Francesco, come ultimo appuntamento del viaggio apostolico in Asia e Oceania, incontra i ragazzi di diverse fedi al Catholic Junior College. Chi sceglie di vivere in un modo confortevole è “un giovane che ingrassa la mente”. L’invito poi ad andare sempre avanti nell'incontro perché “ogni dittatura nella storia, la prima cosa che fa è tagliare il dialogo”

Francesco saluta Singapore e chiude il 45mo viaggio apostolico che lo ha portato in quattro Paesi dell’Asia e dell’Oceania, con un dialogo con i giovani riuniti al Catholic Junior College per l’incontro interreligioso. Un appuntamento atteso dai ragazzi che danno il benvenuto al Papa con applausi, canti e una danza eseguita da giovani con disabilità, un calore e un’accoglienza che fa lasciare il discorso previsto al Pontefice che sceglie di rispondere a braccio ai tre ragazzi un giovane indù, una giovane sikh e una giovane cattolica, che gli presentano testimonianze e domande, alla presenza anche di una decina di leader religiosi.

Critici da salotto e comfort zone

Raaj, Preet e Nicole parlano dei critici da salotto, chiedono come si possa uscire dalla zona di comfort, come si possa promuovere tra i giovani il dialogo interreligioso, come si possa superare la paura del giudizio, come si possano sfruttare le opportunità dell’intelligenza artificiale gestendo i rischi che questa comporta. Parole che toccano Francesco che parla guardando negli occhi i ragazzi seduti sul palco accanto a lui.

I giovani sono coraggiosi, dice, perché vanno verso la verità, perché camminano, perché sono creativi, ma la gioventù, avverte, deve stare attenta a non cadere nelle ‘critiche da salotto’. La critica, spiega, deve essere costruttiva, altrimenti, al contrario, diviene distruttiva, non percorre una strada nuova. Ci vuole il coraggio di criticare e quello di lasciarsi criticare dagli altri, e “questo è il dialogo sincero tra i giovani”.

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L'incontro del Papa con i giovani

I giovani devono avere il coraggio di costruire di andare avanti, di uscire dalle zone confortevoli un giovane che sceglie di vivere sempre la sua vita in un modo confortevole è un giovane che ingrassa, risate, ma non ingrassa la pancia ingrassa la mente, per questo io dico ai giovani rischiate, uscite, non avete paura, la paura è un atteggiamento dittatoriale, che ti paralizza.

Riconoscere gli errori

Ciò che è importante, prosegue Francesco, è rendersi conto, quando accade, di aver sbagliato, di aver fatto errori nel proprio cammino. La conseguente domanda di Francesco suscita la risposta di tutti i giovani: cosa è peggio, chiede, “sbagliare perché faccio un cammino o non sbagliare perché rimango chiuso a casa?”

Un giovane che non rischia che ha paura di sbagliare è un vecchio, capito?

I media non rendano schiavi

Francesco affronta un argomento a lui molto caro, sollevato dalle parole dei ragazzi, l’utilizzo dei media. Il Papa fa il ritratto di chi non li usa, che è un ragazzo “chiuso”, è invece “disperso” il giovane che ne è schiavo.

Tutti i giovani devono usare i media ma usare i media perché ci aiutino ad andare avanti non perché ci rendano schiavi, siete d’accordo o no?

Tutte le religioni portano a Dio

Francesco continua nel suo interrogare i giovani, ne loda la capacità di portare avanti il dialogo interreligioso, indica, incalzato dai ragazzi, che “tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio”, che nessuna è più importante di un’altra.

Sono come diverse lingue, diversi idiomi, per arrivare lì. Ma Dio è Dio per tutti. E come Dio è Dio per tutti, noi siamo tutti figli di Dio

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 Papa Francesco con i leader religiosi 

Il dialogo contro il bullismo

L’età giovanile è quella del coraggio, che assieme al rispetto è necessario per il dialogo al quale Francesco riconosce, come già fatto in passato, un ruolo fondamentale per affrontare il grave fenomeno del bullismo che, verbale o fisico che sia, resta un’aggressione, ma perpetrata da chi è più debole, spiega il Papa, che fa un esempio doloroso, quello del bullismo contro bambini con disabilità.

