Un cammino per la giustizia climatica e la riconciliazione con l’Ordine del Creato
Nel Venerdì Santo della Settimana Santa, giorno in cui Gesù Cristo ha portato la Croce per la salvezza di tutte le creature, l’Azione Cattolica impegnata nel movimento per il clima, in collaborazione con la Commissione JPIC dei Missionari della Consolata in Corea del Sud, ha organizzato un momento di preghiera speciale nel cuore di Seul.
Alla “Via Crucis per la Conversione Ecologica” hanno partecipato 52 persone, riunite per implorare la giustizia climatica e la guarigione dell’ordine del creato, riaffermando la propria vocazione come apostoli dell’ecologia.
La città di Seul, soffocata da polveri sottili e sabbia gialla proveniente dalla Cina, vive una grave emergenza ambientale. Questa condizione non è solo una crisi ecologica, ma una minaccia alla vita e alla salute di tutte le creature, colpendo in particolare i più vulnerabili. La crisi climatica globale provoca disastri naturali sempre più frequenti, accentuando le disuguaglianze.
In questo contesto, siamo chiamati a pregare e agire per la guarigione della creazione di Dio.
La Via Crucis di conversione ecologica e giustizia climatica è iniziata alle 11:30 a Gwanghwamun e conclusasi alla Cattedrale di Myeongdong dopo circa un’ora e mezza. La Via Crucis ha guidato i partecipanti nella meditazione della Passione di Cristo, ricordando al contempo tutte le creature create da Dio: l’aria, l’acqua, la terra, gli esseri viventi e la comunità umana.
Ad ogni stazione si è elevata la preghiera per la guarigione dell’ecosistema e il ristabilimento dell’ordine del creato; per solidarietà con le vittime della crisi climatica, specialmente i poveri e gli emarginati e per la vocazione alla missione ecologica, come custodi dell’opera creatrice di Dio.
La Via Crucis è stata più di un pellegrinaggio: è stata un atto di conversione ecologica, un cammino di pentimento per i peccati contro il creato, di riconciliazione con Dio, con la natura e con il prossimo, e di impegno per una vita sostenibile e quindi, una via di riconciliazione e responsabilità.
L’amore e il sacrificio di Gesù sulla Croce ci richiamano alla responsabilità di amare e custodire tutte le creature. Questo spirito è in profonda sintonia con l’Enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco e la sua visione dell’ecologia integrale.
In risposta alla crisi climatica, ci impegniamo a: Praticare stili di vita sostenibili (risparmio energetico, riduzione della plastica, alimentazione vegetale); Essere solidali con i poveri colpiti dalla crisi ecologica e promuovere l’educazione ecologica nelle comunità ecclesiali e civili.
Questo cammino di preghiera non è che l’inizio di un impegno concreto per la custodia del Creato. Di fronte alla crisi climatica e nell’Anno Santo, rinnoviamo la nostra speranza e il nostro amore come apostoli dell’ecologia. Preghiamo e agiamo affinché tutta la creazione ritorni a essere piena di vita, e il mondo sia segno di giustizia e di pace. “Del Signore è la terra e quanto contiene” (Sal 24,1).
* Padre Kyoung Ho Han, IMC, membro della Commissione di riconciliazione nazionale.
Una “messa nazionale per sollecitare la Corte costituzionale ad emettere una sentenza di impeachment” si è tenuta il 31 marzo 2025, nella Piazza Verde di Songhyeon, vicino alla sede della Corte, a Yeouido.
Il Tribunale Costituzionale ha destituito il presidente Yoon Suk-yeol con un’opinione unanime degli 8 giudici.
Oggi 4 aprile mattina alle 11:22, ora locale, il Tribunale Costituzionale ha finalmente pronunciato la destituzione del presidente Yoon con l’opinione unanime di tutti i giudici. Yoon, 64 anni, è stato protagonista lo scorso dicembre di un clamoroso quanto maldestro tentativo di auto-colpo di Stato che ha precipitato la quarta economia asiatica in una crisi istituzionale senza precedenti. Il presidente è sotto processo per insurrezione (e abuso di potere), un reato non coperto dall'immunità presidenziale.
In questo grave momento di crisi per la Corea del Sud la piazza risuonava delle grida ferventi del popolo che trafiggevano il cielo – forse per la certezza che Yoon Suk Yeol, il presidente in questione, sarebbe stato rimosso, o magari solo per pregare – mentre la leadership della Chiesa rimaneva costantemente in silenzio.
