La diocesi di Marsabit in Kenya, nata nel 1964, grazie al lavoro del suo primo vescovo, il missionario della Consolata, mons. Carlo Maria Cavallera celebra questo lunedì, 25 novembre 2024, il suo 60° anniversario di fondazione. La Messa di ringraziamento è stata celebrata sabato, 23 novembre.
Nel 1981 la guida della diocesi fu affidata al vescovo Ambrogio Ravasi, IMC, fino al 2007, anno in cui gli ha succeduto il vescovo Peter Kihara, IMC, che in questa intervista, rilasciata all’Ufficio per la Comunicazione a Roma, riflette sulla storia dell'evangelizzazione e la realtà della regione abitata da molti gruppi etnici, tra i principali: i Borana, i Gabra, i Burji, i Rendille, i Waata e i Turkana. Prima di diventare vescovo di Marsabit, mons. Peter è stato vescovo della diocesi di Morang’a per sette anni (1999 – 2006)
Negli ultimi mesi “ci siamo preparati per celebrare il 60° anniversario della creazione della diocesi e in retrospettiva possiamo vedere quanto la Chiesa ha realizzato nell'evangelizzazione di questo angolo del Kenya. All'inizio non c'erano cristiani, né chiese, né sacerdoti. I primi padri sono stati i missionari fidei donum della diocesi di Alba in Italia, poi sono arrivati altri missionari dalla Germania e un terzo gruppo dalla Romania”, ricorda mons. Peter Kihara.
“Dopo aver creato le parrocchie negli anni 1960, negli anni 1970 i missionari della Consolata, su richiesta del vescovo Cavallera, hanno consegnato le missioni ai padri fidei dorum, continuando il lavoro di prima evangelizzazione nel territorio dei Samburu dove oggi sorge la diocesi di Maralal.
Mons. Peter Kihara, IMC, con il gruppo di sacerdoti della diocesi di Marsabit. Foto: Diocesi di Marsabit
Vorrei quindi ringraziare Dio per tutto ciò che i missionari fidei donum hanno realizzato. Al loro posto sono poi arrivati missionari di quattro congregazioni: alcuni missionari della Consolata, Salesiani di don Bosco, Benedettini e Missionari Comboniani. Hanno fatto crescere la nostra diocesi e nell’anno 1993 è stato ordinato il primo sacerdote diocesano. Oggi abbiamo 17 sacerdoti diocesani, un'équipe di 12 preti fidei donum e altri 13 missionari, in totale circa 40 sacerdoti. Ringraziamo Dio per il gruppo di sacerdoti che abbiamo.
Nella diocesi operano anche 44 religiose di varie congregazioni e cinque fratelli religiosi. Questi sono gli agenti di evangelizzazione che abbiamo. Anche se, in 60 anni il numero non è magari significativo, guardando indietro possiamo vedere quanto la nostra Chiesa sia riuscita a mettere le sue fondamenta qui. Il numero dei cattolici è cresciuto fino a oltre 50 mila. Abbiamo recentemente ordinato quattro diaconi che presto saranno ordinati sacerdoti, tutti questi sono segni di gioia nel segno delle celebrazioni di ringraziamento (per i 60 anni). Abbiamo inoltre costruito 17 parrocchie e l'ufficio per la segreteria diocesana”.
Il nuovo ufficio per la segreteria diocesana. Foto: Diocesi di Marsabit
“Nell'attuale situazione osserviamo che molti giovani si impegnano soprattutto per studiare, formarsi e prepararsi al loro futuro, con l'aiuto della famiglia, dei genitori e l’aiuto anche di borse di studio da parte di donatori. I giovani si sono resi conto che l'educazione è la chiave della riuscita della loro vita.
Il territorio di Marsabit e la sua popolazione sono confrontate con molte sfide a causa del clima arido. Con la siccità, capita che le famiglie rimangano senza il bestiame fonte di cibo e di un modesto introito; quindi, rischiano sovente di non aver nulla per contribuire alle spese per gli studi dei figli e delle figlie.
