L’incontro con lo scrittore, filosofo e professore Daniel Munduruku è avvenuto presso la scuola Calamandrei, a Firenze, a fine marzo. Grazie all’impegno della Casa do Brasil di Firenze, realtà ideata dalla ricercatrice e linguista Ana Luiza de Souza, nel 2014, un gruppo di educatrici volontarie tenaci lavora sodo per trasmettere ai bambini italo-brasiliani, attraverso letture e giochi, la storia linguistico-culturale del Brasile, con l’obiettivo di garantire lo sviluppo emotivo e cognitivo dei piccoli, ovviamente nel rispetto della diversità e della società multiculturale in cui vivono.

Daniel Munduruku, circondato da una platea di bambini e genitori attenti, ci saluta nella sua lingua, il munduruku, appartenente al tronco linguistico “tupi”. Utilizzando il linguaggio semplice dei grandi maestri del racconto quando si rivolgono a piccoli lettori e piccole lettrici, lo scrittore spiega che, nella sua lingua, il tempo futuro non esiste, ma si fa fede soltanto al passato e al presente.

20250421Daniel2Con un tono di voce caldo, coinvolgente, accompagnato da un sorriso rassicurante, Daniel riesce a catapultarci in Amazzonia, per approfondire un po’ le dinamiche che tengono salde la società munduruku. Senza alcun bisogno di supporto elettronico o immagini proiettate, ci addentriamo nel cuore della Foresta: siamo accanto a un bambino indigeno, che sta compiendo i primi passi; lo vediamo sorvegliato a vista dagli adulti, tutti responsabili della sua incolumità. Ci immergiamo successivamente nel lato oscuro della notte, cercando di capire i misteri che si celano dietro “quando nessuno esce”; impariamo un po’ di più sul significato profondo dei dipinti cerimoniali sul corpo dei guerrieri e sulle piume colorate, che rallegrano gli ornamenti portati dallo scrittore, sul capo, e che scendono poi, a cascata, tra i suoi capelli.

Daniel ci spiega che, nella cultura indigena, il ballo e il canto hanno un significato profondo, legata al senso di gratitudine verso la Madre Terra. “Cantiamo e dipingiamo i nostri corpi in diversi momenti della nostra vita”, chiarisce lo scrittore, “per imitare la bellezza della Natura, che si esprime negli esseri viventi”. Sottolinea che la gratitudine andrebbe insegnata ai bambini anche nelle scuole, affinché capiscano “l’importanza di vivere in un pianeta così bello” e la propria responsabilità “nella manutenzione di questa bellezza.”

20250421DanielNel suo racconto della quotidianità, all’interno di una comunità indigena, emergono i valori trasmessi dagli anziani ai bambini, affinché resistano alle avversità della vita. “Applichiamo i principi della solidarietà, del mutuo aiuto, della generosità e dell’abbondanza per tutti, da almeno cinquantamila anni, e portiamo un immenso rispetto per la saggezza dei nostri anziani”, ricorda lo scrittore, visibilmente emozionato, aggiungendo che “gli indigeni non si etichettano mai come ‘padroni del mondo’, anzi: si riconoscono come una piccola parte che, unita ad altre, lo sorregge”.

Il viaggio immersivo nelle sue carezzevoli parole cattura adulti e bambini, concludendosi con una spiegazione sul sistema politico-gerarchico delle comunità indigene, oggigiorno, quasi sempre in mano alle donne, per via della migrazione di massa dei giovani maschi verso le città.

Con alle spalle circa 65 libri pubblicati e tre lauree in Filosofia, Storia e Psicologia, oltre a un Phd in Educazione, Daniel Munduruku porta avanti, con coraggio e tenacia, la sua lotta per la decolonizzazione delle menti, fuori e dentro le università, forte della tradizione orale dei popoli indigeni, per i quali “l’oralità non si traduce soltanto nelle parole che escono dalla bocca”, ma in una “coreografia che fa ballare il corpo”. In uno dei suoi libri, riporta che i grandi raccontastorie agiscono come gli sciamani: fanno magie con le loro parole, affinché “corpi fisici e spirituali danzino, al loro suono”.

20250421Daniel1Per gli sciamani, infatti, la pioggia cade perché si supplica, il fuoco brucia perché “la voce commossa delle mani lo invita a fare” e, infine, il vento porta notizie da lontano, perché ascolta l’appello umano, come se la Natura ne fosse attratta, sedotta dalla parola.

