Valutare e programmare la missione ad gentes per i prossimi sei anni. Questo è stato l'obiettivo principale della XII Conferenza regionale dei Missionari della Consolata in Tanzania. L'incontro si è svolto dal 2 al 9 febbraio 2024 presso il Consolata Mission Centre Bunju, a Dar es Salaam.
Alla conferenza hanno partecipato 35 missionari di diverse comunità con la presenza del Superiore Generale, padre James Lengarin, del Consigliere Generale per l'Africa, padre Erasto Mgalama, e dell'Amministratore Generale, padre Fredrick Agalo.
Le riflessioni sono state guidate dagli Atti del XIV Capitolo Generale, dal Progetto Missionario Continentale (PMC) e dal Documento della Assemblea Continentale Post XIV Capitolo Generale.
Prima di questo incontro, era stata conclusa un'indagine per elaborare un Instrumentum Laboris che servisse da documento guida. Per tale valutazione sono state create quattro commissioni corrispondenti alle seguenti dimensioni: Formazione di base, Formazione continua, Evangelizzazione e promozione dello spirito missionario ed Economia per la missione. Le stesse commissioni hanno condiviso fra loro un'esperienza arricchente e allo stesso tempo impegnativa.
Dal settore della formazione di base sono state comunicate alcune notizie positive, come l'aumento del numero di giovani che vogliono entrare nel nostro Istituto. Si tratta di una buona notizia, ma allo stesso tempo di una sfida dovuta alla mancanza di spazi sufficienti per accogliere un numero maggiore di giovani. Per questo, la Conferenza ha proposto un Piano di Formazione che prevede la disponibilità di formatori qualificati, un fondo per la formazione, con la collaborazione di tutti i missionari in termini di sostenibilità economica, la costruzione di un nuovo Seminario Filosofico, ecc.
Il settore formazione continua ha elencato una serie di risultati come, per esempio, alcuni missionari hanno fatto il corso di formazione permanente (Bunju, Sagana, Italia) come parte del piano dell'Istituto. Inoltre, sono stati forniti materiali sufficienti e sono state tenute alcune conferenze sul Biennio della persona, è però anche emerso che l'inserimento nella missione è ancora un problema per alcuni missionari. Inoltre, per quanto riguarda i missionari che stanno affrontando alcune particolari situazioni nella loro vita, è stata evidenziata la mancanza di un piano chiaro relativo ai programmi e agli esperti destinati ad aiutarli.
Riguardo a questo, la Conferenza ha aderito al piano proposto dalla XIII Capitolo Generale cercando di capire come concretizzarlo. Inoltre alcune delle questioni che richiedono ancora un'attenzione particolare sono la vita comunitaria, l'importanza della lingua locale per i nuovi missionari, l'accompagnamento dei missionari in difficoltà e di gruppi particolari in base agli anni di professione religiosa o di sacerdozio.
L'ambito dell'evangelizzazione ha rivelato la dedizione e lo zelo apostolico di alcuni missionari nelle attività ad gentes. Tuttavia, è stato valutato che negli ultimi sei anni non abbiamo aperto nessuna presenza ad gentes. Al contrario, abbiamo consegnato una parrocchia ad gentes (Tosamaganga) alla diocesi di Iringa e mentre la parrocchia di Sanza, anch’essa, una significativa presenza ad gentes, è in processo di essere consegnata alla diocesi di Singida.
In questo senso, la Conferenza ha avanzato la proposta di aprire una nuova presenza ad gentes nei prossimi sei anni. Inoltre, ha suggerito il gemellaggio delle parrocchie, in modo che le parrocchie economicamente stabili possano sostenere quelle bisognose. Allo stesso modo, le attività di “consolazione”, come per esempio l’ospedale di Ikonda sono preziose e quindi riteniamo sia necessario continuare a mantenerle. Il contributo dei laici è importante per la nostra evangelizzazione e quindi è necessario formarli e coinvolgerli nella nostra missione ad gentes. Come benefattori locali, possono essere di grande aiuto.
