Dal 28 al 30 marzo si svolgerà il sesto grande evento giubilare che vedrà la partecipazione dei sacerdoti missionari della misericordia, provenienti da tutto il mondo e accompagnati da familiari e collaboratori. Previsto un messaggio scritto da parte di Francesco che, ancora in convalescenza, non potrà essere presente

Italia, Stati Uniti, Polonia, Brasile, Spagna, Francia, Messico, Germania, Slovacchia, Filippine, Bangladesh, Ucraina, Colombia, India: sono i Paesi da cui provengono i circa 500 missionari della Misericordia che a partire da venerdì, 28 marzo, fino a domenica vivranno il loro Giubileo, il sesto dei grandi eventi in calendario per l'Anno Santo dedicato alla speranza. Francesco, tornato a Casa Santa Marta dopo il ricovero di oltre un mese al Gemelli, non potrà partecipare ma invierà un suo messaggio scritto.

Il numero dei Missionari della Misericordia, il cui ministero particolare è stato istituito dal Papa in occasione dell’Anno Santo straordinario della Misericordia, con la Bolla d’Indizione nel 2015, è in costante aumento e oggi si contano, in tutto il mondo, 1258 sacerdoti istituiti. Ai Missionari, "segno della sollecitudine materna della Chiesa per il Popolo di Dio" (Misericordiae Vultus, n. 18), è stata data la facoltà peculiare di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica.

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Il programma

Il Giubileo dei Missionari della Misericordia avrà inizio alle ore 10.00 di venerdì 28 marzo con la preghiera in Aula Paolo VI che aprirà il quarto Incontro mondiale dei Missionari. Il convegno internazionale, a cura del Dicastero per l’Evangelizzazione e che si svolge ogni due anni, avrà come tema centrale "Il perdono come fonte di Speranza" e si articolerà in due sessioni formative. Il primo momento, di carattere teologico, sarà introdotto alle 10.30 da monsignor Rino Fisichella, Pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, mentre nella seconda sessione, a partire dalle 12.00, saranno proposte ai partecipanti alcune linee guida per la loro pastorale.

L’incontro continuerà alle ore 16.00 con la celebrazione della 12.ma edizione della "24 Ore per il Signore" nella Basilica di Sant’Andrea della Valle, riservata ai Missionari. L’iniziativa quaresimale di preghiera e riconciliazione, voluta sempre da Francesco nel 2013, si celebrerà anche in tutte le diocesi del mondo alla vigilia della IV Domenica di Quaresima, tra venerdì 28 e sabato 29 marzo. Per questa edizione, nell’anno giubilare, il Pontefice ha scelto un motto particolarmente significativo: "Sei tu la mia speranza" (Sal 71,5). Lo scopo dell’evento è rimettere al centro della vita della pastorale della Chiesa il sacramento della riconciliazione. Sul sito del Dicastero per l’Evangelizzazione è possibile, per le parrocchie e le comunità cristiane, scaricare gratuitamente il sussidio per la celebrazione comunitaria della liturgia. 

Un Rosario, la messa e il concerto

Sabato 29 marzo i Missionari avranno l’occasione di vivere, tra le ore 9.00 e le 11.00, il loro pellegrinaggio alla Porta Santa della Basilica di San Pietro. A seguire si ritroveranno per la preghiera del Rosario presso la Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani. L’evento giubilare si concluderà domenica 30 marzo con la celebrazione della Messa, presieduta da monsignor Fisichella, presso la Basilica di Sant’Andrea della Valle alle ore 10.00. Nel pomeriggio di domenica, infine, per i Missionari e per chiunque lo desideri, si terrà il quinto dei Concerti dell’Anno Santo per la Rassegna "Il Giubileo è cultura": il concerto sinfonico gratuito "Missa Papae Francisci" in memoria di Ennio Morricone, eseguito dall’Orchestra Roma Sinfonietta, insieme al Nuovo Coro Lirico Sinfonico Romano e il Coro “Claudio Casini” dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata. L’esibizione, diretta dal Maestro Gabriele Bonolis, si terrà alle ore 16 presso la Chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso.

