Papa Francesco ha scelto la religiosa delle Missionarie della Consolata alla guida del dicastero insieme al cardinale Ángel Fernández Artime, nominato Pro-prefetto. Aumenta così il numero delle donne in posizioni di rilievo in Vaticano

Compirà 60 anni il prossimo 27 marzo suor Simona Brambilla, già superiora generale in Italia delle Missionarie della Consolata, nominata oggi dal Papa prefetto del Dicastero per la vita consacrata e le Società di vita apostolica di cui era segretario a partire dal 7 ottobre 2023; seconda donna a ricoprire questo incarico nella Curia romana dopo la nomina nel 2021 di suor Alessandra Smerilli al Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Francesco ha scelto come Pro-prefetto del dicastero Ángel Fernández Artime, 65 anni, creato cardinale nel Concistoro del 30 settembre 2023.

Suor Simona Brambilla, primo prefetto donna in Vaticano, vanta nel suo curriculum un’esperienza missionaria in Mozambico dopo aver conseguito il diploma di infermiera professionale ed essere entrata nell’Istituto Suore Missionarie della Consolata, che ha guidato dal 2011 fino al 2023. L’8 luglio 2019 il Papa ha nominato per la prima volta sette donne membri del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Poi la scelta di suor Brambilla prima come segretaria del Dicastero e oggi come prefetto.

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Suor Simona Brambilla durante i lavori dell'assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi nell'Aula Paolo VI a Roma. Foto: Jaime C. Patias

Dall’inizio del magistero di Papa Francesco la presenza delle donne è sensibilmente aumentata. Secondo i dati complessivi riferiti sia alla Santa Sede che alla Città dello Stato del Vaticano e che vanno dal 2013 al 2023, la percentuale femminile è passata da quasi il 19,2 al 23,4 per cento. Un cammino tracciato con la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium del 2022, Francesco ha reso possibile che in futuro anche i laici, e quindi anche donne, possano dirigere un dicastero e diventare prefetti, incarico che in precedenza era riservato a cardinali e arcivescovi.

Nello Stato della Città del Vaticano, Papa Francesco ha nominato due donne in posizioni di vertice nei dieci anni del suo pontificato: nel 2016, Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani, da sempre guidati da laici. Risale al 2022, la nomina di suor Raffaella Petrini, segretario generale del Governatorato, ruolo solitamente assegnato a un vescovo.

Diversi sono i sottosegretari donna come Gabriella Gambino e Lina Ghisoni presso il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, mentre al Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica è sottosegretaria suor Carmen Ros Nortes delle Suore di Nostra Signora della Consolazione. Emilce Cuda è segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina; Nataša Govekar, alla guida della direzione teologico-pastorale del Dicastero per la comunicazione; Cristiane Murray, vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede e Charlotte Kreuter-Kirchof è poi vicecoordinatore del Consiglio per l’economia. Anche la segreteria generale del Sinodo ha un sottosegretario donna, la religiosa francese Nathalie Becquart.

Fonte: Vatican News

Presenti in Mongolia dal 2003, i Missionari e le Missionarie della Consolata presentano le loro attività di evangelizzazione svolte in quel Paese dell’Asia centrale che confina con Cina e Russia. Pubblichiamo un estratto del “giornalino” inviato agli amici della missione in occasione del Natale 2024.

“È sempre bello fare memoria dell’anno passato e di tutto ciò che la vita ci ha presentato, attraverso eventi ed incontri che trasformano e toccano i cuori. La nostra gratitudine e il nostro ringraziamento vanno a voi per il vostro generoso e sentito sostegno in questa Missione. Per quanto fisicamente lontani, siete vicini al cuore della missione. Sentiamo la vostra presenza.