L'economia per la missione ha svelato alcune realtà positive ma anche impegnative. Così le positive sono: le comunità sono in grado di soddisfare le esigenze dei missionari (vacanze, salute, ecc.). Inoltre, ogni missionario ha un'assicurazione sanitaria che può coprire le spese mediche anche al di fuori della Tanzania (almeno in Africa orientale). Allo stesso modo, il 5% delle decime e delle offerte viene restituita all'Istituto. Tuttavia, quanto già si fa non dovrebbe essere un ostacolo per contribuire maggiormente alle case di formazione, soprattutto se si considera la generosità che alcune delle nostre comunità hanno dimostrato negli ultimi sei anni.
Nei prossimi sei anni, la Conferenza ha dato priorità alle seguenti attività ad gentes:
Formazione, conoscenza e applicazione del Direttorio di Amministrazione, e l’attuazione di strategie di sostenibilità con investimenti e cura del nostro patrimonio.
Inoltre, ha incoraggiato un'accurata preparazione ed esecuzione dei vari progetti delle missioni
la preparazione dei missionari in campo amministrativo,
l'attuazione del principio della cassa comune a tutti i livelli, che riguardano le donazioni libere dei benefattori, gli stipendi dei servizi religiosi, il 5% dei progetti, la raccolta di fondi e le adozioni di seminaristi da parte di parrocchie, gruppi e individui. Inoltre, sono importanti i contributi delle varie istituzioni IMC per far fronte al funzionamento quotidiano della Regione.
Per migliorare la trasparenza e la responsabilità, la Conferenza ha proposto che l'Amministrazione lavori come una squadra a tutti i livelli, fornendo rapporti progressivi su questioni riguardanti l'amministrazione e promuovendo frequenti revisioni interne per verificare il funzionamento delle missioni e delle istituzioni.
Infine, le comunità sotto la cura pastorale dell’Istituto devono avere due conti bancari: uno per la comunità IMC e l'altro per la parrocchia e di conseguenza ci devono essere due scritture contabili diverse: una per l'IMC e l'altra per la parrocchia.
Altri temi affrontati durante la Conferenza sono stati l'Animazione Missionaria e vocazionale, la missione nella comunità e la Giustizia Pace e l'integrità del Creato (GPIC). Uno sguardo critico alla prima ha rivelato che la commissione di animazione deve avere un piano chiaro e definito e un programma concreto di attività e deve condividerlo con tutti i missionari della Regione.
Per migliorare la vita missionaria, la Conferenza ha stabilito che ogni comunità deve avere un chiaro Progetto di Vita Comunitario in cui siano delineate alcune attività concrete. Questo permette ai suoi membri di dare concretezza ad alcune proposte come la preghiera, le attività pastorali, la formazione permanente, la correzione fraterna, ecc.
Per quanto riguarda il settore GPIC, la Conferenza ha proposto che questioni come la violenza di genere, l'abuso dei minori, le varie dipendenze, il traffico di esseri umani, le questioni legali a livello delle comunità cristiane, lo sfiducia per la diffusa corruzione in tutte le sue forme, la riconciliazione soprattutto tra famiglie e persone, siano condivise e trattate a livello continentale. Inoltre, i missionari sono invitati a utilizzare i mass media come la rivista Enendeni, per educare e diffondere informazioni su questi temi.
Ringraziamo la famiglia Consolata per i suoi instancabili sforzi affinché il messaggio di consolazione sia diffuso in tutto il mondo. La realizzazione delle proposte sollevate da questa Conferenza richiede un approccio sinodale alla missione. Impariamo a lavorare e a camminare insieme.
* Paulino Madeje, IMC, è direttore della rivista Enendeni.