Fonte: Vatican News

Papa Francesco ha indetto il Giubileo della Speranza il 24 dicembre 2024 e si concluderà il 6 gennaio 2026 con la festa dell'Epifania del Signore.

Il Sommo Pontefice ha affermato che recuperare la speranza è diventata una necessità in tutti i sensi: dalle relazioni interpersonali a quelle internazionali; per i giovani che spesso vedono i loro sogni infranti; per gran parte dell'umanità che ha perso la speranza quando è stata minacciata dal flagello delle guerre, dagli effetti persistenti del Covid19 o dalle crisi legate ai cambiamenti climatici. Si tratta, insomma, di rimettere al centro la dignità di ogni persona e di preoccuparsi della qualità della vita di ciascuno.

La speranza in San Giuseppe Allamano

San Paolo in Romani 5,5 dice che “La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Ciò significa che Dio ci ha dato una speranza che sopravvive anche in mezzo alle delusioni; non la troviamo nell'evitare le sofferenze ma nel superarle. La speranza che Dio ci dà non delude mai perché non si basa sull'incertezza degli eventi o sulla debolezza umana, ma è garantita dall'azione di Dio stesso.

Anche San Giuseppe Allamano in innumerevoli occasioni ha sottolineato ai Missionari della Consolata l'importanza di avere la virtù della speranza. Per lui, speranza significa quanto segue:

20250327Allamano1. Aprire il cuore alla speranza viva. San Giuseppe Allamano dice: “Allarghiamo il cuore a una viva speranza. E non solo sperare, ma supersperare, sperare contro ogni speranza. Quando si spera poco, si fa torto al Signore, «il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati» (1Tim 2,4) (…) Al Signore piace tanto che noi crediamo alla sua bontà, alla sua misericordia! Dunque, sperare, fortemente sperare! In Te, o Signore, ho sperato, non sarò confuso in eterno!” (Così vi voglio n. 91). Solo un missionario che vive la speranza è sempre capace di consolare gli altri.

2. Avere gli occhi fissi sul paradiso. La speranza non è associata solo alla vita terrena, ma anche a quella che il credente vivrà in paradiso. San Giuseppe Allamano dice a questo proposito: “Quando pensate al paradiso, non pensateci in astratto ma a quello del missionario e della missionaria fedeli alla loro vocazione. Il Signore disse: «Vado a prepararvi un posto» (Gv 14,2). Ma per questo bisogna lavorare e lavorare molto. (…) Mi pare che questo pensiero del paradiso debba sollevarci. La nostra mercede è là, molto grande! Pensiamoci spesso” (Così vi voglio n. 92). Lui ci ricorda che il paradiso deve essere il progetto di ogni discepolo missionario di Gesù Cristo. È il premio che ogni credente spera di ottenere al termine della sua carriera terrena. Per questo è importante avere uno sguardo fiducioso sul cielo.

3. Possedere una grande riserva di fiducia. Non c'è speranza senza fiducia, perché l'una è inseparabile dall'altra. San Giuseppe Allamano dice: “Di confidenza bisogna averne un magazzino, per poterla infondere negli altri. Senza confidenza non si può fare nulla. Diffidando facciamo torto a Dio. Il Cafasso chiamava la mancanza di confidenza il peccato dei folli. Confidenza, confidenza. È questo lo spirito che voglio!” (Così vi voglio n. 93). Senza dubbio la fiducia è la ferma speranza che si ha in qualcuno, o la sicurezza che si ha in sé stessi. La fiducia inizia con Dio e si estende alle persone. La fiducia è un valore fondamentale per costruire relazioni forti e di successo. La fiducia è la base fondamentale della speranza e chi ha fiducia ha sempre speranza.