Non molto tempo fa, abbiamo ricevuto un messaggio dal Cardinale Lazzaro You Heung-sik, Prefetto del Dicastero per il Clero a Roma, che affermava: “Non c’è neutralità nella giustizia”, esortando la Corte costituzionale ad agire senza indugio nel pronunciare una sentenza di impeachment. Sebbene questo sia stato molto apprezzato, non è stato sufficiente a spegnere la sete ardente del popolo. Una dichiarazione nazionale che riflettesse la posizione della Chiesa Cattolica sulla questione delle accuse al presidente e una messa per la nazione erano necessarie. Forse per questo, ancora più fedeli si sono aggiunti alla celebrazione, e le voci che chiedevano la rimozione di Yoon Suk Yeol sono risuonate con una forza tale da trafiggere il cielo.
Mentre guardavo innumerevoli sacerdoti che portavano croci dietro di me, non ho potuto fare a meno di scoppiare improvvisamente in lacrime. Quanto avevamo atteso con ansia questa messa nazionale che non è solo per i credenti cattolici, ma per l’intera comunità – coloro che cercano di proteggere una nazione in crisi, per rifiutare il male e lottare per la giustizia – offrendo il loro desiderio collettivo a Dio. Vescovi e sacerdoti sono chiamati e consacrati proprio per questo compito. Eppure, rifiutare tale azione per qualsiasi motivo è venir meno al loro dovere sacerdotale.
All’apparenza pare diventare più forte e acquisire influenza nel mondo, ma poi diventa un’entità che non ha più alcun messaggio né nulla da offrire al mondo. Questo perché il mondo è capace di generare potere da sé.
E quando noi utilizziamo Cristo per condurre crociate e perseguire il potere, questo diventa un’autodistruzione per la Chiesa, un errore fatale che essa stessa compie. Quando ciò accade, la Chiesa gradualmente svanisce.
Anche il clericalismo è considerato una forma di potere, ed è per questo che accade. San Agostino ha detto che il sacerdozio trova il suo significato nel servizio. Tuttavia, nella storia della Chiesa, quanti sono stati davvero liberi da questo potere? Guardando me stesso, vedo che non sono libero. Il chicco di grano deve cadere in terra e morire, ma io non voglio morire. Se rifiuto di marcire, non porterò frutto e alla fine sarò scartato. Tutto questo dipende anche dalla mia lotta interiore, dall’egoismo che porto dentro di me.
* Padre Kyoung Ho Han, IMC, membro della Commissione di riconciliazione nazionale.
La storia sembra ripetersi sempre, ma oggi la nostra nazione e il nostro popolo si trovano a dover affrontare un momento doloroso, scrivendo una pagina di storia infelice che non avremmo mai voluto. Per la seconda volta nella nostra storia, un presidente eletto dal popolo è stato nuovamente destituito tramite impeachment.
Il tempo della giustizia, rappresentato dal processo di impeachment del presidente Yoon Suk-yeol, si è concluso. Ora, nel tempo della politica che segue immediatamente, dobbiamo raccogliere la saggezza per eleggere con cura un nuovo presidente che guiderà il nostro Paese.
Dobbiamo scegliere un presidente che riconosca profondamente che il potere presidenziale è un potere delegato dal popolo, un potere che deve servire il popolo, e che sia pronto a sacrificarsi in ogni momento per proteggere la vita e i beni dei cittadini, considerandolo il fondamento della politica.
Prima di tutto ciò, esortiamo le autorità nazionali a fare ogni sforzo per recuperare la fiducia del popolo e promuovere l’armonia. In particolare, i politici non devono dimenticare che esistono per servire il popolo, rispettando gli altri, ascoltando le reciproche opinioni e avanzando verso una politica di cooperazione e mutuo beneficio. Così, il processo di selezione di leader responsabili e moralmente integri, per realizzare la riconciliazione sociale e il bene comune, deve essere attuato in modo democratico e maturo.
La Chiesa Cattolica Coreana prega con tutto il cuore e accompagnerà il popolo affinché le scelte future possano diventare una pietra miliare per la realizzazione della giustizia e di una vera pace nel nostro Paese.
4 aprile 2025
Conferenza Episcopale Cattolica Coreana
Presidente, Vescovo Lee Yong-hoon
Padre Diego Cazzolato, è un missionario della Consolata nato a Biadene (Tv) nel 1952. Dopo gli studi in Italia e due anni in Colombia, è stato animatore missionario in Italia e Spagna fino al 1988. Quell’anno è partito per la Corea del Sud stabilendo la prima presenza dell’istituto in Asia e sperimentando un nuovo modo di essere missionari.