"I giovani si sono resi conto che l'educazione è la chiave della riuscita della loro vita". Ragazzi a Marzabit. Foto: Jaime C. Patias
Un altro grande problema è stato la pandemia di Covid-19, quando con le restrizioni (lockdown) i giovani sono rimasti senza aiuti economici per pagare le rette scolastiche, sia da parte dei genitori che dei donatori, con il pericolo di dover sospendere i loro studi. Noi auspichiamo che il nostro governo possa provvedere l'educazione gratuita a tutti i livelli. Non è un'affermazione politica chiedere di fare la cosa giusta. Questo darebbe speranza alle generazioni dei nostri giovani e illuminerebbe il loro futuro, perché a questo serve l’educazione
Anche gli studenti che entrano in seminario sono coscienti che la loro scuola primaria, frequentata nelle loro zone di provenienza, non era di grande qualità, quando poi entrano in seminario devono recuperare quanto è mancato precedentemente , formarsi negli studi religiosi per poi diventare pastori delle comunità cristiane e di questi pastori ne abbiamo tanto bisogno. Quindi è necessaria una partecipazione congiunta (famiglia, sponsors, diocesi) per sostenerli negli studi.
Il lavoro della Caritas nella diocesi di Marsabit. Foto: Diocesi di Marsabit
Come Chiesa abbiamo due scuole secondarie, una per i ragazzi e una per le ragazze. Circa 600 di questi studenti sono in parte sostenuti dalla diocesi.
La situazione economica delle famiglie è precaria, quindi quando un figlio vuole diventare sacerdote, la famiglia deve mantenere la casa e gli altri figli e figlie a scuola, e allo stesso tempo sostenere il figlio studente in seminario. Tuttavia, siamo convinti che Dio provvede, sia per i poveri che per i ricchi e coloro che rispondono alla loro vocazione diventano aiuto per gli altri. Sono convinto che alla fine, non diventeranno sacerdoti solo perché ricchi o per merito dei loro genitori, ma soprattutto per grazia di Dio.
Cattedrale di Nostra Signora della Consolata, diocesi Marsabit. Foto: Jaime C. Patias
Stiamo quindi sostenendo in particolare i nostri giovani in Kenya di fronte alla problematica situazione politica ed economica della Nazione, mentre il paese dovrebbe fare di più e meglio”.
Secondo il vescovo, nelle ultime manifestazioni contro le nuove tasse, la corruzione e il malgoverno i giovani si sono sentiti ingannati. “I giovani non sono felici, sono arrabbiati. Preghiamo che la lotta per la giustizia porti dei risultati per il popolo. Dicono che l'educazione sarà gratuita, allora perché il governo non trova le risorse per realizzarla? Un sostegno all’educazione da parte dello stato sarebbe un sollievo per i genitori che non posson o permettersela per i figli e un grande investimento per il futuro della nazione”
“D'altra parte, chiediamo ai giovani di pensare alla loro vita e ciò che vorrebbero fare, nella chiesa per il popolo di Dio. Questo perché tutti noi siamo stati creati per un fine, come diceva Sant'Agostino. Una volta capito cosa vogliamo fare non importa cosa sia, se è diventare un sacerdote, un pastore o qualsiasi altra professione, dobbiamo fare il meglio che possiamo basandoci sui valori cristiani che abbiamo imparato. Mi piacerebbe chiede ai giovani di continuare ad essere persone migliori, migliori discepoli, migliori cristiani e figli di Dio scoprendo la loro vocazione e rispondendo alla loro chiamata, per essere parte della benedizione della Chiesa, della famiglia, dell’umanità e perché no, a gloria di Dio, perché Dio sia conosciuto, amato e servito. Quindi, noi preghiamo per la gioventù e speriamo che rispondano generosamente alla loro vocazione per la maggiore gloria di Dio”.
Scuola Padre John Memorial, diocesi di Marsabit.
“E abbiamo ancora molto di cui essere orgogliosi perché nella diocesi c’è tanta promozione umana, tanta educazione, abbiamo più di 80 istituti scolastici, scuole tecniche, scuole materne e scuole elementari, ecc. dove frequentano tante persone di diverse classi e religioni, musulmani, non battezzati, cristiani, tutti insieme perché, quando c'è del bene da fare lo si deve fare a tutti, non bisogna essere selettivi ma includere tutti. Dobbiamo anche ringraziare Dio perché le vocazioni stanno arrivando. Abbiamo anche quattro seminaristi che studiano teologia. Quindi invito i nostri ascoltatori a pregare per noi e con noi per elevare i nostri cuori pieni di gioia al Signore affinché possa benedirci ancora di più anche con il vostro aiuto”.
