Dopo 6 ore di attesa a causa del maltempo, il piccolo aereo a quattro posti è partito da Boa Vista verso la Missione di Catrimani (in linea retta circa 150 chilometri), un'area all'interno dello Stato di Roraima, nella terra degli indigeni Yanomami che fa parte della grande Amazzonia brasiliana.
In questa regione i missionari della Consolata Italiani, Giovanni Calleri e Bindo Meldolesi fondarono, nel 1965, una missione molto speciale sulle rive del fiume Catrimani. Ed è lì che i missionari della Consolata sono presenti tra gli indigeni Yanomami da quasi 60 anni, accompagnando alcune comunità di questa etnia, vivendo in semplicità e vicinanza l'inevitabile incontro tra una cultura basata sulle tradizioni secolari che vive in armonia con un ambiente impegnativo come la foresta amazzonica e una cultura occidentalizzata basata sul consumo e sullo sfruttamento di tutto ciò che può generare profitto e guadagno economico.
Pochi giorni di visita non sono ovviamente sufficienti per comprendere tutte le dinamiche che i missionari hanno sviluppato in tutti questi anni nel territorio, ma ci danno alcuni elementi che illuminano la scelta di questa équipe missionaria di essere presente tra gli Yanomami in semplicità, quasi in silenzio, e senza grandi pretese a livello di successi pastorali (intesi come numero di battesimi nell’anno o nella costruzione di cappelle e centri di culto, etc.).
Oltre a essere presenti sul territorio in un atteggiamento di dialogo e fornendo alcuni servizi come l'assistenza sanitaria o risolvendo alcune delle necessità quotidiane di base, il loro l'obiettivo è quello di aiutare a rafforzare e preservare le loro tradizioni con incontri di formazione su temi specifici che riguardano la comunità, soprattutto con giovani e donne, affinché possano affrontare le sfide che provengono dall'invasione dei "garimpeiros" illegali che causano la distruzione dell’ambiente, l'inquinamento dei fiumi e minacciano la vita stessa delle comunità Yanomami. Tutto ciò, assieme alle difficoltà di fornire assistenza sanitaria, sta creando una disastrosa crisi umanitaria.
Senza dubbio, chi beneficia maggiormente in questo incontro e dialogo di vita è certamente l'équipe missionaria stessa, e i nostri due Istituti, perché arricchisce il nostro carisma ad gentes in un dialogo di spiritualità con un popolo che, pur non avendo la parola "religione", né strutture religiose e liturgiche in senso stretto come le nostre, ha una cosmologia che definisce l'essere umano come colui che porta in sé un tesoro immortale. Gli Yanomami credono che il Trascendente, l'Artigiano (Omama) che ha creato il mondo e tutto ciò che vi coesiste, sia anche il mentore di una vita dignitosa e infinita.
Un grande grazie all'Equipe Missionaria Catrimani (P. Bob Mulega, P. Filbert Nkanga e Fr. Ayres Osmarin; Sr. Mary Agnes, Sr. Suzana Kihoo e Sr. Argentina Paulo) per l'accoglienza e la fraternità che abbiamo sperimentato in questi giorni; anche perché ci incoraggiano a continuare a credere profondamente che il nostro carisma missionario e la spiritualità della consolazione, ereditati dal nostro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, che verrà proclamato santo il 20 ottobre, sono ancora validi e attuali per il mondo di oggi. Qui si impara ad accogliere il bene e a riconoscerlo in tutti e in tutto; ma allo stesso tempo a individuare il male attraverso il grido del popolo e della terra, nostra "Casa Comune", perché, come dice Papa Francesco, “tutto è interconnesso”, il mondo visibile e quello invisibile o spirituale.
* Padre Juan Pablo De Los Ríos, IMC, Consigliere generale per l'America.
Visita a Sorino Yanomami che ha ricevuto la grazia della guarigione per intercessione del Beato Allamano
C'è un tempo per ogni cosa”, dice il libro del Qoelet (3,1). Quindi, dopo un anno a Roma è tempo per me di partire per Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo. Il 19 giugno 2023 ero arrivato in Italia per un periodo sabbatico dopo alcuni anni in Venezuela; questo tempo è stato per me un vero momento di grazia. Come non ringraziare la mia Congregazione per avermi offerto questa esperienza prima di ritornare in missione!