Recatosi in Europa, dietro indicazione dell’Astrid Lindgren Memorial Award, premio letterario internazionale destinato ad autori attivi nel campo della letteratura per l’infanzia, in uno dei suoi tanti libri, dal titolo “O banquete dos deuses: conversa sobre a origem e a cultura brasileira”, Daniel Munduruku scrive: “È comune che si chieda ai popoli indigeni cos’è la vita per loro. Oso dire che l’indigeno non fa questo tipo di domande, perché le congetture portano con sé l’angoscia. Nel pensiero di un popolo, c’è il presente e tutto ciò che esso comporta in termini di costi e benefici. Il presente, però, è legato al passato, e non un passato fisico, bensì uno memoriale, delle gesta dei creatori, degli eroi e dell’inizio dei tempi.”

 Dipingendo il capitalismo come “un mostro” che inghiottisce inesorabilmente interi biomi, veniamo tutti proiettati nel futuro, costretti così ad accumulare ricchezze per un domani ipotetico, al quale forse non arriveremo, facendo fede ai nostri desideri e alle nostre fantasie più recondite.

“Non c’è un’alternativa ambientale alle catastrofi provocate dal capitalismo”, afferma con convinzione, “ma è possibile comunque lavorare sull’alternativa umana, sulla mentalità di persone che considerano, a ogni costo, il progresso una necessità e una virtù” trattandosi, in realtà, “di una strada senza ritorno, con delle conseguenze gravissime per la vita e la salute umana”.

Grazie al supporto di Tucum Italia, un progetto ideato dall’educatrice Nair Pires, incentrato sulla sensibilizzazione e promozione della cultura delle popolazioni indigene, il viaggio di Daniel Munduruku è poi proseguito verso il Veneto, dove ha tenuto conferenze presso l’Università di Padova e alla Ca’ Foscari, a Venezia.

* Claudiléia Lemes Dias è scrittrice e saggista, autrice del libro “Morfologia delle passioni”. Foto: Tucum Italia.

20250421Daniel5

  Manifestazione nella 21esima edizione dell'Accampamento Terra Livre, la più grande assemblea di comunità indigene del Brasile, che quest’anno ha mobilitato, dal 7 al 13 aprilea Brasilia, circa 10.000 partecipanti, compresi i leader di nove Paesi del bacino amazzonico. Foto: Eline Luz/ANDES-SN

Yanomami: Siamo ancora vivi

Dalla violenza totale alle azioni di emergenza.

Durante l’incontro organizzato dal Centro Cultures and Mission (CAM) di Torino in Italia, il sabato 18 maggio 2024 il Padre Corrado Dalmonego, IMC, antropologo e missionario in Brasile, presenta la situazione attuale delle comunità indigene nel territorio Yanomami, nello Stato di Roraima,

L’invasione illegale del garimpo è cresciuta più di 20 mila volte in 37 anni” (nel 1987 erano 15 ettari - nel 2022 = 3.278 ettari), osserva il missionario della Consolata che svolge una ricerca di dottorato esattamente sull'impatto dell'attività estrattiva illegale nel territorio Yanomami dove è in corso una crisi umanitaria e sanitaria senza precedenti causata dai cercatori d'oro (garimpeiros).

Il popolo Yanomami conta circa 30mila individui sparsi nei territori di Brasile e Venezuela. Si stima che nel 2023 fossero oltre 20mila i garimpeiros illegalmente nelle loro terre.

Padre Corrado spiega che, le comunità sono vittime di “una violenza totale perché, oltre alla degradazione della foresta (tagliano alberi, scavano buche enormi, usano pompe idrauliche, avvelenano i fiumi per l’uso criminale del mercurio per separare l’oro dal resto) aumenta anche la diffusione di malattie, l’epidemia di malaria, denutrizione, violenze sulle donne, introduzione di armi di fuoco, della droga, ecc… Quindi, non è solo una violenza ambientale, è una violenza totale, violenza sociale, (distruzione delle comunità e l’aumento di conflitti interni e fra le comunità), ma anche una violenza spirituale. Attaccare la foresta vuol dire toccare tutto il mondo dei simboli e significati della nostra vita compreso il mondo invisibile della vita spirituale”, avverte.

“Nonostante tutte queste difficoltà gli Yanomami sono ancora vivi”.