Con quasi 40 anni di missione in Corea del Sud, la sua è un’esperienza discreta improntata al dialogo con le altre fedi.
«Mi chiamo Diego e “son veneto, ciò!”. Sono nato a Biadene (Tv) nell’ormai lontano 1952, per cui sono un missionario piuttosto stagionato».
«Nella nostra storia non c’è niente di “casuale”, anche se all’inizio può sembrare così. Al mio paese, i Missionari della Consolata avevano allora un seminario minore (medie e ginnasio). Io ho conosciuto i miei compagni seminaristi a scuola, siamo diventati amici e, per stare con loro, sono entrato anch’io in seminario. Poi loro, poco a poco, hanno lasciato, io invece sono andato avanti.
Perché ho deciso di diventare missionario? Perché volevo fare qualcosa di buono con la mia vita, e aiutare a migliorare il mondo, che mi lasciava piuttosto perplesso, con le sue tante ingiustizie e povertà, e diventare missionario mi sembrava il modo migliore di realizzare i miei sogni.
Più tardi ho capito che non ero io a voler costruire un mondo migliore, ma Gesù stesso, e che Lui mi inviava a farlo nel suo nome. Non c’è che dire: un dono immenso, questo della vocazione missionaria!».
Padre Diego Cazzolato durante un incontro interreligioso in Corea del Sud. Foto: IMC Corea del Sud
«Dopo il liceo a Varallo Sesia (Vc) e il noviziato in Certosa di Pesio (Cn), sono stato mandato a studiare filosofia e teologia al nostro seminario di Totteridge, Londra (1972-77).
Ho concluso il ciclo di cinque anni di studio con la professione perpetua e il diaconato.
Avevo chiesto di fare un’esperienza missionaria prima dell’ordinazione, cosa allora del tutto inusuale, ma la mia richiesta è stata accettata e sono stato inviato in Colombia. Un’esperienza di due anni bellissima e… molto utile a purificarmi dai miei “voli pindarici” sulla missione e cominciare ad affrontarne invece con amore la realtà, spesso dura e difficile.
Dopo l’ordinazione al mio paese nel 1979, sono stato destinato all’animazione missionaria e vocazionale, prima a Bevera (Lecco) per due anni, poi in Spagna, a Malaga.
Anche quelli sono stati anni bellissimi, a contatto con tanti giovani, con cui sono ulteriormente cresciuto nell’amore per la missione e nella fede, che ne è la base!
Fin quando non è arrivata la “chiamata della vita”: andare nella Corea del Sud, per iniziare la prima presenza missionaria dell’istituto in terra d’Asia! Era il 1988… e sono ancora qui!».
Padre Diego Cazzolato nella Casa Generalizia a Roma. Foto: Jaime C. Patias
«La Corea del Sud è un Paese che ha avuto uno straordinario sviluppo economico e tecnologico a partire dagli anni 70, ed è una realtà assolutamente agli antipodi rispetto alle immagini “tradizionali” della missione.
I cattolici nel Paese sono adesso il 10% della popolazione, poi ci sono i protestanti, i buddhisti, i confuciani, i seguaci di un nutrito gruppo di religioni autoctone e un buon 50% della popolazione che dichiara di non aderire a nessuna religione organizzata.
Le sfide missionarie? A mio modo di vedere sono sempre le stesse dappertutto: far conoscere Gesù e il suo vangelo a chi ancora non lo conosce e, in Asia in particolare, il dialogo interreligioso».
«È precisamente nel dialogo interreligioso che consiste il mio impegno missionario, da almeno una ventina d’anni. Quello “ufficiale” che si svolge negli ambiti delle apposite organizzazioni (delle quali sono membro), e quello che si svolge nella vita di ogni giorno, in tanti incontri “casuali”, che di casuale non hanno proprio niente.
Ci sono ovviamente difficoltà: tante iniziative che sembrano non riuscire a incidere; il continuo cambio degli interlocutori del dialogo, che ci obbliga sempre a un nuovo inizio; il generale disinteresse per la cosa; ma ci sono anche grosse soddisfazioni, come il fatto di poter sperimentare un’autentica amicizia anche con persone di fede diversa. E sperimentare che, grazie all’incontro con me, la fede cristiana viene vista con occhi più positivi e benigni».
«Un giorno è venuto a trovarmi a casa un signore del buddhismo-won (una delle religioni autoctone della Corea) che mi aveva visto “casualmente” a un incontro ufficiale qualche giorno prima e voleva parlare con me.