Come noi abbiamo le proprie disabilità dobbiamo rispettare le disabilità degli altri, questo è importante perché dico questo? Perché superare queste cose aiuta a quello che voi fate, il dialogo interreligioso, perché il dialogo interreligioso si costruisce con il rispetto degli altri, e questo è molto importante.

Le dittature tagliano il dialogo

Francesco si congeda invitando i giovani a seguire le parole di Raaj, a “fare tutto il possibile per mantenere un atteggiamento coraggioso e promuovere uno spazio in cui i giovani possono entrare e dialogare” perché il “vostro è un dialogo che fa cammino, fa strada”.

E se voi dialogate da giovani, dialogherete più da grandi, da adulti, dialogherete come cittadini, come politici. E vorrei dirvi una cosa storica: ogni dittatura nella storia, la prima cosa che fa è tagliare il dialogo.

Ai giovani di Singapore, “coraggiosi quasi sfacciati”, Francesco augura di andare avanti, “con un’illusione” e non di andare indietro

Rischiate! Al contrario cresce la pancia! God bless you and pray for me, I do for you. E adesso in silenzio facciamo una cosa, preghiamo gli uni per gli altri, in silenzio. Che Dio benedica tutti noi. E quando passa un po’ di tempo che voi già non sarete giovani, sarete grandi e anche sarete nonni, insegnate tutte queste cose ai bambini.

* Francesca Sabatinelli - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

A dieci anni dalla visita di Francesco per VI Giornata della Gioventù Asiatica, da Daejeon la testimonianza di padre Diego Cazzolato, missionario della Consolata.

Illustra l'opera di prossimità ai nuovi poveri, i migranti, che arrivano da soprattutto da Filippine e Nigeria, l'impegno a favore del dialogo interreligioso e la speranza che con la GMG del 2027 a Seoul le nuove generazioni trovino stabilità, accompagnamento, guide sapienti e attente

Ritrovare lo slancio che Papa Francesco aveva impresso nella popolazione della Corea del Sud in occasione del viaggio che, dieci anni fa, dal 13 al 18 agosto del 2014 lo aveva portato in quella regione del mondo per la VI Giornata della Gioventù Asiatica. Questo il messaggio che oggi padre Diego Cazzolato, missionario della Consolata da oltre trent’anni nel Paese asiatico, condivide con Radio Vaticana – Vatican News. Dalla sfida del dialogo interreligioso a quella del sostegno ai nuovi poveri - i tanti migranti che giungono dalle Filippine ma anche dalla Nigeria -, l’opera di questi religiosi tiene viva la speranza per una riconciliazione interna e per una fratellanza universale.

Guarda il video sul viaggio del Papa in Corea

La consolazione di Francesco e le molte conversioni

Daejeon, dieci anni dopo la visita del Pontefice per la VI Giornata della Gioventù Asiatica. Padre Cazzolato vive qui dal 1988 e se li ricorda molto bene i momenti in cui ebbe modo di incontrare il Papa in quel viaggio apostolico: nella Messa allo stadio, poi in un grande centro per disabili e nella celebrazione conclusiva. “È stato molto bello perché qualche mese prima era successa una grande tragedia che aveva scosso profondamente il cuore dei coreani. C’era una nave traghetto che trasportava studenti delle superiori che andavano in gita in un’isola semi tropicale al sud della Corea. Per cause ancora non pienamente identificate quella nave affondò e morirono 360 ragazzi e ragazze di 17-18 anni. Il Papa con il suo arrivo effettivamente è riuscito a ridare pace e speranza a tutto il popolo. È stata una visita provvidenziale”.

Ancora si compiace, il religioso, per il bel modo in cui la televisione nazionale trasmise integralmente quei momenti, per i gesti e le parole di Francesco che volle incontrare anche alcuni genitori di figli annegati. “È riuscito a dare una certa consolazione al Paese e tutti glielo riconoscono tuttora”, sottolinea. E rileva che quella fu una occasione propizia da cui nacquero molte conversioni: “C’è stato un aumento considerevole dei catecumeni, infatti in diversi sono rimasti molto toccati e hanno deciso di diventare cattolici”.

La speranza di una riconciliazione

Nel ricordo lieto che padre Diego ha di quelle giornate alberga tuttavia l’amarezza, espressa senza infingimenti, per una sorta di occasione per così dire 'sfumata' nel tempo: “Allora c’erano molte speranze anche riguardo alla riconciliazione tra le due Coree. Il presidente cattolico che subentrò alla presidente in carica in quel momento fece di tutto per aprire vie di dialogo e offrire opportunità di unione. Da un paio di anni a questa parte, purtroppo, quel lavoro di ricucitura è andato completamente distrutto soprattutto da parte dell’atteggiamento di chi governa la Corea del Nord ma anche dal governo attuale che riafferma la contrapposizione con la Corea del Nord più che la ricerca di una pacificazione. In questo momento direi che le relazioni sono al loro punto più basso nella storia degli ultimi 50 anni”.

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La fede cristiana e il servizio accogliente per i migranti

Missionari tra i migranti, i “nuovi poveri”

Il missionario italiano trapiantato in Corea dà conto di come nel tempo è cambiata la prossimità umana e spirituale ai coreani: “All’inizio il nostro desiderio era stare accanto ai poveri, evangelizzare i poveri. Eravamo riusciti ad avere una presenza molto semplice in uno dei quartieri periferici della grande città di Seoul dove allora i poveri si radunavano a vivere in case malfatte, senza tanti servizi però con un minimo di dignità umana ed economica. Poi, i piani governativi di ammodernamento di quelle zone - prima con le Olimpiadi dell’88, poi con i Mondiali di calcio del 2002 – le hanno di fatto smantellate e i poveri sono andati via”. Si rimodula pertanto la missione che si orienta verso “i nuovi poveri”. Sono i migranti che, riferisce padre Cazzolato, arrivano da tante parti del mondo in cerca di un po’ di sicurezza economica. “Ce ne sono tanti! La maggior parte dalle Filippine, poi un grosso gruppo arriva dalla Nigeria. Dall’America Latina, in particolare dal Perù, arrivavano di più in passato, ora sono stati quasi tutti rimpatriati. Poi c’è il sud est asiatico: Vietnam, Timor-Leste, Cambogia, Thailandia, alcuni dalla Mongolia”.

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La comunità cristiana accoglie i piccoli

Quella frontiera asiatica dove il Papa torna per dare impulso al dialogo

Sì, la Mongolia, quella terra sconfinata dove il Papa si è recato esattamente un anno fa, confermando la volontà di abbracciare chiese minuscole ma calorose. Lo sguardo costante alla frontiera asiatica, dove Papa Bergoglio è in procinto di tornare a settembre, “è importante perché si fa presente nelle periferie, perché è segno di entusiasmo. Sono molto incuriosito dalla tappa in Indonesia – confida Cazzolato -, il Paese con più alto numero di musulmani, dove le relazioni tra cristianesimo e islam non sono facilissime. Credo che il Papa darà ancora impulso al dialogo”.

Di dialogo si intende padre Diego: a questo ambito si dedica la sua comunità a Daejeon. “Entriamo in contatto con leaders e fedeli di altre religioni, soprattutto con buddisti e confuciani o di altre religioni autoctone della Corea. Cerchiamo di creare relazioni di pace tra tutti e di ricerca insieme della verità”. Ammette che dopo una stagione più entusiasta si sta vivendo ora una stagione più di “bassa marea” ma, dice, “andiamo avanti”.

