La situazione attuale dell’Istituto e del mondo ci invita a ritornare alle nostre radici, al nostro carisma. Da lì potremo ricevere quella linfa che alimenta e rivitalizza davvero il nostro essere missionari, il nostro modo di vivere la vita religiosa e la fraternità, per arrivare poi al nostro “modo di fare missione” oggi, in comunità multiculturali (XIV CG 21).

Condivido la mia esperienza delle due settimane trascorse in Messico, come messicano, come amuzgo (indigeno) e come guadalupano. Ordinato sacerdote nel 2021, lavoro nella parrocchia Maria Speranza Nostra nel quartiere Barriera di Milano a Torino dove abbiamo anche una Comunità Apostolica Formativa (CAF) con cinque studenti di teologia provenienti da diversi Paesi. Siamo tre sacerdoti.

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Una cena messicana nella Comunità Apostolica Formativa di Torino.

Come messicano

“Ritorno alle radici”. I primi frutti della Missione in Messico.

Credo che questo sia ciò che dà vita a un albero: se perde le radici, muore e cade, perché non è nutrito per stare in piedi e continuare a fare ombra. I rami non saranno abbastanza forti perché gli uccelli possano fare il loro nido. Penso che ogni volta che viene scelto un Paese in cui radicarci ci siano dei missionari che hanno preso quella decisione secondo criteri legati alla missione ad gentes. I missionari della Consolata sono arrivati in Messico nel 2008 e si sono stabiliti a Tuxtla Gutiérrez in Chiapas e a San Antonio Juanacaxtle a Guadalajara.

Nel mio recente viaggio in Messico sono stato invitato a partecipare alla Conferenza della Delegazione Nord America che ci unisce ai confratelli del Canada e degli Stati Uniti. La riunione si è tenuta dall'otto al 13 aprile e ho appreso che l'Istituto è venuto nel mio Paese per cercare vocazioni e risorse per la missione. Ritengo che questo punto sia stato raggiunto con me che sono il primo sacerdote messicano della Consolata. Abbiamo anche padre Camacho Cruz Ansoni (missionario a Wamba, Kenya) e lo studente di filosofia Neftalí, presentato al Padre Superiore come postulante del Noviziato.

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Padre Elmer con i partecipanti alla Conferenza DCMS, Santuario di Guadalupe. Foto: Archivio DCMS

Questo significa che è importante tornare alla radice del motivo per cui siamo venuti in Messico e lavorare per le vocazioni. Come preoccupazione, la Conferenza ha chiesto un missionario a tempo pieno che si dedichi all'animazione vocazionale, dato che a volte ci capita di essere distratti da altre attività pastorali.

Come amuzgo

Tornando alle nostre origini, l'identità di ciascuno di noi è importante, perché ognuno di noi porta con se una ricchezza culturale che rende la nostra famiglia della Consolata più aperta all'universalità. La ricchezza di essere Amuzgo è qualcosa che mi ha aiutato a vivere la mia vocazione.

Qui, nella CAF di Torino e nella parrocchia di Maria Speranza Nostra, tutti noi parliamo più di tre lingue, ognuno ha la sua cultura, e insieme camminiamo alla ricerca di ciò che possiamo contribuire alla consolazione del mondo. Sto preparando un pranzo messicano e mi sono portato molte cose per far conoscere le usanze gastronomiche messicane. La Conferenza lascia una sfida: continuare a lavorare in unità di intenti e creare legami che formino uno spirito di famiglia come sognava il Beato Giuseppe Allamano.

Imparando dal padre Ezio Roatino Guadalupe, morto poco tempo fa, ho potuto celebrare la messa nella lingua locale, l'amuzgo, con una chiesa parrocchiale gremita. Molti sono dovuti rimanere fuori per ascoltare la messa nella loro lingua. L'esperienza è stata molto significativa e la gente ha dimostrato il suo affetto.

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Cena tipica messicana durante la Conferenza della DCMS

Come Guadalupano

Come dice l'inno alla Vergine di Guadalupe, essere messicano e guadalupano è qualcosa di speciale.

Da quando sono stato ordinato sacerdote (13/02/2021) mi sono reso conto di avere due Vergini, una messicana e una italiana, la Guadalupe e la Consolata. Avere due donne è una benedizione, avere due madri è meglio, avere due insegnanti ti fa camminare meglio.