Vedi qui il video sull’intervento di padre Corrado nel CAM di Torino

La Terra Indigena Yanomami (TIY) copre un’area estesa oltre 9 milioni di ettari nel Nord del Brasile. In questa regione, i fiumi sono canali di comunicazione che uniscono le diverse comunità. Fu a monte del fiume che i missionari della Consolata, Giovanni Calleri e Bindo Meldolesi fondarono, nel 1965, la Missione Catrimani, a 250 chilometri da Boa Vista, capitale di Roraima. Nel corso degli anni, la coesistenza del popolo Yanomami con i missionari ha contribuito a rafforzare un modello di missione basata sul rispetto e il dialogo, nella difesa della vita, della cultura, del territorio e della foresta. Tre missionari e quattro missionarie della Consolata sono attualmente impegnati nella Missione Catrimani.

Padre Corrado Dalmonego

Nato nel 1975 e cresciuto a Sant’Antonio di Porto Mantovano, Mantova – Italia, dopo essersi impegnato come animatore in parrocchia ha frequentato il Centro Missionario Diocesano e ha collaborato con l’Associazione Mappamondo che si occupa di commercio equo e solidale. Inizia la formazione nei missionari della Consolata nel 1999, prende i voti religiosi  nel 2004 e viene ordinato sacerdote nel 2010. In Amazzonia è giunto per la prima volta nel 2002, quando era ancora seminarista. Dopo avere concluso la teologia a San Paolo - Brasile, è ritornato nella stessa missione, presso il popolo Yanomami. Attualmente svolge una ricerca di dottorato sull'impatto dell'attività estrattiva nel territorio indigeno Yanomami. Padre Corrado Dalmonego, nel 2019, ha partecipato al Sinodo per l’Amazzonia che si è svolto a Roma ed è autore insieme a Paolo Moiola, del libro Nohimayu – L’incontro. Amazzonia: gli Yanomami e il mondo degli altri. Storia della Missione Catrimani, EMI, Bologna 2019.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio Generale della Comunicazione

Davi Kopenawa, lo sciamano e portavoce del popolo Yanomami, ha lasciato la grande casa collettiva nell’Amazzonia brasiliana con una missione importante: portare l’appello dei popoli della foresta agli abitanti della foresta di pietra. «L’uomo bianco delle merci non ci ascolta. Abbiamo bisogno di lanciare le parole come una freccia per toccare il cuore della società non indigena», dice Kopenawa, sapendo bene che chi comanda non ascolta.

Nella sua agenda in Italia, mercoledì 10 aprile, a Roma, il leader indigeno noto a livello internazionale per il suo impegno nella protezione dell’Amazzonia si è incontrato in privato con Papa Francesco, un alleato importante. «Ho chiesto al Papa di aiutare il presidente Lula a rimuovere tutti gli invasori, i cercatori d’oro (garimpeiros) e gli sfruttatori delle terre indigene», spiega Davi ai giornalisti rivelando di aver scritto una lettera a Francisco nel 2020 e che da tempo desiderava parlare con lui.

A questo incontro - avvenuto grazie alla collaborazione con il vaticanista Raffaele Luise  -, Kopenawa è stato accompagnato da fratel Carlo Zacquini, missionario della Consolata a Roraima, in Brasile, suo amico e braccio destro da 50 anni, responsabile assieme alla fotografa e attivista Claudia Andujar per la campagna del 1979 a favore della demarcazione del territorio Yanomami, avvenuta nel 1992.

20240411DaviKopenawaPapa

Stretta di mano tra Papa Francesco e Davi Kopenawa. L'udienza privata si è tenuta in Vaticano mercoledì 10 aprile 2024.  Foto: Vatican Media

David ha già dimostrato in diverse occasioni la sua profonda conoscenza delle minacce per l’intera umanità: salvaguardare la foresta e i suoi abitanti è fondamentale per garantire l’esistenza stessa della nostra Casa comune. Tra le maggiori minacce per i territori indigeni, Kopenawa elenca la contaminazione dell’acqua per l’uso criminale del mercurio (per separare l’oro dal resto, ndr) da parte dei minatori; l’ingresso di allevatori di bestiame con l’appoggio dei governi di tutto il mondo che comprano carne, così come l’espansione della coltivazione della soia sotto la pressione della Cina che ne richiede sempre di più. «La foresta brucia, la terra si esaurisce, gli uccelli, gli animali, i pesci muoiono e il nostro popolo si ammala. Forse qui voi siete protetti da questo, ma ci sono altre malattie», avverte lo sciamano.