La diocesi di Marsabit eretta da Papa Paolo VI, ricavandone il territorio dalla diocesi di Nyeri (oggi arcidiocesi), si trova nella regione nord-orientale del Kenya, a circa 560 km da Nairobi e si estende su un’area di circa 78.078 kmq. Il territorio della diocesi è una vasta pianura compresa tra 300 e 1800 m sul livello del mare. È situata, in una zona semi-arida e l’80% della popolazione è composta da pastori nomadi, il 10% pratica agricoltura di sussistenza, principalmente intorno alle zone più montuose che godono di più precipitazioni durante l’anno. Circa il 7% della popolazione si dedica ad attività commerciali e la restante percentuale vive di lavoro dipendente. Il 15 giugno 2001 la diocesi ha ceduto una porzione del suo territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Maralal.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione, Roma.
Diacono John Lekamaya, una delle nuove vocazioni per la diocesi. Foto: Diocesi di Marsabit
Maria Mfariji Shrine (Santuario) a Marsabit. Foto: Jaime C. Patias
L'obiettivo della scuola è quello di contribuire alla formazione dei giovani offrendogli un'istruzione di qualità
I missionari della Consolata sono arrivati in Madagascar il 13 marzo 2019 per lavorare nella diocesi di Ambanja, nel nord-ovest dell'Isola Grande. Dopo un congruo periodo di studio della lingua malgascia, il 20 ottobre 2019 hanno iniziato il loro servizio pastorale nella nuova missione di Beandrarezona, creata con l'arrivo dei primi tre missionari, i padri Jean Tuluba (RD Congo), Jared Makori (Kenya) e Kizito Mukalazi (Uganda).
La nostra missione è l'ultima parrocchia creata nella diocesi e si trova a quasi 1000 chilometri da Antananarivo, la capitale del Paese. Si estende su tre comuni rurali e conta più di 80 villaggi, di cui solo 12 hanno comunità cristiane. I villaggi sono molto distanti tra loro e l’unico mezzo di trasporto possibile per visitarli è la moto, ma nella maggior parte ci si arriva quasi sempre solo a piedi. Per raggiungere alcune comunità dobbiamo camminare fino a 14 ore. Ci vuole forza e determinazione per affrontare le difficoltà delle strade. Dei 2.587.014 abitanti (censimento 2022) della diocesi, solo il 7% della popolazione è cattolica e nella nostra missione i cattolici sono circa il 3% del totale di 21.170 abitanti (censimento 2018). Come si vede, è davvero una missione ad gentes che ha bisogno della nostra presenza e attenzione.
Le attività principali della missione sono le visite alle comunità, la catechesi sacramentale, la formazione dei catechisti, l'animazione missionaria e vocazionale, la formazione dei giovani e dei bambini... La maggioranza della popolazione della nostra missione è costituita da giovani e bambini. Infatti, si stima che il 75% della popolazione del Madagascar sia costituito da giovani e bambini.
Dopo il nostro contatto con la realtà locale, abbiamo notato che a Beandrarezona, che è il centro della missione, e negli altri villaggi, ci sono scuole private e pubbliche: scuole materne, elementari e primo ciclo delle medie, ma mancano le scuole del secondo ciclo delle medie e delle superiori.
Dopo uno scambio di idee con i leaders locali e i genitori, abbiamo sentito la necessità di costruire una scuola secondaria perché i giovani di Beandrarezona e degli altri villaggi vicini sono costretti a lasciare le loro famiglie dopo la scuola primaria per continuare gli studi in città. Questo ha un notevole impatto economico sulle famiglie, che hanno bisogno di più denaro per pagare gli spostamenti, il cibo e l'affitto per i figli mentre il loro income è decisamente inferiore alle spese da sostenere. Di conseguenza, molti giovani abbandonano la scuola per andare lavorare nei campi.
Padre Jean Tuluba durante la inaugurazione della nuova scuola nella missione di Beandrarezona
Così, con l'aiuto del nostro recentemente scomparso confratello, padre Noè Cereda (che il Signore gli conceda l'eterno riposo) e dei suoi amici in Italia, abbiamo iniziato a costruire la scuola nel 2021 dopo l'epidemia di Covid-19. Con molti sacrifici e determinazione la scuola ha preso forma fino al suo completamento quest'anno 2024. Ci sono state molte difficoltà nella realizzazione dell'opera, come il costoso trasporto dei materiali, acquistati ad Antananarivo, la regolarità degli operai, ecc.
