato eco in alcune testimonianze di persone che sono stati prossimi al padre K'Okal e condiviso tempo con Lui.

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La celebrazione eucaristica, accompagnata dai catechisti e dagli animatori delle comunità warao, ha avuto alcuni gesti significativi come l'intronizzazione della Parola, i canti in lingua nativa e la danza tradizionale accanto alla sua tomba in una delle navate della parrocchia di San José a Tucupita. La danza accompagna il defunto nell'inizio del viaggio alla ricerca dei suoi antenati, ma lo rende anche presente quando la comunità si riunisce e danza nuovamente in suo onore.

“Yi ka Bare are jese” sei il nostro sacerdote per sempre, hanno scritto sul manifesto commemorativo, perché, come ha spiegato uno di loro: “sei diventato uno con noi e sei sepolto nella nostra terra”.

Così è stata la vita di “Bare mekoro” K'Okal, un Missionario della Consolata che ha insegnato che la missione ad gentes è anche “ad vitam, ad extra, ad pauperes”. Anche da un anno ci ha lasciato Lui è ancora molto presente tra i Warao, ed è il loro sacerdote per sempre.

* Juan Pablo de los Ríos, IMC, Consigliere Generale per l'America.

Nel mistero della Natività, colui che per natura è invisibile si rende visibile ai nostri occhi. (Prefazione II della Natività)

La seconda edizione del “Natale in Famiglia” al Centro di animazione missionaria (CAM) di San Pedro in Costa d’Avorio è stato un evento celebrato con fervore, convivialità e fraternità. La serata è iniziata con la messa della Natività, un momento spirituale forte che ha riunito le famiglie attorno alla nascita del nostro Salvatore, con i padri Raphael Ndirangu, Ariel Tosoni e il diacono Frederick Maina.

Dopo la messa, gli Amici della Consolata e gli amici che frequentano il CAM hanno avuto l'occasione di scattare foto in famiglia vicino al “Murale di Natale”, immortalando questi istanti di gioia e di ricordi natalizi. Quest'anno, abbiamo anche voluto invitare i vicini non cristiani per condividere questo momento conviviale e far loro scoprire la gioia del Natale. Il pasto è stato benedetto, aggiungendo una dimensione sacra a questo momento di condivisione per la grande famiglia Consolata di San Pedro. Gli ambienti del CAM erano stati accuratamente preparati e decorati dai giovani e dalle “mamme Consolata” per accogliere le varie attività che sarebbero seguite.

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Le animazioni sono state varie e dinamiche, includendo una selezione di canti cristiani per dare inizio alle festività. I giochi, come il concorso di danza, hanno permesso ai bambini, giovani e adulti di divertirsi insieme. Il karaoke, con un brano proposto per il primo momento della celebrazione è stato molto apprezzato, seguito da un'animazione festosa che ha riempito la sala.

I partecipanti hanno potuto mostrare i loro talenti e partecipare a concorsi per mamme, giovani e bambini, aggiungendo un tocco di felicità alla serata. L'evento è culminato con l'attesissimo arrivo di Babbo Natale, che ha fatto un giro d'onore, portando gioia e meraviglia ai più piccoli. La distribuzione dei regali è stata un momento forte, riempiendo i cuori di felicità, anche per le famiglie che hanno ricevuto cesti natalizi affinché la festa potesse continuare a casa durante l’Ottava.

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Natale in famiglia si è concluso intorno alle due del mattino con la benedizione finale. Ogni famiglia è tornata a casa con il cuore colmo di gioia, rafforzando così lo spirito di famiglia che ha caratterizzato questa celebrazione. Questa seconda edizione ha saputo coniugare spiritualità, gioia e impegno comunitario, creando ricordi indimenticabili per tutte le famiglie.

* Padre Ariel Tosoni, IMC, è missionario argentino nella Costa d’Avorio.