Dovuto all’inverno particolarmente duro e alle pesanti nevicate, l’anno è iniziato con l’emergenza dello Dzuud. Questo ha lasciato molte persone nel dolore per la perdita dei loro cari e di migliaia di animali che ha causato una grave crisi economica. Abbiamo cercato di collaborare in diversi modi e di unire le forze insieme agli altri missionari presenti sul territorio, in una costruttiva collaborazione con Caritas Mongolia e con la commissione di Giustizia, pace e integrità del creato.

Un altro evento che ha fortemente marcato questo anno è stata la canonizzazione del nostro padre fondatore Giuseppe Allamano il 20 ottobre 2024 in piazza san Pietro. Due sorelle e un padre hanno avuto l’opportunità di prendere parte a tutte le celebrazioni tenutesi in Italia e il resto di noi ha celebrato con gioia qui, nelle nostre parrocchie, condividendo questo grande dono con la comunità ecclesiale e seguendo online quello che accadeva dall’altra parte del mondo. Sono stati momenti indimenticabili.

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Questa festa ci ha incoraggiati molto e ci ha dato la speranza di raggiungere lo scopo della nostra vita donata come Missionari e Missionarie della Consolata. La santità di Giuseppe Allamano riconosciuta dalla chiesa ha confermato che abbiamo origini sante. È un appello per noi ad essere testimoni credibili e a continuare ad annunciare Gesù a tutte le nazioni, soprattutto a coloro che ancora non lo conoscono.

Un altro evento che ci ha visti tutti coinvolti è stato l’incontro con il gruppo del Gen Rosso verso la fine di novembre. Sono rimasti con noi 10 giorni organizzando tre giorni di workshop di canto e danza per i giovani, momenti di testimonianza, di preghiera e poi un concerto finale dal tema Hoping together a cui hanno partecipato 850 persone.

Siamo coinvolti anche nell’aiuto alla Chiesa locale con tanti piccoli e grandi servizi nella Caritas e nelle diverse commissioni (Liturgica, Dialogo ecumenico e interreligioso, Giustizia e pace, Giovani). Il fatto di essere una comunità cristiana piccola permette di conoscerci bene e di avere tanti momenti di riflessione, preghiera, condivisione e fraternità insieme a tutti gli altri missionari; momenti che marcano il nostro camminare come Chiesa.

La nostra presenza, nella sua piccolezza, cerca di essere una presenza di condivisione di vita e di amore, attraverso la quale la consolazione diventa un’esperienza concreta nel cuore delle persone nelle diverse realtà in cui siamo inseriti.

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Ulaanbaatar

Nel nostro centro-biblioteca “Il sole che nasce”, a Chingeltei, abbiamo portato avanti le attività con i bambini tra compiti, giochi, feste e uscite. Il centro è un bel punto di riferimento e un luogo dove loro si sentono a casa.

Durante l’estate abbiamo organizzato una speciale settimana di giochi e formazione a cui hanno partecipato circa 50 energetici e gioiosi bambini di tutte le età. Abbiamo poi deciso di tenere aperto il centro per tutto il mese di luglio, dando la possibilità ai bambini rimasti in città, di avere un luogo dove passare il tempo e impegnarsi in alcune attività. Ad agosto, poi, abbiamo organizzato due settimane di corso di inglese a cui circa 25 bambini hanno partecipato.

Gli ultimi missionari arrivati continuano a impegnarsi con passione nello studio della lingua mongola.

Arvaikheer

Ringraziamo Dio che ci accompagna nel portare avanti le attività sociali nella nostra Parrocchia: il progetto di cucito, il programma di doposcuola, le docce pubbliche, il gruppo alcolisti anonimi, l'asilo, le lezioni di lingua inglese e di musica per i giovani. Insegniamo anche inglese nell' Ufficio dell'Agenzia Esecutiva generale della Corte del nostro distretto. Questi sono per noi molti modi che ci aiutano ad entrare in comunione con la vita delle persone rafforzando la nostra amicizia.