Nel dialogo, mi ha rivelato di essere molto ammalato di cancro, e voleva sapere da me, come cristiano, “cosa c’è dall’altra parte” della vita. Abbiamo condiviso la visione cristiana della vita eterna, e quella del buddhismo-won. Alla fine l’uomo se ne è andato visibilmente soddisfatto, ma senza lasciarmi alcun recapito, e io non l’ho visto mai più».
«Io vedo come grandi sfide della missione del futuro quella di sganciarsi progressivamente dalle “opere” (che pure sono necessarie in tanti contesti), che obbligano il missionario a stare sempre un po’ al “centro”, per dirigersi più direttamente alle “persone”, nel dialogo e nella condivisione della vita.
C’è bisogno anche di una missione più caratterizzata dallo spirituale, e dalla contemplazione.
Il contesto coreano delle religioni non cristiane in cui sono inserito da una vita, mi ha convinto sempre più di tutto questo, e mi sembra costituire una sorta di “anticipazione” della missione del futuro».
Padre Diego Cazzolato, Missionario della Consolata dal 1988 in Corea del Sud.
«Al loro primo arrivo in Kenya, i Missionari della Consolata hanno visto necessario fare la scelta di “stare con la gente”. Questa capacità/volontà credo costituisca una nostra grande ricchezza da offrire al mondo. Oltre, naturalmente, alla nostra esperienza personale della fede, di Dio, e alla nostra ricchezza “umana”, di amicizia, il nostro “spirito di famiglia”».
«In Corea il mondo giovanile costituisce una realtà complessa, di difficile penetrazione. Eppure, i giovani soffrono di solitudine, di mancanza di punti di riferimento validi nella vita. Bisognerebbe avere il coraggio di dedicarsi veramente all’incontro con loro. Di nuovo: non “opere” ma “incontro personale”».
«Lo slogan che proporrei viene dal mondo e dall’esperienza del dialogo interreligioso: “Anche il diverso è bello!” Aggiungendo: “Prova e vedrai!”»
* Luca Lorusso è giornalista della rivista Missioni Consolata. Pubblicato originalmente in: www.amico.rivistamissioniconsolata.it
Fino alla settimana scorsa tutto funzionava bene ed era tranquillo in Corea del Sud. Il sabato 14 dicembre, però, centinaia di migliaia di persone si sono radunate davanti al parlamento e nella grande piazza di Kwang Hwa Mun. Tutti aspettavano ansiosamente una notizia dal parlamento. E poco prima delle 17 una esplosione di gioia, canti e danze improvvisate: era arrivato il risultato della votazione per l’ “impeachment” del presidente Yoon Suk-yeol. 208 voti a favore e 86 contro!
Tutto era cominciato la sera del 3 dicembre. Senza alcuna imminente emergenza interna o esterna e in maniera completamente inaspettata, alle 22,30 era stata trasmessa alla TV la notizia che il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol aveva dichiarato la legge marziale. Nell’animo della maggioranza dei coreani era riapparso immediatamente lo spettro e la paura di quanto successo nel 1980, quando l’esercito prese il potere, dichiarò la legge marziale e la citta di Kwangju pagò la sua resistenza con centinaia o più probabilmente migliaia di morti (ancora oggi non si conoscono i dati esatti).
Un’ora dopo la dichiarazione della legge marziale i militari dell’esercito prendevano controllo dell’ edificio del parlamento. Allo stesso tempo una gran folla si era riunita davanti allo stesso per protestare e permettere l’ingresso ai parlamentari perché andassero subito a votare. C’era la paura che questo fosse un tentativo di colpo di stato da parte del presidente. Ma a differenza di 44 anni fa, non un colpo è stato sparato, nemmeno un graffio è stato riportato. Anche l’esercito si è comportato con grande discrezione. Insomma, i parlamentari hanno votato contro la legge e alle 4,30 del mattino tutto era già finito.
Proteste contro il presidente Yoon Suk-yeol in Corea del Sud. Foto: Nurphoto / Getty Images
Perché il presidente abbia preso quella decisione nessuno riesce a capirlo. Non c’erano minacce dalla Corea del Nord; la Corea del Sud anche adesso è tranquillissima. Yoon era stato eletto presidente con una maggioranza di voti che non arrivava all’ 1% e dopo due anni il suo partito aveva perso alla grande la maggioranza in parlamento, per cui aveva sempre difficoltà a far passare le sue leggi (d’altra parte, quando la situazione era esattamente invertita anche il suo partito bloccava le leggi dell’altro presidente). Inoltre c’erano inchieste su abusi di ufficio per acquisti di lusso fatti dalla moglie. Probabilmente tutti questi elementi lo hanno portato a una qualche ossessione che è sfociata in una decisione che ha invalidato la sua capacità di guidare la nazione.