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L'impegno in parrocchia

Verso la GMG 2027, serve una proposta per lo scoraggiamento dei giovani

Che ne è di quei giovani che dieci anni fa incontravano in Corea la guida della Chiesa cattolica universale? Il missionario non nega che oggi i giovani, in generale, “cercano la verità fuori dalle chiese, dalle parrocchie, dai templi buddisti”. Esprime lo stato di forte preoccupazione che hanno per il proprio futuro, per un lavoro che non è più così sicuro. A dispetto degli elevati livelli di progresso tecnologico che il Paese ha raggiunto sul piano internazionale, le nuove generazioni “fanno fatica a trovare un impiego, si sentono abbastanza abbandonati dagli adulti e hanno un estremo bisogno di guide capaci che li sostengano. E devo dire che non sempre, come cristiani, riusciamo a provvedere a questa necessità”. La speranza è riposta nei preparativi della GMG del 2027 che in Corea avrà luogo e per la quale, dice padre Diego, si sta pensando a molte iniziative. “Il mood tra i ragazzi è di grande scoraggiamento. Speriamo si riallaccino i rapporti con la gioventù che negli ultimi anni si sono persi. Serve una proposta buona, seria”.

* Antonella Palermo - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in:www.vaticannews.va/it

In occasione del mese missionario straordinario di 2019 Battezzati e inviati, padre Matteo Pettinari racconta la sua esperienza nell’ambito del dialogo interreligioso nella missione ad gentes in Costa d’Avorio. Una testimonianza profonda di una scelta missionaria che si traduce nel suo impegno quotidiano per vivere il Vangelo della vita. 

Nella missione di Dianra, diceva padre Matteo, «più che di dialogo, ci piace parlare di fraternità interreligiosa, una fraternità che si fa conversazione sulla vita e intorno alla vita... che si fa servizio della vita. E questo in vari ambiti, ed ecco che questa è la ragione per cui ci piace dar voce ad alcune di queste persone con le quali, in vari ambiti in cui lavoriamo, portiamo avanti questo servizio».

In questo dare voce alla fraternità che si fa conversazione, padre Matteo presenta dei testimoni incarnati in diversi servizi a partire della vicinanza e la globalità di una missione, quella di Dianra, che si fa consolazione. Promozione della donna, salute, ambito educativo sono alcune delle realtà in cui padre Matteo ha dato un volto concreto alla missione ad gentes nel nord della Costa d’Avorio.

Ecco il link per vedere l’integralità del reportage.

* Padre Ariel Tosoni, è missionario in Costa d’Avorio.

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La Settimana si svolge nell’emisfero nord dal 18 al 25 gennaio, mentre nell'emisfero australe viene vissuta spesso intorno alla Pentecoste. Il tema però è comune e quest'anno si basa sul vangelo di Luca: "Amerai il Signore Dio tuo ... e il prossimo tuo come te stesso". I sussidi per la sua celebrazione, pubblicati dal Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani e dal Consiglio ecumenico delle Chiese, sono stati preparati da un gruppo del Burkina Faso, insieme alla Comunità Chemin Neuf

“Maestro, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa c’è scritto nella legge di Mosè?”. “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore (...) e ama il prossimo tuo come te stesso”. Gesù gli disse: “Hai risposto bene!” (Luca 10, 25-28) ]”

“Ama il Signore Dio tuo ... e ama il prossimo tuo come te stesso”. Sono queste parole, dette da Gesù ad un maestro della Legge, a cui segue la parabola del buon Samaritano che spiega chi è il prossimo, il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno. I testi di commento, le preghiere e le indicazioni su come vivere questo momento sono stati preparati da un Gruppo ecumenico del Burkina Faso, coordinato dalla Comunità locale di Chemin Neuf. Vivere questa esperienza di lavoro insieme, hanno riferito i componenti, è stato un vero cammino di conversione ecumenica che li ha portati a riconoscere che l’amore di Cristo unisce tutti i cristiani ed è più forte delle loro divisioni.

“Gesù domandò: “Secondo te, chi di questi tre si è comportato come prossimo per quell’uomo che aveva incontrato i briganti?”. Il maestro della Legge rispose: “Quello che ha avuto compassione di lui”. Gesù allora gli disse: “Va’ e comportati allo stesso modo.”

