Padre Diego Cazzolato, è un missionario della Consolata nato a Biadene (Tv) nel 1952. Dopo gli studi in Italia e due anni in Colombia, è stato animatore missionario in Italia e Spagna fino al 1988. Quell’anno è partito per la Corea del Sud stabilendo la prima presenza dell’istituto in Asia e sperimentando un nuovo modo di essere missionari.
Con quasi 40 anni di missione in Corea del Sud, la sua è un’esperienza discreta improntata al dialogo con le altre fedi.
«Mi chiamo Diego e “son veneto, ciò!”. Sono nato a Biadene (Tv) nell’ormai lontano 1952, per cui sono un missionario piuttosto stagionato».
«Nella nostra storia non c’è niente di “casuale”, anche se all’inizio può sembrare così. Al mio paese, i Missionari della Consolata avevano allora un seminario minore (medie e ginnasio). Io ho conosciuto i miei compagni seminaristi a scuola, siamo diventati amici e, per stare con loro, sono entrato anch’io in seminario. Poi loro, poco a poco, hanno lasciato, io invece sono andato avanti.
Perché ho deciso di diventare missionario? Perché volevo fare qualcosa di buono con la mia vita, e aiutare a migliorare il mondo, che mi lasciava piuttosto perplesso, con le sue tante ingiustizie e povertà, e diventare missionario mi sembrava il modo migliore di realizzare i miei sogni.
Più tardi ho capito che non ero io a voler costruire un mondo migliore, ma Gesù stesso, e che Lui mi inviava a farlo nel suo nome. Non c’è che dire: un dono immenso, questo della vocazione missionaria!».
Padre Diego Cazzolato durante un incontro interreligioso in Corea del Sud. Foto: IMC Corea del Sud
«Dopo il liceo a Varallo Sesia (Vc) e il noviziato in Certosa di Pesio (Cn), sono stato mandato a studiare filosofia e teologia al nostro seminario di Totteridge, Londra (1972-77).
Ho concluso il ciclo di cinque anni di studio con la professione perpetua e il diaconato.
Avevo chiesto di fare un’esperienza missionaria prima dell’ordinazione, cosa allora del tutto inusuale, ma la mia richiesta è stata accettata e sono stato inviato in Colombia. Un’esperienza di due anni bellissima e… molto utile a purificarmi dai miei “voli pindarici” sulla missione e cominciare ad affrontarne invece con amore la realtà, spesso dura e difficile.
Dopo l’ordinazione al mio paese nel 1979, sono stato destinato all’animazione missionaria e vocazionale, prima a Bevera (Lecco) per due anni, poi in Spagna, a Malaga.
Anche quelli sono stati anni bellissimi, a contatto con tanti giovani, con cui sono ulteriormente cresciuto nell’amore per la missione e nella fede, che ne è la base!
Fin quando non è arrivata la “chiamata della vita”: andare nella Corea del Sud, per iniziare la prima presenza missionaria dell’istituto in terra d’Asia! Era il 1988… e sono ancora qui!».
Padre Diego Cazzolato nella Casa Generalizia a Roma. Foto: Jaime C. Patias
«La Corea del Sud è un Paese che ha avuto uno straordinario sviluppo economico e tecnologico a partire dagli anni 70, ed è una realtà assolutamente agli antipodi rispetto alle immagini “tradizionali” della missione.
I cattolici nel Paese sono adesso il 10% della popolazione, poi ci sono i protestanti, i buddhisti, i confuciani, i seguaci di un nutrito gruppo di religioni autoctone e un buon 50% della popolazione che dichiara di non aderire a nessuna religione organizzata.
Le sfide missionarie? A mio modo di vedere sono sempre le stesse dappertutto: far conoscere Gesù e il suo vangelo a chi ancora non lo conosce e, in Asia in particolare, il dialogo interreligioso».
«È precisamente nel dialogo interreligioso che consiste il mio impegno missionario, da almeno una ventina d’anni. Quello “ufficiale” che si svolge negli ambiti delle apposite organizzazioni (delle quali sono membro), e quello che si svolge nella vita di ogni giorno, in tanti incontri “casuali”, che di casuale non hanno proprio niente.
Ci sono ovviamente difficoltà: tante iniziative che sembrano non riuscire a incidere; il continuo cambio degli interlocutori del dialogo, che ci obbliga sempre a un nuovo inizio; il generale disinteresse per la cosa; ma ci sono anche grosse soddisfazioni, come il fatto di poter sperimentare un’autentica amicizia anche con persone di fede diversa. E sperimentare che, grazie all’incontro con me, la fede cristiana viene vista con occhi più positivi e benigni».
«Un giorno è venuto a trovarmi a casa un signore del buddhismo-won (una delle religioni autoctone della Corea) che mi aveva visto “casualmente” a un incontro ufficiale qualche giorno prima e voleva parlare con me.