Due donne, una indigena (Guadalupe-Coatlaxopeuh) e una piemontese europea (Consolata). Il Beato Giuseppe Allamano ci ha trasmesso la sua speciale spiritualità mariana, il suo amore per Maria, chiarendo che la sua opera è “della Consolata”. La nostra spiritualità detta in due parole significa precisamente portare a tutti i popoli la vera Consolazione che è Gesù che Maria ci offre e ci addita nell’immagine.

Lo stesso vale per la Guadalupe, dice nel codice Nicamopochua: “Desidero molto e desidero fortemente che il mio Eremo sia eretto in questo luogo. In esso mostrerò e darò tutto: il mio AMORE, la mia COMPASSIONE, il mio AIUTO e la mia DIFESA. Lì ascolterò i loro lamenti, rimedierò e curerò tutte le loro miserie, dispiaceri e dolori”.

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La metodologia di Nostra Signora di Guadalupe è la stessa della Consolata: portare al mondo la vera Consolazione, Gesù Cristo. Amore, compassione, aiuto e difesa sono quattro parole nelle quali si concretizza quella che noi potremmo chiamare Consolazione. Ascoltare i loro lamenti, rimediare e curare tutte le loro miserie, le loro pene e i loro dolori.

Questo è il grido di consolazione di cui il Messico ha bisogno e noi missionari della Consolata rispondiamo alla chiamata di Nostra Signora di Guadalupe da undici anni. Seguendo la metodologia Guadalupana stiamo rispondendo ai popoli nativi e ai nostri fratelli e le nostre sorelle migranti. È una chiamata che richiede una risposta da parte della delegazione. Hanno bisogno di amore, compassione, aiuto e difesa.

*  Padre Elmer Peláez Epitacio, IMC, missionario a Torino, Italia.

La comunità sarà sempre composta dai vivi e dai defunti, e questo legame non si scioglierà più, nemmeno in cielo (Beato Allamano).

Con la consolazione che viene dalla fede, si sono svolti i funerali del nostro caro padre Matteo Pettinari, missionario della Consolata ed ex superiore delegato della Costa d’Avorio, mancato il 18 aprile in un grave incidente stradale. I funerali hanno avuto luogo giovedì 23 e venerdì 24 maggio 2024 a Dianra Village nella regione di Béré.

Lunedì, 20 maggio è arrivata una delegazione italiana composta da 15 persone. Tra i membri della sua famiglia, il papà Pietro Pettinari, il fratello Marco e la sorella Francesca, nonché zii e cugini, amici e rappresentanti del clero della sua diocesi di origine, Senigallia (Marche-Italia).

Martedì, 21 maggio è stata una giornata di presentazione ai familiari e amici degli ultimi giorni di missione di Padre Matteo e all'immediata preparazione dei funerali. Una giornata vissuta nella consolazione e nella preghiera di intercessione, che ha permesso a tutti di vivere questo momento con occhi risorti e gesti di riconoscenza e raccoglimento, nella fede.

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I funerali nella parrocchia di San Giuseppe Mukasa di Dianra Village

Mercoledì, 22 maggio, la delegazione italiana accompagnata dai missionari della Consolata e da tre rappresentanti delle parrocchie di Saint Paul de Dianra e Saint Joseph Mukasa di Dianra Village si è recata a Katiola per una veglia di preghiera, seguita da una messa, con la partecipazione del vescovo di Katiola, Mons. Honoré Beugré Dakpa e Mons. Alain Clément Amiesz, vescovo di Odienné.

Alla celebrazione, hanno partecipato anche membri del clero di Katiola e d’Odienné, rappresentanti dell'URSSCI (Unione dei religiosi che lavorano nell’ambito sanitario e sociale in Costa d'Avorio) di cui padre Matteo era vicepresidente, e una delegazione del Consiglio dei Superiori Maggiori della Costa d'Avorio (CSMCI) assieme a numerosi cristiani e religiose, provenienti dai quattro angoli del paese. Presenti anche i responsabili del CUAMM (medici per l'Africa), una ONG di cui Matteo ha aiutato ad avviare la presenza nel paese.

La mattina di giovedì 23 maggio, la salma è stata accolta nell'obitorio cattolico Ivoire Repos di Katiola per la preghiera finale di addio, in presenza dei due vescovi sopra menzionati e di una folla numerosa. Successivamente, il lungo corteo funebre ha lasciato Katiola per raggiungere Dianra.