Il leader Yanomami ha già scritto due libri in collaborazione con l'antropologo francese Bruce Albert: "La caduta del cielo" (2015) e "Lo spirito della foresta" (2023), entrambi tradotti in italiano. Gli autori presentano una visione dei popoli indigeni e della protezione dell’ambiente. “Il loro pensiero e la loro pratica quotidiana sono in perfetto equilibrio con tutte le forme di vita, visibili e invisibili”.

Davi Kopenawa è presidente dell'Associazione Hutukara Yanomami e ritiene che il nuovo ministero dei Popoli indigeni e la Fondazione nazionale dei popoli indigeni (Funai), entrambi diretti per la prima volta da due donne indigene, Sonia Guajajara e Joenia Wapichana, «hanno bisogno di risorse per proteggere il popolo Yanomami, costruire posti di sorveglianza e per delimitare e riconoscere le terre indigene». Negli ultimi anni, soprattutto sotto la presidenza di Jair Bolsonaro, le risorse sono state tagliate, rendendo impossibile il lavoro.

Il popolo Yanomami conta circa 42mila persone, tra Brasile e Venezuela. Si stima che nel 2023 fossero oltre 20mila i garimpeiros nelle loro terre. Entrano illegalmente nella foresta, tagliano alberi, scavano buche enormi, usano pompe idrauliche, avvelenano i fiumi.

20240411DaviKopenawa

Davi Kopenawa con il fratel Carlo Zacquini, IMC, durante conferenza stampa nella sede della Radio Vaticana a Roma.

All’inizio dell’anno 2024, sono state diffuse immagini dove si vedevano bambini yanomami malnutriti, uguali o addirittura peggiori di quelle del 2023. Poco più di un anno dopo l’azione delle forze federali brasiliane la Terra yanomami affronta ancora la crisi dell’estrazione mineraria illegale, della fame e della salute. Finora tutto è stato vano. «Molte volte abbiamo richiesto di rimuovere gli invasori dalle nostre terre, di prevenire la deforestazione e l’inquinamento dei fiumi, ma non ci ascoltano perché non sono nostri "parenti" (indigeni come noi, ndr). Abbiamo pochi amici. I politici ascoltano solo la voce del denaro, del mercato. Papa Francesco è diverso. Lui è figlio di Dio e non può mentire. Come leader, non può promettere e non fare», dichiara Davi mostrandosi fiducioso.

Nella lotta per la protezione del Pianeta, la sintonia tra Davi Kopenawa e il Papa Francesco è grande. Ricordando che il Pontefice nel 2015, nell’enciclica Laudato si’ affermava: «La molteplice distruzione della vita umana e ambientale, le malattie e l’inquinamento di fiumi e terre, l’abbattimento e l’incendio di alberi, la massiccia perdita della biodiversità, la scomparsa delle specie, costituiscono una cruda realtà che chiama in causa tutti. La violenza, il caos e la corruzione dilagano. Il territorio è diventato uno spazio di scontri e di sterminio di popoli, culture e generazioni» (LS 23). La preoccupazione con la cura del Creato da parte di Francesco è stata anche dimostrata con la realizzazione del Sinodo per l’Amazzonia nel 2019 e nei suoi vari interventi e documenti.

20240411DaviKopenawa2

Kopenawa apprezza lo sforzo di Francesco, ma osserva che «molte persone sono contro la protezione dell’ambiente perché i grandi imprenditori non vogliono sentire quello che lui dice sulla foresta amazzonica, che è in pericolo. Loro cercano le ricchezze. Io sono per l’ambiente. Se non fosse per gli indigeni, la foresta non ci sarebbe più. Noi Yanomami ci prendiamo cura del polmone del pianeta. Ma questo ai politici, ai fazendeiros, ai garimpeiros non interessa. E l'esercito li sostiene. Dicono che la Terra indigena yanomami (Tiy) sia troppo grande per pochi indigeni, ma non si rendono conto che noi stiamo proteggendo l’intero pianeta».