Quando sono arrivato a Roma ho cominciato subito a studiare la lingua italiana per tre mesi. Anche questa prima tappa è stata importante perché non solo stavo imparando la lingua ma mi stavo anche immergendo nella cultura italiana. La scuola, che ringrazio, ci ha permesso di conoscere la grande città di Roma, mostrando località storiche e turistiche e spiegandoci ogni luogo in cui siamo stati.
Appena terminato lo studio della lingua, sono andato in Piemonte, per vedere con i miei occhi e calpestare con i miei piedi il luogo dove tutto ha avuto inizio. Per prima cosa sono andato a Castelnuovo dove è nato il Beato Giuseppe Allamano, il nostro Fondatore. Che emozione! Sono entrato nella casa dove viveva, ho visto il letto dove dormiva, la cucina... insomma la terra dov’era nato. Poi, di ritorno a Torino, è stata la volta di visitare il bel santuario della Consolata e inginocchiarmi e pregare davanti alla tomba del padre Fondatore in Casa Madre. Un altro momento commovente, memorabile e indimenticabile per me.
Per concludere c’è stata anche una tappa importante ad Alpignano nella quale ho potuto visitare i grandi combattenti della missione. In quel municipio torinese la comunità ha una casa destinata ai missionari anziani che hanno donato tutta la loro vita al Signore e alla missione. Si tratta quindi di un ambiente fatto apposta per il riposo e la tranquillità di persone cariche di anni e con qualche problema di salute. Ne ho trovati tanti: alcuni conosciuti e altri a me sconosciuti. Ma una cosa è chiara: tutti aspettano la corona; perché, come dice l'apostolo Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione” (2 Tim 4,7-8). Questa è la sensazione che ho provato parlando con alcuni di loro; sono l’esempio vivente di cosa vuol dire donare la propria vita al Signore! È stato un onore per me averli conosciuti.
Padre Genaro Ardila, padre Innocent Mbisamulo e padre Edilberto Meza Olivera
Tutte queste esperienze mi hanno rinnovato; arrivare alle fonti ha prodotto in me una importante ricarica spirituale e vocazionale.
Ora mi sto preparando per andare in Congo, la mia nuova destinazione. Posso dire che grazie a questo periodo sabbatico mi sento fresco e pronto ad iniziare una nuova sfida missionaria. Vorrei quindi cogliere l'occasione per ringraziare tutti i confratelli della casa generalizia per avermi accolto. Con loro ho trascorso momenti piacevoli. Ho imparato molto da ciascuno di loro. Vi porterò sempre nelle mie umili preghiere quotidiane.
In particolare, ringrazio padre José Martins Fernandes, superiore della comunità, che per me è stato davvero un padre e mi ha messo in condizione di vivere questo periodo in modo proficuo. E anche Padre Gabriele Casadei, economo della casa, per avermi sempre accolto e servito con un sorriso contagioso e caloroso.
Vorrei anche ringraziare tutti coloro che collaborano alla manutenzione quotidiana della casa: cucina, pulizia delle camere, portineria, lavanderia, giardino. Vi porterò tutti nel mio cuore.
Lo Spirito del nostro Padre Fondatore, che presto sarà proclamato santo, possa sempre mantenerci uniti. Saluto tutti e ci vediamo la prossima volta!
* Padre Innocent Bakwangama Mbisamulo, IMC, missionario nella RD del Congo.
La Famiglia Missionaria della Consolata si rallegra per i 16 giovani missionari che hanno emesso i loro primi voti religiosi, culmine del loro anno di noviziato; un periodo dedicato all'approfondimento della vita spirituale, alla comprensione del Carisma della Congregazione e alla crescita nella preghiera e nella comunione. Otto giovani missionari hanno completato il loro noviziato a Sagana, Kenya, mentre gli altri otto a Morogoro, in Tanzania.
La mattina del 3 agosto 2024, persone provenienti da tutto il Kenya si sono riunite a Sagana per la celebrazione. Gli otto giovani missionari che hanno emesso i loro primi voti in Kenya provengono da diversi paesi: Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Mozambico e Kenya.
