Il missionario italiano, assassinato 39 anni fa, sarà al centro delle iniziative promosse dalle diocesi di Roma e di Porto-Santa Rufina in vista della prossima Giornata dedicata ai religiosi, alle religiose e ai laici che hanno dato la vita per il Vangelo e per i fratelli e le sorelle. In programma due Via Crucis, una mostra con i disegni realizzati dallo stesso Ramin e un convegno dal titolo "Custodi del giardino". Suor Antonietta Papa, referente UISG: ora spetta a noi tener viva la loro testimonianza
In occasione della 32esima "Giornata dei missionari martiri", il prossimo 24 marzo, diverse iniziative ricorderanno l'impegno, fino al dono della vita, di missionari e missionarie che in diverse parti del mondo si sono schierati a favore degli ultimi per il riconoscimento della loro dignità e dei loro diritti spesso connessi alla loro terra. Numerosi gli appuntamenti organizzati anche nelle diocesi di Roma e di Porto-Santa Rufina e dedicati in modo particolare al sacerdote comboniano Ezechiele Ramin, detto Lele, assassinato a Cacoal, in Rondonia nell' Amazzonia il 24 luglio 1985, e a quanti come lui hanno abbracciato la croce del martirio in missione per la nostra casa comune.
Il primo evento della serie è stato la Via Crucis missionaria intitolata “Martiri della Terra”, che si è svolta il 15 marzo nel Giardino Laudato Si’ delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret a Roma. Questa Via Crucis è estata promossa dalla Commissione UISG - USG "Giustizia, Pace e Integrità del Creato", dall’Ufficio per la cooperazione missionaria tra le Chiese della diocesi di Roma, Terra e Missione e Movimento Laudato Si’.
Via Crucis "Martiri della Terra" nel Giardino Laudato Si’ delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret a Roma il 15 marzo. Foto: Jaime C. Patias
Percorrendo il cammino di Gesù, insieme ad aspetti della realtà e dei diritti violati in Amazzonia, le 15 stazioni della Via Crucis missionaria hanno fatto memoria di 13 martiri della Panamazzonia: Marçal de Souza Guarani, Josimo Moraes Tavares, Vicente Cañas, Ines Arango, Galdino Pataxó, Alcides Jimenez, Dorothy Stang, Alejandro Labaka, Oscar Romero, Ezechiele Ramin, Rodolfo Lunkenbein, Simão Bororo e Chico Mendes.
Nell'occasione è stata inaugurata la Mostra "Passione Amazzonia" con l’esposizione dei disegni di Padre Ezechiele Ramin, ucciso in Brasile il 24 luglio 1985. In esposizione 12 pannelli che alternano le immagini della Passione di Cristo alle scene di vita dei popoli dell’Amazzonia. La mostra sarà poi trasferita nella diocesi di Porto-Santa Rufina dove, venerdì 22 marzo alle ore 19.30, si ripeterà la celebrazione della Via Crucis “Martiri della Terra” all’interno del Giardino Laudato Si’ della Parrocchia della Natività di Maria Santissima (in Via Santi Martiri di Selva Candida, nel territorio del Comune di Roma). Il momento di preghiera, guidato da don Federico Tartaglia, direttore del Centro missionario di Porto-Santa Rufina, vedrà la partecipazione dei fratelli di Ezechiele Ramin e di suor Giovanna Dugo sfma, che con padre Lele ha avuto un fitto scambio epistolare durante gli anni di missione in Amazzonia.
Inaugurazione della Mostra "Passione Amazzonia" il 15 marzo. Foto: Jaime C. Patias
Infine, sabato 23 marzo dalle 9 alle 13, alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” a Roma, si svolgerà il convegno “Custodi del giardino”, sul tema “I martiri della giustizia ambientale e lo sfruttamento delle risorse”. Vi parteciperanno monsignor Gianrico Ruzza, vescovo delle diocesi di Porto-Santa Rufina e Civitavecchia-Tarquinia; Piera Ruffinatto fma, preside della Facoltà Auxilium; padre Adelson Araújo dos Santos sj, teologo e docente di spiritualità alla Pontificia Università Gregoriana; padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali e dell’Ufficio missionario della diocesi di Roma; i giornalisti Gianni Beretta, Lucia Capuzzi e Toni Mira e i fratelli di Ezechiele Ramin.
"La vita è bella e sono contento di donarla", scriveva in una delle sue lettere Ezechiele Ramin, oggi servo di Dio, ucciso per aver difeso i diritti degli indios Surui e dei contadini senza terra. Di lui e della sua opera racconta ai media vaticani suor Antonietta Papa, missionaria italiana che ha conosciuto Ramin durante la sua missione in Brasile. Suor Antonietta delle Figlie di Maria Missionarie, vive ora tra Roma e Lampedusa ed è la referente del progetto "Migranti Sicilia" della UISG, Unione Internazionale delle Superiore Generali.