La Tiy include un’area estesa oltre 9 milioni di ettari nel Nord del Brasile. In questa regione, i fiumi sono preziosi canali di comunicazione che uniscono le diverse comunità. Fu a monte del fiume che i missionari della Consolata italiani, Giovanni Calleri e Bindo Meldolesi fondarono, nel 1965, la Missione Catrimani, a 250 chilometri da Boa Vista, capitale di Roraima. Nel corso degli anni, la coesistenza di Yanomami con i missionari ha contribuito a rafforzare un modello di missione basata sul rispetto e il dialogo, nella difesa della vita, della cultura, del territorio e della foresta. Tre missionari e quattro missionarie della Consolata sono attualmente impegnati nella Missione Catrimani. Mentre, da Boa Vista, all’età di 87 anni, fratel Carlo Zacquini, instancabile, continua a sostenere la causa di Davi Kopenawa, degli Yanomami e della foresta amazzonica.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Segretariato Generale per la Comunicazione.

Di seguito un estratto dell'intervista al leader indigeno Kopenawa e al Fratel Carlo Zacquini (Radio Vaticana)

Sono con voi perché, ora come mai, il futuro di tutti dipende dal presente che scegliamo. Sono con voi perché la devastazione del creato è un’offesa a Dio, un peccato non solo personale ma strutturale che si riversa sull’essere umano, soprattutto sui più deboli, un grave pericolo che incombe su ciascuno e che rischia di scatenare un conflitto tra le generazioni. Sono con voi perché il cambiamento climatico è «un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana» (Esort. ap. Laudate Deum, 3). Sono con voi per porre la domanda a cui siamo chiamati a rispondere ora: lavoriamo per una cultura della vita o della morte? Vi chiedo, in modo accorato: scegliamo la vita, scegliamo il futuro! Ascoltiamo il gemere della terra, prestiamo ascolto al grido dei poveri, tendiamo l’orecchio alle speranze dei giovani e ai sogni dei bambini! Abbiamo una grande responsabilità: garantire che il loro futuro non sia negato.

È acclarato che i cambiamenti climatici in atto derivano dal surriscaldamento del pianeta, causato principalmente dall’aumento dei gas serra nell’atmosfera, provocato a sua volta dall’attività umana, che negli ultimi decenni è diventata insostenibile per l’ecosistema. L’ambizione di produrre e possedere si è trasformata in ossessione ed è sfociata in un’avidità senza limiti, che ha fatto dell’ambiente l’oggetto di uno sfruttamento sfrenato. Il clima impazzito suona come un avvertimento a fermare tale delirio di onnipotenza. Torniamo a riconoscere con umiltà e coraggio il nostro limite quale unica via per vivere in pienezza.

Che cosa ostacola questo percorso? Le divisioni che ci sono tra noi. Ma un mondo tutto connesso, come quello odierno, non può essere scollegato in chi lo governa. Il compito a cui siamo chiamati oggi non è nei confronti di ieri, ma nei riguardi di domani; di un domani che, volenti o nolenti, o sarà di tutti o non sarà.

Colpiscono, in particolare, i tentativi di scaricare le responsabilità sui tanti poveri e sul numero delle nascite. Sono tabù da sfatare con fermezza. Non è colpa dei poveri, perché la quasi metà del mondo, più indigente, è responsabile di appena il 10% delle emissioni inquinanti, mentre il divario tra i pochi agiati e i molti disagiati non è mai stato così abissale. Questi sono in realtà le vittime di quanto accade: pensiamo alle popolazioni indigene, alla deforestazione, al dramma della fame, dell’insicurezza idrica e alimentare, ai flussi migratori indotti. 

Qual è la via d’uscita? Quella che state percorrendo in questi giorni: la via dell’insieme, il multilateralismo. Infatti, «il mondo sta diventando così multipolare e allo stesso tempo così complesso che è necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace. Non basta pensare agli equilibri di potere […]. Si tratta di stabilire regole universali ed efficienti» (Laudate Deum, 42). È preoccupante in tal senso che il riscaldamento del pianeta si accompagni a un generale raffreddamento del multilateralismo, a una crescente sfiducia nella Comunità internazionale.

È essenziale ricostruire la fiducia, fondamento del multilateralismo. Ciò vale per la cura del creato così come per la pace: sono le tematiche più urgenti e sono collegate. 

Quante risorse sprecate negli armamenti, che distruggono vite e rovinano la casa comune! Rilancio una proposta: «con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame» (Lett. enc. Fratelli tutti, 262; cfr S. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 51) e realizzare attività che promuovano lo sviluppo sostenibile dei Paesi più poveri, contrastando il cambiamento climatico.