La Messa è stata presieduta dal Superiore Generale dei Missionari della Consolata, Padre James Bhola Lengarin, e concelebrata da numerosi sacerdoti. Molti religiosi e laici hanno preso parte alla celebrazione. Nella sua omelia, Padre Lengarin ha sottolineato il significato della decisione di questi giovani missionari di unirsi alla famiglia della Consolata.
Ha sottolineato che “la loro scelta è un impegno a servire Dio, nel ricercarlo presente nel e al servizio dell'umanità”. Sebbene provengano da diversi paesi, la loro missione trascende i confini, servendo persone di tutte le nazioni. Prendendo spunto da Genesi 12:1-4, dove Dio chiama Abramo a lasciare la sua terra natale, padre Lengarin ha comparato la chiamata di Abramo ad uscire, con la volontà dei missionari di lasciare la loro terra per servire Dio e il suo popolo. Ha concluso incoraggiando i giovani missionari ad avere fede e fiducia in Dio, che li ha chiamati al suo servizio all'interno della famiglia della Consolata.
Padre James Lengarin, Superiore Generale
Nell'ambito della cerimonia, ai giovani missionari sono state consegnate la costituzione e la croce, a simboleggiare il loro impegno e i valori della congregazione.
Padre Geoffrey Kiria, il maestro dei novizi che ha guidato i neoprofessi durante tutto l'anno di noviziato, ha espresso il suo apprezzamento per la loro crescita spirituale. Ha osservato che "il noviziato è un tempo prezioso" e come questi giovani sono cresciuti spiritualmente, nella comprensione del carisma della congregazione, e nel rispondere positivamente alla chiamata di Dio.
I novizi del Noviziato di Sagana, in Kenya
Contemporaneamente, un altro gruppo di giovani missionari a Morogoro, in Tanzania, hanno celebrato la loro prima professione religiosa. La Messa è stata celebrata dal Padre Vedastus Kwajaba, delegato dal Superiore Regionale della Tanzania per tale evento.
Durante un'intervista, Victus Tarimo, di 26 anni, uno degli otto giovani missionari che hanno emesso i voti a Morogoro, ha espresso “la gioia e la gratitudine al Signore per il dono della vocazione e per la famiglia religiosa di cui è entrato a far parte. Ha anche ringraziato i suoi compagni di noviziato per il cammino condiviso di preghiera, vita comunitaria, aiuto vicendevole, e i momenti di gioia vissuti durante l'anno di noviziato." Degli otto neoprofessi, due provengono dal Mozambico, tre dall'Uganda, due dal Kenya e uno dalla Tanzania.
Celebrazione della prima professione religiosa a Morogoro, Tanzania. Foto: Paulino Madeje
Lo stesso Victus ha rivolto un ringraziamento speciale al maestro dei novizi, padre Kennedy Kimathi, per la sua dedizione e guida durante tutto l'anno, durante il quale hanno conosciuto il fondatore, la sua spiritualità e vari aspetti della vita religiosa.
Quest'anno, la celebrazione della prima professione è particolarmente importante in quanto il fondatore, Giuseppe Allamano, verrà canonizzato a Roma il 20 ottobre. Questi giovani missionari hanno avuto l'opportunità unica di unirsi alla famiglia religiosa delle Consolata, nello stesso anno in cui il loro fondatore viene riconosciuto Santo.
La prima professione religiosa di questi giovani missionari della Consolata è una testimonianza del loro impegno e adesione al Carisma del loro fondatore, Giuseppe Allamano, mentre intraprendono la loro missione al servizio di Dio e dell'umanità ovunque vengono inviati nel mondo.
* Fratel Adolphe Mulengezi, IMC, Congolese, è uno studente di Comunicazioni a Roma.
“Il Beato Giuseppe Allamano è santo da molto tempo; ora la Chiesa lo riconosce ufficialmente”, ha detto padre Paulo Mzé in una intervista alla TV Aparecida (Brasile).
La stazione televisiva TV Aparecida del Santuario della Madonna di Aparecida a San Paolo ha invitato il 31 luglio il Superiore Regionale dei Missionari della Consolata in Brasile, padre Paulo Mzé e Suor Benildes Capelotto, missionaria della Consolata, per un'intervista sulla canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, che si terrà il 20 Ottobre prossimo, Giornata Missionaria Mondiale, a Roma.