4. Mettere tutto nelle mani di Dio. La speranza è sicuramente mettere tutto nelle mani di Dio. San Giuseppe Allamano lo dice chiaramente: “La fiducia è una confidenza amorosa nella Divina Provvidenza che ci accompagna in ogni passo della nostra vita. Abbandoniamoci in Dio e lasciamo tutto nelle sue mani (…)  Non fondiamo la nostra confidenza nei mezzi umani che sono in noi: talento, forze, virtù, ecc., o che sono negli altri. Facciamo sempre quello che possiamo da parte nostra, poi lasciamo tutto nelle mani del Signore, senza timore. Egli lascia mai l’opera a metà” (Così vi voglio n. 94). Dio è la fonte della consolazione e della speranza. La vera speranza è radicata in Dio.  Non c'è vera speranza all'infuori di Dio. Tutti i santi e i beati sono stati testimoni della speranza in Dio, perché hanno sempre messo tutto nelle mani di Dio: le loro gioie, i loro desideri, le loro fatiche, i loro progetti di vita, ecc. Quindi non c'è vera speranza al di fuori di Dio.

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Missionari: agenti di consolazione e speranza

I Missionari della Consolata, sull'esempio del loro Fondatore San Giuseppe Allamano, sono dispensatori di consolazione e di speranza: soprattutto le persone più bisognose e vulnerabili; spesso per coloro che vivono in luoghi remoti dove altri non osano andare. Per il loro carisma ad gentes, diventano naturalmente agenti di speranza per coloro che sono senza speranza; fa parte del loro DNA essere dispensatori di consolazione e di speranza.

In tutti gli anni di esistenza dell'Istituto, innumerevoli missionari hanno dato speranza a diversi popoli. Pensiamo alle scuole costruite dai missionari o alla dignità umana che hanno difeso. Pensiamo alle campagne per la pace e la riconciliazione che i missionari hanno promosso a favore delle persone vulnerabili e indifese. La loro dedizione alla causa del Regno di Dio, anche a rischio della vita, ha reso felici molte persone nelle missioni loro affidate.

Seguendo l'ispirazione di San Giuseppe Allamano, viviamo questo impegno a seconda del contesto in cui operiamo: le popolazioni indigene, amazzoniche o afro; le periferie urbane o altre opzioni pastorali che accompagniamo. In questo anno giubilare, siamo chiamati ad approfondire il nostro carisma di consolazione affinché tutti i popoli che il Signore ci ha affidato possano vivere nella speranza.

* Padre Lawrence Ssimbwa, IMC, parroco di San Martin de Porres a Buenaventura, Colombia.

È stata pubblicata dalla Sala Stampa della Santa Sede la catechesi di Papa Francesco preparata per l'udienza generale che si sarebbe dovuta svolgere questo mercoledì, 5 marzo, e che è stata annullata a causa della permanenza del Pontefice al Policlinico Gemelli. Di seguito il testo che, pensato nell'ambito del ciclo giubilare di catechesi su "Gesù Cristo nostra speranza. L'infanzia di Gesù", propone una riflessione sul ritrovamento di Gesù al Tempio (Lc 2,49).

Gesù Cristo nostra speranza
I. L’infanzia di Gesù

8. «Figlio, perché ci hai fatto questo?» (Lc 2,49). Il ritrovamento di Gesù nel Tempio

Dopo tre giorni, lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. […] Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro (Lc 2,46.48-50).

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! In quest’ultima catechesi dedicata all’infanzia di Gesù, prendiamo spunto dall’episodio in cui, a dodici anni, Egli rimase nel Tempio senza dirlo ai genitori, i quali lo cercarono ansiosamente e lo ritrovarono dopo tre giorni. Questo racconto ci presenta un dialogo molto interessante tra Maria e Gesù, che ci aiuta a riflettere sul cammino della madre di Gesù, un cammino non certo facile. Infatti Maria ha compiuto un itinerario spirituale lungo il quale è avanzata nella comprensione del mistero del suo Figlio.