Nel dialogo, mi ha rivelato di essere molto ammalato di cancro, e voleva sapere da me, come cristiano, “cosa c’è dall’altra parte” della vita. Abbiamo condiviso la visione cristiana della vita eterna, e quella del buddhismo-won. Alla fine l’uomo se ne è andato visibilmente soddisfatto, ma senza lasciarmi alcun recapito, e io non l’ho visto mai più».
«Io vedo come grandi sfide della missione del futuro quella di sganciarsi progressivamente dalle “opere” (che pure sono necessarie in tanti contesti), che obbligano il missionario a stare sempre un po’ al “centro”, per dirigersi più direttamente alle “persone”, nel dialogo e nella condivisione della vita.
C’è bisogno anche di una missione più caratterizzata dallo spirituale, e dalla contemplazione.
Il contesto coreano delle religioni non cristiane in cui sono inserito da una vita, mi ha convinto sempre più di tutto questo, e mi sembra costituire una sorta di “anticipazione” della missione del futuro».
Padre Diego Cazzolato, Missionario della Consolata dal 1988 in Corea del Sud.
«Al loro primo arrivo in Kenya, i Missionari della Consolata hanno visto necessario fare la scelta di “stare con la gente”. Questa capacità/volontà credo costituisca una nostra grande ricchezza da offrire al mondo. Oltre, naturalmente, alla nostra esperienza personale della fede, di Dio, e alla nostra ricchezza “umana”, di amicizia, il nostro “spirito di famiglia”».
«In Corea il mondo giovanile costituisce una realtà complessa, di difficile penetrazione. Eppure, i giovani soffrono di solitudine, di mancanza di punti di riferimento validi nella vita. Bisognerebbe avere il coraggio di dedicarsi veramente all’incontro con loro. Di nuovo: non “opere” ma “incontro personale”».
«Lo slogan che proporrei viene dal mondo e dall’esperienza del dialogo interreligioso: “Anche il diverso è bello!” Aggiungendo: “Prova e vedrai!”»
* Luca Lorusso è giornalista della rivista Missioni Consolata. Pubblicato originalmente in: www.amico.rivistamissioniconsolata.it
Fino alla settimana scorsa tutto funzionava bene ed era tranquillo in Corea del Sud. Il sabato 14 dicembre, però, centinaia di migliaia di persone si sono radunate davanti al parlamento e nella grande piazza di Kwang Hwa Mun. Tutti aspettavano ansiosamente una notizia dal parlamento. E poco prima delle 17 una esplosione di gioia, canti e danze improvvisate: era arrivato il risultato della votazione per l’ “impeachment” del presidente Yoon Suk-yeol. 208 voti a favore e 86 contro!
Tutto era cominciato la sera del 3 dicembre. Senza alcuna imminente emergenza interna o esterna e in maniera completamente inaspettata, alle 22,30 era stata trasmessa alla TV la notizia che il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol aveva dichiarato la legge marziale. Nell’animo della maggioranza dei coreani era riapparso immediatamente lo spettro e la paura di quanto successo nel 1980, quando l’esercito prese il potere, dichiarò la legge marziale e la citta di Kwangju pagò la sua resistenza con centinaia o più probabilmente migliaia di morti (ancora oggi non si conoscono i dati esatti).
Un’ora dopo la dichiarazione della legge marziale i militari dell’esercito prendevano controllo dell’ edificio del parlamento. Allo stesso tempo una gran folla si era riunita davanti allo stesso per protestare e permettere l’ingresso ai parlamentari perché andassero subito a votare. C’era la paura che questo fosse un tentativo di colpo di stato da parte del presidente. Ma a differenza di 44 anni fa, non un colpo è stato sparato, nemmeno un graffio è stato riportato. Anche l’esercito si è comportato con grande discrezione. Insomma, i parlamentari hanno votato contro la legge e alle 4,30 del mattino tutto era già finito.
Proteste contro il presidente Yoon Suk-yeol in Corea del Sud. Foto: Nurphoto / Getty Images
Perché il presidente abbia preso quella decisione nessuno riesce a capirlo. Non c’erano minacce dalla Corea del Nord; la Corea del Sud anche adesso è tranquillissima. Yoon era stato eletto presidente con una maggioranza di voti che non arrivava all’ 1% e dopo due anni il suo partito aveva perso alla grande la maggioranza in parlamento, per cui aveva sempre difficoltà a far passare le sue leggi (d’altra parte, quando la situazione era esattamente invertita anche il suo partito bloccava le leggi dell’altro presidente). Inoltre c’erano inchieste su abusi di ufficio per acquisti di lusso fatti dalla moglie. Probabilmente tutti questi elementi lo hanno portato a una qualche ossessione che è sfociata in una decisione che ha invalidato la sua capacità di guidare la nazione.