Suor Antonietta Papa è responsabile del progetto UISG Migranti in Sicilia. Foto: Archivio personale
Ho conosciuto Ezechiele dal momento in cui è arrivato nel luogo dove ha vissuto il suo brevissimo periodo brasiliano. L'ho conosciuto nella sua funzione di sacerdote nelle celebrazioni e quando alcune volte veniva con noi all'interno della foresta amazzonica, dove sono disseminate tutte le comunità degli indios e dei contadini. Ricordo un tratto che mi ha colpito tantissimo: lui aveva nella sua parrocchia un ragazzo che voleva essere battezzato e ricevere l'Eucaristia, però aveva molte difficoltà e quindi padre Ezechiele me lo ha inviato dicendomi, con una lettera, di stare attenta a questo ragazzo - e questo rivela moltissimo della spiritualità di Ezechiele che era capace di un'azione pastorale ferma, sicura, ma che nello stesso tempo, si adegua alla persona - e mi proponeva per lui un cammino progressivo, senza fretta, proprio perché quel ragazzo diventasse così un vero cristiano. In questa lettera scrive: "Ho scoperto con la vita una cosa bella: la fede in Dio ci porta all'azione. Ho lasciato in Italia il pensare e l'agire spirituale che mi preoccupava tanto, mi sento più libero e più maturo". Ecco, io credo che da questa osservazione della gente e soprattutto dall'impegno con gli indios - con i quali aveva fatto un'amicizia tanto che il capo Suruí lo chiamava "fratello, fratello mio", si capisce che veramente Ramin è stato una persona che ha amato profondamente questa terra, dove poi è stato ucciso, ma l'ha amata con cuore e mente e intelligenza, l'intelligenza nel capire rapidamente ciò che si stava muovendo e nel capire come i "grandi" stavano cercando di dividere i piccoli in modo tale che i faccendieri potessero poi impossessarsi delle terre, degli indios e dei contadini. Di questo lui subito ne aveva avuto coscienza.
I diritti negati sono i diritti della terra per i contadini, i diritti degli indios. A quell'epoca gli indios erano considerati, come bixo do mato, cioè animali della foresta, senza la dignità della persona, semplicemente non persone, non persone! Questo è quello che ha colpito Ezechiele, che ha colpito ognuno di noi e lo si vede nei disegni che lui ha prodotto in questo tempo in cui stava lì con loro, li osservava, parlava, soprattutto con gli indios, di cui aveva una grande conoscenza.
Certo, ho conosciuto sia Josimo Tavares, un sacerdote brasiliano che ho avuto modo di incrociare proprio in alcuni incontri sempre sulla pastorale della terra e Maurizio Maraglio, missionario di Mantova con cui ci scrivevamo sempre. Un giorno ho ricevuto una lettera che mi annunciava: "Maurizio non ti può rispondere perché è stato ucciso" e la sua uccisione era proprio a causa di questo tema della pastorale della terra di cui parlavamo tanto insieme. Però voglio anche ricordare, anche se non l'ho conosciuta direttamente, suor Dorothy Stang, questa missionaria statunitense che ha lottato tanto per i contadini nell'Amazzonia brasiliana. Anche lei è stata uccisa nel 2005, aveva 73 anni e ancora lottava per la terra. Veramente una grande donna! Quindi uomini e donne che hanno lottato per la foresta amazzonica, perché sia preservata, perché sia custodita.
Mostra "Passione Amazzonia" . Riproduzione riservata © copyright Famiglia Ramin/TeM/Missionari Comboniani
Lui osservava molto la gente. Da questa mostra noi possiamo vedere la passione di Cristo che lui cercava di rivedere in questi sguardi. Vedeva i volti, ma anche gli atteggiamenti di questi indios così sfruttati, così malmenati e annientati da tutto ciò che c'era attorno. E lui diceva di vedere attraverso i loro sguardi la primavera che veniva. Anche se ancora si era in pieno inverno, lui riusciva a capire e a vedere i germogli che stavano nascendo in quello che lui disegnava, e accostava questi volti a quello di Cristo in croce. Io ricordo che li vedevamo passare davanti a noi questi contadini che erano stati uccisi e legati ad un palo, e così era il Cristo crocifisso.
Flagellazione di Gesù e ritratto di un uomo Suruí, disegni di Ezechiele Ramin. Riproduzione riservata © copyright Famiglia Ramin/TeM/Missionari Comboniani
La Via Crucis per noi è importante perché ripercorre tutti questi martiri che hanno donato la propria vita per la causa della terra, ma non è soltanto la terra: la terra è dove noi viviamo e siamo. E per questi indios, per questi contadini la terra è la madre. La Via Crucis ripercorre la strada dei vari missionari che hanno dato la vita per questo. La Via Crucis è per noi veramente un percorso che ci invita ad essere donne e uomini di fede, donne e uomini che percorrono la via di Cristo sapendo di custodire ciò che Dio Padre ci ha affidato fin dalla Genesi.
Esatto, è proprio questo. Forse negli anni '80 la coscienza di questo era molto meno diffusa, si iniziava appena ad avere consapevolezza che il territorio in cui si vive è proprio vita, è vita per noi. Perché dentro la foresta amazzonica, oltre agli animali, alle persone, si vive insieme, è un ambiente vitale.
Non riesco a trovare un'altra parola se non "vita", questa cultura della terra di cui oggi progressivamente ci stiamo appropriando in modo più pieno.
Via Crucis "Martiri della Terra" nel Giardino Laudato Si’ delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret a Roma il 15 marzo. Foto: Jaime C. Patias
Ma tutte queste persone che hanno dato la vita per la terra avevano capito questo valore fino in fondo e proprio per questo oggi noi ne siamo testimoni eredi, e lo dobbiamo trasmettere agli altri. Dobbiamo essere noi coloro che portano avanti questa missione per non rovinare totalmente questo nostro ambiente. Lo vedo anche a Lampedusa, dove sono adesso... E' la stessa cosa: Mediterraneo, foresta amazzonica, foresta del Congo, foreste dell'India: tutte queste regioni sono sacre perché ci permettono di vivere, di respirare, di essere noi stessi. Non so come maggiormente spiegare questa passione che ormai è dentro ognuno di noi.
Fonte: Vatican News