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Il corteo si è fermato sul luogo dell'incidente per una speciale e commovente preghiera, guidata da Mons. Amiezi in ricordo di Padre Matteo. Nella parrocchia di San Paolo di Dianra, alle 17,00 la salma è stata accolta con affetto e participazione da una folla di abitanti del villaggio, dapprima nella strada e poi nella chiesa parrocchiale. A seguire, la preghiera dei vespri dell'ufficio dei defunti, guidata dal clero diocesano di Odienné. Alle 21,00 il corteo funebre si è spostato a Dianra Village per la veglia notturna presso la parrocchia di San Giuseppe Mukasa, dove padre Matteo è stato il primo parroco per 12 anni. Molti cristiani e non cristiani hanno assistito fino all'alba ad una serie di preghiere, testimonianze e danze attorno alle spoglie dell’“instancabile missionario”.

La giornata di venerdì 24 maggio è iniziata con la preghiera di Lodi dell'Ufficio dei defunti e, subito dopo, con la celebrazione eucaristica di requiem, presieduta dal Vescovo di Odiennè Mons. Alain Clément con la partecipazione di molti i sacerdoti della diocesi, il superiore e i missionari della Consolata che hanno collaborato con padre Matteo in Costa d’Avorio; accanto a sacerdoti e amici provenienti da Abidjan, Korhogo, Bouaké, Yamoussoukro, Man, Mankono e Burkina Faso.

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 I familiari di padre Matteo presenti al funerale

L'omelia è stata tenuta da padre Ariel Tosoni, missionario della Consolata, confratello e amico di padre Matteo. Hanno partecipato, inoltre, le autorità civili, religiose e locali di Dianra e Dianra Village, gli operatori sanitari del Centro Sanitario Giuseppe Allamano di Dianra Village, di cui padre Matteo era amministratore, nonché il personale del Distretto sanitario di Dianra. La Chiesa e il sagrato parrocchiale erano gremiti di persone, oltre tremila, cristiani e catecumeni, ma anche animisti e musulmani, che hanno avuto la grazia di incontrare e collaborare con Padre Matteo nel loro cammino sin dal suo arrivo nel paese senofu il 17 dicembre 2011. La celebrazione è stata seguita online dall’Italia da oltre 2500 persone

In profonda e rispettosa partecipazione, i funerali si sono conclusi con l’inumazione di padre Matteo in una sepoltura che riprende la cultura senofu, trasfigurata dalla gloria della risurrezione. Lo spazio evoca la Piazza d’oro della Gerusalemme celeste, luogo di preghiera e di comunione tra cielo e terra, ideato e realizzato da Daniela Giuliani, amica e vergine consacrata della diocesi di Senigallia, tra la chiesa parrocchiale e la grotta di Nostra Signora della Consolata. Padre Matteo amava profondamente questo luogo di pace e lui stesso più volte aveva espresso il desiderio che fosse il luogo del suo ultimo riposo.

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Padre Matteo amava questo luogo di pace e lui stesso più volte aveva espresso il desiderio che fosse il luogo del suo ultimo riposo. Foto: Daniela Giuliani

Non appena si era diffusa la notizia della sua scomparsa, innumerevoli sono state le testimonianze che ci sono pervenute: missionario instancabile, uomo di Dio, padre dell'ascolto, amico profondo, padre che conduce a Dio, sacerdote della consolazione, uomo di preghiera, mistico dell'amore di Dio, figlio di Maria Consolata, silenzioso promotore della giustizia, uomo consacrato, sacerdote santo, vero missionario del Padre… Soltanto alcune delle designazioni che ci mostrano come una vita donata a Dio per la missione può toccare il cuore di coloro che sono assetati di salvezza.

Padre Matteo ha lasciato ai missionari della Consolata una fervida testimonianza di consacrazione religiosa e missionaria con uno stile particolare improntato alla santità di vita, alla celebrazione della misericordia di Dio, ad un'instancabile pastorale missionaria ad gentes e ad un'attiva opera di consolazione del popolo sénofu, che amava tanto, nel rispetto di una fraternità costruita con sincerità. Il suo notevole sforzo di incarnare il Vangelo nella semplicità della quotidianità e nel dialogo della vita si è tradotto nella conoscenza della lingua locale, nel primo annuncio ai non cristiani, nella celebrazione dei sacramenti e nell'ascolto cordiale e disinteressato.