L’Istituto Missioni Consolata è nato dal desiderio del Beato Giuseppe Allamano di aprire missioni in Etiopia, dove voleva inviare i suoi missionari da Torino in Italia. Ma il suo desiderio si è realizzato solo nel 1913, quando venne affidato all’Istituto parte del Vicariato di Oromo, eretto in Prefettura Apostolica il 28 gennaio 1913 con il nome di Kaffa Meridionale. Il primo Prefetto Apostolico, Mons. Gaudenzio Barlassina, IMC, fu eletto il 6 maggio 1913, ma raggiunse Addis Abeba, la capitale del paese verso la fine del 1916 e dovette attendere circa un anno prima di poter entrare nel territorio della sua missione.
Nel 1941, con la fine dell’esperienza coloniale italiana, anche i missionari della Consolata vennero espulsi dal paese. Nel 1970 l’Istituto ritorna in Etiopia assumendo la cura spirituale de alcune missioni del Vicariato di Harrar.
Attualmente lavorano nel paese 17 missionari della Consolata in cinque distinti missioni nella capitale Addis Abeba, nel Vicariato di Meki e nel Vicariato di Nekemte. Svolgono essenzialmente una missione fatta di evangelizzazione e promozione umana, come disiderava il Fondatore. Questo è ciò che ci spiega il Padre Marco Marini, IMC, in un'intervista rilasciata al Segretariato per la Comunicazione a Roma prima di tornare ad Addis Abeba, dove lavora.
Vedi il video realizzato da Fratel Adolphe Mulengezi
Monsignor Francisco Javier Múnera Correa, Missionario della Consolata e Arcivescovo di Cartagena de Indias, Colombia, il 11 febbraio ha compiuto il suo 25° anniversario di ministero episcopale.
La celebrazione gioiosa e fraterna si è svolta sabato 10 febbraio, nella parrocchia Madre delle Missioni, del quartiere di Modelia (Bogotá, Colombia) al suono di tamburi, tastiere e chitarre; il beato Giuseppe Allamano e María Consolata erano molto presenti nell’aria.
Alla tavola dell’eucaristia, Mons. Francisco è stato accompagnato, come pellegrino in processione, da alcune delle sue famiglie: membri della famiglia episcopale; della famiglia dei Missionari della Consolata e anche da Carlos Alberto, della sua famiglia di origine. Lui ha avuto parole di ringraziamento per tutti questi che, in diverso modo, lo hanno accompagnano nel suo cammino missionario.
In questa occasione è bene ricordare alcune parole del rimpianto Mons Luis Augusto Castro Quiroga IMC che il 16 maggio 2013 diceva: "così come voi mettete al servizio della missione i vostri due occhi, i vostri due piedi, le vostre due mani, tutto il vostro essere; allo stesso modo la vita episcopale vi chiede di mettere al servizio della vostra missione due passioni: quella per Gesù Cristo inviato perché tutti abbiano la vita e la passione e l'amore per il popolo che vi è affidato come buon pastore".
Il video che segue racconta come è stata vissuta questa giornata speciale, ringraziando e celebrando la traiettoria umana, religiosa, missionaria ed episcopale di monsignor Francisco.
In un messaggio social l'arcivescovo di Cartagena ha espresso la sua gratitudine a tutti coloro che hanno festeggiato con lui: "...una gratitudine immensa alla mia cara famiglia della Consolata che in questo giorno mi ha accompagnato con il ricordo, l'affetto e le preghiere. Allo stesso modo ringrazio i giovani in formazione che erano presenti, le Missionarie della Consolata, i confratelli della casa provinciale, il superiore regionale, p. Venanzio Mwangi e il suo consiglio, la Parrocchia Maria madre delle missioni. Il Signore vi ricompensi per la vostra gentilezza. Un abbraccio fraterno e abbondanti benedizioni. Fratello e servitore, Francisco Javier".