Finalmente, il 2 settembre 2024, la scuola è stata ufficialmente inaugurata e aperta con la celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Francis Donatien Randriamalala, vescovo diocesano di Ambanja e con la benedizione dello stabile. Alla celebrazione hanno partecipato altri sacerdoti, religiose, autorità amministrative e politiche locali, rappresentanti delle confessioni religiose locali, cristiani della nostra missione, amici e conoscenti. Il giorno successivo sono iniziate subito le classi con 30 studenti.
Mons. Francis Donatien Randriamalala, vescovo diocesano di Ambanja
Nei loro discorsi, le autorità e i cristiani hanno ringraziato la diocesi per aver invitato i Missionari della Consolata a lavorare nella diocesi, hanno ringraziato per l’opera di padre Noé Cereda e dei sacerdoti venuti in questa missione e per aver costruito una scuola di qualità. La popolazione era pronta a collaborare con noi affinché i loro giovani potessero studiare in buone condizioni e diventare in futuro persone con grandi ruoli nella società.
Abbiamo scelto di gestire la scuola in modo graduale, aprendo una classe all'anno fino al completamento del ciclo triennale. Questo perché il livello di formazione degli studenti è molto basso. Aprire una classe all'anno ci aiuterà ad accompagnare la formazione degli studenti e anche la formazione permanente degli insegnanti.
L'obiettivo della scuola è quello di contribuire alla formazione dei giovani della nostra missione, offrendogli un'istruzione di qualità che dia loro pari opportunità rispetto agli altri giovani delle città. La scuola è un grande strumento di evangelizzazione in molti modi. Sebbene molti giovani non sono molto interessati alla religione, attraverso la scuola possono scoprire il messaggio del Vangelo e anche le loro famiglie possono essere raggiunte.
Tra i primi 30 alunni, luna buona percentuale proviene da altre confessioni religiose. La scuola diventa anche un modo per dialogare con le altre religioni attraverso l'educazione che diamo ai loro figli, dato che fin dall'inizio queste altre confessioni hanno riposto la loro fiducia in noi mandando i loro figli a studiare nella nostra scuola. In questo modo, la scuola non è solo un centro di istruzione, ma anche un luogo di incontro tra le confessioni religiose.
La nostra gratitudine a padre Cereda e ai suoi amici e ai missionari della Consolata per questo grande e prezioso dono ai giovani. Speriamo che questa scuola sia davvero uno strumento di consolazione per la gente di Beandrarezona, affinché possano diventare persone utili alla società malgascia, alla Chiesa e al mondo intero.
Una grande sfida è lo stipendio degli insegnanti. In tutte le scuole pubbliche qui, gli insegnanti sono pagati con le rette degli alunni. Al momento, nella nostra scuola, il denaro versato mensilmente dai genitori dei nostri 30 studenti non è sufficiente per pagare uno stipendio minimo agli insegnanti. Dobbiamo quindi cercare altri mezzi per completare gli stipendi.
Ma di fronte a questa sfida non ci scoraggiamo. Come ci ha insegnato il nostro Padre Fondatore Giuseppe Allamano, confidiamo nella Divina Provvidenza e nell'aiuto dei nostri amici per continuare questa buona opera di consolazione. L'abbiamo iniziata e non può più fermarsi. Lo Spirito Santo, protagonista della missione, e la Vergine Consolata illuminino i nostri passi per camminare sempre con la gente.
* Padre Jean Tuluba, IMC, Missione di Beandrarezona, Madagascar.
Il vescovo di Odienné, Mons. Alain Clément Amiézi, ha visitato dal 24 al 28 febbraio, la parrocchia San Giovanni Battista di Marandallah nel nord del Paese. I missionari della Consolata padre Wema Meta Duwanghe e padre Isac José Manuel Ernesto hanno organizzato la visita del vescovo in modo tale che potesse raggiungere i villaggi più sperduti, nel cuore della savana ivoriana.