Fin qui la cronaca. Entro pochi mesi la Corte costituzionale si pronuncerà sulla validità dell’ “impeachment”, e poi ci saranno le elezioni per il nuovo presidente.
Padre Gian Paolo Lamberto (primo a sinistra) con alcuni colleghi Missionari della Consolata in Corea del Sur. Foto: IMC Corea
Nel frattempo reggerà la nazione il primo ministro, Han Duck-soo, che tra l’altro anche lui potrebbe essere sottoposto a “impeachment” per il suo ruolo nei fatti del 3 dicembre.
Sono passati meno di 40 anni da quando la Corea del Sud ha conquistato la sua democrazia e in questi giorni, pur tra la tristezza di chi appoggia il governo e la gioia di chi sostiene l’opposizione, il popolo ha mostrato la sua maturità civile. Ora tutto continua nell’ordine e nella calma. E se guardiamo all’atteggiamento aggressivo dei nostri vicini, Cina, Russia e Corea del Nord, possiamo dire che la Corea è ancora “una penisola di pace!”
* Padre Gian Paolo Lamberto, IMC, missionario in Corea del Sud.
Nelle nostre presenze in Asia “le persone che incontriamo possono essere cristiane, non cristiane, fedeli di altre religioni, per esempio, i buddisti o fedeli del buddismo won, di altre religioni autoctone in Corea. Però ciò che è fondamentale non sono le opere o quello che facciamo, ma è soprattutto il fatto di stare con le persone e quindi, parlare con le persone, aprirci a loro e lasciare che loro si aprano a noi”.
Queste le parole di padre Diego Cazzolato, missionario della Consolata, che opera in Corea del Sud da 36 anni. In questa intervista rilasciata all’Ufficio per la Comunicazione a Roma, il missionario originario di Biadene - Treviso - riassume la sua esperienza di missione nel Centro di Dialogo Interreligioso a Daejeon e parla dell’evangelizzazione unita alla promozione umana portata avanti dal gruppo di 21 missionari della Consolata nella sette comunità presenti in Corea, Mongolia e Taiwan.
“Noi cerchiamo di incontrare le persone, soprattutto le persone che non sono cristiane. Naturalmente non sempre si parla di Gesù o di Cristo, ma si condivide la vita, si condividono i problemi, si ascoltano l’opinione, si dà opinione, insomma cerchiamo di diventare amici. Questo è la cosa più importante direi della missione in Corea”, spiega padre Diego.
L’apertura dell’Istituto Missioni Consolata all’Asia è stata “profetizzata” dal Fondatore, San Giuseppe Allamano: “Io non lo vedrò, ma forse andrete nel Giappone, nella Cina, nel Tibet...”. Ma la concretizzazione di questo sogno viene prospettato dal VII Capitolo Generale (1981) ed approvato dal VIII Capitolo il 12 Giugno 1987.
I primi quattro Missionari (Diego Cazzolato, Paco Lopez, Luiz Carlos Emer e Alvaro Yepes) partirono per la Corea il 18 gennaio di 1988 e furono accolti nella diocesi di Incheon dal vescovo mons. William J. McNaughton.
Nel 2003, in comunione con le Missionarie della Consolata, la presenza in Asia venne arricchita dall’apertura in Mongolia, dove l’Istituto è presente con il suo lavoro nel campo del primo annuncio e della formazione della chiesa locale. Un riconoscimento del lavoro missionario svolto in quel Paese arriva con la nomina di monsignor Giorgio Marengo, IMC, a vescovo, prefetto Apostolico di Ulaanbaatar nel 2021 e poi nominato cardinale da Papa Francesco nel 2022.
Seguendo le indicazioni date dal Capitolo Generale del 2011 (Cfr. Atti XII CG, 47), l’Istituto, il 20 settembre 2014, ha aperto una nuova presenza presso la Diocesi di Hsinchu, nell’isola di Taiwan.
Il 21 marzo 2016, i Missionari della Consolata che operano nella tre Paesi asiatiche sono state riunite nella nuova Regione Asia, con sede ufficiale a Incheon (Corea del Sud). L’attuale Superiore è il padre Clement Gachoka.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione.