La Santa Messa di martedì 2 Aprile è stato presieduto dal Cardinale Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero.
Di origini venete, nato a Pieve di Soligo (Treviso), intraprende il percorso formativo per il servizio diplomatico della Santa Sede. Dopo essersi laureato in diritto canonico e in diritto internazionale, inizia il suo servizio in varie sedi diplomatiche della Santa Sede in giro per il mondo, Da Santo Domingo e Kinshasa; dalla Repubblica Centroafricana al Ciad, da Cuba alla Colombia dove è nunzio per oltre otto e dove ha occasione di visitare i nostri Vicariati ed incontrare più volte i missionari della Consolata.
Sotto la sua presidenza la Congregazione per il Clero ha pubblicato il documento “Il dono della vocazione presbiteriale”, conosciuto come la “Ratio Fundamentalis” che i formatori hanno studiato con l’aiuto di esperti, prima della S. Messa con il Cardinale Stella.
“Il primo protagonista della formazione è lo Spirito Santo”, ha ribadito, senza dimenticare che “occorre altresì che ciascuno diventi protagonista responsabile e consapevole di quanto il Signore vuole fare nella sua vita”
Ha poi ripreso una dei temi fondamentali del corso, quando ha chiarito il “legame tra formazione e missione. Non può esistere infatti un cammino sacerdotale che non miri a formare un pastore secondo il cuore compassionevole di Cristo … avere viscere di misericordia per il Popolo di Dio, offrire la vita per i fratelli, soprattutto i più poveri e bisognosi”.
Don Mario Oscar Llanos, salesiano e specialista in pastorale catechetica, counseling e anni di esperienza nella formazione, ha raccontato la sua esperienza di vita come un percorso formativo, con lo scopo di aiutare i formatori IMC a cogliere gli insegnamenti e gli elementi arricchente che la vita gli ha consegnato fino adesso.
Argentino di Cordoba, don Mario ha narrato le tappe salienti della sua vita con stile accattivante.
Ha saputo concentrare alcune esperienze che hanno segnato la sua vita in alcune frasi che trasmettano saggezza e orientano i nostri atteggiamenti nel campo della formazione. Ne riportiamo alcune.
· La formazione è comunicare una esperienza vissuta.
· Dovete formare in un clima di accoglienza, responsabilità e libertà, motivando a quelli chi accompagniamo alla responsabilizzazione del percorso e all’autoformazione.
· Il tempo è superiore al spazio. Non accelerare o accorciare il tempo della formazione con l’ansia di occupare o riempire un spazio. Non avete fretta!
· Nel percorso formativo si deve avere un compito chiaro per andare avanti.
Favorire il lavoro manuale e il contatto con la natura aiuta a crescere e a diventare collaborativi.
· Date ai giovani in formazione una forte ossatura interna per affrontare i problemi.
· Per una crescita umana matura, si deve educare alla capacità decisionale e alla capacità di gestire i processi.
· Essere accanto all’altro in ogni passo e rispettandone i tempi di crescita è fondamentale nel cammino formativo.
· Dovete avere creatività nell’offrire condizioni in cui i giovani in formazione possano pensare e decidere liberamente e criticamente.
I formatori IMC che si trovano a Roma per il corso di formazione, hanno partecipato questa mattina, mercoledì 3 aprile, all’Udienza Generale con Papa Francesco in piazza San Pietro. Questo incontro con il Papa ha confermato la sua figura di formatore attraverso il suo esempio di vita, la saggezza delle sue parole e la sua speranza evangelica.
L’ascolto e la vicinanza a Papa Francesco durante l’udienza, hanno confermato la sua semplicità, il suo impegno di costruire ponti tra i vari popoli e la sua chiara scelta per i poveri. In questi tratti, caratteristici del suo pontificato, i formatori sono chiamati a rispecchiarsi, insieme ad altri come: l'amicizia personale con Gesù, l’onestà nel discernimento e l’assunzione della dimensione missionaria del Regno di Dio.
Nella sua catechesi, durante l’udienza, il Pontefice ha fatto riferimento al suo recente viaggio in Marocco che aveva come motto: “Servitori di speranza”.
Di seguito riportiamo il link alla catechesi del papa.
La prima settimana del corso per formatori è stata dedicata all’ascolto della Parola di Dio, con l’aiuto di alcuni biblisti provenienti da diverse esperienze ecclesiali, che ci hanno fatto cogliere l’esperienza di Dio presente nell’Antico Testamento, nei Vangeli e nelle Lettere paoline. A conclusione di questa prima parte, siamo andati in pellegrinaggio ad Assisi, per approfondire l’esperienza spirituale di S. Francesco che, come tutti i santi, è un vangelo vivente.
A farci da guida è stato fra’ Carlos Acacio Gonçalves Ferreira, giovane francescano cappuccino di Belém – stato di Pará, (Brasile), da otto anni in Italia, attualmente parroco di S. Maria Maggiore (Santuario della Spogliazione) ad Assisi. Con proverbiale ospitalità francescana e autentico entusiasmo ci ha condotti nei luoghi di Francesco e ha fatto parlare le pietre per noi, facendoci ripercorrere l’itinerario formativo che si snoda nella biografia del santo e per le vie dell’antica città. Che cosa ci insegna S. Francesco con la sua vocazione, conversione e missione nella Chiesa?
La formazione di S. Francesco. Fra’ Carlos ha messo in relazione la vicenda del poverello di Assisi con alcuni aspetti della formazione e ci ha invitato a rivederli nella nostra storia e nel nostro accompagnamento dei giovani seminaristi.
L’importanza delle radici. Davanti al luogo dove sorgeva la casa natale di Francesco, il nostro ospite ha sottolineato come i genitori di Francesco sono stati i suoi primi formatori ed egli riconosce di dovere molto ad essi, nel bene e nel male. Anche per noi le radici sono importanti. Abbiamo fatto pace con le nostre radici, con i nostri genitori?
Quale vestito indossare? Nel locale che fu la bottega di stoffe pregiate del padre di Francesco, immaginando l’ambiente sociale medievale rigidamente strutturato, in cui persino il modo di vestire manifestava l’appartenenza ad una classe, abbiamo riflettuto sugli abiti che abbiamo indossato più o meno consapevolmente e liberamente lungo la nostra vita. Francesco rinuncerà all’abbigliamento del ricco mercante per ritrovare se stesso e rivestirsi di Cristo. Qual è l’abito che abbiamo deciso di indossare? Quale identità assumere? Quali vesti rischiamo di imporre agli altri?
Abbracciare i lebbrosi. C’è un momento fondamentale nella vita del giovane Francesco, che egli ricorda e trasmette con lucidità: l’incontro con i lebbrosi. A partire dall’avvicinamento inatteso, per grazia di Dio, a ciò che incarnava esattamente l’opposto del suo desiderio mondano di successo, Francesco si converte e “ciò che era amaro diventa dolce”. Qual è il lebbroso, dentro o fuori di noi, che dobbiamo ancora abbracciare?
L’importanza dei sogni. Francesco, come tutti i giovani, come ciascuno di noi, sognava. Voleva essere cavaliere. E il Signore entra nei suoi sogni, parla la lingua dei suoi desideri per fargli capire chi è il vero re che merita servire: deve capire chi è il re per non seguire inutilmente il servo. Il formatore ha il compito di aiutare a tirare fuori i sogni grandi e autentici dal cuore dei giovani. Stiamo vivendo il sogno di Dio per noi?
Il Crocifisso che parla. Dopo il provvidenziale incontro con i lebbrosi, Francesco è in grado di ascoltare il Crocifisso, perché non è più un’immagine statica, ma una presenza del Signore che parla alla vita e interagisce con chi si pone davanti a lui con fiducia. Qual è la parola rivolta a noi che ascoltiamo oggi dal Vangelo? Il vangelo ci sta plasmando?
Spogliarsi. La porta del palazzo vescovile di Assisi è testimone di un cambiamento radicale nella vita di S. Francesco: entra figlio di ricchi mercanti ed esce povero mendicante. Rinunciando pubblicamente ai suoi abiti, taglia decisamente con il vecchio modo di vivere. Nudo, riceve la veste del povero e da benefattore che provvede ai bisogni degli altri diventa lui stesso bisognoso di ricevere. Guardando il Cristo del Vangelo, di che cosa dobbiamo spogliarci, noi e il nostro modo di vivere il carisma?
Con la sua esperienza di Dio, con la vocazione che lo ha formato fino a renderlo alter Christus, S. Francesco è diventato a sua volta formatore, dei suoi compagni e di chi guarda a lui come testimone del vangelo. Cosa ci insegna l’esperienza di Dio del Beato Giuseppe Allamano? Quali consonanze tra la strada che lui ha percorso fino a diventare padre e formatore di missionari e la nostra vita e missione di formatori? A queste domande cercheremo di rispondere insieme in questa seconda settimana del corso.
Sulle orme dell'Apostolo Paolo per realizzare la conformazione a Cristo, è stato il tema di studio di venerdì 29 marzo, previsto dal programma del Corso per formatori che si svolge a Roma. Nel suo intervento, lo specialista di San Paolo, Don Antonio Pitta, professore nella Università Pontificia Lateranense, ha evidenziato il percorso formativo e di sequela Christi.
Il biblista afferma che “la conformazione deve essere un processo naturale, non artificiale. E ciò si ottiene passando dal paradigma dell'autorità (nel senso di potere e imposizione) alla ricerca dell'affinità elettiva determinata dall'intimità e dalla frequentazione con il Signore”.
Sebbene il percorso di conformazione a Cristo dura tutta la vita, il rapporto iniziale con la Parola di Dio e la fede sono fondamentali in un cammino formativo verso l'imitazione di Cristo.
Ecco i passaggi che l'Apostolo Paolo propone per la conformazione a Cristo:
Le riflessioni presentate nel corso durante i primi giorni della settimana ci hanno preparato al pellegrinaggio ad Assisi per metterci alla scuola di Francesco che ha fatto l’esperienza prima di tutto di essere formato e poi, a sua volta, di formare altri. Ad Assisi siamo stati nel weekend, dal 29 al 31 marzo.