20231204Dubai2

È compito di questa generazione prestare orecchio ai popoli, ai giovani e ai bambini per porre le fondamenta di un nuovo multilateralismo. Perché non iniziare proprio dalla casa comune? I cambiamenti climatici segnalano la necessità di un cambiamento politico. Usciamo dalle strettoie dei particolarismi e dei nazionalismi, sono schemi del passato. Abbracciamo una visione alternativa, comune: essa permetterà una conversione ecologica, perché «non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali» (Laudate Deum, 70). 

Testo completo ITALIANO e INGLESE

10 anni di vita della Repam

La nostra risposta deve essere drastica, intensa e con l'impegno di tutti! (cfr. Laudato Si' 59).

La Rete Ecclesiale Pan-Amazzonica (Repam) ci siamo riuniti a Florencia, (nella regione del Caquetá – Colombia), con rappresentanti della Bolivia, del Brasile, della Colombia, dell’Ecuador, della Guyana Francese, del Perù e del Venezuela e con la presenza di organizzazioni alleate internazionali. In un mondo inorridito dall'aumento della violenza e dalla guerre, chiediamo innanzitutto un cessate il fuoco immediato a Gaza e in altri luoghi di conflitto, per promuovere meccanismi e accordi internazionali per la costruzione della pace. È in gioco il futuro della democrazia e dei diritti umani!

La Repam, che festeggia 10 anni di vita, è una risposta profetica sorta dal messaggio evangelico e vuole promuovere la cura della casa comune; far risuonare la voce dei popoli che la abitano e impegnarsi nella difesa dei diritti umani. Siamo ispirati dalla spiritualità incarnata nel territorio, impegnati in nuove modalità di sinodalità, per una Chiesa dal volto amazzonico.

In questi dieci anni, la situazione in Amazzonia è diventata critica e abbiamo raggiunto un punto di non ritorno. Profondamente addolorati per l'agonia di questo bioma e dei suoi popoli, consapevoli della sua importanza per il pianeta, esprimiamo la nostra preoccupazione riguardo a:

1. La CRISI CLIMATICA e il collasso sistemico dell'Amazzonia marcato dai recenti periodi di caldo anomalo, incendi incontrollati, gravi siccità, livelli record di fiumi e laghi che hanno isolato numerose comunità e lasciato migliaia di persone senza accesso all'acqua potabile, ai servizi sanitari, all’istruzione e al cibo.

2. L'ESTRATTIVISMO, la deforestazione accelerata, le concessioni minerarie, lo sfruttamento dei corsi d'acqua, i progetti idroelettrici e le autostrade che sono promosse senza l’approvazione della popolazione residente previamente e liberamente informata delle conseguenza ambientali di ogni decisione. L'espansione della frontiera agricola, le monocolture e l'agrobusiness causano una gigantesca perdita di biodiversità e ostacolano i modi di produzione locali, minacciando la sovranità alimentare. L'uso di prodotti agrochimici e il mercurio inquinano le fonti d'acqua, l'aria e il suolo, compromettendo l'accesso alle risorse naturali e causando gravi malattie tra la popolazione.

3. Lo SVILUPPO MINERARIO ED ENERGETICO dell’Amazzonia, sovrapposto alle aree protette e ai territori comunitari, minaccia l'integrità culturale e territoriale dei popoli indigeni, contadini, costieri e afro-discendenti; la situazione dei popoli in contatto iniziale o in isolamento volontario è ancora più preoccupante.

4. Le false soluzioni dell'ECONOMIA VERDE, con la promozione dei crediti di carbonio e la mercificazione della biodiversità dell'Amazzonia, che non producono contributi effettivi al cambiamento necessario.

5. Il TRAFFICO DI DROGA, gli attori armati legali e illegali che minacciano e assassinano i difensori dei diritti umani e dell'ambiente. La protezione di questi leader deve essere una priorità, anche dopo l'attuazione e la ratifica dell'accordo di Escazú. Siamo inoltre preoccupati per l'aumento dei femminicidi, della perdita di prospettive e dei suicidi tra i giovani.

20231129Repam2

Di fronte a questa situazione di emergenza, sollecitiamo l'attuazione di un Piano d'azione integrale per la protezione e la difesa del Pan-Amazzonia e dei suoi popoli, con un serio impegno delle autorità pubbliche e della società civile per prevenire nuove violenze, aiutare le vittime e invertire la situazione.

