Sono Efrenny Estefanía Chirinos, Missionaria Laica della Consolata. Ho sentito il mio cuore ardere, da quando ho preso coscienza di essere una figlia prediletta di Dio che mi ama, mi chiama e mi manda. È stato un tempo di grazia quello che mi ha permesso di scoprire me stessa parlando, leggendo ma soprattutto incontrando la persona di Gesù; è Lui che mi ha messa in cammino come missionaria.
Sono arrivata alla terra del popolo Warao poco più di un anno fa con il cuore in fiamme e i piedi sulla strada. Dopo l'incontro con Gesù, vivo questa esperienza tra i miei fratelli e sorelle Warao, nel Delta Amacuro, in particolare a Tucupita (Venezuela). Tra di loro ho scoperto che non è tanto quello che posso dare, ma che è molto di più quello che ricevo: la vicinanza, il contatto, l'innocenza, il sorriso, la gioia dei più piccoli –i primi del Signore che hanno sempre un gesto di generosità e di vicinanza condividendo perfino quello che non hanno–.
Ho sentito e sento la mano di Dio in tutto l'amore che vedo: nella ricchezza culturale dei popoli indigeni; nella bellezza di questa parte dell'Amazzonia con i suoi fiumi e i suoi tramonti. Da loro imparo come essere felici con poco perché per loro poco spesso è più sufficiente.
Come missionaria per grazia di Dio, godo del dono di sentirmi inviata in questi luoghi dove magari pochi vogliono venire. Mi rallegra l’accompagnamento quotidiano di giovani, l’energia e la dedizione delle donne e delle madri. Ho capito che la chiamata per noi battezzati è permanente e l'esperienza di questo sogno missionario, che è diventato realtà, sarà in me tutti i giorni della mia vita. Voglio vivere le parole del nostro fondatore Giuseppe Allamano che diceva: "Siate missionari nella testa, sulle labbra e nel cuore".
Continuo a sognare e a sforzarmi di essere una cristiana che, attraverso la Grazia dello Spirito Santo, vero protagonista della missione, possa sentirsi sempre di più innamorata di Gesù Misericordioso: il suo amore e il suo perdono –di cui faccio esperienza giorno dopo giorno– mi invitano ad essere fedele a questo mandato.
Anche se no mancano le umane paure, il cuore batte di emozione e di gioia, lo sento ardere mosso dalla fiducia in un cammino che condivido con altre persone e con una comunità. Questo è un sogno; i sogni ci spingono e ci fanno camminare; i sogni ci rendono consapevoli che è necessario rispondere con un "sì" convinto alla chiamata missionaria che ci invita a portare ovunque l'amore e la consolazione ricevuti da Gesù stesso, cercando di adempiere al mandato di andare e fare discepoli fra tutti i popoli (cf. Matteo 28,19-20).
Incoraggio coloro che hanno nel cuore questo desiderio e questo ardore missionario a compiere questo passo. Gesù ci aspetta sulla sua barca, non abbiate paura, è il Signore che guida i nostri passi! Con il cuore grato per coloro che mi sostengono con le loro preghiere, voglio ricordare queste parole di Marta Arrias: "Se ti sei appassionata per Lui e hai promesso che lo avresti seguito sappi che la tua vita non sarà mai più la stessa. Fate le valigie per il futuro, mettete la vostra vita sulle spalle, il vostro sogno sotto il braccio e partite".
*Efrenny Estefanía Chirinos è una laica Missionaria della Consolata.
Al suono dei tamburi è iniziata la bella celebrazione eucaristica per il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale del nostro caro padre Chrispine Oduor. La celebrazione si è svolta nella parrocchia di Nostra Signora dell'Incarnazione, situata a Caucagua, nello Stato di Miranda (Venezuela), con una massiccia partecipazione dei villaggi di Tapipa, Panaquire e El Clavo, dove si trovano le tre parrocchie, e delle frazioni circostanti assistite pastoralmente dai Missionari della Consolata.
La colorata scenografia della chiesa, i costumi degli organizzatori, del coro, dei bambini e dei parrocchiani in generale, hanno dato un tocco speciale in cui si poteva apprezzare e percepire in ogni dettaglio l'unione dei continenti Africa e America in un unico sentimento: l'immensa gratitudine a Dio per il dono della vocazione sacerdotale e l'apprezzato per il lavoro di Padre Chrispine.
La celebrazione è stata presieduta dallo stesso festeggiato ed è stata accompagnata da tutti i missionari della Consolata presenti in Venezuela: loro si trovavano riuniti in Assemblea ed era più che opportuno chiudere l’importante evento comunitario con questa celebrazione nella quale si ricordava il meraviglioso dono del sacerdozio.