Ripensiamo alle varie tappe di questo percorso. All’inizio della sua gravidanza, Maria fa visita a Elisabetta e si ferma da lei per tre mesi, fino alla nascita del piccolo Giovanni. Poi, quando è ormai al nono mese, a causa del censimento, con Giuseppe va a Betlemme, dove dà alla luce Gesù. Dopo quaranta giorni si recano a Gerusalemme per la presentazione del bambino; e quindi ogni anno ritornano in pellegrinaggio al Tempio. Ma con Gesù ancora piccolo si erano rifugiati a lungo in Egitto per proteggerlo da Erode, e solo dopo la morte del re si erano stabiliti di nuovo a Nazaret. Quando Gesù, divenuto adulto, inizia il suo ministero, Maria è presente e protagonista alle nozze di Cana; poi lo segue “a distanza”, fino all’ultimo viaggio a Gerusalemme, fino alla passione e alla morte. Dopo la Risurrezione, Maria resta a Gerusalemme, come Madre dei discepoli, sostenendo la loro fede in attesa dell’effusione dello Spirito Santo.

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Pellegrini nell'Aula Paolo VI

In tutto questo cammino, la Vergine è pellegrina di speranza, nel senso forte che diventa la “figlia del suo Figlio”, la prima sua discepola. Maria ha portato al mondo Gesù, Speranza dell’umanità: lo ha nutrito, lo ha fatto crescere, lo ha seguito lasciandosi plasmare per prima dalla Parola di Dio. In essa – come ha detto Benedetto XVI – Maria «è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio […]. Così si rivela, inoltre, che i suoi pensieri sono in sintonia con i pensieri di Dio, che il suo volere è un volere insieme con Dio. Essendo intimamente penetrata dalla Parola di Dio, ella può diventare madre della Parola incarnata» (Enc. Deus caritas est, 41). Questa singolare comunione con la Parola di Dio non le risparmia però la fatica di un impegnativo “apprendistato”.

L’esperienza dello smarrimento di Gesù dodicenne, durante il pellegrinaggio annuale a Gerusalemme, spaventa Maria al punto che si fa portavoce anche di Giuseppe nel riprendere il figlio: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). Maria e Giuseppe hanno provato il dolore dei genitori che smarriscono un figlio: credevano entrambi che Gesù fosse nella carovana dei parenti, ma non avendolo visto per un’intera giornata, incominciano la ricerca che li porterà a fare il viaggio a ritroso. Tornati al Tempio, scoprono che Colui che ai loro occhi, fino a poco prima, era un bambino da proteggere, è come cresciuto di colpo, capace ormai di coinvolgersi in discussioni sulle Scritture, reggendo il confronto con i maestri della Legge.

Di fronte al rimprovero della madre, Gesù risponde con disamante semplicità: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Maria e Giuseppe non comprendono: il mistero del Dio fatto bambino supera la loro intelligenza. I genitori vogliono proteggere quel figlio preziosissimo sotto le ali del loro amore; Gesù invece vuole vivere la sua vocazione di Figlio del Padre che sta al suo servizio e vive immerso nella sua Parola.

I Racconti dell’Infanzia di Luca si chiudono, così, con le ultime parole di Maria, che ricordano la paternità di Giuseppe nei confronti di Gesù, e con le prime parole di Gesù, che riconoscono come questa paternità tragga origine da quella del Padre suo celeste, del quale riconosce il primato indiscusso.

Cari fratelli e sorelle, come Maria e Giuseppe, pieni di speranza, mettiamoci anche noi sulle tracce del Signore, che non si lascia contenere dai nostri schemi e si lascia trovare non tanto in un luogo, ma nella risposta d’amore alla tenera paternità divina, risposta d’amore che è la vita filiale.

* Ufficio per la Comunicazione con informazioni di Sala Stampa della Santa Sede.