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Il 15 dicembre 2024, ha segnato un giorno storico nella vita della Missione Gambo nella Regione Etiopia. Il re Salomone nella sua saggezza disse:

"C'è un tempo per ogni cosa, e una stagione per ogni attività sotto il cielo. Un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire, un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per fare cordoglio e un tempo per ballare. Un tempo per spargere pietre e un tempo per raccoglierle, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dall'abbracciare. Un tempo per cercare e un tempo per rinunciare, un tempo per conservare e un tempo per buttare via..." (Ec 3,1ff).

Come famiglia dei Missionari della Consolata in Etiopia, non abbiamo ucciso, strappato, disperso, trattenuto dall'abbracciare, rinunciato o gettato via la missione di Gambo, è in linea con il nostro carisma: quando la fede cresce, siamo obbligati a muoverci e lasciare che il vescovo locale continui a coltivare e ad annaffiare la fede che è già stata seminata.

Breve storia della Missione di Gambo

La missione di Gambo come territorio cattolico è stata avviata da P. Francis Gole, Ofm Cap. Era uno degli avamposti della missione Mine (ora missione di Weragu). P. Francis era un prete etiope nato a Mine, Weragu, Oromia Occidentale. Divenne cattolico nel vicariato di Harar retto dai Padri Cappuccini francesi. Il cattolicesimo da Harar arrivò a Midakidu, poi a Mine e poi a Weragu. In seguito, Weragu ricca di piantagioni di caffè, divenne una parrocchia e Mine una cappella periferica.

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Dopo essere diventato sacerdote, P. Francis si assunse il compito di diffondere il cattolicesimo in altre parti dell'Etiopia. Mentre procedeva verso Arsi nella regione Oromia, ci fu a Mine l'uccisione di un prete cappuccino da un uomo del luogo. Il primo ministro di allora, che era amico dei missionari, promise di risarcire la Chiesa cattolica dando loro un terreno per la missione. Il terreno che fu dato andava da Arsi Negele fino ad Alem-Gena. È qui che si trovano tuttora la parrocchia di Gambo e le sue chiesette periferiche.

Pensarono di costruire la chiesa a Negele, ma il posto era infestato dalla malaria; decisero quindi di andare più in alto e si stabilirono ad Alem-Gena nell'anno 1924. A causa dell'invasione italiana del 1935, la chiesa di Alem-Gena fu distrutta, i missionari stranieri dovettero essere deportati dal paese. Abba Francis rimase a seguire la Chiesa cattolica nella regione.

Durante quel periodo si spostò oltre Arsi ed entrò nella parte meridionale dell'Etiopia. Qui trovò persone molto attive nella fede e laboriose. P. Francis, uomo del popolo e buon pastore, parlava più di sette lingue locali, e ciò gli permise di trasmettere il cattolicesimo a molte persone. Alcune delle lingue che parlava includono: amarico, oromo, hadiyinya, kambatenya, walayitenya, sidamenya, ecc.

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Nello sviluppare la Chiesa a Gambo, prese dodici famiglie dalla regione Kambata e le portò a Gambo. Lavorò con loro alla costruzione della Chiesa e nell'uso della vasta terra che era stata concessa alla missione. Non poté contare sulla popolazione locale Oromo, a quel tempo, dedita alla pastorizia.

I Missionari della Consolata ritornarono in Etiopia molti anni dopo e presero in carico la missione di Gambo nel 1973, sostituendo i Cappuccini. Svilupparono la missione di Gambo e un buon numero di altre missioni nel Vicariato di Meki. Con la consegna della missione di Gambo al Vicariato di Meki, i missionari della Consolata sono presenti solo in due missioni (Weragu e Halaba) dello stesso Vicariato.