L'omelia è stata tenuta dal Vice Superiore, P. Rodrick Minja, che ha fatto un resoconto storico della vita di P. Chrispine, della sua infanzia, della sua famiglia, dei suoi studi, della sua chiamata e del suo servizio missionario in diversi luoghi.
Tra i tanti dettagli in suo onore –oltre alle danze e la festa dei bambini, le parole e le preghiere delle autorità presenti– è stato emozionante ascoltare e vedere i saluti di sua madre e dei suoi fratelli giunti per mezzo di una registrazione video.
Dopo l’eucaristia ci siamo trovati per un delizioso pranzo presso il collegio “La Encarnación”, e abbiamo anche avuto la fortuna di essere accompagnati da Monsignor Tulio Ramírez, Vescovo di Guarenas. Poi è stato il momento degli eventi e delle espressioni culturali della comunità afro di questa città di Barlovento. Chrispine e a tutti i Missionari della Consolata, che con la loro testimonianza di vita sono diventati anche loro “barloventeños” (cittadini di questo paese), si sono visti attorniati dal calore e dall’affetto di tutti coloro che in questo modo hanno voluto ringraziare per l’esperienza di vita e di fede che i missionari, per mezzo della consolazione, condividono con questo popolo.
Cara famiglia di “Vida y Misión”. È sempre più difficile per me scrivervi, scrivere della missione.
Come descrivere Dio? Come descrivere la sua Missione? Come descrivere l'AMORE?
Quando lascio gli innumerevoli canali che costituiscono l’estuario dell’Orionoco, il loro ritmo e la loro bellezza semplice e multiforme, mi è difficile descrivere ciò che viviamo lì.
Oggi, piena di gratitudine verso nostro Signore e la sua ostinata fiducia nella mia fragilità, provo a direlo a voi che vi impegnate così tanto per rendete possibile la missione per mezzo della quale il mistero dell'Amore continua ad abbattere barriere e frontiere.
Vorrei iniziare ringraziando tutti anche perché state collaborando nel lento processo di guarigione di Maria Eucelis, una catechista della nostra parrocchia. Grazie a Dio e ai vostri sforzi si sta riprendendo. Tra qualche settimana terminerà le sedute di radioterapia e chemioterapia, in preparazione dell'intervento chirurgico per rimuovere il tumore. Vi invio la sua foto: è di una settimana e mezzo fa ma non vorrei disturbarla di nuovo per farne una più recente anche se lei è sempre sorridente e di buon umore. È molto timida e grata a tutti: cercherò di farle registrare un audio per ringraziarvi personalmente.
"Il bene non fa rumore e il rumore non fa il bene". Questo era stato il consiglio di un uomo buono, Giuseppe Allamano, fondatore della nostra famiglia missionaria.
Poi cominciamo anche la celebrazione del mese di Ottobre, mese missionario. Questo mese inizia con la figura di Santa Teresa di Lisiuex, una giovane donna che ha dedicato la sua adolescenza e la sua giovinezza a testimoniare l'AMORE. Diceva: "nel cuore di mia Madre, la Chiesa, sarò l'AMORE". Lei ha quindi abbattuto le mura del convento dove ha trascorso i brevi anni della sua vita, a partire dall'esperienza di Dio che ha vissuto. Caratteristica di questa esperienza intima era la consapevolezza di essere speciale, unica, per Dio, che lei trattava come suo Padre amorevole.
Sì, Teresa si sentiva ostinatamente amata da Dio anche nella sua fragilità e nel suo peccato. Si sentiva privilegiata da questo amore che la traboccava fino a contagiare le sorelle con cui condivideva la sua vita di lavoro e di preghiera.
Sentendosi oggetto dell'infinita misericordia e della fiducia illimitata di Dio, è stata guarita dalle sue ferite, libera di servire e amare, di ripristinare le relazioni interrotte e forte di fronte al dolore e alla sofferenza della malattia.
L'opera dell'AMORE nell'argilla di Teresa ha illuminato e ridato forza ed entusiasmo a un giovane sacerdote missionario che corrispondeva con lei.
L'offerta della sua vita per l'AMORE, attraverso la preghiera e il servizio nel suo convento di suore carmelitane, ha rotto la barriera delle mura ed è diventata universale.
Oggi ci viene ricordato che la missione, al di là dell'aiuto umanitario, consiste nell'essere testimoni dell'AMORE, l'AMORE che dà vita, che crea e ricrea, che dà dignità, che si fida e incoraggia, che sceglie ciò che è nascosto, ciò che non fa rumore, che sceglie ciò che non conta, per iniziare la missione, per iniziare la nuova umanità. Missione è vivere e condividere la nostra esperienza di Dio.