I cristiani del Burkina Faso

Non è facile la convivenza sociale in Burkina Faso, Paese dell’Africa occidentale abitato da 21 milioni di persone appartenenti ad una sessantina di etnie e dove circa il 64% della popolazione è musulmano, il 9% aderisce alle religioni tradizionali africane e il 26% è cristiano (20% cattolico, 6% protestante). Dopo il grave attacco jihadista del 2016, le condizioni di sicurezza e la coesione sociale nel Paese si sono drammaticamente deteriorate. La proliferazione di attacchi terroristici, di illegalità e di traffico di esseri umani hanno causato tremila morti e quasi due milioni di sfollati interni; migliaia di scuole e di centri sanitari sono state chiusi e distrutte gran parte delle infrastrutture socio-economiche. Le Chiese cristiane in particolare sono state oggetto di attacchi armati: sacerdoti, pastori e catechisti sono stati uccisi, altri rapiti. A motivo del terrorismo, la maggior parte degli edifici di culto cristiani nel nord, nell’est e nel nord-ovest del Paese sono stati chiusi. Le celebrazioni sono ancora possibili solo nelle grandi città e sotto la protezione della polizia.

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Celebrazione del Natale a Koudougou nel centro-ovest del Paese, 2022. Foto: Vatican Midea

Gli sforzi per la riconciliazione e per la pace

In questo contesto, nonostante tutto, sta crescendo una certa solidarietà tra le religioni e i loro leader si stanno impegnando a favore della riconciliazione e della coesione sociale. Un esempio è la Commissione per il dialogo cristiano-musulmano della Conferenza episcopale cattolica del Burkina Faso-Niger, che sta compiendo uno sforzo notevole per promuovere il dialogo e la cooperazione tra le diverse etnie. L’amore del prossimo al di là di ogni appartenenza comandato da Gesù, è messo a dura prova ma la testimonianza dei cristiani appare in quel Paese ancora più necessaria. Tra i cristiani del Burkina Faso vi è un vivo desiderio e la consapevolezza della necessità, si legge nel testo di presentazione della Settimana, di riscoprire la loro unità in Cristo e le comunità sono consapevoli che le divisioni tra i cristiani feriscono non solo la Chiesa, ma anche Cristo, e per questo hanno costruito ponti impegnandosi “in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica, ponendosi così all’ascolto dello Spirito del Signore”.

La proposta di testi per una celebrazione in comune

Dopo il processo iniziale di stesura, un gruppo internazionale nominato congiuntamente per parte cattolica dal Dicastero per la promozione dell'unità dei cristiani e dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese si è riunito a Roma nel settembre 2022, per revisionare e redigere, insieme al gruppo di redazione locale, la stesura finale dei testi per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno, ora pubblicati e disponibili per i cristiani di tutto il mondo. In essi la proposta di otto schemi di celebrazione della Parola di Dio, pensati per favorire la preghiera comune insieme ai fratelli e alle sorelle delle diverse Confessioni presenti nei vari territori.

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Cristiani protestanti sfollati fuggiti da Dablo, partecipano ad una funzione nella città di Kaja

Un cammino non facile

Gesù ha pregato che i suoi discepoli fossero tutti una cosa sola, ma la strada non è facile: “la reciproca mancanza di conoscenza tra le Chiese - si legge nel sussidio preparato per la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità - e il mutuo sospetto indeboliscono l’impegno nell’intraprendere la strada ecumenica. Alcuni possono temere che l’ecumenismo porti ad una perdita di identità confessionale e impedisca la ‘crescita’ della loro Chiesa”. Per percorrere la via dell’ecumenismo c’è bisogno di fiducia e di speranza. Ed è necessario, si legge ancora, “che le Chiese includano sempre più iniziative ecumeniche nei loro piani pastorali e promuovano la formazione ecumenica tra gli operatori pastorali e tutti i fedeli. Una vera conversione spirituale, pastorale ed ecclesiale senza proselitismo è essenziale per un vero dialogo ecumenico. L’unità dei cristiani è una grazia da chiedere a Dio nella preghiera”.