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La missione e la gente di Dianra Village hanno perso un pastore che si è lasciato bruciare dalla missione che è Dio, secondo le parole di Papa Francesco: un missionario che “mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa finoall’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro voce” (Evangelii Gaudium, 24).

Ci auguriamo che la sua vita continui a sfidare la nostra grande famiglia missionaria della Consolata gridando ancora più forte che la giustizia evangelica e la missione a favore dei più abbandonati e vulnerabili sarà sempre un impegno, personale e comunitario, santo e consacrato, consapevole e radicale, modellato unicamente dall’amore al vangelo della Vita

Servizio di TV Ecclesia sui funerali (la TV cattolica della Costa d'Avorio) in francese

Messa del funerale di padre Matteo (dal minuto 5:52)

* Padre Ariel Tosoni, IMC, è missionario in Costa d’Avorio.

 

Il Superiore dei Missionari della Consolata esprime la gioia dell'Istituto per la prossima canonizzazione del Fondatore. I 900 religiosi sparsi alle frontiere della nuova evangelizzazione sono impegnati in via prioritaria nell'educazione e nella promozione umana di gruppi etnici ancora non integrati appieno nelle società. È il caso, per esempio, degli afrodiscendenti, dei Pigmei, degli indigeni nelle Americhe. "Abbiamo un'età media di 53 anni ma possiamo fare ancora tanto"

"È un momento di grazia". Così il keniano padre James Lengarin IMC, Superiore Generale dei Missionari della Consolata, commenta la notizia della imminente canonizzazione del fondatore, il beato Giuseppe Allamano. Con 900 religiosi sparsi nel mondo, con una età media di 53 anni, la congregazione nata poco più di un secolo fa può contare su molti anziani i quali, tuttavia, "ancora possono fare tanto", portando avanti il carisma di andare alle frontiere, con entusiasmo, dedizione e creatività.

Andare "ad gentes"

Ci risponde dall'Argentina, il Superiore: "Mi trovavo in Colombia per la XIII Conferenza regionale con una sessantina di padri, quando è giunta la notizia: è una gioia immensa perché l'abbiamo attesa per tanti anni. È un momento di grazia". Padre Lengarin ricorda l'origine della costituzione di questa famiglia di consacrati: "Noi siamo stati fondati soprattutto per i non cristiani. Il nostro fondatore fu ispirato molto dall'attività missionaria dei sacerdoti di Don Bosco. Per lui la massima preoccupazione è sempre stata quella di andare a portare il Vangelo a coloro che non conoscono Dio. Inoltre, la promozione umana è stata un aspetto molto importante che lui ha sempre sottolineato". 

Ascolta l'intervista a padre James Lengarin - Radio Vaticana

 

Cresciuto fra i salesiani, Allamano a 22 anni è sacerdote e coltiva il sogno di partire in missione, ma la salute cagionevole non glielo permette. All'età di 29 anni lo mandano a dirigere il più grande Santuario mariano di Torino dedicato alla Madonna Consolata che riporta agli splendori di un tempo. Il fuoco per la missione lo trasmette a giovani preti che, formati alla scuola del loro rettore, si preparano a salpare per le terre lontane. Così si gettano le basi per l’Istituto Missioni Consolata (IMC), che fonda nel 1901 costituendo, su richiesta di Pio X, anche un ramo femminile con le Suore Missionarie della Consolata (MC) nel 1910. Il miracolo che porterà alla canonizzazione ci riporta in Brasile, nello Stato di Roraima, in piena foresta amazzonica, che resta dal 1948 una delle mete dell'impegno missionario.