È stata la prima volta che Mons. Amiézi ha raggiunto la missione di Marandallah per visitare e conoscere da vicino le comunità cristiane, alla presenza dei diversi capi tradizionali rendendo la visita una gioiosa occasione di incontro e di condivisione intorno al vescovo e ai nostri missionari. La precarietà delle strade sterrate e la fatica delle distanze sono un ulteriore motivo che conferma l’importanza di valorizzare la presenza dei missionari della Consolata in questa terra di prima evangelizzazione dove i cristiani sono solo il tre per cento. La provincia di Marandallah conta settantuno villaggi e insediamenti. “Devo accompagnare il vescovo nella visita ovunque egli voglia andare perché è una benedizione per la nostra comunità parrocchiale”, ha affermato orgogliosamente Yéo Fatoumata Sylvie, vice-presidente del consiglio parrocchiale.
* Padre Ariel Tosoni, è missionario della Consolata argentino che lavora nella Costa d’Avorio.
Incontro con i vescovi, i sacerdoti, i missionari, i consacrati, le consacrate e gli operatori pastorali (2 settembre)
Cari fratelli e sorelle, sono felice di incontrarvi. La gioia del Vangelo è il motivo che ha spinto voi, uomini e donne consacrati nella vita religiosa e nel ministero ordinato, a essere qui e a dedicarvi, insieme alle sorelle e ai fratelli laici, al Signore e agli altri. Benedico Dio per questo. Lo faccio attraverso una bella preghiera di lode, il Salmo 34, a cui mi ispiro per condividere alcuni pensieri con voi. Esso dice: «Gustate e vedete com’è buono il Signore».
Gustare e vedere, perché la gioia e la bontà del Signore non sono qualcosa di passeggero, ma rimangono dentro, danno gusto alla vita e fanno vedere le cose in modo nuovo; come ci hai detto tu, Rufina, nella tua bella testimonianza. Vorrei dunque assaporare il gusto della fede in questa terra facendo anzitutto memoria di storie e di volti, di vite spese per il Vangelo. Spendere la vita per il Vangelo: è una bella definizione della vocazione missionaria del cristiano, e in particolare di come i cristiani la vivono qui. Spendere la propria vita per il Vangelo!
Ricordo allora il Vescovo Wenceslao Selga Padilla, primo Prefetto Apostolico, pioniere della fase contemporanea della Chiesa in Mongolia e costruttore di questa cattedrale. Qui, tuttavia, la fede non risale solo agli anni novanta del secolo scorso, ma ha radici molto antiche. Alle esperienze del primo millennio, segnate dal movimento evangelizzatore di tradizione siriaca diffusosi lungo la via della seta, è seguito un considerevole impegno missionario: come non ricordare le missioni diplomatiche del XIII secolo, ma anche la cura apostolica manifestata dalla nomina, intorno al 1310, di Giovanni da Montecorvino come primo Vescovo di Khan Baliq, e dunque responsabile di tutta quest’ampia regione del mondo sotto la dinastia mongola Yuan? Fu proprio lui a fornire la prima traduzione in lingua mongola del libro dei Salmi e del Nuovo Testamento.
Ma perché spendere la vita per il Vangelo? È una domanda che vi faccio. Come diceva Rufina, la vita cristiana va avanti facendo delle domande, come i bambini che domandano sempre cose nuove, perché non capiscono tutto nell’età dei perché.
Spendere la vita per il Vangelo perché si è gustato (cfr Sal 34) quel Dio che si è reso visibile, toccabile, incontrabile in Gesù. Sì, è Lui la buona notizia destinata a tutti i popoli, l’annuncio che la Chiesa non può smettere di portare, incarnandolo nella vita e “sussurrandolo” al cuore dei singoli e delle culture. Il linguaggio di Dio, tante volte, è un sussurro lento, che prende il suo tempo; Egli parla così. Questa esperienza dell’amore di Dio in Cristo è pura luce che trasfigura il volto e lo rende a sua volta luminoso. Fratelli e sorelle, la vita cristiana nasce dalla contemplazione di questo volto, è questione di amore, di incontro quotidiano con il Signore nella Parola e nel Pane di vita, e nel volto dell’altro, nei bisognosi in cui Gesù è presente.
In questi trentun anni di presenza in Mongolia, voi, carissimi sacerdoti, consacrati, consacrate e operatori pastorali, avete dato vita a una molteplice varietà di iniziative caritative, che assorbono la maggior parte delle vostre energie e riflettono il volto misericordioso di Cristo buon samaritano. È come il vostro biglietto da visita, che vi ha resi rispettati e stimati per i tanti benefici arrecati a molte persone in vari campi: dall’assistenza all’educazione, passando per la cura sanitaria e la promozione culturale.