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Quest'anno abbiamo organizzato un campo estivo a cui hanno partecipato un buon numero di bambini e ragazzi. Abbiamo invitato alcuni professionisti mongoli come medici di primo soccorso, psicologi, medici odontoiatri etc… per dare loro qualche input. Hanno anche avuto una giornata fuori con i giovani. Abbiamo aiutato alcuni giovani bisognosi del nostro distretto dando loro materiale scolastico

Quest'anno la nostra parrocchia ha accompagnato sei persone nel cammino di conoscenza e approfondimento della fede. Alcuni hanno ricevuto il sacramento del Battesimo e altri la prima Comunione durante la Pasqua. Ringraziamo Dio per questo dono prezioso nella nostra Famiglia cristiana. Continuiamo a vivere e testimoniare la nostra fede con la nostra piccola comunità cristiana, insegnando catechismo, visitando le famiglie, con la preghiera quotidiana e con la formazione continua attraverso vari seminari.

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Kharkhorin

La nostra Casa dell'Amicizia a Kharkhorin quest'anno ha ricevuto tante visite da gruppi stranieri e da persone mongole. Abbiamo avuto l'opportunità di incontrare persone diverse: religiose e non. Il nostro centro è sempre la loro casa ogni volta che vengono. Si tratta di ampliare le opportunità di amicizia, come suggerisce il nome di questo centro. La nostra ospitalità coltiva buone relazioni che portano al dialogo interreligioso e alla ricerca culturale in questa missione.

Continuiamo ad avvicinarci alle persone insegnando loro l'inglese e aiutandole nella traduzione di alcuni testi, soprattutto collaborando con il personale del museo storico della città.

Il vostro gesto d'amore per le persone che serviamo ha un grande impatto nelle loro vite e nelle nostre. La vostra amicizia, le vostre preghiere e il vostro aiuto concreto danno anche a noi la certezza che non siamo soli e ci spingono a donarci sempre di più a Cristo attraverso il servizio alla gente. Vi siamo davvero grati e preghiamo affinché Cristo, l'Emmanuele, sia veramente Dio tra voi e tra noi. Possa la gioia e la pace del Natale riempire i vostri cuori e le vostre famiglie. Grazie a voi tutti.

A voi i nostri migliori auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo 2025.

* I Missionari e le Missionarie della Consolata in Mongolia: www.consolatamissionmongolia.net

Non appena è stata annunciata la notizia della canonizzazione di Giuseppe Allamano, una luce ha cominciato a brillare negli occhi di tutti coloro che lo conoscevano o ne avevano sentito parlare. Un'energia contagiosa ha cominciato a permeare i continenti, e tutti gli angoli della terra dove c'erano missionari, missionarie, laici e amici della famiglia Consolata.

Così è stato nella piccola comunità ecclesiale il cui Patrono è San Giuseppe Allamano, situata tra le case ed edifici in São Miguel Paulista, San Paolo, in Brasile. La piccola cappella può passare inosservata per i passanti che percorrono la via Espírito Santo do Dourado - Vila Clara, ma non per i devoti di San Giuseppe Allamano.

Quando sono entrata per la prima volta nella piccola cappella, sono stata colpita innanzitutto dalla luce del tabernacolo al centro e dalle immagini della Consolata e dell'Allamano in alto. Come non commuovermi? Come non vibrare? Come non ricordare le parole dell'Allamano? Piccola chiesa, umile, semplice, ma molto curata, non manca dell'essenziale per celebrare degnamente i misteri della salvezza; rispecchia lo stile di San Giuseppe Allamano, che dava grande valore alla liturgia e alla cura dell'altare, “al bene fatto senza rumore”.

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Venuti a conoscenza di un evento così grande (la canonizzazione), i leaders della comunità hanno iniziato a riflettere e a pianificare la preparazione della giornata. Tutto è stato molto semplice, ma fatto con impegno, immensa gioia ed entusiasmo.