La ricerca dell’unità: essenziale la preghiera

La data tradizionale, riguardo all'emisfero settentrionale, per la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che va dal 18 al 25 gennaio, viene proposta nel 1908 da padre Paul Wattson - che in quella data celebra per la prima volta a Graymoor (New York), un “Ottavario di preghiera per l’unità” - perché compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo e riveste quindi un significato simbolico. Nel 1935 sarà l’abate Paul Couturier, in Francia, a promuove la “Settimana universale di preghiera per l’unità dei cristiani” basata sulla preghiera per “l’unità voluta da Cristo". Nel 1964, a Gerusalemme, Papa Paolo VI e il patriarca Athenagoras I pregheranno insieme la preghiera di Gesù “che siano tutti una cosa sola” e, nello stesso anno, il Decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II sottolineerà che la preghiera è l’anima del Movimento ecumenico, incoraggiando l’osservanza della Settimana. Nel 2021 Papa Francesco invita tutti i battezzati ad intraprendere un cammino insieme per costruire una Chiesa sinodale e nella Veglia ecumenica del 30 settembre, alla vigilia della prima fase della XVI Assemblea del Sinodo dei vescovi osserva: "Il silenzio è essenziale nel cammino di unità dei cristiani. É fondamentale infatti per la preghiera, da cui l’ecumenismo comincia e senza la quale è sterile". 

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Leader delle Chiese cristiane con il Papa alla Veglia ecumenica del 30 settembre 2023

Chemin Neuf: facciamo insieme tutto quello che possiamo

La Comunità cattolica Chemin Neuf, formata da laici e religiosi, è nata nel 1973 a Lione (Francia), ad opera del padre gesuita Laurent Fabre. Oggi conta circa 2000 fratelli e sorelle in una trentina di Paesi. E’ una realtà ecclesiale a forte vocazione ecumenica. “Osiamo credere nell’unità visibile della Chiesa – è scritto nelle sue Costituzioni - e riceviamo come missione di lavorare per essa con tutte le nostre forze avendo il desiderio di fare nostra la preghiera di Gesù che è il primo a pregare per l’unità”. Proprio il gruppo locale di Chemin Neuf ha sostenuto i cristiani del Burkina Faso nella preparazione dei testi per la celebrazione della Settimana di preghiera per l'unità di quest'anno.

Fonte: Vatican News

Incontro ecumenico e interreligioso (3 settembre)

Permettetemi di rivolgermi a voi così, come fratello nella fede con i credenti in Cristo e come fratello di tutti voi, in nome della comune ricerca religiosa e dell’appartenenza alla stessa umanità. L’umanità, nel suo anelito religioso, può essere paragonata a una comunità di viandanti che cammina in terra con lo sguardo rivolto al cielo. La Mongolia ricorda il bisogno, per tutti noi, pellegrini e viandanti, di volgere lo sguardo verso l’alto per trovare la rotta del cammino in terra.

Sono dunque felice di essere con voi in questo importante momento di incontro. Il fatto di essere insieme nello stesso luogo è già un messaggio: le tradizioni religiose, nella loro originalità e diversità, rappresentano un formidabile potenziale di bene a servizio della società. Se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la strada dell’incontro e del dialogo con gli altri, contribuirebbe certamente in maniera determinante alla fine dei conflitti che continuano ad arrecare sofferenza a tanti popoli.

È bello ricordare la virtuosa esperienza dell’antica capitale imperiale Kharakhorum, al cui interno si trovavano luoghi di culto appartenenti a diversi “credo”, a testimonianza di una encomiabile armonia. Armonia: vorrei sottolineare questa parola dal sapore tipicamente asiatico. Essa è quel particolare rapporto che si viene a creare tra realtà diverse, senza sovrapporle e omologarle, ma nel rispetto delle differenze e a beneficio del vivere comune. Mi chiedo: chi, più dei credenti, è chiamato a lavorare per l’armonia di tutti?