Fin qui la cronaca. Entro pochi mesi la Corte costituzionale si pronuncerà sulla validità dell’ “impeachment”, e poi ci saranno le elezioni per il nuovo presidente.
Padre Gian Paolo Lamberto (primo a sinistra) con alcuni colleghi Missionari della Consolata in Corea del Sur. Foto: IMC Corea
Nel frattempo reggerà la nazione il primo ministro, Han Duck-soo, che tra l’altro anche lui potrebbe essere sottoposto a “impeachment” per il suo ruolo nei fatti del 3 dicembre.
Sono passati meno di 40 anni da quando la Corea del Sud ha conquistato la sua democrazia e in questi giorni, pur tra la tristezza di chi appoggia il governo e la gioia di chi sostiene l’opposizione, il popolo ha mostrato la sua maturità civile. Ora tutto continua nell’ordine e nella calma. E se guardiamo all’atteggiamento aggressivo dei nostri vicini, Cina, Russia e Corea del Nord, possiamo dire che la Corea è ancora “una penisola di pace!”
* Padre Gian Paolo Lamberto, IMC, missionario in Corea del Sud.
Nelle nostre presenze in Asia “le persone che incontriamo possono essere cristiane, non cristiane, fedeli di altre religioni, per esempio, i buddisti o fedeli del buddismo won, di altre religioni autoctone in Corea. Però ciò che è fondamentale non sono le opere o quello che facciamo, ma è soprattutto il fatto di stare con le persone e quindi, parlare con le persone, aprirci a loro e lasciare che loro si aprano a noi”.
Queste le parole di padre Diego Cazzolato, missionario della Consolata, che opera in Corea del Sud da 36 anni. In questa intervista rilasciata all’Ufficio per la Comunicazione a Roma, il missionario originario di Biadene - Treviso - riassume la sua esperienza di missione nel Centro di Dialogo Interreligioso a Daejeon e parla dell’evangelizzazione unita alla promozione umana portata avanti dal gruppo di 21 missionari della Consolata nella sette comunità presenti in Corea, Mongolia e Taiwan.
“Noi cerchiamo di incontrare le persone, soprattutto le persone che non sono cristiane. Naturalmente non sempre si parla di Gesù o di Cristo, ma si condivide la vita, si condividono i problemi, si ascoltano l’opinione, si dà opinione, insomma cerchiamo di diventare amici. Questo è la cosa più importante direi della missione in Corea”, spiega padre Diego.
L’apertura dell’Istituto Missioni Consolata all’Asia è stata “profetizzata” dal Fondatore, San Giuseppe Allamano: “Io non lo vedrò, ma forse andrete nel Giappone, nella Cina, nel Tibet...”. Ma la concretizzazione di questo sogno viene prospettato dal VII Capitolo Generale (1981) ed approvato dal VIII Capitolo il 12 Giugno 1987.
I primi quattro Missionari (Diego Cazzolato, Paco Lopez, Luiz Carlos Emer e Alvaro Yepes) partirono per la Corea il 18 gennaio di 1988 e furono accolti nella diocesi di Incheon dal vescovo mons. William J. McNaughton.
Nel 2003, in comunione con le Missionarie della Consolata, la presenza in Asia venne arricchita dall’apertura in Mongolia, dove l’Istituto è presente con il suo lavoro nel campo del primo annuncio e della formazione della chiesa locale. Un riconoscimento del lavoro missionario svolto in quel Paese arriva con la nomina di monsignor Giorgio Marengo, IMC, a vescovo, prefetto Apostolico di Ulaanbaatar nel 2021 e poi nominato cardinale da Papa Francesco nel 2022.
Seguendo le indicazioni date dal Capitolo Generale del 2011 (Cfr. Atti XII CG, 47), l’Istituto, il 20 settembre 2014, ha aperto una nuova presenza presso la Diocesi di Hsinchu, nell’isola di Taiwan.
Il 21 marzo 2016, i Missionari della Consolata che operano nella tre Paesi asiatiche sono state riunite nella nuova Regione Asia, con sede ufficiale a Incheon (Corea del Sud). L’attuale Superiore è il padre Clement Gachoka.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione.
Non appena abbiamo saputo la data della canonizzazione del nostro Fondatore, il nostro Superiore Regionale, padre Clement Gachoka, è andato visitando i vescovi delle tre diocesi della Corea del Sud in cui operiamo come Missionari della Consolata, per dare la bella notizia e anche per accordare in ogni diocesi una data per poter celebrare degnamente una messa solenne di ringraziamento.
Il vescovo della diocesi di Daejeon ha scelto per la celebrazione la data dell’8 dicembre, Solennità dell’Immacolata, e così proprio ieri, abbiamo avuto il nostro grande evento.