Al tempo stesso vi invito a tornare sempre e di nuovo a quello sguardo originario da cui tutto è nato. Senza di esso, infatti, le forze vengono meno e l’impegno pastorale rischia di diventare sterile erogazione di servizi, in un susseguirsi di azioni dovute, che finiscono per non trasmettere più nulla se non stanchezza e frustrazione. Invece, rimanendo a contatto con il volto di Cristo, scrutandolo nelle Scritture e contemplandolo in silenzio adorante davanti al tabernacolo, lo riconoscerete nel volto di quanti servite e vi sentirete trasportati da un’intima gioia, che anche nelle difficoltà lascia la pace nel cuore.
Non dimenticate l’adorazione! Noi abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione in questo secolo pragmatico: non dimenticatevi di adorare e, dall’adorazione, fare le cose.
I fratelli e le sorelle della Mongolia, che hanno uno spiccato senso del sacro e un’ampia e articolata storia religiosa, attendono da voi questa testimonianza e ne sanno riconoscere la genuinità. È una testimonianza che voi dovete dare, perché il Vangelo non cresce per proselitismo, il Vangelo cresce per testimonianza.
Il Signore Gesù, inviando i suoi nel mondo, non li mandò a diffondere un pensiero politico, ma a testimoniare con la vita la novità della relazione con il Padre suo, diventato “Padre nostro” (cfr Gv 20,17), innescando così una concreta fraternità con ogni popolo. La Chiesa che nasce da questo mandato è una Chiesa povera, che poggia solo su una fede genuina, sulla disarmata e disarmante potenza del Risorto, in grado di alleviare le sofferenze dell’umanità ferita. Ecco perché i governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, ma conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti.
Carissimi Missionari e Missionarie, gustate e vedete il dono che siete, gustate e vedete la bellezza di donarvi interamente a Cristo che vi ha chiamati a testimoniare il suo amore proprio qui in Mongolia. Continuate a farlo coltivando la comunione. Realizzatelo nella semplicità di una vita sobria, a imitazione del Signore, entrato a Gerusalemme a dorso di un mulo e spogliato persino delle vesti sulla croce. Siate sempre vicini alla gente, con quella vicinanza che è l’atteggiamento di Dio: Dio è vicino, compassionevole e tenero. Siate così con la gente, prendendovene cura personalmente, imparando la lingua, rispettando e amando la loro cultura, non lasciandovi tentare da sicurezze mondane, ma rimanendo saldi nel Vangelo attraverso un’esemplare rettitudine di vita spirituale e morale. Semplicità e vicinanza, dunque, senza stancarvi di portare a Gesù i volti e le storie che incontrate, i problemi e le preoccupazioni, spendendo tempo nella preghiera quotidiana, che vi permette di stare in piedi nelle fatiche del servizio e di attingere al «Dio di ogni consolazione» (2 Cor 1,3) la speranza da riversare nei cuori di quanti soffrono.
Carissimi, in questo cammino di discepoli-missionari avete un sostegno sicuro: la nostra Madre celeste, che –mi è piaciuto tanto scoprirlo!– ha voluto darvi un segno tangibile della sua presenza discreta e premurosa lasciando che si trovasse una sua effigie in una discarica. Nel luogo dei rifiuti è comparsa questa bella statua dell’Immacolata: lei, senza macchia, immune dal peccato, ha voluto farsi così vicina da essere confusa con gli scarti della società, così che dallo sporco della spazzatura è emersa la purezza della Santa Madre di Dio, la Madre del Cielo.
Alzando lo sguardo a Maria, siate dunque rinfrancati, vedendo che la piccolezza non è un problema, ma una risorsa. Sì, Dio ama la piccolezza e ama compiere grandi cose attraverso la piccolezza, come Maria testimonia (cfr Lc 1,48-49). Fratelli, sorelle, non abbiate paura dei numeri esigui, dei successi che tardano, della rilevanza che non appare. Non è questa la strada di Dio. Guardiamo a Maria, che nella sua piccolezza è più vasta del cielo, perché ha ospitato in sé Colui che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere (cfr 1 Re 8,27).