“Per noi è una gioia immensa. In effetti, per noi, il Beato Giuseppe Allamano è santo da molto tempo; ora la Chiesa lo riconosce ufficialmente”, ha sottolineato padre Paulo Mzé ricordando che il Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata è stato beatificato il 7 ottobre 1990. “Il miracolo che ha permesso la canonizzazione, è avvenuto proprio in Brasile, nella terra indigena Yanomami presso la Missione Catrimani, dove lavoriamo da quasi 60 anni”, ha aggiunto il padre evidenziando l'importanza di questo momento storico. “Vogliamo celebrare con tutta la Chiesa”.
Suor Benildes Capelotto ha condiviso sull'origine e il carisma delle due congregazioni fondate a Torino, quando il Beato Giuseppe Allamano era rettore del Santuario della Consolata, un centro di devozione mariana per Torino e tutto il Piemonte. “La missione specifica dei due istituti è la prima evangelizzazione e la Consolazione, con un’attenzione particolare verso i più poveri e vulnerabili. Il nostro Carisma è la missione ad gentes per portare al mondo la Consolazione”.
I missionari e le missionarie della Consolata nati rispettivamente nel 1901 e 1910, oggi sono presenti in 30 Paesi dell’Europa, Africa, Asia e Americhe.
Padre Paulo ha ricordato che il Beato Allamano, fin da quando era un giovane sacerdote, sentiva raccontare molte storie sulle missioni in Africa. “A causa della sua salute fragile non poté andare in missione, nonostante il suo cuore missionario. Però riuscì a radunare diversi sacerdoti dell’archidiocesi di Torino e del Piemonte che erano desiderosi di andare in missione in Africa. Il nostro carisma è la missione ad gentes, consacrati a portare la Consolazione nel mondo. Siamo “Consolata” di nome e di cognome, la nostra ispirazione e motto è: «Annunceranno la mia gloria alle genti» (Isaia 66,19)”
I missionari della Consolata arrivarono in Brasile nel lontano 1937 a San Manuel, San Paolo, mentre le missionarie arrivarono qualche anno più tardi, nel 1946, “quando un gruppo di suore, espulse dall'Etiopia durante la Seconda guerra mondiale, iniziarono una prima presenza a Rio do Oeste, nello Stato di Santa Catarina”, ha ricordato Suor Benildes. In seguito furono aperte altre comunità in diverse parti del Paese, in particolare nell’Amazzonia. “Il nostro carisma è portare la Consolazione nei luoghi dove nessuno vuole andare, ai più poveri, ai più vulnerabili e a coloro che soffrono”.
Qui sotto il link dell’intervista a padre Paulo Mzé e a Suor Benildes Capelotto - TV Aparecida (Portoghese)
Uno dei momenti più toccanti dell'intervista è stato il racconto del miracolo che ha portato alla canonizzazione di Giuseppe Allamano. Suor Benildes ha raccontato la storia di Sorino, un indigeno Yanomami assalito e gravemente ferito alla testa da un giaguaro. “Altri indigeni e una suora lo trovarono insanguinato e riposero la parte della massa celebrale fuoruscita nella scatola cranica fasciandola con una maglietta e allo stesso tempo chiamarono un aereo per portarlo a Boa Vista per un intervento chirurgico. Questo avvenne il 7 febbraio 1996, all'inizio della novena in preparazione alla festa del nostro Fondatore. Tutti i missionari pregarono per la guarigione di Sorino. I medici, che inizialmente erano scettici sulla sopravvivenza di Sorino, assistettero alla sua completa guarigione, che fu riconosciuta come un miracolo dalla Santa Sede”.
“Stiamo preparando e sensibilizzando tutta la Chiesa. In Brasile ci sono 22 comunità, tra parrocchie, seminari e case, che si stanno preparando a celebrare il nuovo Santo", ha spiegato padre Paulo Mzé sottolineando l'importanza di celebrare questo momento storico. “L'ideale sarebbe che tutti andassero a Roma, ma ognuno celebrerà nella propria comunità. Il miracolo avvenuto in Amazzonia conferma l'importanza di questa regione per la missione della Chiesa”.