Fin dagli inizi, questa comunità ha avuto la presenza delle Missionarie della Consolata che hanno piantato radici di fede e di amore per la Madonna Consolata e per l'Allamano, alcune di loro già nell'eternità, altre molto fragili, ma molto amate da chi le ha conosciute.

Quando scelsero l'Allamano come patrono, erano sicure che un giorno sarebbe stato canonizzato, e quindi avrebbero poi potuto invocarlo con il titolo di San Giuseppe Allamano, spiega qualcuno della comunità. Essendo anche il mese missionario, si è ripreso la recita del Rosario in famiglia, con le suore che si alternavano per partecipare, incoraggiate da ciò che stava per accadere.

I preparativi più stretti riguardavano la liturgia del giorno: prove di canti appropriati, scelta di simboli per la celebrazione e dinamiche per pubblicizzare il grande evento, coinvolgendo così la gente nella preparazione.

Sono state confezionate magliette per l’occasione con le parole del nuovo santo: “Coraggio, ti benedico”, con la certezza che lui era e sarà sempre presente.

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Il parroco, Fra Ailton Araújo (trinitario), ha invitato il vescovo diocesano, monsignor Algacir Munhak (missionario scalabriniano), a presiedere la celebrazione di ringraziamento. La risposta, per la gioia di tutti, è stata affermativa. Mons. Algacir ha fatto il possibile per essere presente, sebbene lo stesso giorno avesse la celebrazione della Cresima in un'altra parrocchia.

Finalmente è arrivato il grande giorno. Un gruppo di suore della Consolata, dopo aver assistito alla canonizzazione attraverso la TV (20 ottobre), si è recato alla comunità “Allamano” per la solenne celebrazione. La pioggia benedetta non ha impedito la partecipazione della gente che traboccava di gioia, insieme a noi Missionarie.

Anche la presenza dei Laici Missionari della Consolata (LMC) di São Miguel Paulista è stata caratterizzata da gioia ed entusiasmo. La cappella che già era piccola, è diventata ancora più piccola per ospitare così tante persone provenienti da altre comunità.

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Era impossibile non commuoversi quando è stata intronizzata l'immagine di San Giuseppe Allamano nella processione d'ingresso e collocata nel luogo preparato con grande cura, così come la sua Reliquia, accompagnata dalla canzone: “Allamano le tue benedizioni si riversano...”.

Il vescovo, pieno di ardore missionario e di gioia per la canonizzazione, ha contagiato il popolo con un saggio messaggio. Esprimendo la sua ammirazione per San Giuseppe Allamano, ha detto che l'anno prossimo tornerà in questa comunità per celebrare solennemente la Messa con la liturgia del nuovo Santo e consacrare l'altare e la cappella, se non ancora consacrati. Questa promessa del vescovo impegna la comunità a rimanere salda nel cammino.

Dopo la Messa, è stata benedetta la targa al cancello d'ingresso, tra gli applausi della comunità.

Come è consuetudine dopo la Messa, è stata servita la colazione, condividendo ciò che la gente aveva portato con generosità, così come la deliziosa torta con la foto dell'Allamano! E la gente non aveva fretta di andarsene, perché questo giorno era molto speciale e resterà memorabile.

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Già prima della canonizzazione, partecipando alle Messe della comunità, ho avuto modo di ascoltare alcune storie di persone che sono state benedette per intercessione del Beato Giuseppe Allamano. Tutto senza “rumore”.

“Guardate questo santo semplice, gentile e paterno nella Chiesa. E Gesù Cristo gli ha dato l'amore per le cose celesti”.

Per questo siamo immensamente grati a Dio per le meraviglie che opera nei suoi santi e in special modo nella persona di San Giuseppe Allamano!

* Suor Dinalva Moratelli, MC, São Miguel Paulista (San Paolo) in Brasile.