Fratelli, sorelle, da quanto riusciamo ad armonizzarci con gli altri pellegrini sulla terra e da come riusciamo a diffondere armonia, lì dove viviamo, si misura la valenza sociale della nostra religiosità. Ogni vita umana, infatti, e a maggior ragione ogni religione, è tenuta a “misurarsi” in base all’altruismo: non un altruismo astratto, ma concreto, che si traduca nella ricerca dell’altro e nella collaborazione generosa con l’altro. 

L’altruismo costruisce armonia e dove c’è armonia c’è intesa, c’è prosperità, c’è bellezza. Anzi, armonia è forse il sinonimo più appropriato di bellezza. Al contrario, la chiusura, l’imposizione unilaterale, il fondamentalismo e la forzatura ideologica rovinano la fraternità, alimentano tensioni e compromettono la pace. La bellezza della vita è frutto dell’armonia: è comunitaria, cresce con la gentilezza, con l’ascolto e con l’umiltà. 

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L’Asia ha moltissimo da offrire in tal senso e la Mongolia, che di questo continente si trova al cuore, custodisce un grande patrimonio di sapienza, che le religioni qui diffuse hanno contribuito a creare e che vorrei invitare tutti a scoprire e valorizzare. Mi limito a citare, senza approfondirli, dieci aspetti di questo patrimonio sapienziale: il buon rapporto con la tradizione; il rispetto per gli anziani e gli antenati;  la cura per l’ambiente, nostra casa comune; il valore del silenzio e della vita interiore; un sano senso di frugalità; il valore dell’accoglienza; la capacità di resistere all’attaccamento alle cose; la solidarietà; l’apprezzamento per la semplicità; la tenace ricerca del bene del singolo e della comunità.

L’umanità riconciliata e prospera, che come esponenti di diverse religioni contribuiamo a promuovere, è simbolicamente rappresentata da questo stare insieme armonioso e aperto al trascendente, in cui l’impegno per la giustizia e la pace trovano ispirazione e fondamento nel rapporto col divino. Qui, cari sorelle e fratelli, la nostra responsabilità è grande, specialmente in quest’ora della storia, perché il nostro comportamento è chiamato a confermare nei fatti gli insegnamenti che professiamo; non può contraddirli, diventando motivo di scandalo. Nessuna confusione dunque tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo. La memoria delle sofferenze patite nel passato –penso soprattutto alle comunità buddiste– dia la forza di trasformare le ferite oscure in fonti di luce, l’insipienza della violenza in saggezza di vita, il male che rovina in bene che costruisce. Così sia per noi, discepoli entusiasti dei rispettivi maestri spirituali e servitori coscienziosi dei loro insegnamenti, disposti ad offrirne la bellezza a quanti accompagniamo, come amichevoli compagni di strada. in società pluralistiche e che credono nei valori democratici, come la Mongolia, ogni istituzione religiosa ha il dovere e in primo luogo il diritto di offrire quello che è e quello che crede, nel rispetto della coscienza altrui e avendo come fine il maggior bene di tutti.

In tal senso io vorrei confermarvi che la Chiesa cattolica vuole camminare così, credendo fermamente nel dialogo ecumenico, nel dialogo interreligioso e nel dialogo culturale. La sua fede si fonda sull’eterno dialogo tra Dio e l’umanità, incarnatosi nella persona di Gesù Cristo. Il dialogo non è antitetico all’annuncio: non appiattisce le differenze, ma aiuta a comprenderle, le preserva nella loro originalità e le mette in grado di confrontarsi per un arricchimento franco e reciproco. 

Fratelli e sorelle, il nostro trovarci qui oggi è segno che sperare è possibile. In un mondo lacerato da lotte e discordie, ciò potrebbe sembrare utopico; eppure, le imprese più grandi iniziano nel nascondimento, con dimensioni quasi impercettibili. 

Coltiviamo la speranza. Le preghiere che eleviamo al cielo e la fraternità che viviamo in terra nutrano la speranza; siano la testimonianza semplice e credibile della nostra religiosità, del camminare insieme con lo sguardo rivolto verso l’alto, dell’abitare il mondo in armonia come pellegrini chiamati a custodire l’atmosfera di casa, per tutti. Grazie.

Discorso completo

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