Al termine dell'intervista, padre Paulo Mzé ha rivolto un invito speciale a quei giovani interessati a conoscere meglio l’Allamano o diventare missionari della Consolata, incoraggiandoli a scoprire la loro vocazione e a unirsi alla missione aggiungendo: “Siamo presenti in internet e nei social media: www.consolata.org.br Twitter, YouTube, Consolata Brasil”.
* Redazione IMC Brasile con informazioni della TV Aparecida
Descritto come un missionario di grande semplicità e altruismo, padre Luís Ferraz, è mancato questo sabato, 27 luglio, a Fátima, in Portogallo. Il missionario della Consolata aveva 92 anni, di cui 66 di professione religiosa e 61 di sacerdozio.
“Affidandolo all'infinita misericordia di Dio Padre – diceva una nota dei missionari della Consolata in Portogallo – ci uniamo nella preghiera per il suo riposo eterno, rendendo grazie a Dio per il modo in cui si è consumato nella sua missione di apostolo e missionario della Consolata”.
I funerali hanno avuto luogo mercoledì 31 luglio con una messa funebre nella chiesa dell'ex Seminario della Consolata e la successiva sepoltura nel cimitero di Fatima.
Padre Luís Ferraz era visto come un missionario di grande semplicità e carità: una presenza silenziosa e amichevole nelle comunità in cui viveva. La sua biografia, che presentiamo di seguito, lo testimonia.
Nato a Formigais, Vila Nova de Ourém, il 22 luglio 1932, fece il suo ingresso nella comunità dei Missionari della Consolata in Portogallo il 18 ottobre 1951 e, sei anni dopo, nella Certosa di Pesio (Cuneo), emise la prima professione religiosa il 2 ottobre 1957. Sempre in Italia, a Torino, il 2 ottobre 1960 fece la professione perpetua e poi, nel 1962, venne ordinato diacono. Il 30 marzo 1963 divenne sacerdote.
Padre Luís Ferraz (al centro) festeggia 60 anni di ordinazione sacerdotale con la comunità di Águas Santas, Portogallo
Trascorse i primi tre anni del suo ministero in Portogallo dove si impegnò come professore e assistente a Vila Nova de Poiares e poi come vice parroco e cappellano a Campolide. Nel 1966, padre Luís Ferraz parte per il Mozambico dove trascorse tutti gli anni della sua vita attiva come missionario.
Questi i luoghi dove offrì il suo servizio missionario: al principio lavorò nella diocesi di Inhambane, nella missione di Mavamba (1966-1967); poi si trasferì nell’archidiocesi di Lourenço Marques (Maputo) per lavorare nella parrocchia di São Gabriel a Matola, dove è stato vice parroco (1967-1971), poi parroco di Boane (1971-1972), di nuovo vice parroco a Matola (1973-1975) e parroco dal 1975 al 1981.
La parrocchia di São Gabriel, creata il 2 luglio 1951 dai missionari della Consolata, è la madre della maggior parte delle parrocchie della periferia occidentale di Maputo. Padre Luís ha lavorato in questa parrocchia per quasi 15 anni. Ha vissuto con coraggio il difficile periodo dell'indipendenza del 1975, quando il popolo del Mozambco ha dovuto affrontare molte sofferenze lo stesso che molte famiglie portoghesi, suoi parrocchiani, che dovettero abbandonare il paese.
Seguirono gli anni difficili della rivoluzione marxista-leninista, con le sue innumerevoli restrizioni alla libertà religiosa. Padre Luís ha affrontato questi anni con la collaborazione delle missionarie della Consolata che vivevano a Matola. Nel 1981 l’Istituto consegnò la parrocchia di Matola all’archidiocesi di Maputo e lui fu l'ultimo missionario della Consolata a lavorare in quella parrocchia.
Dal 1981 al 1986 padre Luís fu superiore nella casa regionale e qui svolse l’importante attività di sostegno alle missioni e ai missionari presenti nelle diocesi di Inhambane e Lichinga che in quegli anni di grandi difficoltà avevano bisogno di tutto: ospitalità, viaggi, acquisto di materiali e cibo, ecc.