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Beato Giuseppe Allamano

Come cambia la geografia della missione

Padre James racconta come nel tempo, soprattutto dalla fine degli anni Novanta, l'evangelizzazione sia cambiata moltissimo. E ricorda quando, dopo la prima parte della sua formazione in Inghilterra, venne in Italia:"Erano tempi difficili poiché noi eravamo stati formati per la missione 'ad gentes' e l'epoca ci imponeva di restare in missione in Europa, cosa che non ci saremmo aspettati. Perché, ci dicevano, la missione ora è ovunque". Del resto, è evidente che sia l'Africa a maturare oggi tante vocazioni e che i bacini delle vocazioni stesse si siano quasi completamente ribaltati rispetto ai secoli scorsi. "Io ricordo che quando sono entrato nella congregazione desideravo andare in Amazzonia, la cosa infatti che mi attraeva di più era lavorare con gli Indios. Invece mi hanno detto che sarei dovuto restare in Italia. L'allora Superiore mi disse che l'Italia era terra di missione e che dovevo rimanere qua. Non ci ho dormito tutta la notte. Sono stato mandato al Sud, vicino Lecce, a Galatina". Racconta che all'inizio la gente del posto lo guardava con sospetto rivendicando il fatto che loro non erano come le persone "che non conoscevano Dio". Ci restò cinque anni, scoprendo poi che quella esperienza era stata inaspettatamente bella e capace di cambiargli la vita. 

Dall'Africa vocazioni in crescita

Quanto contano i numeri? Contano, spiega padre Lengarin, perché quando si può contare su un numero consistente di giovani energie si può progettare di "aprire nuovi luoghi di sfida". Accenna, per esempio, alla condizione degli afro-discendenti tra i quali, osserva, ci sarebbe molto da fare perché generalmente "siamo portati ancora a non riconoscere i loro valori". Precisa che in diverse regioni essi non hanno ancora avuto una piena integrazione: accade, per esempio, in Brasile, Colombia, Venezuela, Nicaragua. In Africa, i Pigmei della foresta tropicale del Congo, destano molta attenzione da parte dei Missionari della Consolata che avrebbero in animo di operare maggiormente in loro favore anche per promuovere una sana e non traumatica attivazione di collegamenti tra i loro gruppi chiusi e il resto della società. Proprio dall'Africa, peraltro, "prevediamo che nasceranno ancora vocazioni, se si segue la tendenza attuale, una decina o una ventina l'anno". Le priorità apostoliche dell'Istituto restano gli indigeni d'America, gli abitanti nella vasta regione amazzonica, i centri urbani con le parrocchie e, attività ritenuta fondamentale, i centri educativi.

Fonte: Pubblicato  originalmente in Vatican News

“Ogni comune o villaggio del Caquetá ha qualcosa di un missionario della Consolata"

In un'intervista rilasciata sul sito dell'arcidiocesi di Florencia nel Caqueta - Colombia, padre Óscar Javier Medina, IMC, offre una panoramica sul lavoro dei Missionari della Consolata, sulla figura ispiratrice del Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano e sull'importanza del prossimo XIII Congresso Missionario Nazionale, che si terrà dal 5 al 7 luglio nell’arcidiocesi di Bogotá.

“Abbiamo concluso il mese di maggio dedicato a Maria e iniziamo il mese di giugno in cui celebriamo la festa del Cuore Immacolato di Maria (Patrona dell’Arcidiocesi di Florencia) e noi missionari festeggiamo il 20 giugno, la nostra Patrona, la Consolata. Quindi un momento di espressione di grande amore per la nostra Madre celeste, la prima missionaria che è andata a portare la Buona Novella", ha sottolineato padre Óscar, animatore missionario e vocazionale in Colombia e vicario nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria a Florencia.

“Siamo nati dal cuore di Dio. Siamo una famiglia di consacrati per la missione ad gentes”.

Vedi qui il video con l'intervista a padre Oscara Medina (in spagnolo)

I Missionari della Consolata della Regione Argentina si riuniscono dal 28 al 31 maggio presso la Villa Marista di Luján, nella provincia di Buenos Aires, per riflettere profondamente sul cammino della missione e per pianificare i prossimi sei anni.

Per illuminare i lavori dell'XI Conferenza è stato scelto il motto: “Mossi dallo Spirito” (Atti 8, 26-40).20240529Argentina6

Padre James Macharia ha condiviso il simbolismo che accompagna l'incontro, nel quale si rappresenta la Regione Argentina con dei fiori bisognosi di cure. Mentre portiamo il Vangelo alle genti, specialmente nelle periferie del Paese, abbracciamo la ricchezza dell'interculturalità animati dall’ispirazione del nostro Fondatore, il Beato Allamano, e dalla guida di Nostra Madre Consolata. L’espressione “Alzati e vai” riassume l'atteggiamento del missionario.