Fratelli e sorelle, affidiamoci a lei, chiedendo uno zelo rinnovato, un amore ardente che non si stanca di testimoniare il Vangelo con gioia. E andate avanti, coraggiosi, non stancatevi di andare avanti. Grazie tante per la vostra testimonianza. Lui, il Signore, vi ha scelti e crede in voi; io sono con voi e con tutto il cuore vi dico: grazie; grazie per la vostra testimonianza, grazie per le vostre vite spese per il Vangelo. Continuate così, costanti nella preghiera, continuate creativi nella carità, continuate saldi nella comunione, gioiosi e miti in tutto e con tutti. Vi benedico di cuore e vi ricordo. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.
In vista del viaggio apostolico del Papa nel Paese asiatico, dal 31 agosto al 4 settembre, l'intervista ai media vaticani del cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbaatar e missionario della Consolata. "Questa visita - afferma - servirà anche a rafforzare i già buoni rapporti tra la Santa Sede e lo Stato”. L’arrivo del Pontefice preceduto dal pellegrinaggio, in tutte le comunità cattoliche, della statua della Vergine trovata in una discarica
Credo che aiuterà soprattutto i fedeli cattolici mongoli a sentirsi veramente nel cuore della Chiesa. A noi, che viviamo geograficamente in una zona del mondo molto periferica, la presenza del Papa ci farà sentire non lontani ma vicini, al centro della Chiesa. E poi sarà importante per il rafforzamento dei rapporti tra la Santa Sede e lo Stato mongolo, che già sono buoni.
Questa visita per noi è molto importante e per questo l’abbiamo voluta far precedere dal pellegrinaggio della statua della Vergine Maria che fu trovata, qualche tempo fa, in una discarica del nord del Paese da una donna povera e non cristiana. Questa statua, che è la nostra patrona, sta visitando le varie comunità cattoliche.
(video di Gianni Valente, Agenzia Fides)
La chiesa mongola è composta da un gregge molto esiguo: millecinquecento battezzati locali radunati in otto parrocchie ed una cappella. Cinque di esse si trovano nella capitale e le altre in zone più remote. E’ una comunità piccola ma molto viva.
La Chiesa è impegnata per il settanta per cento delle sue attività in progetti di promozione umana integrale: dall’educazione alla sanità, passando per la cura delle persone più fragili. Ma si occupa anche della vita di fede che si concretizza con il pre-catecumenato, con il catecumenato, con la vita liturgica e con la catechesi continua. E’ una pastorale che cerca di concentrarsi soprattutto sulla qualità della scelta di fede delle persone.
La prima, quella più importante, è vivere secondo il Vangelo. La grande sfida per ogni comunità è quella di essere discepoli e missionari. E questa coerenza di vita si traduce nella necessità di un radicamento sempre maggiore nella società mongola, con la speranza di una più forte coesione della Chiesa particolare intorno ad un progetto comune. Un’altra sfida è quella dell’inculturazione, che ha bisogno di tempi lunghi perché accompagna la maturazione della fede in un determinato contesto culturale. Infine, c’è la sfida della formazione dei catechisti locali, degli operatori pastorali e, ovviamente, del clero locale ed internazionale.
Il dialogo interreligioso da sempre ha segnato l’esperienza ecclesiale in Mongolia. La Chiesa si trova ad essere, anche per necessità, in una situazione di assoluto bisogno di relazioni con i fedeli di altre tradizioni religiose. E’ una dimensione fondamentale che ci ha sempre accompagnato e che, negli ultimi anni, si è intensificata a tal punto che gli incontri tra i leader religiosi, che prima avvenivano annualmente, ora si organizzano ogni due mesi.
Quasi spontaneamente, perché la dimensione della sinodalità fa parte della nostra esperienza ecclesiale. La dinamica della consultazione di tutte le componenti ecclesiali appartiene alla prassi di questa Chiesa. È bello sentirsi in piena sintonia con tutto il mondo cattolico in questa fase in cui la Chiesa universale si ferma a riflettere maggiormente sulla sinodalità.
La società mongola è in una fase di grande trasformazione. C’è una rincorsa veloce a modelli sociali e culturali che sono nuovi rispetto alla tradizione. E’ una nazione in fermento la cui crescita economica sta imponendo un cambiamento anche negli stili di vita che stanno diventando più aperti alla globalizzazione. Questo rapido sviluppo comporta delle opportunità ma anche dei rischi, come quello di lasciare indietro chi non riesce a tenere il passo oppure quello di indebolire alcune tradizioni locali che invece favoriscono una maggiore coesione sociale.