Per i Missionari e le Missionarie della Consolata in America, il riconoscimento del miracolo di Sorino Yanomami per intecerssione del Beato Giuseppe Allamano ha un significato molto particolare: è il sigillo, la conferma di un’opzione che assunsero negli ultimi decenni e che caratterizza la missione nel continente: la missione con i popoli indigeni.

Perché questa opzione? Perché si può dire con chiarezza oggi che l’ad gentes in America trova piena espressione in questa scelta apostolica? Per rispondere a queste domande, ripercorriamo a grandi linee la storia del movimento indigenista e il ruolo della Chiesa accanto ai popoli nativi.

Un movimento che dà voce a chi non ha voce

Il movimento indigenista in America Latina sorge attorno agli anni Settanta, quando si formano organizzazioni che agglutinano persone che si riconoscono in un’appartenenza etnica, più o meno direttamente (in Ecuador: la federazione SHUAR è una delle prime, fondata nel 1961, raggruppa popoli amazzonici; CRIC è un’associazione dei popoli andini della Colombia; il movimento katarista nella Bolivia andina e il CIDOB nell’area amazzonica).

Prima d’allora, infatti, se escludiamo il caso dei Mapuche in Cile, che sempre sottolinearono l’elemento etnico, le organizzazioni popolari nei vari paesi latinoamericani si riunivano generalmente come associazioni rurali. Questo cambio di rotta è significativo: oltre al riconoscersi come un gruppo sociale di estrazione popolare, i membri di queste associazioni iniziarono a sottolinerare l’aspetto etnico, cambiando anche la prospettiva dei problemi e delle rivendicazioni.

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Argentina: visita alle famiglie Wichi e Toba. Foto: Archivio MC

Un esempio molto significativo è la rivendicazione della terra, un problema sociale spinoso fino al giorno d’oggi in America Latina: molte persone si vedono private del diritto di possedere terra per coltivare, concentrata nelle mani di pochi latifondisti.  Nel corso della riflessione e della rivendicazione, oltre a parlare di diritto alla terra, si inizia a considerare il territorio, che è un concetto molto più ampio e complesso.

Il territorio non si riferisce solo a un’estensione geografica riservata a un gruppo etnico-sociale, ma contempla diversi punti di riferimento che un determinato spazio contiene: quelli simbolici, significativi per la cosmovisione del popolo e per la religiosità del gruppo (esempio: montagne o altri luoghi considerati sacri, per la presenza di spiriti o degli antenati, i luoghi di culto, tutto ciò che costituisce la “geografia simbolica” o “geografia sacra” di un popolo) come anche quelli produttivi per la vita concreta di lavoro e produzione (foresta, fiumi e laghi per la caccia, la pesca, il raccolto dei frutti, i campi per coltivare).

Il momento storico che stava vivendo gran parte dell’America Latina era molto particolare: il movimento indigenista nasce durante il tempo delle dittature militari di estrema destra, che riducevano la libertà e opprimevano le classi più umili, a favore di un’oligarchia minoritaria. Sappiamo le atrocità commesse in tanti Paesi (i desaparecidos, cioè le persone scomparse, le torture, gli esili...) e i tanti martiri anche tra gli indigeni che furono trucidati per l’opposizione manifestata alla politica repressiva e oligarchica.

Nello stesso periodo inizia la migrazione dalle aree rurali alle città di un consistente numero di famiglie; la conseguente urbanizzazione di masse di contadini per un certo verso facilita l’organizzazione e il reclutamento di membri per le nascenti organizzazioni indigene.

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Brasile: educazione nelle comunità Yanomami. Foto: Archivio MC

L’apporto della Chiesa e di altre istituzioni

Un aiuto grande per l’organizzazione di questi nuovi movimenti fu dato dalle ONG, sempre più presenti e vicine alle realtà locali. Si tratta di istituzioni di diversa posizione politica/ideologica/religiosa: dai “verdi” che iniziano a battersi per la difesa dell’Amazzonia, a ONG di stampo cristiano, passando per una numerosa serie di altre posture ideologiche, inclusi i movimenti di sinistra estrema e moderata. Sono proprio queste organizzazioni internazionali che promuovono la formazione di leader locali a livello universitario che assumono quindi un ruolo da protagonisti nei negoziati tra Stato e movimenti indigeni.