Il Superiore regionale, padre Marcos Im Sang Hun, ha aperto la Conferenza illustrando la situazione attuale della Regione e stabilendo le regole del lavoro. “Chiediamo le vostre preghiere per noi e per il bene dell'umanità”, ha detto il Superiore in un video messaggio.

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Partecipano nell’assemblea il padre James Lengarin, Superiore Generale, il Consigliere Generale per l'America, padre Juan Pablo De los Ríos, 19 sacerdoti residenti nella Regione, sette seminaristi della Comunità Apostolica Formativa (CAF) Cura Brochero, la Missionaria della Consolata Suor Rubi Sánchez e i laici responsabili delle due collegi della IMC in Argentina: l'ingegnere Diana Sosa e il maestro Lucio Tortosa.

Nel suo discorso di apertura, padre Juan Pablo ha sottolineato che questo incontro “è un momento opportuno per disegnare e progettare il futuro, partendo da come è nata la missione in Argentina”. Il Consigliere generale ha spiegato che attualmente “c'è un grande cambiamento nell'Istituto e molti dei giovani missionari che arrivano alle missioni provengono dall'Africa. Questa è la nuova realtà che dobbiamo abbracciare. Anche se abbiamo molte cose buone, ci sono anche aspetti che dobbiamo migliorare. Non possiamo fare missione come all'inizio; abbiamo bisogno di creatività e di una nuova prospettiva per andare avanti con la nostra missione ad gentes”.

Padre Juan Pablo ha anche sottolineato che “ci sono eredità che non cambieranno mai, soprattutto i valori del Fondatore. Dobbiamo superare i confini e incoraggiare la Chiesa con grande entusiasmo, guardando a nuove proposte. La creatività è fondamentale in un mondo in continuo cambiamento. L'approccio principale alla nuova realtà è quello di rompere gli schemi con coraggio e audacia. La Chiesa sinodale ci invita a camminare insieme, con una grande chiamata a vivere e ad annunciare.

Il Superiore Generale, padre James Lengarin ha sottolineato che “il nostro ad gentes è ascoltare, costruire la missione con la gente nel cuore”. Ha anche riconosciuto e ringraziato la Regione IMC Argentina per il suo contributo al consolidamento del nuovo modello di formazione basato su piccole comunità formative e ha espresso l'augurio che “la Conferenza sia un momento sereno e che la Provvidenza apra i nostri occhi e i nostri cuori per essere attenti a tutta l'umanità”.

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"La creatività è fondamentale in un mondo in continuo cambiamento." Padre Juan Pablo de los Ríos

Presenza IMC in Argentina

Il primo missionario della Consolata, padre Mario Viola, arrivò a Buenos Aires il 30 settembre 1946, dove stavano arrivando molti emigranti italiani, e fra questi alcuni devoti della Consolata e benefattori delle nostre missioni. Pochi mesi dopo arrivarono altri missionari e nel 1947 ci stabilimmo nella diocesi di Rosario.

Successivamente, l'Istituto ha esteso la sua presenza ad altre diocesi e ai territori del Chaco e di Formosa, considerati campi di attività specificatamente missionaria.

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"Il nostro ad gentes è ascoltare, costruire la missione con la gente nel cuore". Padre James Lengarin

Attualmente, 23 Missionari della Consolata (con una età media di 63 anni) lavorano in Argentina distribuiti in cinque parrocchie: Medalla Milagrosa a Jujuy, San Miguel Arcángel a Yuto, Nuestra Señora de la Misericordia a Mendoza, Nuestra Señora de Andacollo a San Juan e Cura Brochero a Merlo. Quest'ultima parrocchia è anche la sede della Comunità Apostolica Formativa (CAF) con sette studenti di teologia provenienti da diversi paesi. Nella Regione si sviluppano anche attività di Animazione Missionaria Giovanile e Vocazionale (AMGV) e sono attivi gruppi di Laici Missionari della Consolata.

La Casa Regionale e l'infermeria si trovano a Buenos Aires, nel quartiere di Flores. Fanno parte anche del nostro impegno due collegi: Nuestra Señora de la Consolata a Mendoza e l'Istituto Paolo VI, a San Francisco, Córdoba.

* Padre Donald Mwenesa, IMC, missionario a Mendoza e Diana Sosa, missionaria laica dedicata all'educazione.

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