* P. Andrés Garcias lavora a Nabasanuka (Venezuela)
Ho incontrato, a San Luis (La Unión, Colombia), un giovane indigeno che viveva, studiava e lavorava, insieme ad altri giovani del popolo Embera Chami, nella comunità dei padri Carlos Zuluaga e Javier Velásquez, missionari della Consolata, al servizio della Pastorale indigena della diocesi di Cartago.
Ho saputo che si era laureato come infermiere all'Università di Pereira e che, a differenza di molti altri professionisti che grazie agli studi cercano di allontanarsi dal loro contesto, Carlos si è dedicato a vivere in mezzo alla sua gente, mettendo la sua professione al servizio della salute e del benessere della sua stessa gente, soprattutto i più fragili e bisognosi che, nel suo caso, sono i bambini fra zero e cinque anni. Un servizio educativo, di promozione e prevenzione delle malattie, realizzato nella lingua madre e nel pieno rispetto della cultura.
Un giorno gli chiesi:
– Quando ci scriverai un paio di paginette che descrivono la salute nel mondo indigeno?
Poco tempo dopo ho ricevuto la sua risposta:
“Le comunità indigene sono sopravvissute per molti anni grazie ai loro processi organizzativi e anche la salute fa parte di tutto questo cammino. Nell’ambito della salute le comunità indigene hanno rafforzato e salvato gran parte della loro medicina tradizionale, che hanno saputo integrare con quanto offerto dai servizi pubblici a favore della prima infanzia.
L'obiettivo è accompagnare i bambini nei loro processi di sviluppo e apprendimento senza separarli dal contesto culturale in cui sono nati; per questo abbiamo avuto bisogno di professionisti in diversi ambiti: nutrizionisti, psicologi, educatori, sociologi e professionali della salute che lavorano insieme e sempre con un approccio differenziato e attento alla realtà del popolo Embera Chami.
Nel mio caso, ho coordinato un programma statale, attraverso l'Istituto Colombiano del Benessere Familiare, finalizzato all'educazione e alla prevenzione sanitaria nelle famiglie con bambini di età inferiore ai cinque anni.
Il contesto non è facile. Come conseguenza del conflitto armato, le comunità indigene sono state spesso sfollate, hanno abbandonato i loro territori originari e si sono trasferite nelle aree urbane. La maggior parte dei destinatari del nostro lavoro educativo appartiene a questa popolazione di vittime espropriata dei propri territori. L’assistenza sanitaria e psicosociale è molto necessaria soprattutto per i bambini che vivono proiettati in un territorio sconosciuto, il più delle volte urbano, dove interagiscono con diversi contesti culturali e senza avere gli strumenti per farlo, né loro e nemmeno le loro famiglie.
Siamo stati accolti bene anche dalla Pastorale Sociale e dalla Pastorale Indigenista, e dai molti volontari laici con i quali loro lavorano, e insieme abbiamo fatto in modo che i bambini fossero puntuali ai programmi di vaccinazione, partecipassero agli appuntamenti per la crescita e lo sviluppo e a tutti i programmi a favore della salute e dell'educazione iniziale.
Questo è il lavoro che faccio, Padre: continuare ad accompagnare perché i bambini non muoiano e non scompaia la cultura del popolo con le sue tradizioni e la sua storia.
In questo momento, per esempio, ci stiamo rendendo conto che molta tradizione orale si sta perdendo con la morte di molti anziani che conoscevano tutti i processi nei territori. Per questo diventa importante anche scrivere tutto, e questo è un altro compito che resta a noi giovani".
In questo mese di agosto il cuore della Madre Terra nella regione di Jujuy (Argentina) si è aperto per ricevere la gratitudine dei suoi figli con cibo, bevande, piante e fiori di vari colori.
Accompagnati da preghiere e musica tradizionale, tutti questi doni sono stati offerti come omaggio alla Pachamama (madre terra) per i suoi favori e la sua generosità.
Nella regione di Jujuy, nel nord dell'Argentina, le famiglie e le comunità vivono profondamente ancorate ai valori tradizionali delle comunità indigene.
Al centro di questa visione del mondo c'è la Pachamama, che non solo ci riempie con i suoi abbondanti doni, ma dà anche amore e protezione ai suoi figli e unisce le famiglie con gli amici e gli antenati.
Anche Papa Francesco parla della Pachamama con grande apprezzamento perché rappresenta "il creatore inteso come una madre, che si prende cura di noi, ci ama e ci dà tutto di sé".
Allora prendiamoci cura insieme della Madre Terra, perché quando si arrabbia non perdona nessuno, ma tocca severamente i nostri cuori affinché la rispettiamo. L'amore e la cura per la Madre Terra devono essere una responsabilità di tutti noi. Viva la Pachamama e viva la cultura ancestrale che ce la fa apprezzare!