“La lucha ya no debe ser con arcos y flechas, sino con lápiz y papel” (Mateo Chumira, leader guaranì). “la lotta non deve più essere con arco e freccia, ma con lapis e carta”

Negli anni Ottanta, con il graduale ritorno alla democrazia, il movimento indigenista continua le negoziazioni con i nuovi governi, fino ad ottenere importanti risultati, in modo speciale la riforma delle Costituzioni nazionali, in cui vengono inseriti articoli che riconoscono i popoli indigeni e i loro diritti (diritto alla terra, diritto all’istruzione bilingue...).

Il 19 aprile 1989 è stato creato il Coordinamento delle Organizzazioni Indigene dell'Amazzonia Brasiliana (COIAB), un'organizzazione regionale del movimento indigeno che fa parte dell'Articolazione nazionale dei Popoli Indigeni del Brasile (APIB) con 75 organizzazioni membri.

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Manifestazione dei popoli indigeni organizzata dal COIAB a Brasilia. Fonto: Felipe Beltrame

E così la Chiesa cattolica, e in essa i Missionari e Missionarie della Consolata, che stette al fianco dei fratelli e sorelle nativi nella fatica della rivendicazione, poté condividere con loro anche la gioia immensa che diede questo risultato.

In questo breve scorcio della realtà dell’ America Latina negli Anni Settanta/Ottanta/Novanta, possiamo adesso inserire le scelte che i Missionari e le Missionarie della Consolata hanno assunto, focalizzandoci sulla presenza consolatina in Roraima, stato del Nord de Brasile, in piena area amazzonica.

L’opzione dei popoli indigeni dei Missionari e Missionarie della Consolata

Le Missionarie della Consolata arrivarono in Roraima nel 1949, mentre i confratelli erano già arrivati nel 1948. Nei primi decenni le attività principali si svolgevano nel campo della sanità, dell’educazione e dell’assistenza sociale nella città di Boa Vista. Nell’epoca precedente il Concilio Vaticano II, i Missionari e le Missionarie visitavano l’area rurale per la “desobriga”, ovvero: per amministrare i Sacramenti e permettere a tutti i cristiani di confessarsi e fare la comunione almeno una volta all’anno per Pasqua, secondo il precetto della Chiesa.

I Missionari della Consolata arrivano a Catrimani nel 1965. Già negli Anni Settanta le Sorelle raggiungevano l’area Yanomami per assistenza sanitaria; è nel 1990 che le Missionarie si stabiliscono come comunità in Catrimani, condividendo la vita con il popolo Yanomami e lavorando in modo speciale nella sanità e nell’educazione, insieme ai confratelli. La decisione di aprire questa comunità è stata presa come “ringraziamento per la beatificazione di Giuseppe Allamano, il Padre Fondatore”, che proprio quell’anno veniva beatificato.

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Incontro di formazione dei leader indigeni nel 1977 nella Terra Raposa Serra do Sol, Roraima. Foto: Lirio Girardi

La scelta di vivere insieme ai popoli indigeni è stata abbracciata in diverse realtà dell’America Latina: per quanto riguarda le Missionarie della Consolata, nel 1991 in Bolivia aprono la presenza a Poopò con il popolo quechua e a Tencua, con il popolo Yecuana, nell’Amazzonia venezuelana; nel 1992 le Sorelle in Argentina aprono la comunità di Comandancia Frías, con il popolo Wichi, nell’Impenetrabile chaqueño e nel 1994 in Colombia le comunità di Puerto Cayetán e Resguardo Guacoyo.