Poi rivedere di seguito l'intervista che padre Salvador Medina, IMC, ha realizzato con monsignor Francisco Múnera nel 2021 prima del suo insediamento come arcivescovo di Cartagena de Indias.
* Con informazione del Gruppo di comunicazione IMC di Bogotà
Tutti siamo sorpresi per l’impresa della nazionale della Costa d’Avorio che è riuscita ad andare in finale della Coppa d'Africa 2024. La sfida decisiva si terrà domenica 11 febbraio nella capitale Abidjan contro la Nigeria. Quest’ultima è senz’altro la squadra favorita, dovrà giocarsela alla pari con la squadra ivoriana che potrà contare sull’arrivo di un grande rinforzo: stiamo parlando di Padre Stefano Camerlengo, IMC, che atterrerà nella Capitale del Paese degli elefanti proprio questo sabato, 10 febbraio, la vigilia della grande inaspettata finale.
Nonostante le sue innegabili doti calcistiche, - confermate da chi lo conosce bene dai tempi del seminario - la sua "partita" si giocherà altrove, non nello Stadio All'Alassane Ouattara di Abidjan, sede della finale vera e propria, ma più precisamente nei diversi “campi” di missione che Dio ha affidato ai Missionari della Consolata nel nord del Paese, dove la maggioranza della popolazione è musulmana. A differenza di una partita di calcio, la sfida della missione durerà molto di più di 90 minuti... saranno anni…
Come un pellegrino della missione ad gentes, dopo 18 anni di generosa dedizione e servizio nella Direzione Generale, a 67 anni di età e 40 di sacerdozio, Padre Stefano riparte pieno di entusiasmo ed energia e molto bene “allenato” da questi anni di servizio all’Istituto, per continuare a condividere la gioia del Vangelo e il carisma della Consolazione ereditato dal Beato Allamano.
Prima della sua partenza, in un'intervista rilasciata al Segretariato Generale per la Comunicazione, Padre Stefano ha lanciato questo messaggio.
Vedi il video realizzato da Fratel Adolphe Mulengezi
Nella Messa di saluto e di invio missionario celebrata il venerdì 09 febbraio, nella comunità di Casa Generalizia, padre Stefano ha condiviso i sentimenti che porta nel cuore. Ha fatto memoria di tutti i missionari che ha incontrato in tutti questi anni e ringraziato i Signore per il dono che sono stati per lui e l’insegnamento ricevuto per la sua vita. Il cambiamento all’inizio è stato uno spaesamento, dopo così tanti anni, ma poi si vive una spogliazione per amare e vivere dell’essenziale, l’amore per il Signore e per la gente. L’amore per la Madonna, che lo ha sempre accompagnato e protetto nel suo mandato a servizio dell’Istituto, anche in questo frangente è fonte di ispirazione. Sono tre gli atteggiamenti che Maria mi insegna, ha detto nell’omelia. Il primo: “avvolgere nelle fasce della tenerezza e della misericordia le persone che incontrerò, come Maria – ha continuato padre Stefano – che nella capanna ha avvolto nelle fasce il Bambino Gesù. Secondo, la capacità di custodire nel cuore le ispirazioni della Parola di Dio e poi, cercare di fare sempre “quello che il Signore mi dirà”, facendo mio l’esortazione che Maria ha ricolto ai servitori del banchetto di Cana. Sono tre atteggiamenti - ha concluso padre Stefano - con i quali cercherò di vivere la Missione in Cosa d’Avorio”.
Accompagneremo padre Stefano con la preghiera, affinché possa realizzare questi suoi propositi. Dunque “palla al centro”, auguri e preghiere per l’inizio della "partita" della missione.
La comunità IMC della Casa Generalizia a Roma accompaga Padre Stefano con la preghiera e sostegno.