«Camminiamo insieme nella speranza»: è il tema del messaggio di Papa Francesco per la Quaresima dell’Anno Santo 2025, che è stato pubblicato il 25 febbraio. Il periodo quaresimale quest'anno inizia il 5 marzo, Mercoledì delle Ceneri, e termina il 17 aprile, Giovedì Santo.

In un testo denso di riflessioni, il Pontefice invita i fedeli a vivere questo tempo come un pellegrinaggio di conversione e fiducia, sottolineando l’importanza della sinodalità e della speranza cristiana.

Il Papa richiama il cammino del popolo d’Israele verso la terra promessa, incoraggiando a riflettere sulla propria condizione di pellegrini nella vita. “Siamo tutti chiamati a camminare insieme, senza lasciare nessuno indietro”, scrive Francesco, evidenziando il valore della comunione e della solidarietà nella Chiesa e nel mondo.

Il messaggio si inserisce nel contesto dell’Anno Giubilare, offrendo spunti di meditazione sulla necessità di una conversione che tocchi il cuore delle persone e delle comunità. Tre i richiami fondamentali: camminare, camminare insieme e camminare nella speranza, con l’invito a vivere la Quaresima come un tempo di rinnovamento e fiducia nella promessa della vita eterna.

Di seguito il testo integrale del messaggio di Papa Francesco

Nella piccola porzione di Chiesa del Paese asiatico, il Giubileo si sta svolgendo tra fede e speranza. Il cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, racconta come al centro di tutte le attività ci sia la formazione e la condivisione che coinvolge tutti. Un Anno santo sotto lo sguardo della Madre del Cielo, titolo con il quale Papa Francesco volle onorare la statua di legno di Maria ritrovata in una discarica e poi intronizzata nella cattedrale cittadina

Una giornata di freddo intenso, la colonnina di mercurio che scende in picchiata fino a toccare i 30 gradi sotto zero, una straordinaria partecipazione di popolo che scalda il cuore. E l’anima. Così Ulaanbaatar, capitale della Mongolia, il 29 dicembre scorso, giorno nel quale si è aperto il Giubileo 2025 con una solenne celebrazione che anche qui, ai più estremi confini del mondo, non poteva certo mancare o passare inosservata. La fotografia è ancora nitida nella mente del cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di quella infinitesimale porzione di Chiesa che conta circa 1600 battezzati su 3,2 milioni di abitanti sparpagliati in un territorio di oltre un milione e mezzo di chilometri quadrati.

Grande processione

20250302Marengo1Il suo ricordo dettagliato, confidato in una conversazione con i media vaticani, serve per ricostruire quella giornata che si è aperta con una grande processione iniziata all’esterno della cattedrale dedicata ai santi Pietro e Paolo, sede della prefettura apostolica: "Siamo partiti dalla grande croce che venne usata per la messa papale durante il viaggio apostolico di Francesco nel settembre del 2023. Dopo aver recitato parte del Rosario all’esterno, siamo entrati solennemente in cattedrale orientandoci verso l’altro crocifisso che campeggia sopra il nostro altare e verso il quale abbiamo indirizzato il nostro sguardo e le nostre preghiere. È stata una celebrazione molto intensa che ha permesso alla nostra gente di sentirsi in comunione con la Chiesa universale".

Parola di Dio e formazione

I fedeli della prefettura apostolica di Ulaanbaatar non sono certamente arrivati impreparati a quel momento. Le occasioni di formazione e di approfondimento sono state molte, una in particolare ha riassunto al meglio l’esigenza di esercitare la speranza, tema portante dell’Anno santo: "È stata l’esperienza di comunione e di animazione legata al Gen Rosso, il gruppo di artisti internazionali che sono venuti a trovarci qui tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre e con i quali abbiamo preparato dei workshop e un concerto. Il filo conduttore di queste nostre attività è stato il concetto che in inglese abbiamo chiamato hoping together, sperando insieme, che poi è stato anche il tema della visita papale di quasi due anni fa". Prepararsi bene al Giubileo ha voluto anche dire riscoprire la storia di una Chiesa locale che affonda le radici in un cristianesimo dal passato antico ma che, in epoca contemporanea, vanta appena trentatré anni di esistenza. "Anche questo è stato un esercizio di speranza, un voler accogliere l’invito giubilare a guardare il futuro con gli occhi pieni di fede, senza scoraggiarsi mai".