Le comunità e i popoli amazzonici chiedono alla Chiesa un'alleanza nella ferma difesa dei loro territori, affinché i loro progetti di vita siano garantiti di fronte ai progetti di morte. Apprezziamo il risultato positivo del referendum, che ha mobilitato la Repam e molte organizzazioni per proteggere dallo sfruttamento petrolifero il parco naturale di Yasuní, punto di riferimento mondiale per la biodiversità nell'Amazzonia ecuadoriana.

La Repam ratifica l'appello di Papa Francesco per una governance globale in tempi di crisi climatica, chiedendo che le Conferenze sul clima delle Nazioni Unite (COP) prendano decisioni efficaci, vincolanti e facilmente controllabili.

Chiediamo l'unità dei popoli e delle reti ecclesiali per l'ecologia integrale, un percorso di mobilitazione e sensibilizzazione dalla COP-28, attraverso il Forum Sociale Pan-Amazzonico (FOSPA) di giugno 2024 in Bolivia, fino alla COP-30 nell'Amazzonia brasiliana. La nostra risposta deve essere "drastica, intensa e con l'impegno di tutti" (cfr. Laudato si' 59).

Restiamo legati al Dio della Creazione, il cui Spirito rafforza la nostra cura per la vita dei popoli e per la nostra casa comune!

*Messaggio della Repam riunita in Florencia (Caquetá, colombia) dall'otto al 10 novembre 2023

Page 1 of 3

Gli ultimi articoli

eSwatini. Il mio Papa imprevedibile

29-04-2025 I missionari dicono

eSwatini. Il mio Papa imprevedibile

Papa Francesco (1936-2025) tra le braccia del Padre Un giorno di maggio del 2013, dopo che papa Francesco era stato eletto...

Incontro dei Centri di Documentazione Indigeno ed Amazzonico

29-04-2025 Missione Oggi

Incontro dei Centri di Documentazione Indigeno ed Amazzonico

Il 22 e 23 aprile 2025 si sono incontrati a Boa Vista i superiori delle circoscrizioni IMC del continente americano...

Il 7 maggio l’inizio del Conclave

28-04-2025 Notizie

Il 7 maggio l’inizio del Conclave

La data scelta dai cardinali riuniti nella quinta Congregazione generale di oggi “Extra omnes”. La storica formula in latino che segna...

Costa d’Avorio. Francesco, artista della cura

28-04-2025 I missionari dicono

Costa d’Avorio. Francesco, artista della cura

Serenità, sorriso, attenzione all'altro. Ritratto di un papa papà Negli anni del mio servizio di responsabilità come superiore generale nell’Istituto Missioni...

A Santa Maria Maggiore il rito di tumulazione del feretro di Francesco

26-04-2025 Notizie

A Santa Maria Maggiore il rito di tumulazione del feretro di Francesco

Alle ore 13 questo sabato 26 aprile ha avuto inizio il rito, secondo le prescrizioni dell'Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, presieduto...

“Tutti, tutti, tutti” a dare l’ultimo saluto al Papa di tutti

26-04-2025 Notizie

“Tutti, tutti, tutti” a dare l’ultimo saluto al Papa di tutti

In Piazza San Pietro i funerali di Francesco con la partecipazione di 250 mila persone da tutto il mondo, tra...

II Domenica di Pasqua / C - Pace a voi!

26-04-2025 Domenica Missionaria

II Domenica di Pasqua / C - Pace a voi!

Domenica della Divina Misericordia At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11.12-13.17-19; Gv 20,19-31 La liturgia della seconda domenica di Pasqua ci parla dei...

La tomba del Papa sarà in marmo di provenienza ligure, "terra dei suoi nonni"

25-04-2025 Notizie

La tomba del Papa sarà in marmo di provenienza ligure, "terra dei suoi nonni"

L’annuncio del cardinale Makrickas, arciprete coadiutore della Basilica liberiana, ha profondamente commosso l’intera comunità di Cogorno, piccolo borgo affacciato sul...

Brasile. Francesco padre dei poveri

24-04-2025 I missionari dicono

Brasile. Francesco padre dei poveri

Papa Francesco (1936-2025) tra le braccia del Padre Il mio primo incontro con Papa Francesco è avvenuto nella Giornata Mondiale della...

onlus

onlus

consolata news 2

 

Contatto

  • Viale Mura Aurelie, 11-13, Roma, Italia
  • +39 06 393 821