Nel 1986 tornò a lavorare nella diocesi di Inhambane, questa volta nella parrocchia di Guiúa e nel Centro Catechistico. Insieme a padre Andrea Brevi, riaprì il Centro e la parrocchia, che erano stati chiusi nel 1983 per ordine del governo, riprendendo la formazione delle famiglie dei catechisti. Si è dedicato a questa attività formativa e alla cura pastorale delle comunità cristiane della parrocchia.
Il 13 settembre 1987, il Centro Catechistico fu assaltato dalla Renamo (Resistenza Nazionale Mozambicana). Le famiglie dei catechisti vengono rapite e il catechista Peres Manuel viene ucciso: padre Luís rimane a Guiúa, nonostante la guerra e la violenza che regnava nella zona. Il 9 ottobre 1991 fu trasferito a Mambone come parroco: assieme al padre Amadio Marchiol visse anche lì in un contesto di guerra, con molti pericoli e privazioni.
Il 4 ottobre 1992 fu firmato l'Accordo di pace che pose fine alla guerra civile del Mozambico. Nel 1993, padre Luís fu trasferito da Nova Mambone alla parrocchia di Vilanculos, sempre nella diocesi di Inhambane. Con il padre Alceu Agarez e padre Jaime C. Patias, ha assistito le numerose comunità delle parrocchie di Vilanculos, Mapinhane e Maimelane.
Il 10 novembre 1998 è stato nominato parroco di Vilanculos: ha vissuto un periodo di grande attività pastorale e di promozione umana, in un momento di pacificazione, ricostruzione e consolidamento delle comunità cristiane dopo la dispersione causata dalla guerra.
Nel 2000 è stato trasferito al Seminario Filosofico di Matola come collaboratore nella formazione ed economo e con padre Jaime C. Patias, ha collaborato alla formazione dei futuri missionari della Consolata e ha prestato servizio pastorale alle comunità cristiane delle parrocchie di Liqueleva, Liberdade e Matola fino al 2008.
L'ultimo periodo della missione di padre Luís in Mozambico si è svolto tra il 2009 e il 2015 presso al Seminario dei Missionari della Consolata nella città di Nampula. Questa tappa è stata per lui un grande salto: dal sud del Paese, dove aveva sempre lavorato, si è trasferito al nord, dovendo affrontare tutte le differenze linguistiche e culturali. Come sempre, padre Luís ha dimostrato la sua totale disponibilità, il suo spirito di ubbidienza e di servizio. Si è dedicato al lavoro di manutenzione della casa, alla formazione dei seminaristi e al lavoro pastorale nella parrocchia di Nossa Senhora da Paz.
Dopo 49 anni di passione e dedizione a quella nazione africana, nel 2015 padre Luíz è tornato in Portogallo dove ha vissuto gli anni d'oro della sua vocazione e consacrazione missionaria. Lì è stato assegnato alla comunità di Águas Santas che divenne la sua comunità di riferimento fino alla morte; trascorse questi anni dedicato ai servizi pastorali, alle Messe e alle confessioni.
Era un missionario nel vero e pieno senso della parola. Anche in età avanzata, ha sempre mantenuto un vivo spirito missionario e familiare, essendo attivo nei piccoli compiti quotidiani della comunità, che svolgeva con grande dedizione, la stessa che ha sempre caratterizzato il suo impegno verso Dio, verso il prossimo e verso la missione.
I funerali di padre Luís Ferraz mercoledì 31 luglio a Fátima
Padre Jaime Patias, IMC, attuale Segretario Generale per la Comunicazione a Roma, ha lasciato questa sentita testimonianza:
“Riposa in pace, caro confratello e maestro di bontà, padre Luiz Ferraz, IMC, con il quale ho avuto la grazia di lavorare per cinque anni durante la ricostruzione in Mozambico, prima a Vilankulos e poi nel Seminario Filosofico a Matola, nella grande Maputo. Rimane l'immagine di uno di quegli esseri umani eccezionali, benedetti dalla sua generosità e dal dono di sé, che ha vissuto profondamente una vita serena e lunga sulla terra. Possa ricevere la corona dei giusti da Dio, che ha servito fedelmente, e intercedere per noi! Grazie di tutto!”
* Redazione SGC con informazioni di padre Albino Brás e padre Álvaro Pacheco, IMC Portogallo.