Nato a Morrovalle - Macerata l'11 giugno 1956, Padre Stefano Camerlengo è entrato in seminario a Varallo Sesia nel 1978, ha compiuto gli studi teologici a Torino e Roma, presso l’Università Gregoriana, ed è stato ordinato sacerdote il 19 marzo 1984 a Wamba, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, dove ha lavorato a più riprese, disimpegnandosi bene come parroco, formatore nel seminario e Superiore regionale. Nel suo percorso, ha lavorato in Italia nell’animazione missionaria vocazionale. Dal 2005 al 2011 ha svolto l'incarico di Vice Superiore Generale e dal 2011 al 2017 è stato Superiore Generale.
Nella Costa d'Avorio, i missionari della Consolata sono presenti dall’inizio del 1996 dove attualmente lavorano 19 missionari nelle diocesi di Odienne e di San Pedro e nell’archidiocesi di Abidjan.
* Padre Jaime C. Patias, Comunicazione IMC Roma.
“La nostra Famiglia: l’Amore fraterno”, è il tema del Messaggio del Superiore Generale, Padre James Bhola Lengarin, in occasione della Festa del Beato Giuseppe Allamano il 16 febbraio.
“Dopo la celebrazione del XIV Capitolo Generale, e dopo le assemblee continentali post-capitolari, si stanno svolgendo le Conferenze di Circoscrizioni per pianificare la vita e la missione per i prossimi sei anni. Come partecipante e attento ascoltatore di queste assemblee e conferenze, sono stato colpito dal costante riferimento a uno dei valori più importanti che l’Allamano ha trasmesso a noi, suoi figli: l’amore fraterno come una priorità fondamentale e inderogabile per diventare una famiglia di consacrati”, afferma il Superiore nel suo Messaggio, che pubblichiamo integralmente di seguito.
Nell’Istituto, famiglia riunita nel nome del Signore, tutti si sentono e si accolgono come fratelli (cfr. Rom 15,7), si interessano gli uni degli altri, vivono la missione in unità di intenti, fanno proprie le gioie, sofferenze e speranze dell’Istituto. Questa comunione è “l’anima e la vita” della nostra Famiglia (Cost. 15)
Le due Direzioni Generali, IMC e MC, hanno scelto il Beato Giuseppe Allamano come Protettore per il triennio 2024 - 2026.
Questa scelta è stata motivata da due ragioni: in primo luogo, per la gioia e le aspettative riposte sul processo di canonizzazione del nostro Padre Fondatore, giunto oramai alle sue fasi conclusive. Tutti speriamo e preghiamo che al più presto possiamo arrivare alla meta tanto sospirata della canonizzazione. Ed è proprio per prepararci bene a questo grande evento, che abbiamo previsto un tempo sufficientemente lungo per rinnovarci, attingendo alle ricchezze spirituali del nostro Padre attraverso uno studio approfondito e sistematico della sua vita, delle sue attività e dei sogni che portava nel cuore per il futuro della nostra famiglia.
Missionari e Missionarie della Consolata nella cappella della Casa Madre MC a Torino. Foto: Gigi Anataloni
In secondo luogo, nello stesso triennio ci prepareremo anche al centenario della morte del nostro Padre che si celebrerà il 16 febbraio 2026. Cento anni sono trascorsi dalla sua scomparsa, eppure continuiamo a sentirlo vicino, con la sua presenza paterna e con la responsabilità di mantenere viva l’eredità del suo esempio di vita sacerdotale ricca di umanità, di zelo per le anime, di spiritualità profonda che ci ha consegnato, da rendere attuale nella vita e nella missione. Siamo infatti convinti che fare memoria delle nostre radici è l’unica garanzia di futuro per la nostra famiglia missionaria.
Dopo la celebrazione del XIV Capitolo Generale, e dopo le assemblee continentali post-capitolari, si stanno svolgendo le Conferenze di Circoscrizioni per pianificare la vita e la missione per i prossimi sei anni. Come partecipante e attento ascoltatore di queste assemblee e conferenze, sono stato colpito dal costante riferimento a uno dei valori più importanti che l’Allamano ha trasmesso a noi, suoi figli: l’amore fraterno come una priorità fondamentale e inderogabile per diventare una famiglia di consacrati.