Il luogo prescelto per la celebrazione è stata la parrocchia di Jon-min-dong, il cui attuale parroco, padre Byeon Yun Chui Damiano, è stato missionario in Mongolia per vari anni, e conosce bene i nostri missionari di quel Paese. Lui si è subito detto entusiasta dell’iniziativa e davvero ha fatto tutto quanto in suo potere per accogliere questo evento nella sua parrocchia e facilitarci al massimo le cose.
Il Superiore della Regione Asia, padre Clement Gachoka, si rivolge all'assemblea durante la Messa
Una volta stabiliti data e luogo della celebrazione abbiamo cominciato a pensare alla preparazione. E qui sono venute alla luce le caratteristiche dei coreani quando c’è da fare qualcosa insieme: organizzazione, suddivisione delle responsabilità, serietà nell’attuazione delle stesse.
I membri del nostro Gruppo Amici IMC non sono certo stati un’eccezione, e ci ha fatto bene al cuore vedere con quanta passione, senso di partecipazione, e gioia si siano dedicati a preparare la festa, fin nei minimi dettagli: dalla tradizionale offerta di un mazzo di fiori al vescovo, al momento del suo arrivo in parrocchia per la celebrazione… fino al momento della benedizione finale alla fine del pranzo per gli invitati. Passando per la meticolosa attenzione a come disporre davanti all’altare il quadro grande di San Giuseppe Allamano, fino agli striscioni da appendere all’ingresso della parrocchia e nel grande salone dove si sarebbe tenuto il pranzo. E senza tralasciare il modo migliore di consegnare ad ogni persona che sarebbe venuta alla messa il libretto sulla vita dell’Allamano, con il santino-ricordo, e, all’uscita, il regalino-ricordo che avevamo preparato.
Insomma, ognuno aveva qualcosa da fare, e tutti hanno svolto il proprio compito, piccolo o grande che fosse, con attenzione ed amore. Siamo davvero fieri del nostro Gruppo di Amici!
Un altro dato che ci ha riscaldato il cuore è stato vedere la partecipazione delle più diverse realtà della diocesi e della Corea in generale. Mentre la partecipazione dei sacerdoti diocesani è stata molto ridotta (ma si sapeva già, essendo domenica…), i religiosi/e hanno invece risposto molto bene.
C’erano suore di varie comunità, religiosi dei Salesiani, dei Francescani Missionari (un Istituto radicato qui a Daejeon); i Focolarini consacrati; diversi rappresentanti dei Neo catecumenali… e non mancava neppure un nutrito gruppo di Migranti, appartenenti alla locale comunità cattolica dei Migranti “Moyse”, i quali non sanno il coreano, ma hanno partecipato bene lo stesso, fino alla fine. Tutta questa partecipazione ci ha dato la piacevole e grata sensazione di essere ben “radicati” nel tessuto ecclesiale locale!
Il vescovo, Mons. Kim Jong-su Agostino (foto), ha fatto una bella omelia, ripercorrendo le varie tappe della vita di San Giuseppe Allamano, e mettendo in risalto i vari aspetti della sua santità: dall’obbedienza ai suoi vescovi, alla costante ricerca della volontà di Dio, fino alla grande passione missionaria. La gente ascoltava con grande attenzione, e poteva avere la riprova di quanto il vescovo andava dicendo, nel libretto sull’Allamano che avevano ricevuto all’entrare in chiesa.
Alla fine, tutti abbiamo visto un breve video, sempre sulla vita di San Giuseppe Allamano, e abbiamo ascoltato il coro della parrocchia cantare “O Consolata”, in coreano, con grande solennità!
Anche il pranzo si è svolto bene, con grande gioia. Avevamo previsto un centinaio di partecipanti, ma alla fine sono stati abbastanza di più. Poco male, perché l’impresa di catering alla quale ci eravamo affidati aveva fatto le cose con parecchia abbondanza, e non è mancato niente a nessuno.
Alla fine i saluti, gli abbracci, gli arrivederci… e il gran lavoro delle nostre signore per rimettere a posto ogni cosa. Sono davvero ammirabili!
E così abbiamo ringraziato con gioia il Signore per la santità del nostro Fondatore. Ci rimane nel cuore la certezza che adesso lui è un po’ più conosciuto ed amato anche nella nostra diocesi di Daejeon. Come non rendere grazie al Signore anche per questo?
* Padre Diego Cazzolato, IMC, missionario in Corea del Sud.
Missionario della Consolata italiano in Corea del Sud, racconta il suo incontro con Giuseppe Allamano, quando negli Anni Ottanta, da ragazzo, aveva ricevuto un libro sul Fondatore.
Da subito lo ha sentito una presenza viva nella sua vita, fino ad oggilo sente ripetere: "Avanti in Domino!"
* Video realizzato dall'equipe di comunicazione per la canonizzazione