I missionari della Consolata che hanno lavorato nella missione di Gambo in tutti questi anni sono: P. Giovanni De Marchi, P. Lorenzo Ori, P. Silvio Sordella, P. Tarcisio Rossi, P. Paolo Angheben, Fratel Vincenzo Clerici, P. Renato Saudelli, P. Renzo Meneghini, P. Giovanni Monti, P. Leandro Chequela, P. John Wao, P. James King'ori, P. Domenico Zoldan, P. Jorge Amaro, P. Jorge Pratolongo, P. Giuseppe Giovanetti, Fratel Mark Waweru, Fratel Francisco Reyes, P. Eduardo Rasera, P. Francesco Ponsi, P. Ghebre Egziabher Gebru, P. Oscar Clavijo, P. Gabriel Kinfemichail, P.Tamene Asaro Safato, P. Sandro Dalanora, P. Alvaro Palacios, P. Didier Sunda, P. Nebiyat Asnake Ejigu, P. Marco Msogoya, P. Timothy Wanyonyi Wanjala and P. Edgar Nyangiya Makori.

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La consegna

I Cristiani arrivati dalle varie  cappelle si sono riuniti nel centro della missione per assistere a questa storica occasione. Dai loro volti, sebbene tristi, si poteva percepire il silenzioso "GRAZIE" ai missionari della Consolata per ciò che hanno fatto per loro e per la comunità in generale. Nel suo discorso introduttivo, il celebrante principale, Padre Kidane Ashuro, vice superiore regionale, ha ringraziato tutti i cristiani per l'accoglienza data ai missionari della Consolata, e per il lavoro fatto assieme in tutti questi anni.

Ha inoltre sottolineato come i missionari della Consolata, una volta che la comunità cristiana è cresciuta, siamo obbligati a trasferirci in altri luoghi da evangelizzare. L'evento è stato un momento per ringraziare Dio per tutte le benedizioni concesse e per il lavoro dei missionari della Consolata nella missione di Gambo. Ringraziamento anche a tutti i cristiani e alle persone di buona volontà, in particolare ai benefattori, che hanno reso possibile la missione, per ciò che la missione di Gambo è oggi; opera di Dio.

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Da parte sua, Padre Timothy Wanyonyi, fino a quel giorno parroco della missione, nel suo sermone, essendo la prima domenica di Avvento in Etiopia, ha parlato del periodo di Avvento e il suo significato. Ha inoltre sottolineato come l'Avvento è un periodo di conversione, di richiesta di ritorno al Signore, in particolare nelle persone che incontriamo quotidianamente.

Ha invitato i cristiani a interrogarsi sui loro rapporti all'interno della famiglia e con gli altri. Ha indicato che è Cristo che desidera portare pace in noi, nelle nostre famiglie e nei nostri vicini. Per accogliere questo re di pace, è necessario abbandonare ogni forma di odio che ci possa essere tra di noi. Ha concluso riferendosi al Vangelo, che è ora il momento di abbandonare l'odio in quanto non conosciamo il tempo in cui Lui verrà. Solo in questo modo potremo riceverlo quando verrà. Maria, nostra madre, è nostro modello nell'accogliere la volontà di Dio. Preghiamo affinché attraverso la sua intercessione possiamo rimanere forti nel nostro cammino spirituale.

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Infine, ha invitato i cristiani a vivere in pace con tutti e di pregare per la pace nel paese, es essere costruttori di pace. Ringraziandoli per aver accolto tutti i missionari che hanno lavorato nella missione di Gambo, ha invitato la comunità ad estendere lo stesso amore e cooperazione ai sacerdoti diocesani che prenderanno in mano la missione.

La celebrazione è stata solenne, anche se i sacerdoti diocesani che prenderanno in mano la missione non erano presenti. Finita la celebrazione nonostante il triste stato d'animo, la comunità ha dato l'addio ai missionari, a cui ha fatto seguito il pranzo condiviso con i cristiani.

Per tutti i benefattori e i missionari che hanno lavorato nella missione di Gambo, innalziamo un grande grazie a Dio; e per coloro che ci hanno preceduto, continuiamo a pregare affinché Dio conceda loro il riposo eterno nel Suo Regno.

* Padre Edgar Nyangiya, IMC, Regione Etiopia.

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