Il padre Allamano amava ripetere: “Ci vuole fuoco per essere Apostoli” (VS 460). Esprimeva bene quello ‘spirito’ che doveva animare i suoi figli. Era lo stesso fuoco che ardeva in lui e l’aveva spinto a fondare l’Istituto. Se non si arde, non si fa nulla: “Il fuoco è lo zelo, ‘carattere proprio del Missionario’, per il quale diventano nostre le parole di Paolo, l’Apostolo delle genti: ‘Tutto faccio per il Vangelo’ (1 Corinzi 9, 23). L’Allamano ne rafforza l’enfasi: ‘Tutto, tutto! Mi spenderò e mi sacrificherò’.
L’amore per il fratello è la strada maestra per giungere all’unione con Dio e alla santità. Proprio in questa reciprocità dell’amore si sperimenta la presenza e l’unione con Dio e la comunità nella vita consacrata diventa allora lo “spazio umano abitato dalla Trinità, che estende così nella storia i doni della comunione propri delle tre Persone divine” (Vita Consecrata 31).
Carissimi fratelli, Giuseppe Allamano ha ricevuto dal Cielo il mandato di fondare un istituto missionario a lui particolarmente caro e per il quale ha dato tutto, provando gli stessi sentimenti di attaccamento ai missionari che Paolo aveva verso i Filippesi chiamandoli “figli miei carissimi e tanto desiderati” (cfr. 4, 1). Di conseguenza, per lui è stato fondamentale “lo spirito di famiglia”, fondato sull’aiutarsi reciprocamente, portare i pesi gli uni degli altri, lasciandoci sostenere e accompagnare dai fratelli, come ci insegna la Parola di Dio e la vita delle prime comunità cristiane.
Padre Piero Trabucco nei suoi appunti degli esercizi spirituali ci ricorda che: “La comunità costituisce un importante aiuto alla fedeltà. In essa il missionario si sente accolto come discepolo impegnato a seguire il Maestro e trova abbondanza di mezzi che gli facilitano il cammino di crescita in tutte le dimensioni della sua vita. È Dio stesso che mi ha fatto dono dei fratelli, perché mi sorreggano nell’itinerario di fedeltà a Dio seguendo la specifica vocazione che ho ricevuto con il carisma del Fondatore. La presenza di questi fratelli è per ciascuno una forza, una garanzia e un’autentica fortuna. Tocca a noi valorizzare al massimo la comunità, usufruendo dei tanti mezzi che offre. Non è difficile elencarli: la preghiera comune, la comunione d’anima, l’Eucaristia, la Parola di Dio, la correzione fraterna, i momenti di svago”.
La vita comunitaria IMC è la “domus nostra et locus sanctificationis nostrae, ubi laudaverunt te patres nostri”. (la nostra casa è il luogo della nostra santificazione, dove i nostri padri ti hanno lodato, (Vulgata, Isaia 64, 11).
Avvolti dal calore umano, nella comunità, si realizza il piccolo progetto di vita assegnato ad ognuno dalla Provvidenza per partecipare pienamente al grande progetto divino.
È un cammino di santità certamente non limitato alle persone consacrate e alle fraternità religiose, ma di tutti. Novo Millennio Ineunte (NMI) vi dedica l’intero capitolo IV, e lo propone vivamente a tutta la Chiesa, come qualcosa voluto da Dio e rispondente alle attese del mondo: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia. Prima di programmare iniziative concrete, occorre promuovere una spiritualità della comunione” (NMI, 43). Tutto questo scaturisce dall’amore: ‘Bisogna avere tanta carità da dare la vita. Amare il prossimo più di noi stessi, dev’essere il programma di vita del Missionario’ (VS 461).