Dopo 30 anni, una certezza e una conferma

Nel documento Ratio Missionis delle Suore Missionarie della Consolata, si dà questa lettura del cammino compiuto:

“Dagli Anni Novanta del secolo scorso le varie Circoscrizioni del Continente si sono decisamente orientate verso la presenza tra i popoli originari o nativi. L’esperienza e la riflessione hanno mostrato e sempre più confermato che l’ad gentes in America trova la sua espressione in questa opzione apostolica. La Regione America [nata nel 2018, n.d.r.] ha riconfermato la scelta della missione tra i popoli originari come priorità della Circoscrizione.

In un primo tempo, le Missionarie della Consolata hanno affiancato i gruppi nativi nella rivendicazione dei propri diritti, negati dagli Stati nazionali e usurpati dai potenti locali. Con il tempo, si è unito l’impegno per conoscere sempre più profondamente le culture e le spiritualità dei popoli, in un dialogo semplice, quotidiano, che richiede tempi prolungati e relazioni significative con la gente” (Ratio Missionis, 4.8.2).

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Questo piccolo inquadramento storico può dare un’idea di cosa significa per i Missionari e le Missionarie della Consolata in America questo miracolo riconosciuto all’intercessione di Padre Fondatore a favore di un uomo Yanomami, nel 1996, proprio in quegli anni in cui tanti missionari e missionarie davano il meglio di sé, anche a rischio della vita, per i fratelli e le sorelle indigeni dell’America.

È il riconoscimento di un’opzione assunta a favore dei più emarginati delle società latinoamericane, suggellato da un miracolo che porta alla canonizzazione il nostro Fondatore. È la benedizione di un cammino che continua oggi, con l’opzione prioritaria della missione ad gentes con i popoli originari del Continente.

* Suor Stefania Raspo, MC, Consigliera Generale.

Riferimenti bibliografici:

ALBÓ, Xavier, “El retorno del indioin: Revista Andina, Cuzco, Perú, 1991.

CAUREY, Elías, Asamblea del pueblo guaraní. Un breve repaso a su historia. Bolivia, 2015.

MISSIONARIE DELLA CONSOLATA, Ratio Missionis. Visione della missione secondo il Carisma delle Suore Missionarie della Consolata. Nepi, 2023.

Vita di Giuseppe Allamano

Nipote di san Giuseppe Cafasso per parte di madre, Giuseppe Allamano nasce a Castelnuovo d'Asti il 21 gennaio 1851. Frequenta il ginnasio a Valdocco e, come educatore, vanta nientemeno che don Bosco. A 22 anni è ordinato sacerdote a Torino e subito incaricato della formazione dei giovani seminaristi. A 29 è rettore del santuario mariano della città, dedicato alla «Madonna Consolata», e formatore del giovane clero al Convitto ecclesiastico.

Il 29 gennaio 1901 fonda a Torino l'Istituto dei Missionari della Consolata. L'8 maggio 1902 partono per il Kenya i primi quattro missionari, due sacerdoti e due fratelli coadiutori, seguiti, alla fine dello stesso anno, da altri quattro sacerdoti e un laico. Nel 1910 Allamano fonda le Missionarie della Consolata.

Muore a Torino il 16 febbraio 1926. La sua salma è conservata e venerata nella Casa Madre dei Missionari della Consolata, a Torino. Il Fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990 e la sua festa è stata fissata per il 16 febbraio, giorno del suo ritorno alla Casa del Padre.

Durante il Concistoro Ordinario Pubblico del lunedì 1° luglio 2024, Papa Francesco ha annunciato che la canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano si terrà domenica 20 ottobre 2024 a Roma, giornata missionaria Mondiale.

* Video realizzato dall'equipe Comunicazione per la Canonizzazione

Vedi anche: Suor Cecilia Pedroza: “Chi è Giuseppe Allamano per me”

Padre Diego Cazzolato. “Chi è il Fondatore per me”

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