Ascolta l'intervista al cardinale Marengo

Rinnovamento e purificazione

Durante l’Anno santo la formazione dei fedeli sarà un elemento costante, non verrà certo accantonata. Sussidi e catechesi saranno messi a disposizione di tutti affinché si possa cogliere davvero il senso profondo della grazia del Giubileo: "In questo senso, stiamo pensando anche a una pubblicazione pieghevole con le spiegazioni per ottenere le indulgenze e con la quale si possa mettere in evidenza il senso vero del cammino di conversione che qui tutti stiamo cercando di compiere. Un rinnovamento che deve partire dalla purificazione continua del nostro cuore". Ciò a cui tiene maggiormente il cardinale Marengo in questo quadro di fede è la dimensione della carità, condizione essenziale per ricevere la grazia giubilare: "Le opere di misericordia, offrire i propri disagi e le proprie sofferenze al Signore, non sono cose di poco conto. Come non lo sono i sacrifici che ognuno potrà fare per partecipare ai nostri incontri di formazione, come la settimana pastorale che animeremo nel mese di maggio".

Pellegrinaggi parrocchiali

Anche se sarà difficile, quasi impossibile, che dalla Mongolia dei fedeli possano giungere a Roma in pellegrinaggio non solo per l’enorme distanza ma anche per l’alto costo del viaggio, il prefetto apostolico spiega che "le grazie del Giubileo ci raggiungono dove siamo e si configurano con delle iniziative che hanno a che fare con la vita di tutti i giorni: la preghiera, prenderci cura degli altri, moltiplicare la misericordia come modo concreto per esercitare la speranza".

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La visita del Papa Francesco in Mongolia nel settembre 2023. Foto: Vatican Media

Ma oltre al pellegrinaggio che i fedeli potranno compiere alla cattedrale di Ulaanbaatar, ce n’è un altro che sta a cuore al porporato: quello che è rivolto particolarmente ai giovani e che si potrà fare nelle nove parrocchie della Prefettura. "Cinque di esse sono nella capitale, quattro sparse nel Paese. Ci siamo resi conto che, in molti casi, i fedeli di una parrocchia non conoscono bene le altre realtà. Allora abbiamo pensato che, quando la bella stagione arriverà, si potranno organizzare delle visite reciproche".

E visto che la distanza tra una parrocchia e l’altra può essere anche di centinaia di chilometri, Marengo ha pensato, sopratutto per i più giovani, una sorta di “passaporto del Giubileo”: "Sarà una specie di carta d’identità con i dati personali da far riempire ogni volta che si visita una parrocchia. Credo che sia un modo davvero bello per poter ringraziare il Signore per il dono di queste comunità che sono sparse in un territorio immenso".

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Il cardinale Giorgio Marengo con i missionari e le missionarie della Consolata che lavorano in Mongolia. Foto Dido Mukadi

Lo sguardo di Maria

A Ulaanbaatar il Giubileo si sta svolgendo sotto lo sguardo amorevole della Madre del Cielo, titolo con il quale Papa Francesco volle chiamare la statua di Maria che, qualche anno fa, fu ritrovata miracolosamente nella discarica di una città del nord da una donna non cattolica e intronizzata nella cattedrale. "È per questo che la cattedrale sta assumendo sempre più un ruolo spirituale fondamentale per i fedeli che possono recarsi davanti a questa piccola statua di legno e affidare la propria vita alla Vergine Maria".

* Federico Piana - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

 

 

 

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