“La comunità è una famiglia. Vedete: la festa della santa Famiglia venne istituita per onorare insieme Gesù, Maria e Giuseppe, come componenti una famiglia: il modello delle famiglie. Certamente Leone XIII nell’istituire tale festa ebbe di mira le famiglie cristiane, ma volle pure che su questo esempio si formassero le famiglie religiose” (VS 343). “S. Pietro, nella sua prima lettera, scrive: soprattutto abbiate perseverante l’un verso l’altro la mutua carità. Considerate ogni parola: carità vicendevole, carità continua, carità prima d’ogni altra cosa” (VS 404).
Carissimi, faccio eco a queste parole del nostro Padre Fondatore, invitandovi appassionatamente a vivere la carità fra di noi ad ogni costo. Perché: Siamo una “famiglia” in cui tutti si accolgono come fratelli, s’interessano gli uni degli altri, vivono la missione in unità d’intenti, fanno proprie le gioie, sofferenze e speranze di tutto l’Istituto, con un forte senso di appartenenza (cfr. Cost 15) nella forma della vita religiosa consacrata e nella professione dei consigli evangelici. Questo impegno è da noi concretizzato nella fraternità ad vitam per la missione, che per l’Allamano è un ideale tanto grande da essere assunto con radicalità e totalità, orientando tutto a esso: esistenza, spiritualità, scelte e attività (cfr. XIV CG, 26)
In un mondo che sta andando in frantumi, se non difendiamo i valori lasciatoci dal nostro Fondatore, saremo senza radici e non riusciremo e trasmettere calore umano e portare la consolazione. Mentre la missione andrà avanti, camminando con i popoli, a fianco della povera gente, nella realizzazione di progetti e nella cura pastorale, mai dovremmo dimenticarci dell’avvertimento di San Paolo: “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova”. (1 Corinzi 13,1-3)
Se ogni famiglia nasce come attuazione di un progetto d’amore, noi crediamo che l’Istituto, che il Beato Allamano ha fondato 123 anni fa, non sia altro che l'attuazione di un tale piano. Era sua intima convinzione che l'Istituto doveva essere e rimanere sempre "famiglia", se non voleva perdere la propria identità.
Non diamo mai per scontato questo insegnamento del nostro Padre, sul volerci bene, sullo “spirito di famiglia” che è sintetizzato in alcune sue convinzioni che tutti conosciamo bene e che, all’inizio del “triennio del Fondatore”, voglio ribadire:
“L'Istituto non è un collegio, neppure un seminario, ma una famiglia. Siete tutti fratelli; dovete vivere assieme, prepararvi assieme, per poi lavorare assieme per tutta la vita. Nell'Istituto dobbiamo formare una sola cosa, una pasta sola» (VS 405); «Com'è bello starcene tutti assieme, non come statue in un museo, non come dei carcerati, ma come fratelli in una stessa casa, formanti una stessa famiglia!” (VS 406).
Facendo memoria del nostro Fondatore vi auguro di essere come il pane spezzato per gli altri, ciascuno dando il proprio contributo per vivere un autentico amore fraterno nelle nostre comunità.
Carissimi missionari, affidiamo alla Consolata il cammino di questo triennio e anche la nostra preghiera costante e intensa per la canonizzazione del suo amatissimo figlio, Giuseppe Allamano, nostro beato Fondatore.
Un ricordo speciale va ai nostri missionari anziani e ammalati, che ringraziamo, perché vivono l’amore fraterno, al cuore della nostra Famiglia Missionaria, intercedendo per tutti noi, con la preghiera e la loro sofferenza.
Buona Festa del nostro Fondatore a ciascuno di voi.
A tutti auguro una buona Quaresima, che ci prepari ad abbracciare il Risorto!
Dar es Salaam, 3 febbraio 2024
* Padre James Bhola Lengarin, IMC, Superiore Generale